Reato Impossibile

di Paolo Franceschetti

Il reato impossibile si configura "quando, per l'inidoneità dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa è impossibile l'evento dannoso o pericoloso". (Art. 49, co. 2)

1. L'istituto – Il quasi reato

   1.1. Presupposti

   1.2. Reato impossibile e tentativo inidoneo

2. Casistica

   2.1. Casi limite

3. La concezione realistica dell'illecito

Bibliografia

1. L'istituto – Il quasi reato

L'articolo 49 al comma 2 prevede la figura del cosiddetto reato impossibile:

"La punibilità è esclusa quando, per l'inidoneità dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa è impossibile l'evento dannoso o pericoloso".

Se la punibilità è esclusa, il giudice può applicare una misura di sicurezza, qualora ritenga che il soggetto sia comunque pericoloso.

E' ovvio che "se concorrono nel fatto gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso".

Quello previsto dall’articolo 49 c.p. è uno dei due casi previsti dal nostro ordinamento in cui il giudice può applicare una misura di sicurezza senza che ci sia reato, a causa della pericolosità sociale che ha dimostrato il soggetto; e per questo motivo alcuni autori parlano di quasi-reato.

L’istituto è decisamente molto particolare e presenta alcune difficoltà di carattere interpretativo che hanno dato luogo ad una vasta letteratura giuridica, con posizioni anche molto differenziate tra i vari autori. Infatti:

1) in primo luogo sorge un problema interpretativo, perché occorre distinguere questa ipotesi da quella del tentativo inidoneo, e la questione non è assolutamente irrilevante, dal momento che per il delitto impossibile si applica una misura di sicurezza, mentre al tentativo inidoneo non si applica pena alcuna.

2) Dal punto di vista teorico la norma in esame è importante perché ha permesso di enucleare il principio di offensività, lì dove si dice che la punibilità è esclusa quando l’oggetto è inesistente.

3) In terzo luogo l’istituto pone un problema teorico analogo a quello già riscontrato nel tentativo, in quanto occorre conciliare la fattispecie con il resto del sistema; trattasi infatti di un’ipotesi in cui non è ravvisabile alcun danno, ma tuttavia al soggetto viene applicata una pena, in barba al principio di offensività che dovrebbe informare tutto il nostro sistema penale (quello stesso principio di offensività che da questa norma si enuclea) e in barba al principio del diritto penale del fatto.

1.1. Presupposti

Il reato impossibile ricorre dunque in due casi:

- quando l'azione è inidonea; ad esempio: Caio vuole uccidere Tizio dandogli un pugno sulla spalla; oppure sparandogli con una pistola giocattolo;

- quando l'oggetto dell'azione (cioè l'oggetto materiale del reato) è inesistente; ad esempio Caio vuole uccidere Tizio ed entra di notte nella sua casa sparando ad un fantoccio, scambiando questo per la vittima.

1.2. Reato impossibile e tentativo inidoneo

Identificazione del tentativo inidoneo e del reato impossibile. Parte della dottrina (ANTOLISEI, PAGLIARO) ha sostenuto che l'articolo 49 c.p. sarebbe un mero doppione dell'articolo 56 c.p., e quindi dell'istituto del tentativo.

L'azione inidonea di cui parla l'articolo 49 c.p. sarebbe il corrispondente dell'espressione "l'azione non si compie" dell'articolo 56 c.p.

La mancanza dell'oggetto di cui all'articolo 49 c.p. corrisponde alla non verificazione dell'evento di cui all'articolo 56 (PAGLIARO, PADOVANI). In pratica l’articolo 49 c.p. sarebbe il corrispondente negativo della figura dell’articolo 56 c.p., e le due norme andrebbero lette in combinato disposto. (Secondo ANTOLISEI la norma sarebbe stata inserita ad abundantiam dal legislatore per dirimere ogni dubbio in ordine al giudizio sull’idoneità dell’azione.)

