DIRITTO
URBANISTICO - Lavori edilizi interessanti parti comuni
di un fabbricato - Assenso dei comproprietari - Art. 11,
c. 1 d.P.R. n. 380/2001 - Verifica dell’esistenza in
capo al richiedente di un titolo attributivo dello ius
aedificandi. Ove i lavori edilizi interessino anche
parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non
connesse all’uso normale della cosa comune, essi
abbisognano del previo assenso dei comproprietarii anche
in relazione agli aspetti pubblicistici dell’attività
edificatoria, con particolare riguardo alle norme ( art.
4 della legge n. 10 del 1977 e art. 11, comma 1, del
d.P.R. n. 380 del 2001), che prevedono la verifica
dell'esistenza, in capo al richiedente, di titolo un
attributivo dello ius aedificandi sull'immobile oggetto
di trasformazione edilizia. (fattispecie: locale tecnico
addossato al muro comune) (cfr. Cons. Stato, Sez. IV
11.4.2007 n. 1654) Pres. Petruzzelli, Est. Conti - S.M.
(avv. Pedercini) c. Comune di Tremosine (avv. Bezzi) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 662
N.
00662/2011 REG.PROV.COLL.
N.
01110/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione
staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 1110 del 2006,
proposto da:
Sirelli
Maria, rappresentata e difesa dall’avv. Katia Pedercini,
con domicilio eletto presso Katia Pedercini in Brescia,
via Solferino, 17 (Fax=030/3758183); Calegari Fausto;
contro
Comune
di Tremosine, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico
Bezzi, con domicilio eletto presso Domenico Bezzi in
Brescia, via Cadorna, 7;
nei
confronti di
Montagnoli Hotels Srl, rappresentato e difeso dagli avv.
Sergio Cesare Cereda, Marco Radice, con domicilio eletto
presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
per
l'annullamento
- del
permesso di costruire in sanatoria n. 24/2006 prot. n.
2112 del 30.3.2006 pratica edilizia n. 53/2005
rilasciato dal Responsabile del Servizio Assessore
all’Edilizia privata e all’Urbanistica Diego Ardigò del
Comune di Tremosine alla società “Montagnoli Hotels
S.r.l.” relativa a “ampliamento e ristrutturazione ai
piani primo e secondo dell’albergo Hotel Bazzanega”;
- del
provvedimento di “certificazione di conformità
ambientale del Responsabile del Servizio Assessore
all’Edilizia privata e all’Urbanistica del Comune di
Tremosine del 16.8.2005;
- del
provvedimento Prot. n. 6989 del 25.10.2005 di
accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi
degli artt. 167 e 181 D. Leg.vo n. 442/04 e L.R. n.
12/05 del medesimo responsabile;
- del
provvedimento Prot. n. 6837 del 19/10/05 di accertamento
di trasgressione per violazione all’art. 146 D. Leg.vo
n. 42/04 e applicazione della sanzione pecuniaria sempre
del medesimo responsabile del servizio;
- di
ogni altro atto presupposto e infraprocedimentale ivi
compreso il parere della Commissione Edilizia del
31.5.2005 e la relazione degli esperti ambientali in
data 11.5.2006.
Visti il
ricorso e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Comune di
Tremosine e di Montagnoli Hotels Srl;
Viste le
memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il dott.
Sergio Conti e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso notificato il 24.7.2006 e depositato presso la
Segreteria della Sezione il 23.8.2006, Sirelli Maria e
Calegari Fausto impugnavano il permesso di costruire in
sanatoria n. 24/06 del 30.3.2006. rilasciato dal Comune
di Tremosine alla “Montagnoli Hotels S.r.l.”,
relativamente all’ “ampliamento e ristrutturazione ai
piani primo e secondo dell’albergo Hotel Bazzanega”
I
ricorrenti articolavano le seguenti doglianze:
1)
violazione e/o falsa applicazione di legge (Artt. 7 e 8
e segg. L. n. 241/90) per omessa comunicazione di avvio
del procedimento;
2)
violazione e/o falsa applicazione di legge (Art. 11
D.P.R. n. 380/2001; Art. 35 L.R. n. 12/05) non essendo
la Montagnoli Hotels Srl proprietaria esclusiva degli
immobili interessati dall’intervento, incidendo le opere
anche su bene condominiale - difetto dei presupposti –
travisamento dei fatti – difetto di istruttoria;
3)
illegittimità della sanatoria per violazione e/o falsa
applicazione di legge (Art. 14 delle NTA del PRG di
Tremosine) per violazione delle distanze e/o per difetto
di consenso;
4)
illegittimità del permesso di costruire in sanatoria per
violazione dell’art. 14 N.T.A. del P.R.G. sotto altro
profilo;
5)
illegittimità della sanatoria per vizio di illegittimità
derivata dall’illegittimità del provvedimento di
accertamento della compatibilità paesaggistica prot. n.
6989 del 25/10/2005 per difetto dei presupposti –
violazione e/o falsa applicazione ed interpretazione di
legge (artt. 146, 181 d. leg.vo n. 42/04 – artt. 80 e 83
l.r. n. 12/05) – violazioni procedimentali in assenza
del preventivo parere vincolante della Soprintendenzza –
Incompetenza del responsabile del servizio
6)
illegittimità del permesso di costruire in sanatoria per
carenza di autorizzazione preventiva trattandosi di
intervento in zona boscata e comunque sottoposta a
vincolo idrogeologico - violazione e/o falsa
applicazione di legge (artt. 1, 4 e 5 l.r. n. 44/2004 e
art. 7 r.d.l. n. 3267/1923);
7)
illegittimità del permesso in sanatoria per vizio di
illegittimità derivata dall’illegittimità del parere
della commissione edilizia integrata e della relazione
degli esperti ambientali per motivazione insufficiente e
contraddittoria – illogicità e irrazionalità della
motivazione e del parere favorevole.
Si
costituiva in giudizio la controinteressata Montagnoli
Hotels SRL, mentre non si costituiva il Comune di
Tremosine.
In data
4.12.2009 l’Avv. Ughetta Bini depositava il certificato
di morte di uno dei ricorrenti e precisamente di
Calegari Fausto.
