Il Giudice del Lavoro del
Tribunale Ordinario di Trento ha accolto il ricorso di
una dipendente del Ministero della Giustizia con
conseguente annullamento del provvedimento di
trasformazione del rapporto di lavoro part-time in
rapporto di lavoro a tempo pieno, adottato
dall'Amministrazione di appartenza in attuazione
dell’articolo 16 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (il
cosiddetto collegato lavoro). In virtù di tale norma,
infatti, numerose pubbliche amministrazioni stanno
procedendo alla revisione dei contratti part-time in
vigore e firmati anteriormente all'entrata in vigore del
decreto legge 112/2008.
In tale contesto, la sentenza del
Tribunale di Trento assume notevole importanza
considerato che le Amministrazioni, nel riesaminare i
contratti già stipulati alla data di entrata in vigore
del citato decreto legge, hanno posto in situazioni
di enorme difficoltà tanti lavoratori per i quali la
scelta del rapporto di lavoro a tempo parziale
costituisce un’esigenza di primaria importanza nella
conciliazione delle problematiche lavorative e delle
esigenze familiari, ripristinando spesso condizioni di
estrema complessità gestionale e organizzativa della
vita quotidiana, con implicazioni anche di natura
economica.
Per il profilo che assume si
tratta di una sentenza dirompente, che si pone come
battistrada nella battaglia che molti lavoratori hanno
intrapreso o stanno intraprendendo in difesa della
propria dignità umana. Nello specifico, dalla lettura
della sentenza, si coglie come la norma “incriminata”
si ponga in evidente contrasto con i contenuti della
direttiva comunitaria n. 97/81 del 15 dicembre 1997
concernente il lavoro a tempo parziale. In
particolare, tra le motivazioni, viene rilevato come “il
cit. art. 16 della legge 4.11.2010, n. 183, confliggendo
con la direttiva 15.12.1997, n. 97, n. 97/81/CE, debba
essere disapplicato”.
Esprimiamo grande soddisfazione per
questa prima vittoria, e ribadiamo la necessità, già
affermata, che tutte le nostre strutture nazionali e
territoriali si adoperino per vigilare sui comportamenti
adottati dalle singole Amministrazioni, contrastando le
scelte che si configurano prive di motivazioni o
adottate in maniera automatica e comunque segnalando
alla Segreteria nazionale UIL PA tali situazioni.
REPUBBLICA
ITALIANA
ÎRIBUNALE
ORDINARIO
DI
TRENTO
IL
GIUDICE DEL
LAVORO
-
letti
gli atti
del proc.
n.
216120ll,
a
sciogiimento
de1la
riserva
assunta
all'udienz a
27
.O4.2O I
I ;
-
premesso che
la
ricorrente, funzionaria
-
presso questo
Tribunale
-
del Ministero della
Giustizia, ha chiesto
- ai
sensi de1l'art.
700
c'p'c'
-
l'annullamento
del
provvedimento
ministeriale
8'O2.2O11
con
cui il
suo
rapporto
di
lavoro part-time
è
stato
trasformato
in
rapporto
a
tempo
pieno, come
pure
dei
consequenziale
provvedimento
2LO3.2OII
con
cui
il Dirigente
amministrativo
di
questo
stesso
Tribunale
ie
ha imposto il
nuovo orario di lavoro
a tempo pieno;
-
premesso
altresi
Che, con
decreto
inaudita altera
parte
del
3o.o3.2oll,questoGiudicehaprovvisoriamenteConcessola
sospensiva
di
entrambi detti
provvedimenti
(art.