A che serve quindi l’articolo 49 c.p.?

Non è un articolo superfluo, come pure è stato affermato, perché consente di applicare una misura di sicurezza al tentativo inidoneo, soluzione che altrimenti risulterebbe impraticabile (FIANDACA-MUSCO).

Tesi che distingue le due figure. Il problema. Altri autori sostengono che una differenza tra i due istituti deve pur esserci, attese le differenze di collocazione e di linguaggio usate dal codice. La disputa non è priva di implicazioni pratiche. Il punto è, infatti, che differenziando il tentativo inidoneo dal delitto impossibile ne consegue che il primo resta impunito, applicandosi solo al delitto impossibile la misura di sicurezza.

Per chiarire la differenza occorre esaminare distintamente le due ipotesi in cui può presentarsi il delitto impossibile.

a) Inidoneità dell'azione. Anzitutto sarebbe inspiegabile perché il legislatore abbia prima trattato lo stesso istituto del tentativo inidoneo dapprima in chiave negativa (la punibilità è esclusa per l'inidoneità dell'azione) e poi in chiave positiva (chi commette atti idonei diretti a commettere un delitto non è punibile).

Occorre notare poi che nell'articolo 56 c.p. si parla di "atti", mentre l'articolo 49 c.p. fa riferimento all'azione. Si sostiene, allora, che il legislatore non a caso ha usato l'espressione "atti" a proposito del tentativo e "azione" a proposito del delitto impossibile. Il tentativo si configura quando il delitto è imperfetto perché non è portato alla consumazione; il delitto impossibile, invece, ricorre quando l'azione è portata a compimento fino alla fine, ma l'evento è mancato (CARACCIOLI, DELPINO, MANTOVANI). In altre parole: chi compie una serie di atti inidonei a provocare l'evento risponde di delitto tentato; se invece si pone in essere tutta un'azione inidonea, allora si applica la norma del reato impossibile (MANTOVANI).

b) L’inesistenza dell'oggetto. L’espressione “inesistenza dell’oggetto” potrebbe sembrare simile a quella dell'articolo 56 c.p. dove si parla di “evento che non si verifica”. E’ il caso di chi spara su di un cadavere. Qui hanno ragione quelli che vi ravvisano un caso di inesistenza dell’oggetto, ma è certamente anche nel vero chi dice che trattasi di mancata verificazione dell’evento.

Alcuni autori invece distinguono tra tentativo inidoneo e reato impossibile in questo modo:

1) - l'articolo 49 c.p. farebbe riferimento ai casi di inesistenza assoluta, cioè quella in cui l'oggetto non è mai esistito in rerum natura;

- l'articolo 56 c.p. invece farebbe riferimento ai casi di inesistenza relativa, cioè quelli in cui l'oggetto non è presente sul luogo del delitto, per cause momentanee o accidentali (ad esempio quando Tizio spara contro il letto dove solitamente dorme un individuo, che però è momentaneamente vuoto);

2) inoltre l’articolo 49 c.p., parlando di inesistenza dell’oggetto, farebbe riferimento anche a tutti quei casi in cui il fatto manca di una concreta offensività; il furto di uno spillo, o di un acino d’uva, ad esempio. Si tratterebbe cioè di una inesistenza giuridica, anche se non materiale (CARACCIOLI) .

c) Ambito di applicazione. Altra differenze tra articolo 49 c.p. e 56 c.p. sono che il primo, parlando di reato, è applicabile anche alle contravvenzioni, il secondo solo ai delitti.

Tuttavia partendo da questa prospettiva ne consegue che un atto idoneo diretto a commettere una contravvenzione non sarebbe punibile; mentre un atto non idoneo (e quindi configurante contravvenzione impossibile) darebbe luogo all’applicazione di una misura di sicurezza (CARACCIOLI).