Alla
pubblica udienza del 10.2.2010 il ricorso veniva, una
prima volta, trattenuto per la decisione.
La
Sezione, con ordinanza 10.2.2010 n. 34/2010, dichiarava
l’interruzione del giudizio.
Sirelli
Maria - con atto notificato il 23.2.2010 e depositato in
segreteria il 3.3.2010 - provvedeva a riassumere il
ricorso, ai sensi di quanto previsto dall’art. 24 ,
secondo comma, della L. 6.12.1971 n. 1034.
Con
memoria depositata il 15.10.2010, la controinteressata
Montagoli Hotels Srl analiticamente controdeduceva sia
alla rappresentazione in punto di fatto sia alle
doglianze articolate dalla ricorrente.
Alla
pubblica udienza del 27.10.2010 il ricorso è stato
nuovamente trattenuto in decisione.
Con
sentenza parziale n. 4375 depositata il 10.11.2010 la
Sezione ha dichiarato estinto il ricorso proposto da
Calegari Fausto, ordinando all’Ufficio tecnico comunale
di Tremosine di depositare presso la Segreteria della
Sezione, nel termine di giorni 60, una relazione di
chiarimenti sui fatti di causa e di procedere a
depositare nonché (in copia certificata conforme
all’originale):
1) gli
atti impugnati nel presente giudizio;
2)
l’intero fascicolo istruttorio relativo alla pratica di
sanatoria in contestazione nel presente giudizio
completa delle tavole progettuali presentate dal
richiedente (possibilmente a colori);
3)
estratto delle NTA del PRG vigente all’epoca dei fatti;
4) ogni
ulteriore documento utile alla risoluzione delle
questioni sollevate dalle parti;
rinviando per l’ulteriore trattazione alla pubblica
udienza del 9.3.2011.
In data
23.12.2010 il Comune di Tremosine ha provveduto ad
effettuate, presso la Segreteria della Sezione, della
relazione e della documentazione.
In data
26.1.2011 la ricorrente ha depositato documentazione
(rubricata da A a P).
In vista
della pubblica udienza del 9.3.2011 le parti hanno
quindi provveduto al deposito di memorie illustrative e
di note di replica.
All’esito della discussione, alla udienza del 9.3.2011,
il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Con il
ricorso all’esame (originariamente proposto in via
collettiva con Calegari Fausto) Sirelli Maria – premesso
di essere proprietaria di appartamento al piano primo di
un complesso immobiliare suddiviso in 22 unità
immobiliari in Tremosine loc. Voltino, via Bazzanega, la
maggior parte dei quali di proprietà della Montagnoli
Hotels S.r.l. – ha impugnato il permesso di costruire in
sanatoria n. 24/06 del 30.3.2006, rilasciato dal Comune
di Tremosine alla “Montagnoli Hotels S.r.l.” in
relazione all’ “ampliamento e ristrutturazione ai piani
primo e secondo dell’albergo Hotel Bazzanega” nonché una
serie di atti ad esso connesso.
In
particolare, la ricorrente rappresenta i seguenti
antefatti:
1) che
in data 16.7.98 la Montagnoli Hotel S.r.l. chiedeva al
Comune di Tremosine la concessione edilizia, per
l'ampliamento dell'edificio, mediante la realizzazione
di n. 16 nuove camere distribuite su due livelli e di un
ascensore, sicché l'originario edificio di tre piani
fuori terra è divenuto cinque piani, e che tale
concessione veniva da essa impugnata innanzi a questa
Sezione con il ricorso n. 665/99;
2) che
nel frattempo il Comune di Tremosine contestava
l’abusività di alcune opere (tra le quali quelle
relative al vano scala ed al vano ascensore), rigettando
la richiesta di sanatoria per la parte eccedente
l’altezza di metri 12,50 consentita, provvedimento che
la Montagnoli Hotels S.r.l. impugnava con il ricorso n.
904/99 (nel quale Sirelli Maria interveniva con
controricorso ad opponendum);
3) che,
nonostante la pendenza dei detti ricorsi (e
principalmente di quello n. 665/99), il Comune di
Tremosine, in data 25.5.1999, rilasciava alla Montagnoli
Hotels S.r.l. concessione in sanatoria n. 76/98 Bs n.
43/99 registro costruzioni, avverso il quale Calegari
Fauso e Sirelli Maria proponevano il ricorso n. 1333/99;
4) che
in data 18.2.2004 i legali dei predetti ricorrenti
(Calegari e Sirelli) richiedevano all’Amministrazione
Comunale di essere informati, quali comproprietari
dell’immobile, “di ogni istanza richiesta di ulteriori
concessioni in sanatoria e/o domanda di condono edilizio
presentata dalla Montagnoli Hotels S.r.l.”, invitando i
Responsabili ad “astenersi dal rilasciare provvedimenti
concessori in ordine ad istanze predette, in assenza del
necessario consenso da parte dei comproprietari” ( cfr.
il doc.n. 8 della ricorrente);
5) che
il 25.1.2005 Calegari e Sirelli denunciavano alle
Autorità competenti, tra cui anche il Sindaco,
l’esecuzione da parte della Montagnoli Hotels Srl di
opere in difformità da una DIA presentata dalla stessa
(cfr. il doc. n. 9);
6) che
con nota prot. n. 725/05 dell’1.2.2005 il Responsabile
del Servizio Assessore all’Edilizia Privata ed
all’Urbanistica del Comune di Tremosine comunicava
l’avvio del procedimento ex artt. 7 e 8 L. n. 241/90 per
la presentazione di pratiche edilizie da parte della
Montagnoli Hotels relative a : a) richiesta di rilascio
del permesso di costruire per l’ampliamento e la
ristrutturazione dell’albergo “Hotel Bazzanega”; b) e c)
rilascio della concessione in sanatoria per la chiusura
con serramenti vetrati della piscina coperta oltre che
per la realizzazione del vano scala e ascensore in
difformità dal titolo abilitativo; d) denuncia di inizio
attività per la realizzazione delle opere interne
preparatorie ai lavori che saranno –eventualmente –
assentiti con il permesso di costruire (doc.n. 10);
7) che
Fausto Calegari, con nota dell’11.2.2005, e Maria
Sirelli, con nota 10.2.2005, avvalendosi della facoltà
partecipativa rappresentava l’illegittimità di eventuali
provvedimenti concessori relativi alle opere progettate
(doc. n. 11 e 11bis);
8) che,
stante l’inerzia dell’A.C. pur di fronte a quanto
segnalato, Sirelli e Calegari presentavano formale
denuncia all’autorità giudiziaria che disponeva il
sequestro (doc. n. 12);
9) che
con nota prot. 3021/05 dell’11.5.2005 il Responsabile
del Servizio Assessore all’Edilizia Privata ed
all’Urbanistica del Comune di Tremosine comunicava
l’avvio del procedimento relativo a: “a) richiesta di
rilascio del permesso di costruire in sanatoria
riguardante la realizzazione di opere interne al piano
terra dell’Hotel Bazzanega; b) richiesta di rilascio del
permesso di costruire in sanatoria riguardante la
sostituzione di vetrate esistenti con creazione di
parapetto al piano terra dell’Hotel Bazzanega (doc. n.
