Avv. Paolo Nesta


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REVISIONE PART TIME -RICORSO AL GIUDICE DEL LAVORO. ACCOGLIMENTO RICORSO-DECISIONE DEL 4.5.11-PRIMA VITTORIA.

 

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Il  Giudice del Lavoro del Tribunale Ordinario di Trento ha accolto il ricorso di una dipendente del Ministero della Giustizia con conseguente annullamento del provvedimento di trasformazione del rapporto di lavoro part-time in rapporto di lavoro a tempo pieno, adottato dall'Amministrazione di appartenza in attuazione dell’articolo 16 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (il cosiddetto collegato lavoro). In virtù di tale norma, infatti, numerose  pubbliche amministrazioni stanno procedendo alla revisione dei contratti part-time in vigore e firmati anteriormente all'entrata in vigore del decreto legge 112/2008.

 

In tale contesto, la sentenza del Tribunale di Trento assume notevole importanza considerato che  le Amministrazioni, nel riesaminare  i contratti già stipulati alla data di entrata in vigore del  citato  decreto legge,  hanno posto in situazioni di enorme difficoltà tanti lavoratori  per i quali la scelta del rapporto di lavoro a tempo parziale costituisce un’esigenza di primaria importanza nella conciliazione delle problematiche lavorative e delle esigenze familiari, ripristinando spesso condizioni di estrema complessità gestionale e organizzativa della vita quotidiana, con implicazioni anche di natura economica.

 

Per il profilo che assume  si tratta di una sentenza dirompente, che si pone come battistrada nella battaglia che molti  lavoratori hanno intrapreso o stanno intraprendendo in difesa della propria dignità umana. Nello specifico, dalla lettura della sentenza, si coglie come  la norma “incriminata” si ponga in evidente contrasto con i contenuti della direttiva comunitaria n. 97/81 del 15 dicembre 1997 concernente il lavoro a tempo parziale.   In particolare, tra le motivazioni, viene rilevato come “il cit. art. 16 della legge 4.11.2010, n. 183, confliggendo con la direttiva 15.12.1997, n. 97, n. 97/81/CE, debba essere disapplicato”.

 

Esprimiamo grande soddisfazione per questa prima vittoria, e ribadiamo la necessità, già affermata, che tutte le nostre strutture nazionali e territoriali si adoperino per vigilare sui comportamenti adottati dalle singole Amministrazioni, contrastando le scelte che si configurano prive di motivazioni o adottate in maniera automatica e comunque segnalando alla Segreteria nazionale UIL PA tali situazioni.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

ÎRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

IL GIUDICE DEL LAVORO

- letti gli atti del proc. n. 216120ll, a sciogiimento de1la riserva

assunta all'udienz a 27 .O4.2O I I ;

- premesso che la ricorrente, funzionaria - presso questo Tribunale -

del Ministero della Giustizia, ha chiesto - ai sensi de1l'art. 700 c'p'c' -

l'annullamento del provvedimento ministeriale 8'O2.2O11 con cui il

suo rapporto di lavoro part-time è stato trasformato in rapporto a

tempo pieno, come pure dei consequenziale provvedimento

2LO3.2OII con cui il Dirigente amministrativo di questo stesso

Tribunale ie ha imposto il nuovo orario di lavoro a tempo pieno;

- premesso altresi Che, con decreto inaudita altera parte del

3o.o3.2oll,questoGiudicehaprovvisoriamenteConcessola

sospensiva di entrambi detti provvedimenti (art. 669-sexies c.p.c.);

- premesso inoltre che, instaurato i1 contraddittorio ed istruito il

procedimento mediante sole produzioni documentali, si tratta ora di

confermare, modificare oppure revocare il suddetto decreto;

- ricordato che, ai sensi del cit. art. Too c.p.c., chi ha fondato motivo

di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto

in via ord.inaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e

irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti

d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze' piu idonei ad

assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione su1 merito;

