Risolvendo una questione
di particolare importanza, le S.U. hanno affermato che,
in caso di notificazione a più parti, il termine di
dieci giorni entro il quale l’attore (ai sensi dell’art.
165 cod. proc. civ.) o l’appellante (ai sensi dell’art.
347 cod. proc. civ., che alla prima disposizione fa
rinvio) devono costituirsi, decorre dalla prima
notificazione, non dall’ultima.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E.M. conveniva, davanti al giudice
di pace di Taranto, G.L. e la spa Toro Assicurazioni,
chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei
danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale.
I convenuti, costituitisi,
proponevano domanda riconvenzionale nei confronti del M.
e della società SIAT, assicuratore della r.c.a. del
veicolo del M..
II giudice di pace accoglieva la
domanda principale, ritenendo che l’esclusiva
responsabilità dell’incidente fosse da attribuire al
convenuto Lazzaro.
Quest’ultimo proponeva appello al
tribunale indicando, nella citazione, per la
comparizione l’udienza del 19.9.2005.
L’atto di impugnazione era
notificato alla società Toro Assicurazioni il 20.5.2005,
ad Eugenio M. il 23.5.2005, ed alla società SIAT
Assicurazioni il 24.5.2005.
L’appellante, quindi, iscriveva a
ruolo la causa in data 3.6.2005 e, contestualmente, si
costituiva depositando, nella stessa data del 3.6.2005,
la nota di iscrizione a ruolo ed il fascicolo di parte
contenente l’atto di citazione e l’atto di appello, come
da attestazione del cancelliere. Il tribunale, con
sentenza del 19.10.2005, dichiarava improcedibile
l’appello.
Ha proposto ricorso per cassazione
affidato ad unico motivo il Lazzaro.
Resiste con controricorso il M..
Gli altri intimati non hanno svolto
attività difensiva.
Fissata la trattazione del ricorso
per l’udienza del 17.6.2010, la terza sezione civile
della Corte ha emesso ordinanza interlocutoria
depositata il 5.8.2010, di rimessione degli atti al
Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della
causa alle sezioni unite. Il Primo Presidente ha
provveduto in tal senso. Il ricorrente ha anche
presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La questione di diritto posta
dall’ ordinanza di rimessione.
Con l’ordinanza interlocutoria , la
terza sezione civile della Corte ha posto la questione
del termine di costituzione dell’appellante, in caso di
notificazione a più parti, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 347 e 165 c.p.c.; vale a dire se il
termine di dieci giorni, entro il quale l’appellante
deve costituirsi, decorra dalla prima notificazione,
ovvero dall’ultima.
L’ordinanza di rimessione dà conto
che, fino al 1997, la Corte di cassazione aveva aderito
ad una interpretazione “liberale” dell’art. 165 c.p.c.,
ritenendo che il termine per la costituzione dell’attore
dovesse decorrere dall’ultima delle notifiche dell’atto
di citazione (Cass. 6 novembre 1958, n. 3601, cui segue
nello stesso senso soltanto Cass. 18 gennaio 2001, n.
718).
Successivamente, (a partire da
Cass. 16 luglio 1997, n. 6481), invece, la Corte aveva
mutato indirizzo, aderendo alla tesi “restrittiva”,
secondo cui il termine per la costituzione dell’attore
decorre dalla prima delle notificazioni dell’atto di
citazione; indirizzo, questo, consolidatosi nel tempo.
Sono esposte, quindi, le ragioni di
preferenza del primo dei due indirizzi. Le ragioni si
fondano sui seguenti argomenti:
a) costituzionale, del giusto
processo, per il quale l’art. Ill Cost, impedisce di
ritenere conformi a costituzione interpretazioni che,
sanzionando ritardati adempimenti, finiscono per
incidere sul diritto di difesa, precisando che
l’adesione alla tesi più rigorosa, e finora dominante,
non giova affatto alla speditezza del processo, perché
in ogni caso l’improcedibilità della domanda (o del
gravame) andrebbe dichiarata con sentenza;
b) logico, in ordine all’inutilità
dei risultati cui conduce la tesi tradizionale, in
quanto anche se l’appello fosse dichiarato improcedibile
per essersi l’attore costituito oltre il decimo giorno
dalla prima notificazione, egli potrebbe comunque
proporre una nuova impugnazione, se il termine per
impugnare non sia scaduto;
c) letterale, per essere le ipotesi
di improcedibilità dell’appello, in quanto eccezionali,
tassative e di stretta interpretazione;
d) sistematico. A tal fine,
l’ordinanza richiama, sia il processo amministrativo
(art. 36, n. 4, r.d. 26.6.1924 n. 1054; art. 18 r.d.