13), a fronte di tale nota gli odierni ricorrenti
presentavano le proprie osservazioni (doc. n. 14);
10) che
la nota del Responsabile prot. n. 3021/05 non contiene
alcun accenno alla richiesta di sanatoria presentata il
19.4.2005 n. 2460 inerente la costruzione e
sopraelevazione del corpo di fabbrica che viene a
congiungersi con il condominio Bazzanega opera
maggiormente lesiva dei diritti dell’odierna ricorrente;
11) che
in data 30.3.2006 il Comune di Tremosine ha rilasciato
alla Montagnoli Hotels S.r.l. il permesso di costruire
in sanatoria n. 24/06 relativo all’ampliamento e
ristrutturazione ai piani primo e secondo dell’albergo
Hotel Bazzanega in forza del quale - in addossamento al
condominio esistente e con eliminazione degli esistenti
balconi ed aperture - viene costruito in sopraelevazione
un corpo di fabbrica destinato a contenere tanto al I°
piano quanto al 2° piano nuove stanze, che unisce il
condominio Bazzanega ad altro corpo di fabbrica di
proprietà esclusiva della Montagnoli Hotels Srl (cfr.
tavole progettuali allegate alla richiesta di permesso
di costruire, doc. n.15 della ric.);
12) che
il rilascio del permesso in sanatoria è stato preceduto
dalla certificazione di conformità ambientale a firma
del Responsabile del Servizio Assessore all’Edilizia
Privata e all’Urbanistica del Comune di Tremosine, del
16/8/05 e dal provvedimento di accertamento della
compatibilità paesaggistica ai sensi degli artt. 167 e
181 D. Leg.vo n. 42/04 e L.R. n. 12/05 e previo parere
favorevole della Commissione edilizia del 31/5/05, che
ha fatto propria la relazione degli esperti ambientali;
13) che
agli atti della pratica edilizia esiste poi il
provvedimento del 19/10/05, con il quale è stata
comminata la sanzione pecuniaria per la violazione
all’art. 146 D. Leg.vo n. 42/04 nella misura di Euro
14.557,25.
Con
sentenza non definitiva n. 4573 depositata il
10.11.2010, la Sezione – dopo aver dichiarato estinto,
per mancata riassunzione da parte degli eredi, il
ricorso nei confronti dell’altro ricorrente, Calegari
Fausto, deceduto nel corso del giudizio - ha disposto
acquisizioni istruttorie a carico dell’intimata
Amministrazione comunale (una relazione di chiarimenti
sui fatti di causa e copia dell’intero fascicolo
istruttorio), riservandosi di valutare in prosieguo la
necessità di procedere o meno all’effettuazione di una
verificazione tecnica ovvero di una C.T.U.
All’esito delle produzioni documentali effettuate dal
Comune e dalla ricorrente, il Collegio ritiene che non
sussista la necessità di ulteriori approfondimenti
istruttori.
Il
ricorso risulta fondato.
Preliminarmente, poiché in diversi punti delle proprie
memorie la controinterssata richiama contenuti
motivazionali di sentenze penali intervenute sulla
questione per cui è intervenuto il titolo in sanatoria
qui opposto, occorre ricordare il consolidato
insegnamento giurisprudenziale (cfr. da ultimo, Cons.
St., Sez. VI, 10 dicembre 2010 n. 8705) in tema di
rapporti fra i due giudizi: “ai sensi dell'art. 654
c.p., nel giudizio amministrativo la sentenza penale che
ha accertato la sussistenza di fatti materiali ha
autorità di cosa giudicata quanto ai fatti accertati
solo se l'Amministrazione, in esso intimata, si sia
costituita parte civile nel giudizio penale, mentre se
non è intervenuta i suoi poteri istituzionali non
possono essere incisi da accertamenti o da valutazioni
del giudice penale resi in un processo al quale è
rimasta estranea (fermo poi restando che comunque
l'accertamento compiuto dal giudice penale concerne i
meri fatti materiali della vicenda, non
l'interpretazione di norme giuridiche extra-penali). In
tale ultimo caso, quindi, i poteri dell'autorità
amministrativa e del giudice chiamato a conoscere del
loro esercizio non sono condizionati dal giudicato
penale”.
Ciò
doverosamente premesso, in punto di fatto, va
tratteggiata, alla stregua della documentazione
depositata dalle parti in atti e di quella acquisita in
seguito ad attività istruttoria disposta dalla Sezione,
la situazione dei luoghi.
Il
complesso alberghiero denominato “Hotel Bazzanega” si
articola su tre distinti corpi di fabbrica:
a) un
primo corpo, realizzato nel 1968, composto da un
ristorante e da n. 23 appartamenti e da n. 8 stanze, il
quale incontestatamente (cfr. la memoria del
controinteressato depositata il 16.2.2011 pag. 4) si
configura come condominio, posto che tre appartamenti
sono di proprietà di soggetti terzi rispetto alla
Montagnoli Hotels, che è proprietaria di tutti gli altri
nonché delle stanze e del ristorante (per un’analitica
ricostruzione delle vicende proprietarie di tale
fabbricato si veda la memoria depositata il 4.2.2011
dalla ricorrente, nonché la documentazione relativa
depositata il 26.1.2011) ;
b) un
secondo corpo, costruito nel 1968, è composto di 24
stanze e risulta di proprietà esclusiva della Montagnoli
Hotels;
c) un
terzo corpo interposto fra i due precedenti, di
esclusiva proprietà della Montagnoli Hotels, è
costituito dalla copertura di una piscina ed è stato
realizzato sulla base di una concessione edilizia del
1977.