- ritenuta la sussistenza deI perículum in mora, atteso che, come

correttamente evid.enzialo dalla ricorrente, el1a dal 2000 svolge la

propria prestazione lavorativa a tempo patziale, con la conseguenza

che l'avvenuta recente trasformazione in lavoro a tempo pieno'

disposta contro la sua volontà, modifica irreparabilmente 1a sua vita

privata, arrecandole d,anni non riparabili per equivalente durante il

tempo normalmente necessario per ottenere un prowedimento

definitivo a cognizione Piena;

- evid,enzíalo, quanto al fumus boni iuris, che i prowedimenti

impugnati sono stati emessi sulla base dell',art. 16 della legge

4.IL2O10, n. 183, in virtu del quale, in sede di prima applicazione

delle disposizioni introdotte dall'art. 73 del decreto-legge 25 giugno

2OO8, n. 1,12 (convertito, con modiftcaztom, dalla legge 6 agosto 2OOB,

n. 133), le amministrazioni pubtrliche di cui all'art. 1, comma 2, del

decreto legislativo 30 a61arzo 2001,, n. 165, e successive modificazroÍtt,

entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente

legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono

sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della

trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo

parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato

decreto-legge n. I12 d.el 2008 (convertito, con modtficazíoni, dalla

legge n. 133 del 2008);

- ritenuto sotto un primo profilo che, allo stato degli atti ed in via

sommaria, il comportamento d.el Ministero nonché que1lo del

Dirigente amministrativo di questo Tribunale, si sottraggano alla

violazione dei citt. "principi di correttezza e buona fede" lamentata

dalla ricorrente sub speci e vtolazione del dovere di awisarla - prima

diprowedere-editenereinconsiderazíonelesueesigenzesottese

alla scelta d,el part-time rn corso: è infatti rimasta specificamente

incontestata l'afferm azione ministeriale (v' pag' 5 de1la memoria di

costituzione),secondocuiilDirigenteamministrativo'connota

22.7I.2oIo, ha ritualmente chiesto - a tutti i lavoratori in part-time -

diesporrelesituazionipersonalichepotesserogiustificareil

mantenimento di tale ridotto orario di lavoro (cfr. anche doc. 6 del

Ministero). va poi evidenziato che sia 1a motivazione richiamata per

relationem nel provvedimento ministeriale B.O2.2O|1'. come pure

queilaulteriormenteespostadalMinisteronelcorsodelpresente

proced.imento, appaiono congrlte, puntuali e sufficientemente

specifiche,poichévienedataadeguataragionedelleesigenzedi

serviziochehannoindottolapubblicaamministrazlonealla

trasformazronedelrapportod'ilavoro,allalucedellemansionisvolte

ed alla qualifica ricoperta dalla ricorrente' la quale' nel1e note

conclusive, nulla ha replicato in merito;

-ritenutoperaìtroche,conriferimentoall,ultimomotivodiricorso

(seguendo l,ordine espositivo de1la ricorrente), debba effettivamente

interrogarsi suila conformità _ alla normativa europea - del cit, arl. 76

dellalegge4-I1.2O1O,n'l83,nellaparteincuiessoattribuiscealia

pubblicaamministrazioneilpotereditrasformareilrapportodilavoro

part-timein rapporto di lavoro a tempo pieno, alla sola condizione del

,,rispetto dei principi di correltezza e buona fede", a prescindere dal

consenso del lavoratore, e quindi anche contro la sua volontà;

- evid.enziato infatti che la direttiva 15.12.7997 , n. 97 l8I ICE

(pubblicatainG.U.c.E.20.01.199B),relativaa1l'accordoquadrosul

lavoroatempoparzia)econclusoil6.06.1'997ó'al|\Jnice,dalCeepe

da]laCes,hasottolineato..l,esigenzadtadottaremisurevoltead

incrementare I'intensita occup aztonale del1a crescita' in particolare

mediante un,organi zzazione piu flessibile dei lavoro, che risponda sia

ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività"