Conclusioni. Ricapitolando, volendo tentare a tutti i costi di distinguere le due figure, la distinzione tra tentativo inidoneo e delitto impossibile si fonda su ciò:

- nel tentativo inidoneo si ha un singolo atto, inidoneo;

- nel delitto impossibile è tutta l’azione, portata a compimento, ad essere inidonea;

- nel tentativo inidoneo l’inesistenza dell’oggetto è solo relativa, o momentanea;

- nel delitto impossibile l’inesistenza è assoluta.

Esemplificando:

- tentativo inidoneo: Tizio tenta di sparare con una pistola a salve (singolo atto inidoneo);

- delitto impossibile: Tizio spara con una pistola a salve (azione compiuta per intero).

Oppure:

- tentativo inidoneo: Tizio tenta di sparare contro un cadavere;

- delitto impossibile: Tizio spara contro un cadavere.

Questo spiega anche perché il tentativo inidoneo non è punito, mentre il delitto impossibile è sanzionato con l’applicazione di una misura di sicurezza.

2. Casistica

La giurisprudenza ha fatto rientrare nel delitto impossibile le seguenti figure (CARACCIOLI):

- il cosiddetto falso innocuo, cioè quello grossolano e riconoscibile da chiunque;

- il falso inutile, cioè quello avente ad oggetto documenti privi di rilevanza giuridica;

- la falsa testimonianza, concernente circostanze marginali o estranee all'oggetto della decisione;

- la simulazione di reato o calunnia, relative a fatti completamente incredibili.

2.1. Casi limite

Tuttavia rimangono molti casi limite, il cui inquadramento risulta difficile. Né è soddisfacente la differenza tra inesistenza assoluta e relativa.

Ad esempio se Tizio è un borsaiolo e introduce la sua mano nella tasca di Caio per derubarlo, ma non trova nulla, la fattispecie si pone al confine tra il tentato furto idoneo, il tentato furto (inidoneo) e il reato impossibile. Ad un esame di questa fattispecie infatti, risulta tutt'altro che chiaro se l’atto di introdurre la mano nella tasca configuri:

1) un atto idoneo in astratto, e quindi un tentativo;

2) un atto inidoneo in concreto (dato che si trattava della tasca sbagliata);

3) un delitto impossibile, per l’inesistenza dell’oggetto e il fatto che tutta l’azione sia stata portata a compimento.

Secondo FIANDACA-MUSCO, ad esempio, la differenza tra tentativo e reato impossibile si basa addirittura su altri criteri rispetto a quelli che noi abbiamo tracciato in precedenza, che sono i seguenti: abbiamo il delitto impossibile quando un fatto è astrattamente idoneo, in linea di principio, a raggiungere l'obbiettivo criminoso perseguito, ma in concreto è inidoneo a causa delle circostanze del caso (sparare su di un cadavere). Abbiamo tentativo inidoneo quando l'azione non è neanche astrattamente idonea a provocare l'evento (sparare con una pistola giocattolo). Ma il criterio continua ad essere tutt'altro che soddisfacente in molti casi, come quello del borseggio (che per FIANDACA-MUSCO rientra nel delitto impossibile, perché "non si può derubare chi non ha denaro e manca l'oggetto dell'azione"; mentre per altri autori, come CARACCIOLI, rientra nel tentativo inidoneo. E in effetti entrambe le tesi sono sostenibili.

3. La concezione realistica dell'illecito

Il problema. L’articolo 49 c.p. ha dato luogo ad un ulteriore dibattito dottrinale (e qui è il caso di sottolineare che il dibattito è solo dottrinale, non avendo alcuna conseguenza pratica di cui la giurisprudenza possa occuparsi).

Il dibattito verte attorno al ruolo dell’articolo 49 c.p. nel sistema, in quanto alcuni autori lo elevano a regola cardine, su cui costruire il principio di offensività, mentre altri sostengono che letta in tal modo incrinerebbe il principio della certezza del diritto, dando troppo potere al giudice.