Le opere
di sopraelevazione oggetto del permesso di costruire in
sanatoria qui in contestazione sono poste al di sopra di
tale terza struttura (di cui alla lett. C) ed in
aderenza al corpo di cui alla lett. A.
Ciò
premesso può passarsi alla disamina dei profili di
censura articolati dalla ricorrente.
Con il
primo motivo viene lamentata la violazione degli artt. 7
e 8 della L. n. 241/90, per l’omessa comunicazione, da
parte dell’Amministrazione comunale, all’odierna
ricorrente dell’avvenuta presentazione della domanda di
sanatoria sfociata nell’impugnato permesso di costruire,
nonostante che si trattasse di intervento edilizio
lesivo dei diritti della ricorrente, quale condomino,
cos^ impedendole di partecipare al procedimento.
Secondo
le controparti la censura deve essere disattesa, in
quanto un indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr.
T.A.R. Campania, Sez. VIII, 12 aprile 2010 n. 1918,
Cons. St., Sez. VI, 18 aprile 2005 n. 1773; TAR Liguria,
Sez. I, 10 luglio 2009 n. 1736) ha chiarito che i vicini
controinteressati non sono annoverabili tra i soggetti
destinatari della comunicazione di avvio di un
procedimento per il rilascio di un titolo edilizio
(anche in sanatoria), pur quando si tratti di soggetti
che si siano in precedenza oppostisi all'attività
edilizia del proprietario confinante, affermandosi che
l’ estensione ad essi della predetta comunicazione
comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto
con i principi di economicità e di efficienza
dell'attività amministrativa.
La
censura è fondata.
Invero,
un caso che presenta numerose analogie con quello
all’esame, la Sezione ha recentemente avuto modo di
ribadire (cfr. TAR Brescia Sez. 1, 2.11.2010 n. 4524)
che un soggetto che ha dimostrato più volte il suo
interesse alla vicenda, presentando ricorsi al Tribunale
amministrativo, ha diritto di ottenere la comunicazione
di avvio del procedimento da parte del Comune, là dove
venga presentata domanda di regolarizzazione a
posteriori della costruzione realizzata in prossimità
del confine di proprietà.
A tale
conclusione la Sezione è pervenuta sulla base
dell’esegesi letterale dell’art. 7, co. 1, della L. n.
241/90, la quale al secondo periodo specifica che “ove
parimenti non sussistano le ragioni di impedimento
predette, qualora da un provvedimento possa derivare un
pregiudizio a soggetti individuati o facilmente
individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari,
l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse
modalità, notizia dell'inizio del procedimento”.
L’affermazione di tale principio non è nuova per la
Sezione, posto che esso venne o già enunciato anche in
passato (cfr. TAR Brescia, 24.12.1996 n. 1408).
Neppure
può trovare applicazione la disposizione di cui all’art.
21 octies L. n. 241/90, invocata dalla difesa del
Comune, dato che nel caso non si è in presenza della
fattispecie in tale norma descritta (“Il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata
comunicazione dell'avvio del procedimento qualora
l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto
del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato”) poiché– come si verrà a
dimostrare in prosieguo – l’Amministrazione, nel
rilasciare il permesso in sanatoria, è incorsa in
violazione di legge.
Con la
seconda censura, la ricorrente contesta la
legittimazione della (sola) Montagnoli Hotels a
richiedere il titolo edilizio, prospettando la
violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 380/2001 e
dell’art. 35 della L.R. n. 12/05, i quali prescrivono
che il permesso di costruire deve essere richiesto dal
proprietario dell’immobile. Secondo la ricorrente
l’intervento in sanatoria concerne direttamente
l’immobile condominiale in cui essa è comproprietaria,
poiché la sopraelevazione, pur avvenendo su area di
proprietà esclusiva della Montagnoli Hotels SRL, si
addossa ai muri perimetrali condominiali, sicché la
domanda di sanatoria avrebbe dovuto essere richiesta non
dalla sola Montagnoli Hotels srl ma anche dal Condominio
Bazzanega.
Secondo
il Comune e la controinteressata i lavori di
sopraelevazione hanno interessato la sola proprietà
esclusiva della Montognali Hotels (la piscina coperta),
sicché la richiesta di sanatoria è stata presentata da
detta società, senza che la circostanza che le opere
siano state costruite in aderenza all’ edificio
condominiale possa determinare alcun mutamento in ordine
all’esclusiva legittimazione della medesima. Al
riguardo, viene soggiunto che detta evenienza (la
costruzione in aderenza) potrebbe venire in rilievo
eventualmente in relazione alla legittimità del
provvedimento rilasciato dal Comune, ma non già con
riguardo alla legittimazione a domandare il rilascio del
permesso di costruire.
Se così
effettivamente stessero le cose, si dovrebbe condividere
quanto sostenuto dall’Amministrazione e dalla Montagnoli
Hotels SRL.
Peraltro, così non è.
Invero,
la ricorrente ha posto in luce, in sede di ricorso (cfr.
pag. 8/9), che le opere vanno ad interessare parti
comuni del complesso condominiale, andando a modificare
l’aspetto esteriore della facciata, la quale, in base al
regolamento di condominio (di natura contrattuale)
costituisce parte comune.
Invero,
non è stato contestato dalla controparti che l’atto di
compravendita afferma che sono di proprietà
condominiale: “l’area sulla quale insorge l’intero
edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, le
ossature in C.A., le facciate, i cornicioni e quanto
altro di uso comune”.
