Era necessaria una nuova manovra?
Era indispensabile per due motivi:
e manovre di luglio e di agosto
avevano lasciato numerosi punti aperti. Soprattutto, le
modalità
effettive con cui coprire il
previsto contributo di 4, 16, 20 miliardi
rispettivamente nel 2012, 2013,
2014 a carico della delega fiscale
e assistenziale, oltre a previsioni di gettiti connessi
alle misure
anti evasione abbastanza aleatorie.
La debole coerenza interna delle manovre estive, oltre
alla
carenza di misure strutturali, sono
alla base del crollo di fiducia nei confronti
dell´Italia da parte
delle autorità europee, insieme
alla scarsa reputazione della precedente compagine
governativa e
del suo Presidente del Consiglio;
per effetto della minore crescita
economica e del drammatico aumento dei tassi
d´interesse, è stato
necessario apportare un ulteriore
aggiustamento pari a 1,3 punti di Pil.
Questa manovra è strutturale?
Indubbiamente sì, e infatti è
percepita come molto dura e dolorosa. Dal lato fiscale
vengono:
introdotti nuovi tributi, come
l´Imposta municipale propria; ampliate le basi
imponibili; aumentate
le aliquote di imposte esistenti,
come Iva e accise. Dal lato delle spese il passaggio al
sistema
contributivo pro rata per tutti
completa in modo definitivo la riforma pensionistica
avviata nel
1995.
Basterà questa manovra, saranno
utili i sacrifici?
La tempesta della crisi coinvolge
l´intera area dell´Euro, e l´Italia in particolare per
la fragilità
connessa al suo elevato debito
pubblico, accoppiata al fatto che cresciamo molto poco
da ormai
undici anni. Abbiamo anche un
elevato deficit di bilancia corrente dei pagamenti
(circa 50 miliardi
all´anno di importazioni di beni e
servizi superiori alle esportazioni). Per l´Italia è
inevitabile
(anche se l´Euro non esistesse) un
aggiustamento che passi attraverso una fase di austerità
e di
riforme per la crescita. La crisi
ha però messo in evidenza la fragilità dell´intera
costruzione
europea. Per avere una politica
economica comune (ad esempio, sul fronte della
stabilizzazione
finanziaria) è necessario
innanzitutto avere un vero coordinamento delle politiche
fiscali e di
bilancio all´interno dell´eurozona.
Ci si sta arrivando con molta fatica e troppa lentezza,
a causa di
un governo inefficace della crisi
da parte dell´asse franco-tedesco.
Le decisioni dell´ultimo vertice
europeo tuttavia vanno nella giusta direzione, grazie
anche alla
nuova posizione assunta
dall´Italia, che non è più nelle condizioni di subire,
marginalizzata, le
decisioni altrui, ma può esercitare
con l´autorevolezza della nuova compagine governativa e
del
suo Presidente del Consiglio un
ruolo di proposta e di mediazione. Va detto però che per
l´Italia il
rigore fiscale è condizione
necessaria ma non sufficiente all´uscita dalla crisi.
Occorre che l´Europa
attivi altre due direttrici di
politica economica: le misure per la stabilità
finanziaria, in particolare
per arginare la doppia crisi dei
debiti sovrani e delle banche, e le misure per la
crescita. Sul primo
versante l´ultimo vertice europeo
ha fatto qualche passo avanti, ma ancora non conclusivo.
Sul
secondo versante invece l´Europa è
ancora ferma per colpa della prevalenza di approcci
politici
conservatori e di centro-destra. In
ogni caso, non vanno sottovalutate le importanti misure
assunte
dalla BCE per garantire liquidità
al sistema bancario.
E´ Monti che aumenta le tasse o le
tasse sarebbero comunque aumentate?