A maggior ragione il dibattito è incomprensibile quando queste ultime preoccupazioni sono avvertite da autori come FIANDACA-MUSCO, i quali sostengono che il principio di offensività informerebbe tutto il sistema penale.

Per capire il nocciolo del problema occorre esporre le due visioni contrapposte.

La concezione realistica dell’illecito. Secondo alcuni autori il criterio di discriminazione tra delitto impossibile e tentativo inidoneo che abbiamo tracciato permette di eliminare dalla sfera del penalmente rilevante tutti quei comportamenti che non hanno alcuna potenzialità offensiva; e viene infatti chiamata concezione realistica del reato (contrapposta ad una concezione formalistica, DELPINO); concezione, cioè che vede il reato solo in quei comportamenti effettivamente offensivi di beni giuridici rilevanti.

"La teorica in esame ha avuto un grande influsso sulla dottrina penalistica degli ultimi decenni, in quanto, a parte il suo rigore interpretativo, ha permesso di adeguare una normativa penalistica indubbiamente datata come quella del codice del 1930 alle evoluzioni della società, rispondendo alla fondamentale esigenza di giustizia di non colpire comportamenti irrilevanti dal punto di vista offensivo" (CARACCIOLI).

In pratica l’articolo 49 c.p., in combinato con l’articolo 43 c.p. (anche esso parla di evento dannoso o pericoloso da cui dipende l’esistenza del reato, escludendo quindi che un evento non dannoso possa considerarsi tale) diventa una norma, che, interpretata in questo senso, si erge a principio cardine del diritto penale (FIORE).

Le critiche. La concezione è stata criticata (specie da FIANDACA-MUSCO e ANTOLISEI) per vari motivi.

Anzitutto perché fa ricorso alla discussa categoria dogmatica del bene giuridico, categoria a proposito della quale già sono state sottolineate le incertezze nonché la sua inutilità a fini interpretativi e pratici (ANTOLISEI).

Si è detto poi che non può essere l’articolo 49 c.p. il referente del principio di offensività perché un fatto conforme al tipo, ma insuscettibile di ledere un bene giuridico, è una contraddizione in termini (Stella), perché se un fatto non lede alcun bene giuridico non è conforme al tipo.

Infine, si è detto (e qui sta l’aspetto più incomprensibile del dibattito) che la concezione realistica dell'illecito sarebbe un grave pericolo per lo stato di diritto, perché imporrebbe al giudice due ordini di giudizi: il primo relativo alla tipicità del fatto; il secondo relativo alla non lesività di esso, effettuato alla stregua di parametri non giuridici, tra l'altro molto imprecisi; col rischio che verrebbe da un lato minacciata la certezza del diritto e, dall'altro, sorgerebbe il rischio di confondere le due distinte funzioni, giudiziaria e legislativa (FIANDACA-MUSCO).

“La critica non sembra tener conto delle ripetute precisazioni sulla necessità di accertare l’effettiva lesione o messa in pericolo dell’interesse tutelato alla stregua di una valutazione rigorosamente normativa, cioè basata sull’individuazione dell’oggettività giuridica emergente dalla norma incriminatrice o da quelle altre fonti normative che concorrono a determinare l’interesse tutelato” (NEPPI-MODONA).

Tuttavia coloro che sostengono che l’articolo 49 c.p. sia solo un doppione della figura del tentativo affermano poi che allo stesso risultato si può pervenire per altre vie (per l’articolo 43 c.p.; o costituzionalizzando il principio di offensività; o interpretando adeguatamente le singole norme penali; o tramite il principio di tipicità, che taluno ricava dall’articolo 1 del codice penale).

Ad esempio secondo PADOVANI alla non punibilità del furto di una mela si giunge interpretando correttamente il concetto di cosa di cui parla la norma sul furto, applicandola solo alle cose che abbiano un certo valore patrimoniale.