669-sexies c.p.c.);
-
premesso inoltre
che, instaurato
i1
contraddittorio
ed
istruito il
procedimento mediante
sole
produzioni documentali,
si tratta
ora di
confermare,
modificare oppure
revocare
il suddetto
decreto;
-
ricordato che,
ai sensi del
cit. art. Too c.p.c.,
chi ha fondato
motivo
di
temere che
durante
il tempo occorrente
per far
valere
il suo
diritto
in
via ord.inaria,
questo sia
minacciato
da
un pregiudizio
imminente
e
irreparabile,
può
chiedere
con
ricorso
al
giudice
i
provvedimenti
d'urgenza,
che
appaiono,
secondo
le circostanze'
piu
idonei
ad
assicurare
provvisoriamente gli effetti della
decisione
su1
merito;
-
ritenuta
la
sussistenza
deI
perículum
in
mora, atteso
che,
come
correttamente
evid.enzialo
dalla
ricorrente,
el1a
dal
2000
svolge la
propria
prestazione
lavorativa
a tempo
patziale,
con
la
conseguenza
che
l'avvenuta recente
trasformazione
in
lavoro
a
tempo pieno'
disposta
contro
la sua
volontà, modifica
irreparabilmente
1a sua
vita
privata,
arrecandole d,anni
non riparabili per
equivalente
durante
il
tempo
normalmente
necessario
per ottenere
un prowedimento
definitivo
a
cognizione Piena;
-
evid,enzíalo,
quanto
al fumus boni
iuris,
che
i
prowedimenti
impugnati sono
stati
emessi
sulla
base
dell',art.
16
della
legge
4.IL2O10,
n.
183,
in
virtu
del
quale,
in
sede di
prima
applicazione
delle
disposizioni
introdotte dall'art.
73
del
decreto-legge 25
giugno
2OO8,
n.
1,12 (convertito,
con
modiftcaztom,
dalla
legge 6
agosto
2OOB,
n.
133),
le
amministrazioni
pubtrliche
di cui
all'art. 1, comma
2,
del
decreto
legislativo
30
a61arzo
2001,,
n.
165, e successive
modificazroÍtt,
entro
centottanta giorni dalla data
di
entrata
in vigore della
presente
legge,
nel
rispetto dei
principi
di correttezza
e buona
fede,
possono
sottoporre
a
nuova
valutazione
i
provvedimenti
di
concessione della
trasformazione
del
rapporto
di
lavoro
da
tempo pieno
a
tempo
parziale
già
adottati prima
della
data
di
entrata
in vigore
del
citato
decreto-legge
n.
I12
d.el 2008
(convertito,
con
modtficazíoni, dalla
legge
n.
133 del 2008);
-
ritenuto
sotto
un
primo profilo
che,
allo stato
degli
atti
ed
in
via
sommaria,
il
comportamento
d.el
Ministero nonché
que1lo
del
Dirigente amministrativo
di
questo
Tribunale,
si sottraggano
alla
violazione
dei
citt.
"principi
di correttezza
e
buona fede"
lamentata
dalla
ricorrente sub
speci
e
vtolazione del
dovere
di
awisarla
-
prima
diprowedere-editenereinconsiderazíonelesueesigenzesottese
alla
scelta
d,el
part-time
rn
corso:
è
infatti
rimasta
specificamente
incontestata
l'afferm
azione
ministeriale (v'
pag'
5
de1la
memoria di
costituzione),secondocuiilDirigenteamministrativo'connota
22.7I.2oIo,
ha
ritualmente
chiesto
- a
tutti i
lavoratori in
part-time
-
diesporrelesituazionipersonalichepotesserogiustificareil
mantenimento
di
tale ridotto orario
di
lavoro (cfr. anche doc.
6 del
Ministero).
va
poi evidenziato
che sia
1a
motivazione
richiamata per
relationem
nel
provvedimento
ministeriale B.O2.2O|1'.
come pure
queilaulteriormenteespostadalMinisteronelcorsodelpresente
proced.imento,
appaiono congrlte,
puntuali e
sufficientemente
specifiche,poichévienedataadeguataragionedelleesigenzedi
serviziochehannoindottolapubblicaamministrazlonealla
trasformazronedelrapportod'ilavoro,allalucedellemansionisvolte
ed alla
qualifica ricoperta
dalla
ricorrente'
la
quale' nel1e
note
conclusive,
nulla ha replicato
in merito;
-ritenutoperaìtroche,conriferimentoall,ultimomotivodiricorso
(seguendo
l,ordine
espositivo
de1la
ricorrente), debba
effettivamente
interrogarsi suila
conformità
_ alla normativa
europea
-
del
cit, arl.