17.8.1907 n. 642; art. 21, comma 2, I. 6.12.1971 n.
1034), sia quello contabile (art. 5 I. 14.1.1994 n. 19,
come interpretato da C. conti, sez. riun. 25.3.2005 n.
1).
In questi casi la legge fa
decorrere lo sviluppo del processo dall’ultima
notificazione.
Le critiche alla tesi restrittiva
si sostanziano, poi, nei seguenti argomenti:
a) quello del ‘legislatore
consapevole”.
Non è vero - si afferma - che il
legislatore, lasciando immutato l’art. 165 cod.proc.civ.
nell’ambito di una generale riforma del processo civile
(attuata con la I. n. 353 del 1990), avrebbe, per ciò
solo, manifestato la volontà di avallare l’orientamento
dominante. Ed infatti fino al 1997 ad essere dominante
era la tesi liberale, non quella restrittiva. Che il
legislatore, poi, mai abbia inteso avallare la tesi
restrittiva, si desume dal fatto che, con l’introduzione
del rito societario, si sia prevista espressamente la
decorrenza del termine per la costituzione dall’ultima
notifica (art. 3, comma 2, d. Igs. 17.1.2003 n. 5).
b) quello “ad absurdum”.
Nel caso di notifica della
citazione a più persone, l’attore non può conoscere la
data della prima notifica fino a quando l’atto non gli
sia restituito; ma, a quel punto, il termine per
costituirsi potrebbe essere già spirato, se lo si fa
decorrere dalla prima notificazione. Per ovviare a tale
inconveniente, la tesi dominante consente all’attore di
costituirsi depositando un fascicolo incompleto, nel
quale l’originale della citazione è sostituito da una
copia non formale e non autentica (c.d. “velina”).
In questo modo, si sostiene
nell’ordinanza di rimessione, la tesi restrittiva
fomenta e legittima una prassi non consentita dalla
legge e di per sé irragionevole, in quanto consente la
costituzione prima del perfezionamento del rapporto
processuale.
c) quello del “convenuto
svantaggiato”.
Secondo la tesi dominante, il
termine per la costituzione dell’attore va fatto
decorrere dalla prima notificazione perché il convenuto,
cui la citazione sia stata notificata per prima, decorsi
dieci giorni da essa, deve essere messo in condizione di
sapere con certezza se l’attore si sia costituito o
meno; il che non potrebbe accadere aderendo alla tesi
“liberale”, in quanto il convenuto cui la citazione è
stata notificata per prima non sa quando sia avvenuta od
avverrà l’ultima notificazione; né si potrebbe
pretendere da quel convenuto che si rechi ogni giorno in
cancelleria per verificare se la costituzione
dell’attore sìa avvenuta o meno.
L’ordinanza di rimessione ritiene
questo un mero “inconveniente pratico”, per di più
agevolmente superabile sol che il convenuto abbia cura
di verificare che la costituzione dell’attore sia
avvenuta o meno “non oltre i primi dieci giorni dei
periodo di tempo dei dovuti termini minimi da assicurare
ex art. 163 bis c.p.c.”.
2. Una considerazione di metodo.
L’ordinanza di rimessione sottopone
alle sezioni unite argomenti che sono apparsi
giustificare una diversa lettura della disposizione,
dettata dal secondo comma dell’art. 165 cod.proc.civ.,
compresa nel richiamo che, per il giudizio di appello, è
operato dal successivo art. 347 cod.proc.civ.. La Corte
osserva che la reinterpretazione così sollecitata
riguarda una disposizione, relativa all’ordine del
processo, che da oltre venti anni è stata letta, nella
propria giurisprudenza, nel medesimo modo; così
determinando le condizioni perché le parti potessero e
dovessero fare affidamento su di una corrispondente
applicazione da parte dei giudici investiti della
domanda di tutela.
La Corte considera che, se la
formula del segmento di legge processuale, la cui
interpretazione è nuovamente messa in discussione, è
rimasta inalterata, una sua diversa interpretazione non
ha ragione di essere ricercata e la precedente
abbandonata, quando l’una e l’altra siano compatibili
con la lettera della legge, essendo da preferire - e
conforme ad un economico funzionamento del sistema
giudiziario - l’interpretazione sulla cui base si è, nel
tempo, formata una pratica di applicazione stabile.
Soltanto fattori esterni alla formula della disposizione
di cui si discute - derivanti da mutamenti intervenuti
nell’ambiente processuale in cui la formula continua a
vivere, o dall’emersione di valori prima trascurati -
possono giustificare l’operazione che consiste
nell’attribuire alla disposizione un significato
diverso.