Osserva
il Collegio che dalla disamina delle tavole progettuali
allegate alla domanda di rilascio di sanatoria – che
sono state acquisite dal Comune di Tremosine a seguito
dell’istruttoria disposta con la sentenza non definitiva
n. 4573 depositata il 10.11.2010 – è possibile rilevare
la veridicità dell’assunto svolto dalla ricorrente.
Infatti, nelle tav. D2 e D3 sono rappresentati le
preesistenze del primo e del secondo piano, mentre nelle
tav. D7 e D8 le opere realizzate rispettivamente al
primo e al secondo piano.
Dal
confronto fra tali rappresentazioni risulta confermata
la demolizione delle esistenti terrazze del corpo di
fabbrica condominiale, sia al primo sia al secondo
piano, e la realizzazione di opere di chiusura di
preesistenti finestre, con l’apertura di nuovi
collegamenti fra i due stabili.
In tale
contesto va quindi condiviso l’insegnamento del
Consiglio di Stato (cfr. Sez. IV 11.4.2007 n. 1654)
secondo cui, ove i lavori edilizi interessino anche
parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non
connesse all’uso normale della cosa comune, essi
abbisognano del previo assenso dei comproprietarii anche
in relazione agli aspetti pubblicistici dell’attività
edificatoria, con particolare riguardo alle norme ( art.
4 della legge n. 10 del 1977 e art. 11, comma 1, del
d.P.R. n. 380 del 2000), che prevedono la verifica
dell'esistenza, in capo al richiedente, di titolo un
attributivo dello ius aedificandi sull'immobile oggetto
di trasformazione edilizia.
In detta
decisione, viene infatti rilevato che << il Comune
avrebbe dovuto chiedere il consenso di tutti i
proprietarii ai fini del rilascio della concessione per
la realizzazione delle opere interessanti la cosa comune
e la lamentata mancata richiesta configura grave difetto
istruttorio e motivazionale, perché, secondo la
giurisprudenza di questo Consesso, “non dà conto della
effettiva corrispondenza tra la richiesta di concessione
e la titolarità del prescritto diritto di godimento ..."
( così Consiglio di Stato, Sez. V, 21 ottobre 2003, n.
6529, ma cfr. anche Sez. V, 15 marzo 2001, n. 1507 e
Sez. V, 20 settembre 2001, n. 4972 ).
Pertanto, nell'ambito dell'accertamento della
legittimazione di colui che richiede la concessione…,
l'Amministrazione aveva, nel caso specifico, il potere -
dovere di verificare l'esistenza, in capo al
richiedente, di un titolo idoneo di godimento
dell’intero bene interessato dal progetto e di
subordinare il rilascio della concessione al consenso di
tutti i proprietarii per la parte di intervento che
interessa le parti comuni, avendo questi, nei confronti
dell'atto concessorio, non la posizione di terzo, ma
quella di contitolare di un diritto, che, per la parte
idealmente spettante, non può, invito domino, essere
modificata o compressa dall'Amministrazione.
Né può
sostenersi che le opere nel caso all’esame progettate
sulle parti comuni siano riconducibili a quell’utilizzo
della cosa comune ed a quelle modifiche della cosa
stessa a detto utilizzo funzionali, che l’art. 1102 del
codice civile consente comunque al partecipante alla
comunione, sì che il relativo titolo abilitativo
edilizio non abbisognerebbe della prestazione di quel
consenso, nel caso specifico mancata.
Invero,
se tanto può affermarsi in relazione alle opere
concernenti la ristrutturazione del tetto comune e la
modifica delle aperture ( tali modificazioni del bene
comune non parendo comportare ostacoli al godimento
dello stesso da parte dei compartecipi, né pregiudizii
agli immobili di proprietà esclusiva, nella specie
comunque non dedotti ), lo stesso non può dirsi
relativamente al locale tecnico addossato al muro
comune, sulla base del rilievo dirimente che l'art. 1102
c.c. consente al condomino l'utilizzazione più intensa
della cosa comune al servizio della sua proprietà
esclusiva purché ne sia consentito il pari uso agli
altri partecipi e non ne sia alterata la destinazione,
entrambi invece nel caso di specie pregiudicati dalla
imposizione dell’appoggio di una nuova costruzione sul
muro in comunione, ai fini della legittimità del cui uso
occorre avere riguardo all’uso anche solo potenziale
della cosa comune da parte degli altri condomini ( Cass.
civ., sez. II, 1 gennaio 2006, n. 972 ), le cui facoltà
di paritaria utilizzazione della cosa stessa risultano
senz’altro escluse da una attività, quale quella che
viene qui in considerazione, di sostanziale attrazione
di una parte del bene comune nella sfera di
disponibilità esclusiva di un singolo ( v., per tutte,
Cass., 14 ottobre 1998, n. 10175; da ultimo, Cass. civ.,
sez. II, 9 marzo 2006, n. 5085 ), come appunto avviene
quando ad una porzione originaria di un muro maestro in
comunione si addossi una porzione immobiliare di
proprietà individuale: di quello spazio, in tal modo,
viene sia alterata la destinazione, sia impedito un
paritario uso da parte degli altri condomini, i quali
non vi hanno accesso.
Una tale
costruzione impedisce così agli altri partecipanti alla
comunione di farne uso secondo il loro diritto e
costituisce pertanto innovazione vietata dalla legge,
anche sotto il profilo pubblicistico dell’attività
edificatoria, se non con il consenso negoziale di tutti
i partecipanti alla comunione, espresso in forma scritta
trattandosi di beni immobili, cosa che, nella specie, è
mancata e che non può certo rinvenirsi nella
corrispondenza intercorsa tra le parti e versata in atti
dall’appellante, la quale non riguarda certo la
specifica realizzazione delle opere per cui è causa e
non vale comunque a conferire legittimazione soggettiva
all’interessato per la richiesta del relativo titolo
edilizio>>.
Il
Collegio, infine, deve rilevare che il contenuto della
memoria a firma geom.Merigo - al riguardo presentata
dalla Montagnoli Hotels al Comune il 19.5.2005 – non
solo non risulta rilevante, fondandosi di dati parziali
e meramente catastali, in contrasto con i qui prodotti
titoli di proprietà, ma avrebbe richiesto
all’Amministrazione di effettuare approfondimenti
istruttori, attesa la presenza ai propri atti di
precedenti atti di opposizione da parte di terzi (fra i
quali l’odierna ricorrente) che affermavano l’opposto.
