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Richiesta di revisione
Richiesta di revisione
Il Libro IX del Codice Penale contiene la disciplina delle impugnazioni. Con il termine impugnazione si intende la resistenza del soggetto imputato nel procedimento penale a un provvedimento giurisdizionale.
L'atto di appello rappresenta l'atto che instaura il procedimento di secondo grado del giudizio penale. Esso è uno strumento di rivalutazione completa dei fatti da parte di un Giudice attraverso l'analisi della documentazione confluita nel fascicolo per il dibattimento di primo grado, e si propone ogni qualvolta si ritenga sussistano elementi per ottenere una sentenza più favorevole all'imputato, sia essa di assoluzione oppure modificativa in meglio rispetto alla quantificazione della pena espressa in primo grado.
Tali circostanze possono derivare dalle motivazioni più svariate: errata rubricazione del fatto tipico, mancanza di elemento oggettivo o soggettivo del reato, presenza di cause di giustificazione o di non punibilità, mancata concessione di circostanze attenuanti e/o loro adeguato bilanciamento nel giudizio di comparazione ecc.
Il ricorso per Cassazione rappresenta il vertice della giurisdizione ordinaria e il terzo e ultimo grado di giudizio previsto nell'ordinamento giuridico italiano: secondo l'art. 65 dell'Ordinamento Giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n.12) La Corte Suprema di Cassazione assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni e adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge". La Corte di Cassazione non giudica sul fatto, ma sul diritto: essa verifica solamente il corretto svolgimento delle procedure dei due precedenti gradi di giudizio.
Essendo il dibattimento di primo grado il grado di giudizio nel quale vengono formate le prove, è essenziale esporre tutte le eccezioni proponibili per poterne poi usufruire in sede di appello: dovendo infatti giudicare sugli atti assunti in primo grado, il giudizio di appello non può utilizzare altre prove all'infuori di quelle confluite nel fascicolo dibattimentale di primo grado. Unica eccezione è rappresentata dalla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ex art. 603 c.p.p.: essa, che consiste o nella riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, o nell'assunzione ex novo di nuove prove, si verifica solo quando il Giudice non sia in grado di decidere allo stato degli atti, oppure se le nuove prove siano sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, o quando l'imputato, contumace in primo grado, ne faccia richiesta e provi di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non aver avuto conoscenza del decreto di citazione senza colpa, ovvero, nel caso di notifica ex artt. 159, 161, quarto comma e 169 c.p.p., non si sia volontariamente sottratto alla conoscenza degli atti del procedimento. In ogni caso, la rinnovazione potrà essere disposta dal Giudice ogni qualvolta lo stesso ritenga che tale rinnovazione sia assolutamente necessaria.
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A cosa serve: la revisione di un provvedimento di condanna è una procedura che permette alla Corte d'Appello di rivedere gli estremi di un provvedimento di condanna passato in giudicato e conseguentemente di revocarlo dichiarando il proscioglimento del condannato. Ex art. 629 c.p.p. infatti, è ammessa revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'art. 444, c. 2, c.p.p. o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o estinta
Soggetti interessati: legittimati alla richiesta di revisione sono, ex art. 632 c.p.p., il procuratore speciale munito di procura ex art. 122 c.p.p. (art. 633, c. 1, c.p.p.), il condannato o il suo prossimo congiunto, la persona che ha sul condannato l'autorità tutoria, e, se il condannato è morto, un prossimo congiunto. Ex art. 307, c. 4, c.p.p., agli effetti della legge penale, si intendono prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole
Termini inerenti: ex art. 629 c.p.p., la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'art. 444, c. 2, c.p.p. o dei decreti penali di condanna è ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge (cfr. art. 630 c.p.p.)
Spunti e approfondimenti: per quanto riguarda i casi di revisione, ex art. 630 c.p.p. essa può essere richiesta: a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile (648) del Giudice ordinario o di un Giudice speciale; b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del Giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall'art. 3 ovvero una delle questioni previste dall'art. 479; c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'art. 631; d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti (artt. 476-493-bis c.p.) o in giudizio (art. 367-374 c.p.) o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.
Per quanto riguarda i limiti alla revisione, ex art. 631 c.p.p. gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530, 531 c.p.p. Per quanto riguarda la forma della richiesta, ex art. 633, c. 1, c.p.p. essa deve contenere l'indicazione specifica delle ragioni e delle prove che la giustificano e deve essere presentata unitamente agli atti e documenti addotti. Ex, c. 2, nei casi previsti dall'art. 630, c. 1, lett. a e b, alla richiesta devono essere unite le copie autentiche delle sentenze o dei decreti penali di condanna ivi indicati. Ex c. 3, nel caso previsto dall'art. 630 c. 1 lett. d, alla richiesta deve essere unita copia autentica della sentenza irrevocabile di condanna per il reato ivi indicato. Per quanto riguarda l'accoglimento della richiesta di revisione, ex art. 637, c. 2, c.p.p. in caso di accoglimento di questa, il Giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo (529-531). Ex art. 639 c.p.p., la Corte d'Appello, quando pronuncia sentenza di proscioglimento a seguito di accoglimento della richiesta di revisione, anche nel caso previsto dall'art. 638 c.p.p. (morte del condannato dopo la presentazione della richiesta di revisione), ordina la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere e per il risarcimento dei danni a favore della parte civile citata per il giudizio di revisione. Ordina altresì la restituzione delle cose che sono state confiscate, a eccezione di quelle previste nell'art. 240, c. 2, n. 2 c.p. (delle cose, la fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituiscono reato, anche se non è stata pronunciata condanna). Ex art. 624 c.p.p., la sentenza di accoglimento, a richiesta dell'interessato, è affissa per estratto, a cura della cancelleria, nel Comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunciata e in quello dell'ultima residenza del condannato. Su richiesta dell'interessato, il Presidente della Corte d'Appello dispone con ordinanza che l'estratto della sentenza sia pubblicato a cura della cancelleria in un giornale, indicato nella richiesta. Per quanto riguarda la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza di cui al provvedimento di condanna impugnato, ex art. 635 c.p.p. la corte d'appello può disporne in qualunque momento la sospensione con ordinanza, applicando, se del caso, una delle misure coercitive previste dagli artt. 281, 282, 283 e 284 c.p.p. In ogni caso di inosservanza della misura, la corte d'appello revoca l'ordinanza e dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza. Contro l'ordinanza che decide sulla sospensione dell'esecuzione, sull'applicazione delle misure coercitive e sulla revoca, possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero e il condannato. Per quanto riguarda l'inammissibilità della richiesta di revisione, ex art. 634 c.p.p., quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli artt. 629, 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli artt. 631, 632, 633, 641 c.p.p. ovvero risulta manifestamente infondata, la corte d'appello anche d'ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065. Ex c. 2, l'ordinanza è notificata al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione. Ex art. 641 c.p.p., l'ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o la sentenza che la rigetta non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi. Ex art. 640 c.p.p., la sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è soggetta a ricorso per cassazione
Chi è competente a conoscere l'atto: ex art. 633 c.p.p., la richiesta di revisione è proposta personalmente o a mezzo di procuratore speciale ex art. 122 c.p.p. e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, nella cancelleria della Corte d'Appello del capoluogo del relativo distretto.