L’ordinanza di rimessione non manca
di muoversi in questa ottica. Tuttavia, gli argomenti in
essa proposti non appaiono alla Corte tali da imporre
l’abbandono della precedente interpretazione.
3. La decisione di questa Suprema
Corte.
I punti salienti
dell’interpretazione consolidatasi nel tempo sono i
seguenti.
II secondo comma dell’art. 165
cod.proc.civ. stabilisce che, in caso di notificazione
della citazione a più soggetti, l’originale deve essere
inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima
notificazione.
Se fosse consentita la costituzione
dell’attore o dell’appellante, entro dieci giorni
dall’ultima notificazione, tale previsione sarebbe
superflua, poiché l’inserimento della citazione in
originale, previsto dal secondo comma, presuppone
necessariamente che il fascicolo di parte dell’attore,
nel quale l’atto va inserito, sia già stato depositato e
che, pertanto, la costituzione dell’attore debba essere
già avvenuta.
Diversamente, il secondo comma
dell’art. 165 cod.proc.civ. acquista un senso, posto che
- al fine di consentire all’attore il rispetto del
termine di costituzione - lo esonera dal contestuale
deposito della citazione in originale al momento dell’
iscrizione della causa a ruolo. E, sotto questo profilo,
è la disciplina della norma delle disposizioni di
attuazione - art. 74, quarto comma, disp. att. c.p.c. -
a doversi adattare alla disciplina del codice.
Al che consegue che, se la causa è
iscritta a ruolo “con velina”, le verifiche sulla
regolarità degli atti saranno compiute dal cancelliere
al momento dell’inserimento nel fascicolo dell’originale
della citazione. Né il deposito della copia della
citazione impedisce al presidente di conoscere i termini
della causa e designare il giudice istruttore. Inoltre,
nessuna illegittimità deriva dalla costituzione, previo
deposito di copie non autentiche (c.d. “veline”) della
citazione; prassi, in un certo senso, sorretta proprio
dall’ art. 165 cod.proc.civ..
Né alcun rilievo può essere
attribuito alla circostanza che l’attore non può mai
sapere quando è avvenuta la prima notificazione, perché
l’ufficiale giudiziario gli restituisce l’originale
soltanto quando la notificazione è stata eseguita nei
confronti di tutti i convenuti.
L’art. 165 cod.proc.civ. non impone
affatto che la costituzione avvenga dopo che la prima
notificazione si sia perfezionata.
Nulla, pertanto, vieta all’attore,
dopo aver consegnato l’originale della citazione
all’ufficiale giudiziario, di procedere immediatamente
all’iscrizione a ruolo depositando una copia.
Il perfezionamento della
notificazione non è, infatti, necessario ai fini della
costituzione in giudizio ( ciò si desume anche dall’art.
5, comma 3, della legge n. 890 del 1982, il quale
consente al notificante di ottenere la restituzione
della copia dell’atto prima del ritorno dell’avviso di
ricevimento per procedere all’iscrizione a ruolo).
Anche l’interpretazione finalistica
della norma depone nel senso di ancorare la costituzione
dell’attore alla prima delle notificazioni. E ciò perché
il convenuto ha diritto di conoscere, quanto prima
possibile, se l’attore si sia costituito o meno, al fine
di stabilire le opportune strategie difensive, sul
presupposto che, nella prassi, la mancata tempestiva
costituzione dell’attore è sintomo della volontà di non
dare più seguito all’esercizio dell’azione.
In questa ottica - in un giudizio
con pluralità di parti - per il convenuto, di norma, è
irrilevante che un altro convenuto abbia deciso di
iscrivere la causa a ruolo e coltivare il giudizio.
Sul piano sistematico, poi, la
norma così interpretata è coerente con la riforma
processuale introdotta dalla legge 26.11.1990 n. 353 che
ridisegna un processo caratterizzato, non solo
dall’esigenza che sia subito determinato il thema
decidendum, ma anche dall’esigenza, strettamente
funzionale alla prima, che l’attore ponga subito a
disposizione dei convenuti la propria produzione
documentale.
La disposizione, così ripercorsa,
nei suoi aspetti essenziali, non è ambigua,
se si tiene conto delle peculiarità
della fattispecie che disciplina.
Non è neppure incompleta, non
consentendo, quindi, il ricorso all’analogia.
Il ricorso alla analogia, infatti,
è ammesso dall’art. 12 delle preleggi
soltanto quando manchi
nell’ordinamento una specifica norma regolante la
concreta fattispecie e si renda,
quindi, necessario porre rimedio ad un
vuoto normativo, altrimenti
incolmabile in sede giudiziaria.
