L’illecito edilizio assume natura
permanente, ovvero si pone in contrasto perdurante con
gli interessi tutelati, cosicchè la sanzione demolitoria,
per definizione, è tesa a reprimere una situazione
antigiuridica ancora sussistente.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, in materia di abusivismo edilizio, le
disposizioni sanzionatorie di cui alla legge n. 47/1985
trovano applicazione anche agli abusi edilizi perpetrati
prima della sua entrata in vigore, rilevando non la data
della commissione degli stessi, ma quella di adozione
della misura repressiva.
Ciò in quanto l’illecito edilizio
assume natura permanente, ovvero si pone in contrasto
perdurante con gli interessi tutelati, cosicchè la
sanzione demolitoria per definizione è tesa a reprimere
una situazione antigiuridica ancora sussistente;
inoltre, le sanzioni previste dalla legge n. 47/1985 si
applicano anche agli abusi realizzati nel vigore della
legislazione precedente in quanto le stesse, a
differenza delle sanzioni penali, hanno un contenuto non
meramente afflittivo, ma ripristinatorio della
situazione antecedente all’illecito.
La misura demolitoria dell’immobile
abusivo ex legge n. 47/1985, quindi, non riguarda solo
le opere abusive non sanate ricadenti in zona sottoposta
a vincolo paesaggistico e quelle per le quali non è
stata presentata domanda di condono oppure le opere per
le quali è stata presentata domanda di condono
dolosamente infedele, ma tutti gli abusi edilizi
esistenti al momento della sua entrata in vigore,
ancorchè realizzati quando era in vigore la legge n.
10/1977 o la legge n. 765/1967.
N. 00850/2011
REG.PROV.COLL.
N. 01876/1996
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 1876 del 1996, proposto da***
contro***
per l'annullamento
del provvedimento del 5.3.1996,
notificato in data 19.3.1996, con il quale il Sindaco
del Comune di Lucca ha invitato i ricorrenti a
presentare domanda di sanatoria ordinaria relativamente
ad una recinzione, ha sospeso le proprie determinazioni
in ordine alla sopraelevazione del piano di soffitta del
fabbricato abitativo ed ha ordinato la demolizione di
una tettoia a corredo del fabbricato;
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio del Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 24 febbraio 2011 il dott. Gianluca Bellucci e
uditi per le parti l’avvocato A. Cordoni delegata da G.
Iacopetti, per i ricorrenti, e l’avvocato dello Stato M.
Gambini per il Ministero resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
Il signor Bedini Luciano, marito di
Musil Olga e padre degli altri ricorrenti, ha presentato
al Comune di Lucca, in data 21/2/1986, domanda di
condono edilizio ex legge n.47/1985, per opere abusive
realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Il Comune ha espresso parere
favorevole sulla compatibilità paesaggistica, ma tale
assenso è stato annullato dal Ministero per i Beni
Culturali con decreto del 16/9/1994, notificato alla
signora Bedini Silvana (stante il decesso del signor
Bedini Luciano, avvenuto il 27/12/1988), sull’assunto
che gli interventi edilizi in questione alterano i
caratteri paesaggistici tipici della campagna lucchese.
Il Comune ha pertanto respinto la
domanda di condono con provvedimento del 26/1/1995,
dandone comunicazione alla signora Bedini Silvana in
qualità di avente causa (documento n.5 depositato in
giudizio).
Quest’ultima ha impugnato il
decreto ministeriale e il suddetto diniego con due
ricorsi rivolti a questo TAR (ricorsi n.635/1995 e
1309/1995).
Il Sindaco del Comune di Lucca, con
provvedimento del 5/3/1996, ha ordinato ai deducenti la
demolizione di una tettoia, compresa tra i manufatti
oggetto del precedente diniego, ha sospeso ogni
determinazione in ordine alla sopraelevazione del piano
soffitta in attesa del parere circa la riduzione in
pristino del piano stesso ed ha invitato i ricorrenti a
presentare istanza di sanatoria per la recinzione e il
rivestimento della parte bassa del fabbricato.
Avverso tale atto i ricorrenti sono
insorti deducendo:
1) illegittimità derivata dai vizi
degli atti presupposti e vizio di motivazione;
2) mancata emissione e mancata
notifica del decreto ministeriale di annullamento e del
diniego di condono nei confronti di tutti i
comproprietari;
3) violazione diretta degli artt.3
e 7 e seguenti della legge n.241/1990;
4) questione di legittimità
costituzionale; illegittimità dell’applicazione
retroattiva delle sanzioni di cui al capo I della legge
n.47/1985 in fattispecie come la presente;
5) inapplicabilità della sanzione
di cui all’art.7 della legge n.47/1985; violazione della
legge n.47/1985.
Si è costituito in giudizio il
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Con ordinanza n.39 del 24/1/1997 è
stata accolta l’istanza cautelare.