Con il
terzo motivo parte ricorrente prospetta la violazione
dell’art. 14 delle NTA del PRG, non essendosi applicata
la distanza minime di m. 5 fra fabbricati ivi prevista
in assenza di accordo di tutti i proprietari, non avendo
tenuto conto l’Amministrazione che la Montagnoli Hotels
non è proprietaria esclusiva del corpo al quale la
sovraelevazione va ad addossarsi.
La
censura risulta fondata.
L’art.
14 NTA disciplina le “zone di edilizia alberghiera
esistente” (doc. 17 della ricorrente e il doc. e l’all.
13 del deposito istruttorio del Comune, in esito alla
sentenza non definitiva n. 4573/10). La disposizione è
costituita da una parte generale - contenete la
specifica indicazione dei parametri edilizi-urbanistici
applicabili (attività edificatorie ammesse, destinazione
d’uso, densità di fabbricazione territoriale, rapporto
di copertura, altezza, distanza dai confini, dalle
strade, ecc.) e di una parte finale, nella quale sono
descritti cinque distinti ambiti.
Secondo
la controinteressata, la norma invocata dalla ricorrente
(definita come parte generale dell’art. 14) non può
trovare applicazione nella fattispecie, essendo stata
prevista per l’Hotel Bazzanega – individuato come DT
1-2- una specifica normativa, la quale espressamente
prevede la possibilità di costruzione in aderenza fra i
due corpi esistenti, sicché va esclusa l’applicabilità
della disposizione sulle distanze. In ogni caso, la
mancata impugnativa di tale specifica prescrizione di
piano renderebbe la doglianza inammissibile
Peraltro, tale interpretazione della norma non può
affatto essere condivisa.
L’art.
14 NTA costituisce un unicum inscindibile.
La
previsione, solo per l’ambito DT 1-2 – di una specifica
disposizione ulteriore “E’ consentita la realizzazione
di volumetria aggiuntiva per mc. 500,00 da realizzarsi
come giunzione dei due corpi esistenti”, sta solo a
significare una specificazione in tema di volumetria
ammessa, senza che da essa possa essere tratta –
addirittura per implicito - la possibilità di deroga
alla necessità del consenso dei confinanti per la
costruzione in aderenza.
Neppure
può essere condiviso l’ulteriore argomento spese dalla
controinteressata, secondo cui in forza dell’art. 877
del codice civile essa aveva diritto a costruire sul
confine in aderenza e anche ad ammettere che fosse
necessario il previo consenso del condominio per
costruire in aderenza, la conseguenza non potrebbe
essere l’illegittimità del provvedimento di sanatoria
rilasciato dal Comune, posto che tale circostanza
(andando ad incidere sul diritto di proprietà dei
ricorrenti) dovrebbe essere fatta valere esclusivamente,
in sede civile, innanzi all’AGO.
Al
riguardo va invece rilevato che la Sezione con la già
richiamata recente sentenza n. n. 4524 del 2.11.2010 ha
avuto modo di chiarire che:
a) la
tesi che predica l’estraneità dei diritti dei terzi alla
norma attributiva di potere comporterebbe, posto che in
materia edilizia non esistono provvedimenti
discrezionali, l’obbligo per il Comune di rilasciare il
titolo pur nella consapevolezza che l’edificazione del
manufatto integra un illecito civile (per violazione
delle distanze).
b) in un
sistema di responsabilità civile che ha ormai
riconosciuto la possibilità di convenire in giudizio
l’amministrazione finanche per i danni cagionati
dall’omessa vigilanza, il comportamento del Comune che
ha consapevolmente agevolato la lesione del diritto di
proprietà di un terzo autorizzando l’edificazione del
manufatto, è suscettibile di essere considerato fonte di
danni in quanto concausa dell’illecito civile. Con la
conseguenza che il Comune, da un lato sarebbe obbligato
dalla norma attributiva del potere al rilascio del
titolo, dall’altro rischierebbe di dover rispondere di
tale comportamento a titolo di responsabilità civile.
c) la
giurisprudenza amministrativa, quando si è trovata di
fronte a casi di accertata consapevolezza
nell’amministrazione comunale della lesione alle
distanze che verrebbe ad essere operata dal titolo
edilizio, ha sempre ritenuto che il titolo non dovesse
essere rilasciato, sicché deve pervenirsi alla
conclusione che la norma attributiva del potere –
costituita dal combinato disposto degli artt. 11 e 12
d.p.r. 380/01 e 2043 c.c. – vieta al Comune di
rilasciare titoli edilizi che siano lesivi dei diritti
dei terzi.
d)
dunque se il Comune non è obbligato ogni volta che
introita una domanda edilizia a verificare in modo
puntuale che esso non leda alcun diritto di proprietà
finitime, perché gli artt. 11 e 20 d.p.r. 380/01
obbligano colui che richiede un titolo edilizio ad
attestare la sua legittimazione a realizzare il
manufatto, tale obbligo sorge nel momento in cui il
Comune sappia aliunde che la realizzazione (o la
sanatoria postuma) dell’opera lede diritti di terzi, con
la conseguenza che esso è tenuto a negare il rilascio
del titolo.
Con il
quarto motivo, Sirelli deduce violazione dell’art. 14
delle N.T.A. in quanto - se è pur vero che detta norma
consente al punto DT 1.2 all’Hotel Bazzanega di
edificare volumetria aggiuntiva per mc. 500 da
realizzarsi come giunzione dei due corpi esistenti - la
norma deve essere intesa come autorizzante la
possibilità di aumento della cubatura fino a mc. 500,
riferita alla edificazione legittimamente realizzata.
La
doglianza va disattesa.
La
ricorrente muove dal presupposto che quanto
precedentemente edificato dalla Montagnoli Hotels SRL
non sarebbe in toto legittimamente assentito, in quanto
con i precedenti ricorsi n. 665/99 e n. 1326/99, è stata
contestata la legittimità di parte della volumetria
realizzata.
