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Equa riparazione Legge Pinto
Equa riparazione Legge Pinto
E' vero che lo Stato è tenuto a risarcire la parte di un processo eccessivamente lungo?
Sì. A seguito delle reiterate condanne pronunciate dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nei confronti dello Stato Italiano, per violazione del principio dell'equo processo sancito dall'art. 6.1 della CEDU, in base al quale "ogni persona ha diritto a che la causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente ed imparziale...", il nostro Parlamento è stato posto in condizione di approvare la Legge n. 89 del 24 marzo 2001, nota anche come Legge Pinto, che attribuisce a ciascun soggetto, il quale abbia assunto la qualità di parte in un processo eccessivamente lungo, sia esso di natura civile, penale, amministrativa o fallimentare, il diritto ad ottenere dallo Stato un indennizzo a titolo di equa riparazione, al fine di riparare ai disagi ed agli stress emotivi patiti per effetto del protrarsi dell'incertezza circa l'esito del processo medesimo.
Oltre a tale indennizzo, potrà essere liquidato in favore del cittadino anche un risarcimento dei danni patrimoniali che egli potrà dimostrare di aver subito come conseguenza dell'irragionevole durata del giudizio.
Chi può richiedere l'indennizzo da equa riparazione?
Secondo la giurisprudenza ormai costante della Corte Europea e della Corte di Cassazione italiana, la domanda ai sensi della Legge Pinto può essere proposta sia da persone fisiche, sia da persone giuridiche (società di persone, società di capitali), sia da qualsiasi centro di imputazione autonoma, sebbene sprovvisto di personalità giuridica, come un Condominio. Requisito fondamentale affinchè possa essere avanzata richiesta di indennizzo da equa riparazione è comunque che tali soggetti abbiano assunto la qualità di parti in un processo poi rivelatosi eccessivamente lungo (attore, convenuto, terzo chiamato in un processo civile; imputato, parte civile, responsabile civile in un processo penale; fallito e creditori ammessi al passivo fallimentare in una procedura concorsuale), indipendentemente che essi vincano, perdano o concilino la causa.
Quando può essere richiesto l'indennizzo per equa riparazione?
Secondo quanto previsto dall'art. 4 della Legge Pinto n. 89/2001, la domanda volta ad ottenere l'indennizzo da equa riparazione può essere sempre proposta quando il processo di cui si lamenta l'irragionevole durata sia ancora in corso oppure anche a seguito della conclusione dello stesso, purchè entro e non oltre il termine di sei mesi dal momento in cui il provvedimento che abbia deciso il giudizio sia divenuto definitivo.
A chi bisogna rivolgersi per ottenere l'indennizzo da equa riparazione?
Il riconoscimento di tale indennizzo non avviene in maniera automatica, ma necessita dell'instaurazione di un procedimento di volontaria giurisizione, normalmente strutturato in una sola udienza, da promuovere nei confronti della Pubblica Amministrazione (ovvero del Ministero della Giustizia ogniqualvolta si lamenti l'eccessiva durata di un giudizio ordinario; del Ministero della difesa ove si intenda far valere l'irragionevole durata di un processo militare; del Ministero dell'Economia e delle Finanze in tutti gli altri casi).
Il procedimento viene avviato dinanzi alla Corte d'Appello territorialmente competente mediante ricorso, da presentare obbligatoriamente con il patrocinio di un avvocato.
In quale misura viene liquidato l'indennizzo da equa riparazione?
In base alla disciplina dettata dall'art. 2 della Legge Pinto n. 89/2001 l'indennizzo viene riconosciuto al ricorrente esclusivamente per la durata del giudizio cui egli ha partecipato che risulti eccedente rispetto al periodo in cui egli avrebbe dovuto ragionevolmente attendersi la conclusione del processo. A titolo esemplificativo, qualora la Corte d'Appello ritenesse che un giudizio civile dinanzi ad un Tribunale in primo grado avrebbe dovuto essere definito nell'arco di quattro anni ed invece esso si è concluso in dieci anni, la medesima Corte procederebbe alla liquidazione dell'indennizzo esclusivamente per i sei anni residui.
Peraltro i principi affermati dalla Corte di Strasburgo in ordine alla quantificazione dell'indennizzo, che si impongono anche ai giudici italiani, possono così sintetizzarsi:
a) per ogni anno di durata eccessiva del processo, l'entità del risarcimento varia da 1.000,00 a 1.500,00 Euro, a prescindere dall'esito della lite per parte ricorrente, sia che essa perda, vinca o concili la causa davanti ai giudici nazionali;
b) la risultante di questo primo calcolo costituisce solo la base di partenza della valutazione e può subire un ulteriore aumento fino a 2.000,00 Euro per ciascun anno di durata eccessiva del processo, in relazione all'importanza della materia oggetto del contendere (per esempio, diritto del lavoro, stato o capacità delle persone, pensioni, procedure particolarmente gravi, in quanto incidenti sulla salute o sulla vita delle persone).
Come si ottiene concretamente l'indennizzo liquidato dalle Corti d'Appello a titolo di equa riparazione?
Una volta che, a seguito dello svolgimento dell'udienza in cui si articola la procedura, la Corte d'Appello ha depositato presso la Cancelleria il decreto con il quale lo Stato Italiano venga condannato a corrispondere al ricorrente un indennizzo, determinato secondo i parametri innanzi indicati, oltre alle spese legali sostenute dal ricorrente stesso, tale decreto viene notificato, a cura del difensore, all'Avvocatura dello Stato. Qualora, nei successivi 4 mesi, il Ministero non provveda volontariamente al pagamento delle somme complessivamente dovute al privato, quest'ultimo potrà incaricare il proprio legale di agire esecutivamente, per il recupero forzoso del proprio credito.
In quanto tempo si riesce ad ottenere effettivamente l'indennizzo liquidato?
Naturalmente la tempistica occorrente per l'effettiva riscossione del risarcimento spettante al ricorrente varia in base alla rapidità con cui le Corti d'Appello dislocate sul territorio nazionale sono solite fissare l'udienza di discussione del ricorso e, successivamente, depositare nella cancelleria il provvedimento conclusivo della procedura, anche in funzione dei rispettivi carichi di lavoro.
In media, si può tuttavia ragionevolmente affermare che dal momento della proposizione del ricorso introduttivo a quello del concreto recupero dell'indennizzo, nella peggiore ipotesi in cui si renda necessaria l'instaurazaione di una procedura di esecuzione forzata, trascorre generalmente un lasso di tempo di circa 18 mesi.