In questa ottica, pertanto, il
richiamo all’art. 369, comma 1, cod.proc.civ.
- che prevede il deposito del
ricorso per cassazione nel termine di venti
giorni dall’ultima notificazione -
non è significativo.
Non lo è sotto due profili.
Il primo è che proprio il fatto che
l’art. 369 cod.proc.civ. detti una regola dissonante
rispetto alla previsione generale rende evidente che,
quando il legislatore ha inteso assumere come punto di
riferimento per la costituzione dell’attore l’ultima
notificazione, lo ha previsto espressamente.
Il secondo si sostanzia nella
diversità del giudizio di cassazione, che non è un
giudizio soggetto ad istruzione, rispetto ai giudizi di
merito di primo grado e di appello, che, quindi,
necessitano di una puntuale, specifica e diversa
regolamentazione.
Né il richiamo all’art. 3, comma 2
D.Lgs. n. 5 del 2003, in tema di processo societario è
invocabile.
Da un lato, infatti, è
difficilmente predicabile - in questo caso - richiamarsi
all’analogia; e ciò per essere il modello processuale
del rito societario un modello speciale rispetto a
quello ordinario, la cui introduzione ha avuto l’effetto
di sottrarre a quest’ultimo una certa tipologia di
controversie. Non è, quindi, consentito ravvisare una
eadem ratio fra una norma appartenente ad un sistema
costituente lex specialis e quella generale. Dall’altro,
sotto questo profilo, deve osservarsi che, dopo
l’intervento del D.Lgs. n. 5 del 2003, si è verificato
un complesso intervento normativo sul processo civile di
cognizione ordinario (D.L. n. 35 del 2005, convertito
con modificazioni nella L. n. 80 del 2005), in occasione
del quale il legislatore non ha ritenuto di modificare
la norma dell’art. 165 cod.proc.civ.; il che è
sintomatico della conferma della diversità delle regole.
Da ultimo, va segnalato che il legislatore, con la
recente L. 18 giugno 2009, n. 69, non solo ha abrogato
(art. 54, comma 5) - sia pure non con riferimento ai
procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore
della legge stessa - il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 3,
comma 2, ma ha anche omesso di intervenire sull’art. 165
cod.proc.civ.. Omissione di interventi che ha investito
anche l’art. 347 cod.proc.civ.. Eguali considerazioni
valgono per il processo amministrativo e contabile
richiamati.
L’art. 165 cod.proc.civ. ha una
valenza ed una rilevanza non eccezionale; non regola la
fattispecie in modo incompleto e non compromette -
secondo l’interpretazione consolidatasi nel tempo -, Né
il principio della durata ragionevole del processo, Né
il diritto di difesa delle parti.
Anzi, in chiave di un equo
contemperamento degli interessi delle parti stesse
(balancing test), da un lato, la costituzione nei dieci
giorni dalla prima notificazione non è un onere
particolarmente gravoso da rispettare per l’attore.
Questi, infatti, può costituirsi -
immediatamente dopo la consegna dell’originale dell’
atto di citazione all’ ufficiale giudiziario ed
indipendentemente dal perfezionamento della sua
notificazione - con l’immediata iscrizione a ruolo,
mediante deposito di copia non formale della citazione.
Dall’altro, al convenuto, invece,
giova in termini di tutela dell’affidamento e di
conoscenza delle intenzioni che l’attore intende
perseguire. La costituzione dell’attore entro i dieci
giorni dall’ultima notificazione creerebbe, infatti, in
ciascuno dei convenuti che riceve la notificazione della
citazione, una situazione di incertezza.
Questi, non sapendo se sia l’ultimo
destinatario nei cui confronti la notifica si è
perfezionata, non ha un dato certo per ricostruire
quando l’attore si dovrà costituire.
La previsione della costituzione
nei dieci giorni dalla prima notificazione - ignorando
ognuno dei convenuti se egli sia il primo destinatario
raggiunto dalla notificazione - comporta, viceversa, che
lo stesso debba considerarsi, nell’incertezza, il primo
fra i destinatari, per il quale si è perfezionata la
notifica.
Se lo è effettivamente, avrà un
dato certo per accertare se vi sia stata tempestiva
costituzione dell’attore in relazione alla notificazione
eseguita nei suoi confronti. Altrimenti troverà che la
costituzione è già avvenuta, in relazione ad una
precedente notificazione nei confronti di altro
convenuto. La costituzione entro un termine dalla prima
notificazione, quindi, appare anche più funzionale
all’esercizio del diritto di difesa di ognuno dei
convenuti, posto che pone ognuno di essi nella
condizione di dover supporre che la notificazione
eseguita nei suoi confronti sia la prima e che, quindi,
l’attore debba costituirsi in relazione ad essa. Né va
sottovalutato che il diverso decorso consentirebbe anche
comportamenti non lineari dell’attore, che potrebbe
artatamente posporre la propria costituzione, ritardando
la notifica ai convenuti successivi al primo.