Berlusconi e il centro-destra
piangono lacrime di coccodrillo per l´aumento delle
tasse. Ma la verità
è che, senza questa manovra,
sarebbe scattata in automatico la "clausola di
salvaguardia" scritta
nella manovra di luglio: un taglio
di 4, 16 e 20 miliardi nel 2012, 2013 e 2014 tramite il
taglio
lineare dei regimi esistenti di
agevolazione fiscale. La maggior parte di questi regimi
va a
vantaggio delle famiglie con
redditi bassi e medio bassi, soprattutto tramite il
meccanismo delle
detrazioni Irpef (per lavoro,
carichi familiari, sanità, istruzione, ecc.). Monti,
allora, aumenta le
tasse in modo certamente più equo
di come le tasse sarebbero aumentate in base a quanto
previsto
dalle manovre estive. Per non
parlare dell´impatto sociale che avrebbe avuto reperire,
come pure
era previsto, una parte di quelle
risorse a carico della spesa assistenziale. La manovra
Monti,
invece, introduce una riforma dell´Isee
che permetterà di selezionare con più efficacia ed
equità
l´accesso alle prestazioni sociali
universalistiche, e finalizza i futuri risparmi al
comparto della
spesa sociale e assistenziale.
Perché solo più tasse, occorre
anche ridurre la spesa!
La manovra aggredisce anche la
spesa, in particolare quella per pensioni. Introduce
alcune nuove
regole importanti come messaggio
politico (tetti alle retribuzioni dei dirigenti
pubblici, regole per
quelle dei manager delle aziende
pubbliche, abolizione delle province), a cui si
affiancano le
riduzioni di spesa che dovranno
essere fatte dagli organi costituzionali (Camere,
Quirinale, ecc.).
Non c´è dubbio però che:
va continuato con perseveranza e
impegno il lavoro di contenimento della spesa pubblica
corrente
primaria (al netto degli
interessi), attraverso i costi e i fabbisogni standard e
le spending review;
va preso l´impegno che i proventi
della lotta all´evasione (che questa manovra rafforza
con alcune
misure molto efficaci, come ad
esempio la fine del segreto bancario ai fini fiscali)
vadano nel corso
del tempo impiegati per ridurre la
pressione fiscale e non per inseguire la spesa.
Qualche tassa viene anche ridotta,
per sostenere la crescita
Accanto alla parte "cattiva" della
manovra fiscale, ce n´è anche una "buona":
detassazione del capitale investito
nel patrimonio d´impresa, una misura chiamata oggi Ace
("aiuto
alla crescita economica", ma la
vera origine è nella formula inglese "allowance for
corporate
equity"), ma che in realtà somiglia
molto alla Dit e alla super Dit introdotte dai governi
dell´Ulivo
nella legislatura 1996-2001 e poi
abrogati da Tremonti;
deducibilità dall´Ires della
componente Irap legata al costo del lavoro, con un
vantaggio aggiuntivo
per gli occupati giovani e donne;
stabilizzazione permanente delle
misure di incentivo fiscale per gli interventi di
efficientamento
energetico e di ristrutturazione
(deducibilità al 36 per cento), e mantenimento per un
anno del 55
per cento per l´efficientamento
energetico.
L´impianto della manovra è coerente
con l´obiettivo a medio termine di spostare la
tassazione dai
fattori produttivi (lavoro,
impresa) alle "cose", cioè a consumi e patrimoni. Per
quanto riguarda i
consumi, va ricordato che
l´aliquota effettiva media delle imposte sui consumi in
Italia è inferiore
del 4,4 per cento alla media
dell´eurozona, anche per effetto dell´evasione.
Va notato che gli alleggerimenti
fiscali sono solo dal lato delle imprese, e non delle
persone fisiche.
La scelta del governo è
comprensibile, in una fase di acuta crisi produttiva: si
cerca, soprattutto con
la deducibilità della componente
costo del lavoro, una misura che sostenga la
competitività delle
imprese e che riduca il cuneo fra
retribuzioni e costo del lavoro (lo stesso aveva fatto
nel 2007 il
governo Prodi). E´ necessario
allora ricordare che, se l´operazione di salvataggio
dell´Italia avrà
esito positivo, non appena
possibile occorre mettere in piedi misure di riforma
strutturale della
tassazione sui redditi personali,
con interventi prioritari sulla prima aliquota Irpef e
sul sistema
delle detrazioni per carichi
familiari.