(considerandon.5).E,statainoltreevtdenziala.la.,volontàdistabilire

unquadrogeneraleper|,eltrrltnaztonedelled.iscriminazioniversoi

lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo delle

possibilitàdilavoroatempoparzia|esubasiaccettabilisiaaidatori

di lavoro che ai ravoratori,,(considerando n. 11). Nell'attuare il cit'

accordo 6.06.rgg7, viene dato atto che esso "rappresenta la volontà

dellepartisocialididefinireunquadrogeneraieperl'elimtnazione

delle d.isc rtrfrínazíoni nei confronti dei lavoratori a tempo parziaJe e

percontribuireallosviluppod.ellepossibilitàdilavoroatempo

parzia)e,subasichesianoaccettabilisiaperidatoridilavoro,siaper

i lavoratori" (preambolo de11'accord'o)' "Le parti firmatarie del presente

accordoattribuisconoimportanzaallemisurechefacilitinol,accesso

al tempo patziale per uomini e donne che si preparano alla pensione'

che vogliono conciliare vita professionale e familiare e approfittare

d'ellepossibilitàdiistruzioneeÎorrnaz:ronepermigliorareleloro

competenzee|elorocarriere,nell'interessereciprocodidatoridi

4

lavoro e lavoratori e secondo modalita che favoriscano 1o sviluppo

delle imprese" (n. 5 delle considerazioni generali). Scopo dell'accordo è

1a soppressione delle discríminazioni nei confronti dei lavoratori a

tempo parzía)e e di migliorate la qualità del lavoro a tempo parziale,

nonché di facilitare 1o sviluppo del lavoro a tempo parziale su base

volontaria e d.i contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di

lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei

lavoratori (clausola n. 1). La clausola n. 4 enuncia il principio di non

discriminazione, in base al quale "i lavoratori a tempo patzíale rt'ort

devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a

tempo pieno comparabili per il solo motivo di iavorare a tempo

parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da

ragioni obiettive". La successiva clausola n. 5 prevede che nel quadro

della clausola n. 1 dell'accord.o e del principio di non-discriminaztone

tra lavoratori a tempo parzíaIe e lavoratori a tempo pieno, gli Stati

membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla

legge o alle prassi naztonah, d.evono identificare ed esaminare g1i

ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le

possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eiiminarli. Le

parti sociali, agendo nel quadro del1e loro competenze e delle

procedure previste nei contratti collettivi, devono identificare ed

esaminare gli ostacoli che possono limitare le possibilità di lavoro a

tempo parziale e, se del caso, eliminarli. il rifiuto di un lavoratore di

essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale,

o viceversa, non deve, in quanto tale, costituire motivo valido per il

licenziamento.Perquantopossibile,idatoridilavorodevono

prendereinconsiderazíone:ledomandeditrasferimentodei

lavoratori a tempo pieno ad un lavoro e tempo parziale che si renda

disponibilenellostabilimento;ledomandeditrasferimentodei

lavoratori a tempo patzíale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento

d.ell'orario, se tale opportunita si presenta' Tali sono dunque i

contenuti della direttiva in esame, con termine di recepimento fissato

al20.oI.2O00.Comenoto,i'Ita1ial'haattuataConlldecreto

legislativo 25.O2.2OO0, n. 61. Per quanto interessa in questa sede' va

evidenzialo che l'art. 5 di tale decreto legislativo, tn attt)azione dei

principisancitidalladirettiva,prevedechelatrasÎorunazionedei

rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno' possa aver luogo

so10 con il consenso del lavoratore: "il rifiuto di un lavoratore di

trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a

tempo parziale, o i1 proprio rapporto d'i lavoro a tempo parziale in

rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di

licenziamento";

-ritenutocheilcit.art.16dellalegge4.|I.2oIo,n,1B3,nel

consentire al datore di lavoro pubblico di trasformare unilateralmente

il rapporto di lavoro a temp o parziale in rapporto a tempo pieno'

anche contro la volonta de1 lavoratore' si ponga in insanabile

contrasto con la cit. direttiva 15'I2'Igg7' n' 97 IBIICE' in quanto

una norm a nazionale siffatta: discrimina il lavoratote part-time' ll

quale, a differenza d'el lavoratore a tempo pieno' rimane soggetto al

potere del datore di lavoro pubblico di modificare unilateralmente la

6

durata delia prestazione di lavoro; non contribuisce certo allo

sviluppo delle possibilità di iavoro a tempo parziale su basi accettabili

sia ai datori di lavoro che ai iavoratori' atteso che il lavoratore porttime

sarebbe soggetto al rischio di vedersi trasformare il rapporto in

lavoro a tempo pieno, anche contro la propria volonta, con evidente

grave pregiudizio alle proprie esigenze personali e familiari. La norma

nazíonale, infine, contrasta con quella parte della direttiva che

impone la presenza del consenso del lavoratore in caso di

trasforrnaztone de1 rapporto (cit. clausola n. 5, secondo comma' della

direttiva: "I1 rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a

tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non deve, in

quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento");