All’udienza del 24 febbraio 2011 la
causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Il primo motivo di ricorso,
incentrato su profili di illegittimità derivata dal
decreto ministeriale di annullamento dell’autorizzazione
paesaggistica e dal diniego di condono, è ictu oculi
infondato.
Invero i ricorsi n.635/1995 e
n.1309/1995 (proposti dalla signora Bedini Silvana
tramite l’attuale difensore, avvocato Giovanni
Iacopetti), aventi ad oggetto, rispettivamente, il
citato decreto ministeriale e il citato diniego, sono
stati dichiarati perenti con decreti presidenziali
n.1475 del 24/7/2007 e n.1073 del 4/7/2007. Pertanto,
essendo tali atti ormai sottratti ad ogni verifica di
legittimità, il Collegio non può che ribadire il
principio secondo cui la perenzione di un ricorso contro
un atto presupposto toglie fondamento alla censura di
illegittimità derivata mossa contro il provvedimento
conseguente (TAR Puglia, Lecce, II, 29/12/2008, n.3753;
TAR Sicilia, Catania, I, 11/12/1990, n.1018).
Con lo stesso motivo i deducenti
enunciano, senza darne specificazione, il vizio di
motivazione.
Tale rilievo non ha alcun pregio,
visto che la contestata determinazione è argomentata con
il puntuale riferimento al decreto ministeriale di
annullamento, alle valutazioni in esso espresse e al
diniego di condono, il quale vincola il Comune ad
intervenire per assicurare il ripristino dello stato dei
luoghi a tutela del vincolo paesaggistico.
Con il secondo rilievo i ricorrenti
deducono che il presupposto decreto di annullamento e
diniego di condono sono stati emessi nei confronti della
sola Bedini Silvana, e non anche nei confronti degli
altri comproprietari, rispetto ai quali difettano i
presupposti dell’impugnata ordinanza e, anzi, è
definitivo il parere favorevole espresso dal Comune.
L’assunto è infondato.
La mancata notifica del decreto
ministeriale e del connesso diniego di condono non
comportano il definitivo consolidamento
dell’autorizzazione paesaggistica.
Invero il provvedimento caducatorio
del nulla osta paesaggistico si perfeziona
indipendentemente dalla sua notifica (TAR Lazio, Roma,
II, 12/10/2010, n.32758), con la conseguenza che, dal
momento della sua adozione, viene comunque meno
l’assenso paesaggistico del Comune.
L’omessa notifica dei predetti atti
a comproprietari diversi dalla signora Bedini Silvana
non determina l’illegittimità della successiva sanzione
demolitoria, ma comporta il rinvio del termine di
impugnazione da parte di quest’ultimi, i quali possono
impugnare il decreto ministeriale e il diniego di
condono nel momento posticipato in cui ne vengono messi
a conoscenza.
Orbene, i predetti comproprietari
hanno avuto contezza di tutti gli atti relativi alle
opere in argomento (precedentemente notificati alla sola
signora Bedini Silvana) al momento della notifica
dell’ordinanza di demolizione, in quanto la stessa
richiama gli estremi e il contenuto delle presupposte
determinazioni, ed evidenzia la mancata regolarizzazione
dell’abuso edilizio.
La terza doglianza è incentrata sul
carattere incongruo della motivazione e sulla mancata
comunicazione di avvio del procedimento nei confronti di
tutti gli attuali ricorrenti.
Il rilievo non può essere accolto.
Il provvedimento impugnato dà piena
contezza dei suoi presupposti fondanti, con motivazione
logica, dettagliata e comprensibile.
Il diniego di condono e il
presupposto giudizio di incompatibilità paesaggistica,
costituenti atti definitivi e intangibili in quanto
impugnati dalla signora Bedini Silvana con ricorsi
dichiarati perenti e non impugnati dagli altri
comproprietari, rendono il contestato provvedimento
comunale atto dovuto e vincolato, cosicchè nessun utile
apporto all’azione amministrativa sarebbe potuto
scaturire dalla partecipazione al procedimento di tutti
gli interessati. Invero la mancata regolarizzazione
dell’opera abusiva vincola il Comune a ordinare il
ripristino dello stato dei luoghi, senza che il
contraddittorio con gli interessati possa incidere
sull’azione amministrativa (Cons.Stato, VI, 4/8/2009,
n.4899; TAR Campania, Napoli, III, 14/10/2010, n.19304;
TAR Umbria, I, 28/10/2010, n.499).