76
dellalegge4-I1.2O1O,n'l83,nellaparteincuiessoattribuiscealia
pubblicaamministrazioneilpotereditrasformareilrapportodilavoro
part-timein
rapporto di
lavoro
a tempo pieno,
alla
sola condizione
del
,,rispetto
dei
principi
di
correltezza
e buona fede",
a
prescindere dal
consenso del
lavoratore,
e
quindi
anche
contro
la
sua volontà;
-
evid.enziato
infatti
che
la
direttiva
15.12.7997
, n. 97
l8I
ICE
(pubblicatainG.U.c.E.20.01.199B),relativaa1l'accordoquadrosul
lavoroatempoparzia)econclusoil6.06.1'997ó'al|\Jnice,dalCeepe
da]laCes,hasottolineato..l,esigenzadtadottaremisurevoltead
incrementare
I'intensita
occup
aztonale del1a
crescita'
in
particolare
mediante
un,organi zzazione
piu flessibile dei
lavoro,
che
risponda
sia
ai
desideri
dei
lavoratori
che
alle
esigenze
della competitività"
(considerandon.5).E,statainoltreevtdenziala.la.,volontàdistabilire
unquadrogeneraleper|,eltrrltnaztonedelled.iscriminazioniversoi
lavoratori
a
tempo
parziale
e di contribuire
allo
sviluppo
delle
possibilitàdilavoroatempoparzia|esubasiaccettabilisiaaidatori
di
lavoro che
ai
ravoratori,,(considerando
n.
11).
Nell'attuare il
cit'
accordo
6.06.rgg7, viene
dato
atto che
esso
"rappresenta la
volontà
dellepartisocialididefinireunquadrogeneraieperl'elimtnazione
delle
d.isc
rtrfrínazíoni
nei
confronti
dei
lavoratori
a
tempo
parziaJe
e
percontribuireallosviluppod.ellepossibilitàdilavoroatempo
parzia)e,subasichesianoaccettabilisiaperidatoridilavoro,siaper
i
lavoratori"
(preambolo
de11'accord'o)'
"Le
parti
firmatarie del
presente
accordoattribuisconoimportanzaallemisurechefacilitinol,accesso
al
tempo
patziale per
uomini e
donne che si preparano
alla
pensione'
che
vogliono conciliare
vita
professionale e
familiare
e
approfittare
d'ellepossibilitàdiistruzioneeÎorrnaz:ronepermigliorareleloro
competenzee|elorocarriere,nell'interessereciprocodidatoridi
4
lavoro
e
lavoratori
e secondo
modalita
che
favoriscano 1o
sviluppo
delle
imprese" (n. 5
delle
considerazioni
generali).
Scopo
dell'accordo
è
1a
soppressione
delle discríminazioni
nei
confronti
dei
lavoratori
a
tempo
parzía)e e
di
migliorate
la
qualità del
lavoro
a tempo
parziale,
nonché
di
facilitare
1o
sviluppo del lavoro
a
tempo parziale su
base
volontaria
e
d.i contribuire
all'organizzazione
flessibile dell'orario di
lavoro
in
modo
da tener conto
dei
bisogni degli
imprenditori
e dei
lavoratori
(clausola
n.
1). La clausola
n.
4
enuncia il
principio
di
non
discriminazione,
in
base al
quale
"i
lavoratori
a tempo
patzíale
rt'ort
devono
essere
trattati in
modo
meno favorevole
rispetto
ai lavoratori
a
tempo
pieno
comparabili
per il
solo
motivo
di
iavorare
a
tempo
parziale,
a
meno
che
un
trattamento
differente
sia giustificato
da
ragioni
obiettive". La
successiva
clausola
n.
5
prevede che nel
quadro
della clausola
n. 1
dell'accord.o
e
del
principio di non-discriminaztone
tra
lavoratori
a
tempo
parzíaIe
e
lavoratori
a
tempo pieno,
gli
Stati
membri,
dopo aver consultato
le
parti
sociali conformemente
alla
legge
o
alle prassi
naztonah,
d.evono
identificare
ed
esaminare
g1i
ostacoli
di
natura
giuridica o amministrativa
che
possono
limitare
le
possibilità
di
lavoro
a
tempo parziale
e,
se del
caso,
eiiminarli.