- ritenuto quindi che il cit. art. 16 della legge 4.17.2010, n. 183,

confliggendo con la direttiva 15. 12.1997 , n. 97 IBI I CE, debba essere

disapplicato;

- precisato che si tratta di un caso di cd. efficacia diretta di una

direttiva, giacché la cit. direttiva 15.12.1997, n. 97 l8I ICE impone

un obbligo di non fare (rectius, di non discrirninazione), prevedendo

altresì obblighi sufficientemente precisi ed incondízronatí, tanto da

potersi qualificare come direttiva cd. self-executing (giurisprudenza

costante sin da corte di Giustizia, 4.12.1974, C-4If 74, caso van

Dugn, in Raccolta, 1974, pag. 1337; v. anche corte di Giustizia,

5.O4.1979, C-145178, caso Ratti, in Raccolta, 1979, pag. 1629);

- precisato altresi che si tratta di efficacia verticale del1a direttiva, vale

a d.ire di efficacia tra un cittadino (la ricorrente) e 1o Stato o altro

Soggettoadessoequiparato(ilMinisterodellaGiustizia).Detta

efficacia verticale di una direttiva, è pacificamente ammessa dal1a

CortediGiustiziasindallasetltenza26'02.1986,C-152184'caso

Marshall, in Raccolta, Tg86, pag' 723' "Va ricordato che' secondo la

costante giurisprud enza della corte - in particolare la sentenza 19

gennaio Ig82, caso Becker, causa 8/81, Racc' IgB2' pag' 53 - in tutti

i casi in cui disposizioni d.i una direttiva appaiono, dal punto di vista

sostanziale, incondizionanti e sufficientemente precise, i singoli

possonofarlevalereneiconfrontidelloStato,tantosequestononha

trasposto tempestivamente la direttiva nel diritto nazronale, quanto se

esso l?ra trasposta in modo inadeguato' Questa giurisprudenza

basa sulla considera zíone che é incompatibile con la natura cogente

chel,art.189(oraart.2BBTFUE,ndr)attribuiscealladirettiva,

l'esclud.ere, in linea di principio, che l'obbligo che essa impone possa

esser fatto valere d.agli interessati' La Corte ne ha tratto la

consegrrenzacl-teloStatomembrochenonhaadottato'entroil

termine, i provvedimenti di esecuzione imposti dalla direttiva, non

può opporre ai singoli f inadempimento' da parte sua' degli obblighi

cheessaimpone.Quantoall'argomentosecondoilqualeunadirettiva

nonpuÒesserefattavalereneiconfrontidiunsingolo'vapostoin

rilievo che, secondo l'art. 189 del trattato, la natura cogente della

direttiva sulia quale è basata la possibrilità di farla valere dínanzi al

giudice nazionale, esiste solo nei confronti de1lo Stato membro cui e

rivolta. Ne consegue che la d.irettiva non puo di per creare obblighi

acaricodiunsingoloecheunadisposizionediunadirettiva,non

può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello

stesso. E'quindi opportuno accertare se, nel caso di specie , si debba

ritenere che i1 resistente ha agito in quanto singoio. A questo

proposito, va posto in rilievo che gli amministrati qualora siano in

grad.o di far valere una direttiva nei confronti dello stato, possono

farlo indipendentemente da1la qualità nella quale questo agisce come

datore di lavoro o come pubblica autorita. In entrambi i casi, è infatti

opportuno evitare che 1o Stato possa trarre vantaggio dalla sua

trasgressione del diritto comunitario". Nello stesso senso' puo

ricordarsi corte di Giustizia, I2.o7.1990, caso Foster, causa c-

188/89, in Racc. lggT, pag. 3313 secondo cui "la Corte ha inoitre

rilevato, nella sentenza 26 febbraio 1986, caso Marshall, che gli

amministrati, qualora siano in grado di far valere una direttiva nei

confronti dello Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste

nella quale questo agisce, come datore di lavoro o come pubblica

autorità. In entrambi i casi è infatti opportuno evitare che 1o Stato

possa trarre vantaggio d.alla sua inosservafrza del diritto comunitario'