Con il quarto motivo i ricorrenti
sollevano questione di legittimità costituzionale
dell’art.32, ultimo comma, della legge n.47/1985
(secondo cui per le opere ivi previste non suscettibili
di sanatoria si applicano le sanzioni di cui al capo I),
per contrasto con l’art.3 della Costituzione; al
riguardo gli stessi osservano che l’impossibilità di
ottenere la sanatoria può riguardare abusi meno gravi di
altri che invece sono suscettibili di sanatoria
edilizia, e che viene ingiustamente parificato il caso
di chi si veda respingere l’istanza di condono sulla
base di valutazione discrezionale dell’amministrazione e
il diverso caso di chi non abbia presentato domanda di
condono oppure l’abbia presentata in modo dolosamente
infedele; come ulteriore aspetto della violazione del
principio di uguaglianza i deducenti sostengono che gli
abusi edilizi realizzati tra il 1° ottobre 1983 e la
data di entrata in vigore della legge n.47/1985 sono
assoggettati alle sanzioni dettate dalla legislazione
precedente alla legge n. 47/1985, ovvero a sanzioni meno
gravi di quelle applicabili all’abuso che il cittadino
si è attivato per sanare.
La questione è manifestamente
infondata.
Secondo l’ormai consolidato
orientamento giurisprudenziale le disposizioni
sanzionatorie di cui alla legge n.47/1985 trovano
applicazione anche agli abusi edilizi perpetrati prima
della sua entrata in vigore, rilevando non la data della
commissione degli stessi, ma quella di adozione della
misura repressiva. Ciò in quanto l’illecito edilizio
assume natura permanente, ovvero si pone in contrasto
perdurante con gli interessi tutelati, cosicchè la
sanzione demolitoria per definizione è tesa a reprimere
una situazione antigiuridica ancora sussistente
(Cons.Stato, V, 8/6/1994, n.614; idem, 9/2/1996, n.152;
idem, 29/4/2000, n.2544; TAR Piemonte, I, n.762/2004);
inoltre, le sanzioni previste dalla legge n.47/1985 si
applicano anche agli abusi realizzati nel vigore della
legislazione precedente in quanto le stesse, a
differenza delle sanzioni penali, hanno un contenuto non
meramente afflittivo, ma ripristinatorio della
situazione antecedente all’illecito (TAR Emilia Romagna,
Bologna, II, 14/11/2005, n.1636; TAR Valle d’Aosta,
2/8/1990, n.68).
Non è quindi condivisibile la tesi,
sostenuta dai ricorrenti, secondo cui gli abusi edilizi
realizzati tra il 1° ottobre 1983 e la data di entrata
in vigore della legge n.47/1985, per i quali non è stata
presentata domanda di sanatoria edilizia, sono
sanzionabili in base alla disciplina vigente prima della
legge n.47/1985.
La misura demolitoria ex legge
n.47/1985, quindi, non riguarda solo le opere abusive
non sanate ricadenti in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico e quelle per le quali non è stata
presentata domanda di condono oppure le opere per le
quali è stata presentata domanda di condono dolosamente
infedele, ma tutti gli abusi edilizi esistenti al
momento della sua entrata in vigore, ancorchè realizzati
quando era in vigore la legge n.10/1977 o la legge
n.765/1967.
In ogni caso, il fatto che l’opera
abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico, sia priva dell’autorizzazione
paesaggistica e sia stata oggetto di diniego di condono
in quanto ritenuta incompatibile con i caratteri
ambientali tutelati, configura una situazione di
illiceità grave (o comunque provvista di maggior
disvalore rispetto al caso dell’opera ricadente in zona
non vincolata), in quanto lesiva di interesse tutelato
dall’art.9 della Costituzione: per essa trova quindi
giustificazione la sanzione demolitoria quale misura
idonea a ripristinare la situazione antecedente
all’illecito.
Con la quinta censura gli esponenti
deducono che le opere in oggetto hanno natura
pertinenziale, ai sensi dell’art.7, comma 2, lettera a,
della legge n.94/1982, con la conseguenza che le stesse
sono assoggettabili unicamente alla sanzione pecuniaria.
Il motivo non è condivisibile.
L’art.7 della legge n.94/1982 non
può applicarsi alle pertinenze situate in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico; occorre inoltre
considerare che l’art.4, comma 2, della legge n.47/1985
legittima la sanzione demolitoria per le opere abusive
ricadenti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, a
prescindere dal regime autorizzatorio o concessorio che
le caratterizzi (TAR Campania, Napoli, IV, 21/5/2002,
n.2908; idem, 16/4/2008, n.2207).
In conclusione, il ricorso deve
essere respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi
per compensare le spese di giudizio nei confronti del
Ministero resistente.
Nulla per le spese nei confronti
del Comune di Lucca, stante la sua mancata costituzione
in giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo
respinge.
Spese compensate nei confronti del
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; nulla per
le spese nei confronti del Comune di Lucca.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera
di consiglio del giorno 24 febbraio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere,
Estensore
Silvio Lomazzi, Primo Referendario
L'ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
|