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La distinzione tra imputato, indagato e persona informata sui fatti
La distinzione tra imputato, indagato e persona informata sui fatti
Concas Alessandra
In ambito giudiziario le cronache parlano spesso di imputato, indagato, persona informata sui fatti.
Nel linguaggio comune non è infrequente che i vocaboli sopra menzionati vengano confusi o utlizzati in modo improprio.
A questo proposito, abbiamo ritenuto opportuno riportare in questa sede la disciplina giuridica, indicandone la collocazione nel codice di procedura penale e la distinzione che intercorre tra loro.
La figura dell’imputato è disciplinata dagli artt. 60 –73 del codice di procedura penale al titolo IV “L’imputato” del libro I “Soggetti”.
L’articolo 60 rubricato “assunzione della qualità di imputato”contiene la definizione di questo soggetto del processo penale e recita testualmente:
“Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell'articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo.
La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo, sino a che non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna.
La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere e qualora sia disposta la revisione del processo”.
L’imputato è la persona alla quale è attribuito il reato nell’imputazione formulata con la richiesta di rinvio a giudizio o con l’atto omologo nell’ambito del singolo procedimento penale.
Nel procedimento ordinario l’assunzione della qualità di imputato avviene con la richiesta di rinvio a giudizio.
Nei procedimenti speciali questa qualifica si acquista nel momento nel quale si instaura il singolo rito.
La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo sino a quando la sentenza di non luogo a procedere non sia più oggetto di impugnazione, e sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna, o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna.
La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere o se la Corte d’Appello disponga la revisione del processo.
I motivi per i quali il codice distingue tra imputato e indagato sono:
Il Pubblico Ministero deve prendere una posizione definitiva sull’addebito esclusivamente quando, terminate le indagini preliminari, chiede il rinvio a giudizio:
l’imputazione deve essere sorretta da una consistente base probatoria.
Prima dell’imputazione si tende ad usare un termine il più possibile neutro e non pregiudizievole.
La distinzione si giustifica soprattutto per motivi garantistici.
Importante è ricordare che i diritti e le garanzie dell’imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini preliminari.
L’equiparazione agisce anche negli aspetti pregiudizievoli, salvo che sia diversamente previsto.
Pertanto le misure cautelari, previste per l’imputato, possono essere applicate all’indagato purché siano presenti i requisiti necessari per emanare il relativo provvedimento.
La polizia giudiziaria trasmette la denuncia al Pubblico Ministero e questi ordina alla segreteria di iscriverla nel registro delle notizie di reato.
Accanto alla notizia di reato viene iscritto il nome del soggetto al quale il reato è attribuito.
Costui è la persona sottoposta alle indagini preliminari e che la prassi con un sostantivo poco elegante chiama indagato.
L'indagato assume la qualifica di imputato quando la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 del codice di procedura penale se il reato preveda l'udienza preliminare, oppure nel caso di citazione diretta a giudizio ex art. 552 del codice di procedura penale per i reati con pena edittale massima non superiore ai quattro anni, più una serie di eccezioni prestabilite che sono:
Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'art. 336 del codice penale.
Resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall'art. 337 del codice penale.
Oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell'art. 343, secondo comma, del codice penale.
Violazione di sigilli aggravata a norma dell'art. 349, secondo comma, del codice penale.
Rissa aggravata a norma dell'art. 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime.
Furto aggravato a norma dell'art. 625 del codice penale.
Ricettazione prevista dall'art. 648 del codice penale.
Il testimone si trova in una situazione diversa rispetto all’imputato e all’indagato.
Costoro hanno il diritto al silenzio e non sono puniti se mentono, il testimone ha l’obbligo di dire la verità.
Una ulteriore distinzione che è necessario introdurre, è quella tra testimone e persona informata.
La persona che ha conoscenza di fatti, che devono essere accertati nel procedimento penale, è qualificata come testimone quando depone davanti al giudice, mentre quando è esaminata dal Pubblico Ministero o dalla polizia giudiziaria è denominata dalla prassi come persona informata, e viene ammonita dall’inquirente sull’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che le vengono rivolte.
Se il testimone di fronte al giudice dice il falso o tace quello che sa, commette falsa testimonianza. Se la persona informata di fronte al Pubblico Ministero tiene lo stesso comportamento, commette il delitto di false informazioni.
Può accadere che nel corso della deposizione il testimone renda, più o meno consapevolmente, “dichiarazioni autoindizianti”, cioè dalle quali emergono indizi di reità a suo carico.
A seguito l’autorità procedente deve:
Interrompere l’esame, avvertire la persona che a seguito delle dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti, invitarla a nominare un difensore.
Le dichiarazioni rilasciate sino a quel momento non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
Questo mira ad impedire che il testimone continui a parlare peggiorando la situazione e impone all’autorità procedente di bloccare la deposizione attivando le garanzie difensive.
Il codice si preoccupa che le norme garantiste sull’interrogatorio possano essere eluse da un inquirente (Pubblico Ministero o polizia giudiziaria) che interroghi un indagato senza riconoscergli questa qualità e senza rispettare il suo diritto di non rispondere, la cosiddetta elusione della qualità di indagato.
Ai sensi dell’art. 632 del codice di procedura penale, se una persona ascoltata come testimone o persona informata (possibile testimone) doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate per evitare abusi da parte dell’autorità inquirente.