Imposte patrimoniali: più 16
miliardi
L´Italia è in penultima posizione
fra i paesi Ocse per il peso delle imposte sul
patrimonio, circa un
punto di Pil in meno. La manovra
introduce una rilevantissima (storica) correzione
strutturale a
questo dato, con un contributo
delle nuove imposte patrimoniali pari a più di un punto
di Pil. La
correzione del sistema fiscale
verso i patrimoni viaggia su cinque gambe, e la più
importante è la
nuova imposta municipale propria
(Imu).
La nuova imposta municipale
L´Imu era già prevista dai decreti
di attuazione del federalismo fiscale, ma viene
anticipata al 2012
e ne viene estesa la base
imponibile con l´ampliamento alla prima casa e l´aumento
della
valutazione delle rendite
catastali. Per quanto riguarda l´estensione alla prima
casa, l´ultimo
decreto varato da Calderoli prevede
un´imposta molto simile a carico anche delle prime case
(una
nuova Tarsu-Tia ancorata ai valori
catastali come "imposta comunale sui servizi"). Lega e
Pdl
farebbero bene, quindi, a non
stracciarsi le vesti. Anche loro si erano, in limine
mortis, resi conto
che non si può fare il federalismo
fiscale senza dare una vera autonomia tributaria ai
comuni, un
elemento che il PD ha sempre
sottolineato e che lo ha portato a contrastare e votare
contro i decreti
di attuazione del federalismo
relativi ai comuni del precedente governo.
Monti ha affrontato la questione
con una significativa discontinuità e ha rafforzato
l´autonomia
tributaria dei comuni. Oltre
all´Imu nasce il tributo comunale sui rifiuti e sui
servizi, anch´esso
legato ai valori catastali. Su
questi tributi i comuni potranno esercitare un ampio
margine di
flessibilità tramite la variazione
delle aliquote: l´Imu sulla prima casa ha un´aliquota
base del 4 per
mille (la vecchia Ici prima casa
aveva un´aliquota media superiore al 5 per mille) e i
comuni
potranno variare del +/- 2 per
mille; l´Imu ordinaria ha un´aliquota del 7,6 per mille,
variabile
nell´intervallo +/- 3 per mille; il
tributo sui servizi concede ai comuni un contributo
aggiuntivo alla
vecchia Tarsu-Tia pari a 0,30 euro
per metro quadrato e la facoltà di una maggiorazione
fino a 0,40
euro.
Per ridurre l´impatto sociale della
nuova Imu sulla prima casa è prevista una robusta
detrazione di
200 euro, che aumenta per due anni
di 50 euro per ogni figlio fino al massimo di 400 euro.
Ai
comuni viene attribuito il gettito
dell´Imu sulle prime case e la metà dell´Imu ordinaria;
l´altra metà
va allo stato sotto forma di
sovraimposta erariale. Andrà meglio messo a fuoco nei
prossimi mesi il
coordinamento di questa importante
riforma con il funzionamento del fondo di riequilibrio e
del
fondo perequativo destinati ai
comuni in attuazione del federalismo fiscale.
Alcuni punti critici restano
aperti: la mancata differenziazione dell´Imu ordinaria a
seconda che
l´abitazione sia o meno locata (la
riforma favorisce di fatto le abitazioni non locate al
confronto con
quelle locate, e questo non va
bene); il sistema delle detrazioni, dove la detrazione
fissata in modo
rigido a livello nazionale
contraddice la scelta di una più accentuata autonomia
tributaria dei
comuni (meglio sarebbe stato
devolvere ai comuni la gestione delle detrazioni);
l´assenza di
proposte sulla questione dei
soggetti esenti (no profit), alla luce dell´imminente
pronunciamento
comunitario (meglio sarebbe
utilizzare l´introduzione sperimentale della nuova Imu
per ampliare
l´obbligo di dichiarazione a tutti
i soggetti, compresi quelli esenti, per disporre almeno
di una
completa base informativa).