Le
parti
sociali,
agendo
nel quadro
del1e
loro
competenze
e
delle
procedure previste
nei
contratti
collettivi,
devono
identificare
ed
esaminare
gli ostacoli che
possono
limitare
le
possibilità
di
lavoro
a
tempo
parziale e,
se
del
caso, eliminarli.
il
rifiuto
di
un lavoratore
di
essere
trasferito
da
un lavoro
a tempo pieno ad
uno
a tempo
parziale,
o
viceversa,
non
deve,
in
quanto tale, costituire motivo valido per
il
licenziamento.Perquantopossibile,idatoridilavorodevono
prendereinconsiderazíone:ledomandeditrasferimentodei
lavoratori a
tempo pieno ad
un lavoro e
tempo
parziale che si
renda
disponibilenellostabilimento;ledomandeditrasferimentodei
lavoratori a
tempo patzíale
ad
un lavoro a tempo pieno o
di
aumento
d.ell'orario,
se tale
opportunita
si
presenta'
Tali
sono dunque
i
contenuti della
direttiva
in esame, con
termine di
recepimento
fissato
al20.oI.2O00.Comenoto,i'Ita1ial'haattuataConlldecreto
legislativo
25.O2.2OO0,
n.
61.
Per quanto interessa
in
questa sede' va
evidenzialo
che
l'art.
5 di
tale decreto
legislativo,
tn attt)azione
dei
principisancitidalladirettiva,prevedechelatrasÎorunazionedei
rapporto di
lavoro da
tempo
parziale a tempo
pieno'
possa
aver luogo
so10
con
il consenso
del
lavoratore:
"il
rifiuto di un
lavoratore di
trasformare
il
proprio rapporto
di
lavoro
a tempo pieno
in
rapporto
a
tempo
parziale, o
i1
proprio
rapporto d'i lavoro
a
tempo parziale in
rapporto
a
tempo pieno,
non
costituisce
giustificato motivo
di
licenziamento";
-ritenutocheilcit.art.16dellalegge4.|I.2oIo,n,1B3,nel
consentire
al datore
di
lavoro
pubblico di
trasformare unilateralmente
il
rapporto
di
lavoro
a
temp
o parziale
in
rapporto
a
tempo pieno'
anche
contro
la
volonta de1
lavoratore'
si ponga
in
insanabile
contrasto con
la
cit.
direttiva
15'I2'Igg7'
n'
97
IBIICE' in
quanto
una
norm
a nazionale
siffatta: discrimina
il
lavoratote
part-time'
ll
quale,
a
differenza
d'el lavoratore
a
tempo pieno'
rimane
soggetto
al
potere
del datore
di
lavoro pubblico
di modificare
unilateralmente
la
6
durata
delia
prestazione
di
lavoro;
non
contribuisce
certo
allo
sviluppo
delle possibilità
di
iavoro a tempo
parziale su basi
accettabili
sia
ai
datori di
lavoro che
ai
iavoratori'
atteso che
il
lavoratore porttime
sarebbe
soggetto
al
rischio
di vedersi
trasformare
il
rapporto in
lavoro
a tempo pieno, anche
contro la
propria
volonta, con
evidente
grave
pregiudizio alle proprie
esigenze personali
e
familiari.
La norma
nazíonale,
infine,
contrasta
con
quella
parte della
direttiva che
impone
la
presenza
del
consenso
del
lavoratore
in
caso di
trasforrnaztone
de1
rapporto (cit.
clausola
n.
5,
secondo comma'
della
direttiva:
"I1
rifiuto
di
un lavoratore
di
essere
trasferito
da un
lavoro
a
tempo
pieno
ad uno
a
tempo
parziale,
o viceversa,
non
deve, in
quanto tale,
costituire motivo
valido
per
il
licenziamento");
-
ritenuto quindi
che
il
cit.
art.
16 della
legge
4.17.2010,
n.
183,
confliggendo con
la direttiva 15.
12.1997 ,
n. 97 IBI I CE,
debba
essere
disapplicato;
-
precisato
che
si
tratta
di
un
caso di
cd.
efficacia
diretta
di una
direttiva, giacché
la
cit.
direttiva 15.12.1997,
n.
97
l8I ICE
impone
un
obbligo di
non
fare (rectius, di
non
discrirninazione),
prevedendo
altresì
obblighi
sufficientemente
precisi ed
incondízronatí,
tanto
da
potersi
qualificare come
direttiva
cd.
self-executing (giurisprudenza
costante
sin
da
corte di
Giustizia,
4.12.1974,
C-4If
74,
caso van
Dugn,
in
Raccolta, 1974,
pag.
1337;
v.
anche
corte
di
Giustizia,
5.O4.1979, C-145178,
caso
Ratti, in
Raccolta,
1979, pag.