A questo punto risulta, cioè, incomprensibile il motivo per cui viene negato che il principio di offensività passi attraverso la lettura dell’articolo 49 c.p., ma non attraverso altre vie.

Ragioni della disputa. Se la posizione di ANTOLISEI può comprendersi ed ha una sua coerenza (l’autore infatti parte dal presupposto che la teoria del bene giuridico sia da rigettare e quindi è ovvio che egli non faccia poi ricorso a fini interpretativi al concetto di bene), non altrettanto lo è l’opinione di FIANDACA-MUSCO. Non si vede infatti come possa essere minacciata la certezza del diritto facendo passare il principio di offensività per l’articolo 49 c.p., visto, che, come abbiamo detto, tale principio è comunque presente nel nostro ordinamento.

In realtà le difficoltà della dottrina a far passare il principio di offensività per l’articolo 49 c.p. nascono soprattutto da ciò: che il delitto impossibile è comunque suscettibile dell’applicazione di una misura di sicurezza, il che lo rende inconciliabile con un diritto penale del fatto. Alcuni autori cioè, entrerebbero in contraddizione affermando (come fa FIANDACA-MUSCO) che il nostro è un diritto penale del fatto, se poi dovessero ammettere che la misura di sicurezza può applicarsi anche senza fatto.

Il punto, cioè, è che gli autori vogliono evitare di affermare a chiare note quello che invece chiaramente e lucidamente ammette MANTOVANI: cioè che l’applicazione di una misura di sicurezza a chi ha commesso un fatto che non lede alcun bene giuridico si spiega solo perché il nostro sistema penale non è né di tipo soggettivo né oggettivo, ma misto. E il soggetto viene “punito” con una misura di sicurezza perché è pericoloso, pur non avendo commesso alcun “fatto” idoneo a ledere un bene giuridico protetto.

Inoltre si sente probabilmente l’esigenza di evitare, negando che l’articolo 49 c.p. introduca il principio di offensività, che per questa via possa essere ricostruita una teoria della non punibilità dei reati cosiddetti bagattellari.

Secondo FIORE il reato impossibile serve per spiegare perché non sia punibile per atti osceni la modella che posa nuda in un’accademia d’arte o la mamma che si scopre il seno in una stazione per allattare il bambino, o il pubblico ufficiale che riceve in regalo una scatola di cioccolatini, o dei fiori (non ci sarebbe infatti aggressione del bene giuridico).

Tuttavia che il principio di offensività sia un principio cardine del nostro ordinamento nessun autore lo mette più in dubbio. E che tale principio passi per l’articolo 49 c.p. o per altre vie è indifferente; solo che coloro che negano la via dell’articolo 49 c.p. sono poi in difficoltà quando si tratta di ancorarlo a qualche norma precisa. Non a caso FIANDACA-MUSCO dà per presupposto il principio di offensività, senza però indicarne il referente normativo (FIANDACA-MUSCO).

In realtà che il principio di offensività passi per l’articolo 49 c.p. lo si ricava anche dai lavori preparatori al Codice Rocco e lo ha riconosciuto anche la Corte Costituzionale con sentenza n. 957/1988 (v. riferimenti in: NEPPI-MODONA).

In giurisprudenza v. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 29.05.2008 n° 21787 (vedi nota su AltalexMese – Schede di Giurisprudenza).

Bibliografia

· ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, 2000, pag. 498;

· CARACCIOLI, Manuale di diritto penale, pag. 371;

· DELPINO, Diritto penale, pag. 383;

· FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, 1995, pag. 433;

· FIORE, Diritto penale, Parte generale, I, 1993, pag. 286 e ss.;

· MANTOVANI, Diritto penale, pag. 459;

· NEPPI-MODONA, Digesto delle discipline penalistiche, voce: Reato impossibile, pag. 267;

· PADOVANI, Diritto penale, 1998, pag. 364;

· PAGLIARO, Principi di diritto penale, 1998, pag. 412 e ss.