L´introduzione dell´Imu in
condizioni di emergenza non ha consentito al governo di
affrontare la
questione del disegno tributario
complessivo del federalismo. Ricordiamo che la proposta
del PD
prevede, nel momento in cui ai
comuni sia assegnato un vero tributo proprio collegato
alle basi
imponibili immobiliari,
l´abolizione dell´addizionale comunale Irpef. A regime,
insomma, noi
pensiamo che l´addizionale Irpef
vada destinata alla flessibilità fiscale delle sole
regioni, mentre
l´Imu e il nuovo tributo rifiuti e
servizi siano più che sufficienti per la flessibilità
fiscale dei
comuni. Anche a questo bisognerà
pensare una volta terminata la fase più acuta della
crisi.
Le altre quattro patrimoniali
Accanto all´Imu vengono introdotte,
o riformate:
´imposta di bollo sulla detenzione
di attività finanziarie, che si applica sui conti
correnti con più di 5
mila euro di giacenza e sulle altre
forme di detenzione di titoli;
´imposta sui beni di lusso (auto di
lusso, imbarcazioni, aerei);
´imposta di bollo speciale annuale
sui capitali scudati, che viene resa permanente e
diventa così una
sorta di "imposta sull´anonimato".
Si tratta di una proposta che il PD aveva avanzato fin
da agosto
e che il governo Monti mette in
campo, con una soluzione innovativa che la rende
permanente e
non una tantum
´imposta personale sul valore degli
immobili e delle attività finanziarie detenute
all´estero.
Ma allora: c´è o no la
patrimoniale?
Lo spostamento verso imposte
patrimoniali è strutturale e rilevante. Si tratta di
imposte
patrimoniali reali (fatta
esclusione per il punto d) della lista precedente) e non
personali. Molti
avevano sposato l´idea di
un´imposta patrimoniale personale. Un´imposta simile
(sulle "grandi
ricchezze") esiste in Francia, ma
fornisce un gettito di poco più di un miliardo di euro.
L´imposta
patrimoniale personale è facilmente
eludibile (e se lo è in Francia, figuriamoci in Italia)
diversificando l´intestazione dei
patrimoni, ad esempio fra i familiari oppure tramite
società di
comodo. Le imposte patrimoniali
reali, peraltro, sono progressive "in sé", poiché i
patrimoni hanno
una distribuzione più concentrata
dei redditi. In Italia non c´è miglior indice della
capacità
contributiva della qualità e del
pregio, e quindi del valore, della casa di abitazione.
Deve restare
tuttavia fermo il duplice obiettivo
di: a) dotare l´amministrazione fiscale italiana di
un´affidabile
anagrafe dei patrimoni personali;
b) mettere in campo finalmente una riforma degli estimi
catastali,
al cui interno oggi esistono troppe
distorsioni e difformità che riducono il potenziale di
progressività dell´Imu.
Lotta all´evasione: il bicchiere è
pieno per ben più della metà
L´obbligo di comunicazione
all´anagrafe tributaria da parte degli intermediari
finanziari di tutte le
movimentazioni sui conti correnti e
sui conti titoli è una forte discontinuità. Quando in
passato
Visco aveva proposto di rendere
noti i soli saldi di fine anno e le giacenze medie era
stato tacciato
di essere un pericoloso vampiro
comunista. E´ rilevante anche la trasformazione in reato
penale
della trasmissione di atti o
documento falsi, ovvero di dati e notizie non
rispondenti al vero (in
questo secondo caso, previa
verifica dell´assenza di dolo). Così come l´obbligo di
pagamenti
elettronici sopra i mille euro e
l´introduzione di conti corrente "di base" gratuiti.
Viene poi
introdotto un nuovo regime
semplificato e agevolato per le ditte individuali, i
professionisti e le
microimprese, che prevede da un
lato collegamento telematico e tracciabilità, dall´altro
lato
semplificazioni e agevolazioni.
Fra le misure di contrasto
all´evasione su cui la discussione pubblica si è
soffermata negli ultimi
anni alcune mancano all´appello,
come la trasmissione telematica dell´elenco clienti
fornitori (ma
la trasmissione telematica è già
obbligatoria sopra 3.000 euro per le persone fisiche e
sopra 3.600
euro per quelle giuridiche) e i
conti correnti dedicati delle ditte individuali e dei
professionisti.