4. L’esame del ricorso.
Alla luce dei principii enunciati
va, ora, esaminato il ricorso proposto. Il ricorrente
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
347, 348, 101, 161, 168 c.p.c. e 72 disp. att c.p.c..
Dà atto, nel ricorso, che la causa
di appello era iscritta a ruolo dall’appellante Giuseppe
Lazzaro il 3.6.2005 con numero di R.G. 3226, e
fissazione dell’udienza del 21.9.2005 davanti al Giudice
dott. Cavallone. Ulteriore dato di fatto, però, era che
“ il convenuto M. Eugenio il 30.8.2005 ritenendosi
evidentemente parte diligente, iscriveva a ruolo la
medesima causa con n, 4616/2005 di R.G. che veniva
assegnata alla terza sezione al giudice dott. Pizzuti
per l’udienza del 23.9.2005 In tale udienza, nella
contumacia dell’appellante Lazzaro e degli altri
appellati, compariva esclusivamente l’appellato M.. Il
giudizio si concludeva con sentenza del 19.10.2005, con
la quale, sul presupposto dell’omessa costituzione in
giudizio dell’appellante Lazzaro, e della costituzione
dell’appellato nel termine di cui all’art. 166
cod.proc.civ., era dichiarata l’improcedibilità - ai
sensi dell’art. 348 cod.proc.civ. - dell’appello
proposto dal Lazzaro.
Il ricorrente contesta che
l'iscrizione a ruolo effettuata su iniziativa
dell'appellato Miglietta successivamente a quella
effettuata dall'appellante fosse conforme a legge; di
qui la nullità della sentenza impugnata. Il motivo non è
fondato per le ragioni che seguono.
L'attuale ricorrente, nel giudizio
di appello di R.G. n. 3226/2005, si è costituito
iscrivendo la causa a ruolo il 2 giugno 2005. La prima
delle notificazioni agli appellati si è perfezionata il
20 maggio 2005 (alla società Toro Assicurazioni).
La costituzione in tale giudizio
del Lazzaro - sulla base delle precedenti considerazioni
- era, quindi, tardiva.
L'unica corretta iscrizione a
ruolo, pertanto, restava quella ad opera dell'appellato
Miglietta.
Al che consegue l'irrilevanza delle
censure avanzate dal ricorrente in ordine alle
conseguenze di una duplice iscrizione a ruolo. Nè la
tardività della costituzione dell'appellante poteva
ritenersi sanata dalla tempestiva costituzione
dell'appellato, posto che, nel giudizio di?
appello, non valgono le
corrispondenti regole del giudizio di primo grado, di
cui all'art. 171 cod.proc.civ..
La mancata costituzione in termini
dell'appellante, ai sensi dell'art. 348, comma 1,
cod.proc.civ., nel testo sostituito - con efficacia dal
30 aprile 1995 - dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art,
54, infatti, determina automaticamente l'improcedibilità
dell'appello, senza che possa trovare applicazione
l'art. 171, comma 2, cod.proc.civ., con la conseguente
possibilità della costituzione dell'appellante fino alla
prima udienza, qualora l'appellato si sia costituito nei
termini.
Il richiamo alle forme ed ai
termini del procedimento avanti il tribunale, contenuto
nell'art. 347, comma 1, cod.proc.civ., deve ritenersi
riferito solo agli artt. 165 e 166 cod. proc. civ.,
mentre la previsione dell'art. 171, comma 2,
cod.proc.civ. è incompatibile con il tenore dell'art.
348 cod.proc.civ., il quale esclude, in ogni caso, la
possibilità di una ritardata costituzione di una delle
parti, o l'applicazione dell'istituto dell'estinzione
per la loro inattività, stabilendo espressamente l'improcedibilità
dell'appello, senza attribuire alcun rilievo al
comportamento dell'altra parte (fra le tante Cass. 21
gennaio 2010, n. 995; Cass. 14 dicembre 207, n. 26257;
Cass. 24 gennaio 2006, n. 1322).
Correttamente, quindi, il giudice
del merito ha dichiarato l'improcedibilità dell'appello
proposto dal Lazzaro. Conclusivamente, il ricorso è
rigettato.
La complessità delle questioni
trattate giustifica la compensazione, fra le parti
costituite, delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione,
pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera
di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in data 1 marzo
2011. |