6. Per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili.

 

7. Il reclamo puo’ contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

 

8.L’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all’annullamento totale o parziale dell’atto, ne’ l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilita’ della pretesa e al principio di economicita’ dell’azione amministrativa. Si applicano le disposizioni dell’articolo 48, in quanto compatibili. 9. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del

ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta data.

 

Se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale. 10. Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente e’ condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento disciplinato dal presente articolo.

 

Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, puo’ compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione.”

 

 

E’ interessante notare come il reclamo in via amministrativa non si ponga come una vera e propria condizione di procedibilità rispetto al ricorso giurisdizionale; anche se impropriamente definita “condizione di ammissibilità del ricorso” non rappresenta una fase amministrativa, distinta ed esterna rispetto al procedimento davanti al giudice. La norma sul punto è chiara, il reclamo produce gli effetti del ricorso, e i termini di cui agli artt. 22 e 23 decorrono dallo scadere dei 90 giorni.

 

In questo senso il reclamo è il ricorso, o meglio il reclamo deve contenere tutti gli elementi del ricorso ed eventualmente una motivata proposta di mediazione, nel rispetto delle regole di cui “agli artt. 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili”.

 

In tal senso più che introdurre una fase amministrativa di mediazione finalizzata alla conciliazione cui addivenire con una serie di proposte e controproposte, si è stabilito in sostanza che la proposizione del reclamo equivalga a tutti gli effetti alla notifica del ricorso; in altre parole, si è “allungato” il processo tributario di novanta giorni entro i quali l’Amministrazione e il contribuente possono chiudere “in via breve” con la conciliazione il contenzioso insorto.

 

 

Ai novanta giorni iniziali si deve aggiungere il tempo necessario acchè il Giudice provveda sull’eventuale istanza di sospensiva.

 

Il tutto deve concludersi entro 180 giorni ai sensi del D.L. 70/2011 (decreto sviluppo) che all’art. 7, comma 2, lett. gg novies) ha aggiunto il comma 5 bis all’art. 47 del D. Lgs. 546/92 che recita: ” L’istanza di sospensione e’ decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa».

 

Quindi in totale 180 + 90 = 270 i giorni effettivi, inevitabilmente destinati a scontrarsi con i 180 giorni di sospensione ex lege del procedimento di riscossione decorrenti dall’affidamento in carico degli atti all’Agente della riscossione.

 

 

Anche considerando il termine dilatorio di trenta giorni (gli atti divengono esecutivi decorsi 60 gg. dalla notifica e in caso di inadempimento, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme risultanti dagli avvisi di accertamento, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata) affinchè gli atti passino all’Agente della riscossione, lo spatium temporis di 210 giorni rischia di essere affatto poco realistico, giacchè di gran lunga inferiore a quello previsto per ottenere (l’eventuale) sospensiva.

 

 

Conclusivamente alcune considerazioni di carattere generale. L’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento si inserisce in un sistema concepito e funzionale ad una molteplicità di atti che caratterizzano la fase iniziale, quella in cui avviene l’iscrizione a ruolo del tributo.

 

Il ruolo era successivamente reso esecutivo e trasmesso all’Agente della riscossione che estrapolava uno schema sintetico (analogamente a quanto avviene per la notifica del titolo esecutivo e del precetto quali atti preliminari all’esecuzione forzata ordinaria) costituito dalla cartella di pagamento da portare a conoscenza del debitore e contro la quale il debitore medesimo poteva opporsi avvalendosi degli ordinari strumenti di impugnazione.

 

Le note limitazioni di cui all’art. 57 del DPR 602/73 che interessano le opposizioni ex artt. 615 e 617 cpc contro gli atti esecutivi dell’esattore, trovano giustificazione proprio nella più ampia tutela del diritto di difesa del contribuente nella fase iniziale della riscossione esattoriale, che poteva esprimersi pienamente attraverso l’impugnazione di tutti gli atti compresi nella riscossione mediante ruolo il cui punto culminante era la notifica della cartella di pagamento senza rientrare nell’esecuzione forzata vera e propria.

 

Con la scomparsa di tale istituto, viene meno in buona parte la funzione garantista che a tale istituto era riconosciuta, vale a dire, si è ideato un sistema la cui celerità e la concentrazione in un unico atto sono indiscutibili, ma al quale è connaturale una difesa ridotta per il contribuente che, in ipotesi non si integrino le condizioni di cui all’art. 50 del DPR 602/73, non riceverebbe neppure l’avviso di mora.

 

In questa prospettiva, le disposizioni di cui all’art. 57 cit. non hanno senso e, a dire il vero, sarebbe auspicabile un intervento legislativo che disponesse l’esatto contrario, allargando (ove possibile) le ipotesi di oppugnabilità, affinchè la funzione garantista prima assicurata dalla cartella di pagamento, venga altrimenti recuperata.