Tuttavia, con la tracciabilità a
mille euro e la piena informazione sui movimenti bancari
e
finanziari, si tratta di assenze su
cui il giudizio politico va attentamente ponderato.
Piuttosto, è
necessario approfondire le piste di
lavoro suggerite dal gruppo di lavoro sull´evasione
fiscale
presieduto da Giovannini, in
direzione da un lato delle normative utili al contrasto
dell´evasione e
delle frodi Iva e dall´altro lato
di ulteriori aree in cui sperimentare il meccanismo del
contrasto di
interessi in aggiunta a quelle già
vigenti. Ed è necessaria una grande attenzione alle
modalità di
organizzazione e di funzionamento
dell´amministrazione finanziaria, che sarà messa nelle
condizioni di gestire una
grandissima massa di dati e di informazioni e dovrà
imparare a utilizzarle
con efficienza e accortezza.
A completamento della manovra
fiscale, negli aggiustamenti apportati in Parlamento, è
stata
introdotta una significativa
riforma delle attività di riscossione coattiva, con il
superamento del
sistema di remunerazione di
Equitalia tramite l´aggio e il passaggio a un sistema
basato sul
ribaltamento dei costi, esattamente
come avviene per la fornitura di qualsiasi servizio
pubblico
soggetto a tariffa piena. Vengono
anche migliorate, a vantaggio dei contribuenti, le
condizioni di
dilazione dei pagamenti. Insomma:
prove generali di quel fisco "più amico" che Monti ha
messo
fra le priorità dell´azione di
governo.
Perché dobbiamo salvare le banche?
Si fa molta demagogia sulle misure
(europee e italiane) per il contenimento della
potenziale crisi
bancaria. La manovra Monti contiene
la garanzia statale sulle obbligazioni bancarie, nonché
la
nuova Ace, che indirettamente
beneficerà gli aumenti di capitale a cui le banche
italiane saranno
chiamate a breve anche sulla base
di (in parte discutibili) regolamentazioni europee. Su
questo
punto è necessario che una forza
riformista e responsabile come il PD non dia spazio ad
alcuna
slabbratura populistica.
Non solo una crisi bancaria può
avere effetti sociali devastanti (si pensi ai cittadini
che hanno i loro
soldi nei conti correnti oppure nei
titoli emessi dalle banche), ma questi effetti sarebbero
ancora più
gravi in un paese come l´Italia,
dove il principale canale di finanziamento delle imprese
è quello
bancario. Si tratta di una
peculiarità italiana, dovuta alla piccola dimensione
media d´impresa, oltre
che alla scarsa innovazione
finanziaria che contraddistingue il nostro paese. E
tuttavia si tratta di un
dato da cui non si può prescindere.
In Italia le banche sono il principale finanziatore
dell´attività
d´impresa, e tramite questo canale
hanno attratto a sostegno del sistema produttivo
nazionale
ingenti capitali,
approvvigionandosi sui mercati interbancari europeo e
internazionale.
Quando ci si lamenta della scarsa
capacità di attrazione di capitali esteri in Italia si
pensa ai canali
di investimento diretto. Tramite il
canale bancario, però, e quindi tramite un canale
indiretto, sono
stati centinaia e centinaia i
miliardi di euro di capitali arrivati in Italia: il
prosciugamento di quel
canale metterebbe in poco tempo in
ginocchio l´intero paese. E lo stesso avverrebbe se il
nuovo
"rischio paese" percepito sul
debito sovrano si dovesse trasmettere per un periodo
abbastanza lungo
(ma basta qualche mese!) sui tassi
d´interesse di mercato pagati dalle imprese. Piuttosto,
è
necessario che il governo, tramite
gli strumenti già esistenti, messi in campo con i
provvedimento
anti-crisi del 2008, ed
eventualmente innovandoli e migliorandoli, e la Banca
d´Italia, tramite i
poteri di vigilanza, esercitino un
costante monitoraggio affinché le misure di sostegno al
sistema
bancario si trasmettano a vantaggio
(ovvero a minor svantaggio) delle imprese. |