1629);
- precisato altresi
che si
tratta
di
efficacia
verticale
del1a
direttiva,
vale
a
d.ire
di efficacia
tra
un
cittadino (la
ricorrente)
e
1o
Stato
o altro
Soggettoadessoequiparato(ilMinisterodellaGiustizia).Detta
efficacia verticale
di
una
direttiva, è
pacificamente
ammessa
dal1a
CortediGiustiziasindallasetltenza26'02.1986,C-152184'caso
Marshall,
in
Raccolta, Tg86,
pag'
723'
"Va ricordato
che'
secondo
la
costante
giurisprud
enza della
corte
- in
particolare la
sentenza
19
gennaio
Ig82,
caso
Becker, causa
8/81, Racc'
IgB2' pag' 53 -
in
tutti
i
casi in
cui
disposizioni d.i
una
direttiva
appaiono,
dal punto di vista
sostanziale,
incondizionanti
e
sufficientemente
precise,
i singoli
possonofarlevalereneiconfrontidelloStato,tantosequestononha
trasposto
tempestivamente la
direttiva nel
diritto
nazronale, quanto
se
esso
l?ra trasposta
in
modo inadeguato' Questa giurisprudenza
sí
basa
sulla considera
zíone che é
incompatibile con
la natura
cogente
chel,art.189(oraart.2BBTFUE,ndr)attribuiscealladirettiva,
l'esclud.ere,
in
linea
di
principio,
che
l'obbligo che
essa impone
possa
esser
fatto
valere
d.agli
interessati'
La
Corte ne ha tratto
la
consegrrenzacl-teloStatomembrochenonhaadottato'entroil
termine,
i
provvedimenti
di
esecuzione
imposti
dalla direttiva,
non
può
opporre ai
singoli
f
inadempimento' da parte
sua' degli obblighi
cheessaimpone.Quantoall'argomentosecondoilqualeunadirettiva
nonpuÒesserefattavalereneiconfrontidiunsingolo'vapostoin
rilievo
che, secondo
l'art.
189 del
trattato,
la
natura cogente
della
direttiva sulia
quale
è basata la
possibrilità
di
farla valere
dínanzi al
giudice
nazionale, esiste
solo
nei
confronti
de1lo
Stato membro cui
e
rivolta.
Ne
consegue che
la
d.irettiva
non
puo
di per sé
creare
obblighi
acaricodiunsingoloecheunadisposizionediunadirettiva,non
può
quindi essere
fatta
valere
in
quanto
tale
nei
confronti dello
stesso.
E'quindi
opportuno
accertare
se, nel
caso
di
specie , si
debba
ritenere
che i1
resistente
ha
agito
in
quanto
singoio.
A
questo
proposito,
va
posto
in
rilievo
che
gli
amministrati
qualora siano
in
grad.o
di
far valere
una
direttiva
nei
confronti dello
stato,
possono
farlo
indipendentemente
da1la
qualità nella
quale questo
agisce
come
datore
di lavoro o
come
pubblica autorita.
In
entrambi i
casi,
è
infatti
opportuno evitare
che
1o
Stato possa
trarre
vantaggio
dalla
sua
trasgressione
del
diritto
comunitario".
Nello
stesso senso'
puo
ricordarsi
corte
di
Giustizia, I2.o7.1990,
caso Foster,
causa c-
188/89,
in
Racc.
lggT,
pag.
3313
secondo
cui "la Corte ha
inoitre
rilevato,
nella
sentenza 26
febbraio 1986, caso Marshall,
che
gli
amministrati,
qualora
siano
in
grado di
far
valere una
direttiva
nei
confronti dello
Stato,
possono
farlo
indipendentemente
dalla
veste
nella
quale questo
agisce,
come
datore
di
lavoro
o
come pubblica
autorità.
In
entrambi
i
casi è
infatti
opportuno evitare che
1o
Stato
possa
trarre
vantaggio
d.alla sua
inosservafrza del
diritto
comunitario'
In
base a dette
considerazíoni,la Corte
ha di volta
in
volta affermato
che
disposizioni incondizionate
e
sufficientemente precise
di
una
direttiva
potevano
essere invocate dagli
amministrati nei confronti
di
organismi
o di
enti che erano
soggetti
all'autorita o al
controllo
dello
stato
o
che disponevano
di
poteri
che
eccedevano
i
limiti
di
quelli
risultanti
dalle
norme
che
si
applicano
nei
rapporti
fra
singoli.