Peraltro, i predetti gravami – come evidenziato dalla
controinteressata – sono stati definiti con la sentenza
n. 1352 del 2006, la quale, pur accogliendoli, ha
disatteso le censure relative a tali profili, sicché non
sussiste il presupposto dell’abusività da cui la censura
prende le mosse.
Con la
quinta censura, sotto un primo profilo, si contesta che
sia possibile rilasciare l’autorizzazione paesaggistica
in sanatoria posto il divieto espresso stabilito
dall’art. 146 del D. Leg.vo n. 42/04.
La
doglianza non risulta fondata.
Invero
all’epoca del rilascio dell’autorizzazione l’evocata
disciplina non era (ancora) applicabile, in base a
quanto stabilito dall’art. 159 del cit. D. Leg.vo n.
42/04, il quale prevedeva il regime transitorio,
nell’ambito del quale non era contenuto il divieto
espresso di rilascio di autorizzazione in sanatoria.
Al
riguardo si è espresso il Consiglio Stato (Sez. VI, 2
maggio 2007 n. 1917) affermando che “L'art. 159 d.lg. 22
gennaio 2004 n. 42 (nel testo anteriore alla novella
operata dal d.lg. 24 marzo 2006 n. 157) posticipava ad
un momento successivo alla conclusione della fase
transitoria l'applicabilità della nuova, più rigorosa,
disciplina, ivi compreso il divieto del rilascio di
autorizzazioni paesistiche in sanatoria” (cfr, nello
stesso senso, Sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3140).
Con un
secondo profilo del quinto motivo, si prospetta
l’incompetenza del Responsabile del Servizio del Comune
di Tremosine ad assumere l’autorizzazione paesaggistica,
sostenendo la competenza del Parco Alto Garda Bresciano,
ai sensi dell’art. 80, quinto comma, della L.R. n.
12/05.
Parte
ricorrente pone in luce che la competenza del Parco
sarebbe stata riconosciuta dal responsabile del servizio
del Comune di Tremosine nella perizia allegata all’atto
in data 16.8.2005 di certificazione di assenza di danno
ambientale, là dove si afferma la competenza del Parco
Alto Garda Bresciano al riguardo.
Anche
tale profilo risulta infondato.
Innanzi
tutto va rilevato che nella relazione in data 23.12.2010
del Comune si attesta: “in merito alla procedura per
l’ottenimento del provvedimento di accertamento della
compatibilità paesaggistica si precisa che in data
16.08.2005 è stata certificata la conformità ambientale
delle opere e inoltrato al richiedente ordine di
effettuare il pagamento della sanzione pecuniaria di cui
all’art. 83 della L.R: 12/2005 …, in data 18.8.2005 con
prot. N. 5424 è stata inoltrata alla Comunità montana
Parco Alto Garda Bresciano la richiesta di accertamento
della compatibilità paesaggistica per l’emissione del
provvedimento di competenza. Nel frattempo con
deliberazione del Consiglio direttivo n. 136 del
15.9.2005 la Comunità montana Parco Alto Garda Bresciano
riconosce ai Comuni la competenza amministrativa in
materia di tutela dei beni ambientali (di tipo
autorizzativo e sanzionatorio), in ambiti di competenza
alla pianificazione comunale, assimilabili agli ambito
di potenzialità ecologica previsti dal PTC e considerato
che tale intervento ricade in Ambiti a Potenzialità
ecologica previsti dal PTC, in data 25.10.2005 al prot.
N. 6989 viene emesso provvedimento di accertamento della
compatibilità paesaggistica ai sensi degli artt. 167 e
181 del D.Lgs. 42/2004… Detto provvedimento viene
trasmesso alla Soprintendenza di Brescia che ne accusa
ricevuta in data 27.12.2005, la quale nei successivi 90
giorni non ha trasmesso alcun parere in merito.”
Venendo
ora ad esaminare la disciplina normativa, il Collegio
deve rilevare che l’art. 80 della L.R. n. 12/05
stabilisce, al comma 1, che “le funzioni amministrative
per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e
l’irrogazione delle sanzioni di cui agli artt.li 146,
159 e 167 del D. Leg.vo n. 42/2004 sono esercitate dai
comuni, ad eccezione di quanto previsto dai commi 2, 3 4
e 5”.
Il
quinto comma prevede che: “Nei territori compresi
all’interno dei perimetri dei parchi regionali, le
funzioni autorizzative consultive e sanzionatorie di
competenza dei comuni ai sensi dell’art. 1 e 4 sono
esercitate dagli enti gestori dei parchi, ad eccezione
dei territori assoggettati all’esclusiva disciplina
comunale dai piani territoriali di coordinamento dei
parchi”.
Il
provvedimento in data 25 ottobre 2005 di accertamento
della compatibilità paesaggistica afferma (pag. 3) che
“le opere previste sono conformi ai contenuti di cui al
Piano territoriale di coordinamento approvato con DGR
1.8.2003 n. 7/13939”.
La
ricorrente, nell’originario motivo di ricorso, contesta
la competenza del Comune solo sulla base della
affermazione di cui alla cit. perizia, ma non svolge
argomentazioni circa la non applicabilità nella specie
della previsione di cui all’ultima parte del c. 5
dell’art. 80 L.R. n. 12/05.Al riguardo va precisato che
debbono restare al di fuori dal motivo da esaminarsi -
siccome cristallizzato nel motivo di gravame contenuto
nell’atto di ricorso - tutte le ulteriori questioni che
sono state sviluppate dalla ricorrente e controdedotte
dalla controinteressata in relazione al contenuto della
deliberazione del Consiglio direttivo della Comunità
montana Parco Alto Garda Bresciano n. 136 del 15.9.2005
(prodotta in giudizio come doc. n. 44 della
controinteressata).
Invero,
contestazioni al riguardo avrebbero potuto essere svolte
dalla ricorrente solamente mediante la proposizione di
motivi aggiunti, notificati alle controparti.