In base a dette considerazíoni,la Corte ha di volta in volta affermato

che disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una

direttiva potevano essere invocate dagli amministrati nei confronti di

organismi o di enti che erano soggetti all'autorita o al controllo dello

stato o che disponevano di poteri che eccedevano i limiti di quelli

risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli. La

Corte ha cosi considerato che delle disposizioni di una direttiva

potevano essere invocate nei confronti di autorita fiscali (sentenze 19

9

gennaio 1982, Becker, già citata, e 22 febbraio 1990,

cEcA/Fallimento Acciaierie e Ferriere Busseni, causa c-22U BB), di

enti territoriali (sentenza 22 gtugno 1989, Fratelli Costanzof Comune

di Milano, causa i03/88, Racc. pag. 1839), di autorità indipendenti

sotto il profilo costituzionale, incaricate di mantenere 1'ordine

pubblico e la pubblica sicurezza (sentenza 15 maggio 7986,

Johnstonf Chief Constable of the Royctl Ulster Constabulc;ry, calrsa

222184, Racc. pag . i651), nonché di pubbliche autorita che prestano

senrizt di sanità pubblica (sentenza 26 febbraio 1986, Marshall, gia

citata ). Da quanto precede emerge che fa comunque parte degli enti

ai quali si possono opporre le norme di una direttiva idonea a

produrre effetti diretti un organismo che, indipendentemente dalla

sua forma giuridica, sia stato incaricato, con un atto della pubblica

autorità, di prestare, sotto il controllo di quest'ultima, un servizio di

interesse pubblico e che dispone a questo scopo di poteri che

eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei

rapporti fra singoli";

- ritenuto che 1a norma nazionale confligga anche con I'art. 15 della

Carta dei d.iritti fondamentali dell'Unione Europea, che sancisce la

volontarietà di ogni prestazione lavorativa;

- ritenuto quindi che il ricorso debba essere accolto, giacché, allo

stato degli atti ed in via sommaria, appare illegittima la

trasformazione del rapporto di lavoro da part-time a tempo pieno,

disposta autoritativamente dal Ministero della Giustizia pur in

presenza della volonta contraria della ricorrente;

l0

- ritenuto quindi sussistente sia il fumus boni iuris sia il periculum in

mora;

- ricordato infine che, in relazione alle statuizioni consentite in

materia a questo Tribunale , a Írofma dell'art. 63, secondo comma, dei

decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, il giudice adotta, nei confronti

delle pubbliche amministr azioni, tutti i provvedimenti, di

accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti da,lla natura dei

diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto

all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione e avvenuta in

víolazíone di norme sostanziali o proced.urali, hanno anche effetto

rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro' Pertanto,

nella fattispecie concreta, si impone la pronunzía caducatoria di cui

in dispositivo, senza la necessità della fissazione di alcun termine per

I'tnizio dei giudizio di merito;

- ritenuto infine, quanto alle spese del procedimento, che esse

d.ebbano essere compensate a causa della novità e della complessità

delle questioni trattate;

PQM

visti gli arlt. 7OO, 669 sexies e 669 octies c'p'c',

accoglie il ricorso, conferma il decreto inaudita altera parte del

30.03.2011 ed annulla il provvedimento ministeriale 8.o2.2O11 ed il

prowedimenlo 21.03.2011 del Dirigente amministrativo di questo

stesso Tribunale.

Compensa integralmente le spese del procedimento'

Si comunichi.

l1

Trento, 4.05'2011

11 Giudice del lavoro

dott. Roberto Beghini

t2

 

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