La
Corte
ha
cosi considerato
che
delle
disposizioni
di
una
direttiva
potevano
essere
invocate
nei confronti
di
autorita fiscali
(sentenze
19
9
gennaio
1982,
Becker,
già citata, e 22 febbraio
1990,
cEcA/Fallimento
Acciaierie
e Ferriere Busseni,
causa
c-22U
BB),
di
enti
territoriali
(sentenza
22 gtugno
1989,
Fratelli
Costanzof
Comune
di
Milano, causa
i03/88,
Racc. pag.
1839),
di
autorità
indipendenti
sotto
il
profilo
costituzionale,
incaricate
di
mantenere
1'ordine
pubblico
e la
pubblica
sicurezza (sentenza
15
maggio 7986,
Johnstonf
Chief
Constable
of
the
Royctl
Ulster
Constabulc;ry, calrsa
222184,
Racc.
pag
.
i651),
nonché
di pubbliche
autorita
che
prestano
senrizt
di
sanità
pubblica
(sentenza 26
febbraio 1986, Marshall,
gia
citata
). Da
quanto
precede emerge che
fa
comunque parte
degli
enti
ai
quali
si
possono
opporre
le
norme
di
una
direttiva
idonea
a
produrre effetti
diretti
un
organismo
che, indipendentemente
dalla
sua
forma
giuridica,
sia
stato incaricato, con
un
atto
della pubblica
autorità,
di
prestare, sotto
il
controllo
di
quest'ultima,
un
servizio
di
interesse
pubblico
e
che
dispone a
questo
scopo
di
poteri
che
eccedono
i
limiti
di
quelli
risultanti dalle
norme che
si applicano nei
rapporti fra
singoli";
-
ritenuto che
1a
norma nazionale
confligga anche
con
I'art. 15
della
Carta
dei d.iritti
fondamentali dell'Unione Europea,
che
sancisce la
volontarietà
di
ogni prestazione
lavorativa;
-
ritenuto quindi
che
il
ricorso
debba essere accolto,
giacché,
allo
stato
degli atti ed in via
sommaria,
appare
illegittima la
trasformazione
del
rapporto
di
lavoro
da
part-time
a
tempo
pieno,
disposta
autoritativamente
dal
Ministero
della
Giustizia
pur
in
presenza della
volonta
contraria
della ricorrente;
l0
-
ritenuto quindi sussistente sia
il fumus boni
iuris sia
il periculum in
mora;
-
ricordato
infine
che, in
relazione
alle
statuizioni
consentite
in
materia
a questo Tribunale
, a
Írofma
dell'art. 63,
secondo
comma, dei
decreto
legislativo
30.03.2001,
n.
165,
il giudice adotta,
nei
confronti
delle
pubbliche
amministr
azioni, tutti i
provvedimenti, di
accertamento,
costitutivi
o di
condanna,
richiesti da,lla
natura
dei
diritti
tutelati. Le
sentenze
con le
quali
riconosce
il
diritto
all'assunzione,
ovvero
accerta
che
l'assunzione
e
avvenuta
in
víolazíone
di
norme
sostanziali
o proced.urali,
hanno
anche
effetto
rispettivamente
costitutivo
o estintivo
del
rapporto di
lavoro'
Pertanto,
nella
fattispecie concreta,
si impone
la
pronunzía
caducatoria
di
cui
in
dispositivo,
senza
la
necessità della
fissazione
di alcun
termine
per
I'tnizio
dei giudizio
di
merito;
-
ritenuto infine,
quanto
alle spese
del
procedimento,
che
esse
d.ebbano
essere
compensate
a
causa della
novità e
della
complessità
delle
questioni
trattate;
PQM
visti
gli
arlt.
7OO,
669
sexies e
669
octies
c'p'c',
accoglie
il
ricorso,
conferma
il decreto
inaudita
altera
parte
del
30.03.2011 ed
annulla il
provvedimento
ministeriale
8.o2.2O11 ed
il
prowedimenlo
21.03.2011
del
Dirigente amministrativo
di
questo
stesso
Tribunale.
Compensa
integralmente
le
spese
del
procedimento'
Si
comunichi.
l1
Trento, 4.05'2011
11
Giudice del
lavoro
dott.
Roberto Beghini
t2 |