In ogni
caso, va incidentalmente rilevato che detta delibera
conferma, in sostanza, la lettura circa la competenza
del Comune, stabilendo - al punto a) “che all’interno
degli ambiti a potenzialità ecologica diffusa previsti
dal ptc del parco sono assimilabili agli ambiti
assoggettati all’esclusiva disciplina comunale, ai soli
fini dell’applicazione dell’art. 80, c. 5 l.r. 12/2005,
le zone urbanizzate dei prg vigenti, consolidate e di
espansione, ad esclusione delle zone agricole e di
quelle ad esse assimilate”.
Con la
sesta doglianza, la ricorrente - sulla premessa che la
zona in cui ricade l’intervento è boscata e sottoposta a
vincolo idrogeologico – contesta la mancata richiesta
delle autorizzazioni di cui agli artt.li 4 (“tutela e
trasformazione del bosco”) e 5 (“vincolo idrogeologico e
trasformazione d’uso del suolo”) della L.R. n. 27 del
28/10/2004 e dell’art. 7 R.D.L. n. 3267/1923.
Il
Comune e la controinteressata replicano evidenziando che
i lavori oggetto di sanatoria hanno interessato
esclusivamente il fabbricato e non già il terreno
circostante.
La
censura non può essere condivisa.
La
difesa della ricorrente afferma l’interessamento,
mediante sbancamento, della zona montuosa circostante
l’edificio alla stregua di una tavola grafica redatta
dal CTU incaricato di svolgere una perizia nel corso
della precedente vertenza (conclusasi con la sentenza n.
1352 del 2006).
Peraltro, dalla tavole progettuali allegate alla domanda
di permesso in sanatoria (acquisite dagli uffici
comunali a seguito di istruttoria) emerge che tutti i
lavori di cui si chiede la sanatoria hanno interessato,
mediante parziali demolizioni e nuove costruzioni in
sopraelevazione solo ed esclusivamente il sedime del
preesistente edificio, nelle sue articolazioni in corpi
distinti di cui si è detto in precedenza).
In tale
contesto, non era quindi necessario acquisire le
autorizzazioni suddette.
La
circostanza che siano eventualmente intervenuti
sbancamenti del terreno e il taglio di alberature rileva
dunque non già in relazione a provvedimenti
amministrativi qui in contestazione, che tali interventi
non hanno assentito, bensì configura meri comportamenti
materiali, da assoggettare a sanzione, che si pongono al
di fuori del perimetro della presente controverisa.
Con la
settima censura, si contesta infine il contenuto
motivazionale della relazione-parere degli esperti
ambientali (cfr. all. 4 dell’istruttoria esperita dal
Comune di Tremosine), che è stata fatta propria dalla
Commissione edilizia del 31.5.2005 (cfr. all. 3
didell’istruttoria e doc. n. 5 della ricorrente).
La
doglianza risulta fondata.
Il
suddetto parere risulta così formulato: “Le opere
eseguite consistono in particolare nell’avvenuta
costruzione di due piani in sopraelevazione
dell’edificio alberghiero esistente, a chiusura di uno
spazio rimasto libero al primo piano e secondo fra i due
corpi di fabbrica già esistenti. La mancata edificazione
di tale zona consentiva dalla sottostante strada una
visione diversa dell’immobile per la presenza di
vegetazione retrostante che costituiva elemento di
interruzione della cortina edificata. La costruzione
effettuata ha quindi collegato i due prospetti come da
rappresentazione riportata sulla tavola grafica D 10,
togliendo al complesso edilizio quella sensibilità
fornita dalla naturalità della vegetazione presente. Di
per sé, comunque, l’intervento così come attuato non
viene a pregiudicare in modo rilevante l’ambiente in cui
si colloca vista ormai l’edificazione generalizzata e le
disponibilità volumetriche di Piano.
Si
raccomanda soltanto che le alberature, visibili in
fotografia poste lungo la strada in salita, vengano
mantenute o comunque sostituite da analoghe della stessa
altezza da collocarsi nella sottostante aiuola”
Fermo
restando che il giudizio circa la compatibilità
paesaggistica pertiene alla discrezionalità tecnica
dell'amministrazione, sicché esso risulta sindacabile in
sede di legittimità solo per difetto di motivazione,
illogicità manifesta ed errore di fatto (cfr. ex multis
Cons. St., Sez. VI, 7 ottobre 2008 n. 4823), nel caso
all’esame risulta palese la contraddittorietà interna
fra le premesse (che evidenziano il notevole mutamento
del contesto ambientale per effetto dell’edificazione) e
la conclusione (il giudizio positivo circa la mancanza
di pregiudizio per l’ambiente).
Dopo
aver rilevato che la situazione originaria consentiva di
apprezzare dalla sottostante strada pubblica la
vegetazione retrostante e che l’ampliamento “toglie al
complesso edilizio quella sensibilità fornita dalla
naturalità della vegetazione presente”, si perviene alla
conclusione che l’intervento non viene a pregiudicare in
modo rilevante l’ambiente.
La
giustificazione a tale assunto è data dai rilievi circa
la sussistenza di una edificazione generalizzata e il
riconoscimento di disponibilità volumetriche da parte
del piano regolatore. Per contro, proprio la
edificazione generalizzata costituisce motivo non già
per giustificare la compatibilità ambientale ma per
salvaguardare preminenti interessi ambientali
paesistici, e in particolare quella percezione della
vegetazione occlusa da una cortina edilizia continua.
Così pure la disponibilità volumetrica di piano
regolatore non giustifica ex sè la compatibilità
dell’intervento sotto il profilo ambientale che
presuppone una valutazione autonoma.
Conclusivamente il ricorso va accolto con annullamento
del provvedimento impugnato e degli atti presupposto.
Le spese
di giudizio, liquidate dome da dispositivo, vanno poste
– alla tregua del principio victusvictori- a carico del
Comune e della controinteressata.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo
accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento
impugnato e gli atti presupposti.
Condanna
il Comune di Tremosine e la controinteressata Montagnoli
Hotels SRL al pagamento, in partie eguali, delle spese
di giudizio a favore della ricorrente Sirelli Maria, che
liquida in € 5.000 (cinquemila) oltre ad accessori di
legge.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così
deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9
marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe
Petruzzelli, Presidente
Sergio
Conti, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL
PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il
05/05/2011
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.) |