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Leasing
Leasing
Che cos'è il contratto di leasing?
Con il contratto di leasing, detto anche leasing finanziario o leasing operativo, un soggetto (indicato come locatore o concedente) concede ad un altro (denominato utilizzatore) il diritto di utilizzare un determinato bene, mobile o immobile, a fronte del pagamento di un canone periodico. Il concedente può acquistare il bene da consegnare all'utilizzatore da un terzo oppure può produrre direttamente il bene stesso. Nel primo caso, allorchè nel rapporto giuridico siano coinvolti tre diversi soggetti (concedente, utilizzatore e fornitore) si è soliti parlare di leasing finanziario; nella seconda ipotesi, in cui concedente e produttore si identificano, ricorre la figura del c.d. leasing operativo. Alla scadenza del contratto è poi riconosciuta all'utilizzatore la facoltà di acquistare il bene stesso, previo l'esercizio dell'opzione di acquisto mediante il pagamento di un prezzo.
Tale schema contrattuale non è provvisto nel nostro ordinamento di una disciplina organica e specifica, venendo ricondotto talvolta alla normativa in tema di locazione, talaltra al regime previsto per la vendita con patto di riservato dominio, ovvero a rate, di cui agli artt. 1523 e seguenti del codice civile.
Quando può ritenersi conveniente per un imprenditore ricorrere al leasing?
Dal punto di vista economico, il leasing soddisfa, da un lato, l'interesse dell'impresa utilizzatrice, che può ottenere beni strumentali all'esercizio della propria attività senza affrontare gli esborsi necessari per l'acquisto della proprietà dei beni stessi, e soddisfa, dall'altro lato, anche l'interesse dell'impresa concedente che, a fronte della spesa sostenuta per l'acquisto del bene dal fornitore, ottiene l'importo complessivo dei canoni periodicamente versati dall'utilizzatore, complessivamente superiori alla somma impiegata per l'acquisto, in quanto comprensivi dell'utile dell'impresa di leasing e delle spese dell'operazione.
Peraltro il fornitore, dal canto suo, nello schema classico del leasing finanziario, vede realizzato il proprio interesse all'immediato integrale pagamento del corrispettivo dell'alienazione dei beni da lui prodotti.
Si parla nella prassi di leasing di godimento e leasing traslativo. Cosa sono e in cosa si distinguono?
Il leasing di godimento si caratterizza perchè ha ad oggetto beni o impianti strumentali all'esercizio dell'impresa dell'utilizzatore, la cui vita economica è stata commisurata al periodo di durata del contratto di leasing. Alla scadenza del contratto stesso, dunque, in tal caso il bene mantiene un minimo valore residuale.
Il leasing traslativo ha invece ad oggetto beni anch'essi strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa dell'utilizzatore, ma che conservano, allo scadere del contratto, un rilevante valore economico residuo, eccedente il prezzo pattuito per l'opzione. In tale seconda fattispecie, pertanto, il trasferimento finale del bene all'utilizzatore non costituisce un'eventualità piuttosto marginale, ma rappresenta la funzione essenziale di tale figura di contratto.
Quali sono i principali obblighi del concedente nel leasing?
Il concedente deve in primo luogo adoperarsi perchè il bene oggetto del contratto di leasing venga consegnato all'utilizzatore direttamente dal fornitore. A tale riguardo la giurisprudenza riconosce peraltro anche all'utilizzatore, pur non essendo egli il proprietario del bene, che rimane il concedente, la legittimazione ad agire in giudizio, se necessario, per ottenere la consegna del bene. In questo caso, infatti, l'utilizzatore agisce nei confronti del fornitore in qualità di soggetto per conto del quale il concedente ha compiuto l'acquisto del bene presso il fornitore, ossia alla stregua di un mandante, a norma dell'art. 1705, secondo comma, c.c.
Cosa accade a seguito dell'inadempimento dell'obbligo di pagamento dei canoni da parte dell'utilizzatore?
Un simile comportamento dell'utilizzatore attribuisce indubbiamente al concedente il diritto di agire per ottenere la risoluzione del contratto di leasing. La principale questione affrontata e discussa al riguardo da dottrina e giurisprudenza concerne tuttavia le conseguenze di tale risoluzione. Qualificandosi infatti il leasing come un contratto ad esecuzione continuata o periodica, l'applicazione dell'art. 1458, secondo comma, c.c., in mancanza di una disciplina speciale dettata ad hoc per il leasing, riconoscerebbe al concedente il diritto di ottenere la restituzione del bene e trattenere nel contempo le rate di leasing percepite fino all'inadempimento, con l'indubbio vantaggio per costui di poter ancora collocare utilmente il bene presso un altro imprenditore. Tali dubbi sono poi stati fugati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, con sentenza 7 gennaio 1993 n. 65, hanno compiuto una distinzione a seconda che si rientri nell'ambito del leasing di godimento ovvero del leasing traslativo. Nel primo caso, che, come detto, si contraddistingue per una perfetta corrispondenza tra l'utilità ricavabile dal bene e l'importo del canone periodico, trova attuazione l'art. 1458, secondo comma, c.c., sopra richiamato, mentre al leasing traslativo, maggiormente affine allo schema della vendita con patto di riservato dominio, si applica analogicamente l'art. 1526 c.c., che obbliga il concedente a restituire le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa da parte dell'utilizzatore.
Che cos'è il lease-back?
Nel contratto denominato, per esteso, di sale and lease-back un'impresa vende un bene mobile o immobile di sua proprietà ad un'impresa di leasing, che si obbliga a pagarne il corrispettivo, divenendone proprietaria, e, nel contempo, si impegna a cederne il godimento all'impresa venditrice a titolo di leasing. Tale particolare fattispecie si caratterizza dunque, rispetto allo schema classico del leasing, per la coincidenza nella stessa persona delle figure del fornitore e dell'utilizzatore, il quale, in questo caso, partecipa all'operazione al fine di conseguire liquidità, e non perchè interessato all'utilizzo di un determinato bene.
Il lease-back, anch'esso privo di disciplina specifica, è comunque stato ritenuto astrattamente valido dalla giurisprudenza.