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VADEMECUM MANOVRA MONTI (solo parte fiscale)di Marco Causi

 

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Era necessaria una nuova manovra?

Era indispensabile per due motivi:

e manovre di luglio e di agosto avevano lasciato numerosi punti aperti. Soprattutto, le modalità

effettive con cui coprire il previsto contributo di 4, 16, 20 miliardi rispettivamente nel 2012, 2013,

2014 a carico della delega fiscale e assistenziale, oltre a previsioni di gettiti connessi alle misure

anti evasione abbastanza aleatorie. La debole coerenza interna delle manovre estive, oltre alla

carenza di misure strutturali, sono alla base del crollo di fiducia nei confronti dell´Italia da parte

delle autorità europee, insieme alla scarsa reputazione della precedente compagine governativa e

del suo Presidente del Consiglio;

per effetto della minore crescita economica e del drammatico aumento dei tassi d´interesse, è stato

necessario apportare un ulteriore aggiustamento pari a 1,3 punti di Pil.

Questa manovra è strutturale?

Indubbiamente sì, e infatti è percepita come molto dura e dolorosa. Dal lato fiscale vengono:

introdotti nuovi tributi, come l´Imposta municipale propria; ampliate le basi imponibili; aumentate

le aliquote di imposte esistenti, come Iva e accise. Dal lato delle spese il passaggio al sistema

contributivo pro rata per tutti completa in modo definitivo la riforma pensionistica avviata nel

1995.

Basterà questa manovra, saranno utili i sacrifici?

La tempesta della crisi coinvolge l´intera area dell´Euro, e l´Italia in particolare per la fragilità

connessa al suo elevato debito pubblico, accoppiata al fatto che cresciamo molto poco da ormai

undici anni. Abbiamo anche un elevato deficit di bilancia corrente dei pagamenti (circa 50 miliardi

all´anno di importazioni di beni e servizi superiori alle esportazioni). Per l´Italia è inevitabile

(anche se l´Euro non esistesse) un aggiustamento che passi attraverso una fase di austerità e di

riforme per la crescita. La crisi ha però messo in evidenza la fragilità dell´intera costruzione

europea. Per avere una politica economica comune (ad esempio, sul fronte della stabilizzazione

finanziaria) è necessario innanzitutto avere un vero coordinamento delle politiche fiscali e di

bilancio all´interno dell´eurozona. Ci si sta arrivando con molta fatica e troppa lentezza, a causa di

un governo inefficace della crisi da parte dell´asse franco-tedesco.

Le decisioni dell´ultimo vertice europeo tuttavia vanno nella giusta direzione, grazie anche alla

nuova posizione assunta dall´Italia, che non è più nelle condizioni di subire, marginalizzata, le

decisioni altrui, ma può esercitare con l´autorevolezza della nuova compagine governativa e del

suo Presidente del Consiglio un ruolo di proposta e di mediazione. Va detto però che per l´Italia il

rigore fiscale è condizione necessaria ma non sufficiente all´uscita dalla crisi. Occorre che l´Europa

attivi altre due direttrici di politica economica: le misure per la stabilità finanziaria, in particolare

per arginare la doppia crisi dei debiti sovrani e delle banche, e le misure per la crescita. Sul primo

versante l´ultimo vertice europeo ha fatto qualche passo avanti, ma ancora non conclusivo. Sul

secondo versante invece l´Europa è ancora ferma per colpa della prevalenza di approcci politici

conservatori e di centro-destra. In ogni caso, non vanno sottovalutate le importanti misure assunte

dalla BCE per garantire liquidità al sistema bancario.

E´ Monti che aumenta le tasse o le tasse sarebbero comunque aumentate?

Berlusconi e il centro-destra piangono lacrime di coccodrillo per l´aumento delle tasse. Ma la verità

è che, senza questa manovra, sarebbe scattata in automatico la "clausola di salvaguardia" scritta

nella manovra di luglio: un taglio di 4, 16 e 20 miliardi nel 2012, 2013 e 2014 tramite il taglio

lineare dei regimi esistenti di agevolazione fiscale. La maggior parte di questi regimi va a

vantaggio delle famiglie con redditi bassi e medio bassi, soprattutto tramite il meccanismo delle

detrazioni Irpef (per lavoro, carichi familiari, sanità, istruzione, ecc.). Monti, allora, aumenta le

tasse in modo certamente più equo di come le tasse sarebbero aumentate in base a quanto previsto

dalle manovre estive. Per non parlare dell´impatto sociale che avrebbe avuto reperire, come pure

era previsto, una parte di quelle risorse a carico della spesa assistenziale. La manovra Monti,

invece, introduce una riforma dell´Isee che permetterà di selezionare con più efficacia ed equità

l´accesso alle prestazioni sociali universalistiche, e finalizza i futuri risparmi al comparto della

spesa sociale e assistenziale.

Perché solo più tasse, occorre anche ridurre la spesa!

La manovra aggredisce anche la spesa, in particolare quella per pensioni. Introduce alcune nuove

regole importanti come messaggio politico (tetti alle retribuzioni dei dirigenti pubblici, regole per

quelle dei manager delle aziende pubbliche, abolizione delle province), a cui si affiancano le

riduzioni di spesa che dovranno essere fatte dagli organi costituzionali (Camere, Quirinale, ecc.).

Non c´è dubbio però che:

va continuato con perseveranza e impegno il lavoro di contenimento della spesa pubblica corrente

primaria (al netto degli interessi), attraverso i costi e i fabbisogni standard e le spending review;

va preso l´impegno che i proventi della lotta all´evasione (che questa manovra rafforza con alcune

misure molto efficaci, come ad esempio la fine del segreto bancario ai fini fiscali) vadano nel corso

del tempo impiegati per ridurre la pressione fiscale e non per inseguire la spesa.

Qualche tassa viene anche ridotta, per sostenere la crescita

Accanto alla parte "cattiva" della manovra fiscale, ce n´è anche una "buona":

detassazione del capitale investito nel patrimonio d´impresa, una misura chiamata oggi Ace ("aiuto

alla crescita economica", ma la vera origine è nella formula inglese "allowance for corporate

equity"), ma che in realtà somiglia molto alla Dit e alla super Dit introdotte dai governi dell´Ulivo

nella legislatura 1996-2001 e poi abrogati da Tremonti;

deducibilità dall´Ires della componente Irap legata al costo del lavoro, con un vantaggio aggiuntivo

per gli occupati giovani e donne;

stabilizzazione permanente delle misure di incentivo fiscale per gli interventi di efficientamento

energetico e di ristrutturazione (deducibilità al 36 per cento), e mantenimento per un anno del 55

per cento per l´efficientamento energetico.

L´impianto della manovra è coerente con l´obiettivo a medio termine di spostare la tassazione dai

fattori produttivi (lavoro, impresa) alle "cose", cioè a consumi e patrimoni. Per quanto riguarda i

consumi, va ricordato che l´aliquota effettiva media delle imposte sui consumi in Italia è inferiore

del 4,4 per cento alla media dell´eurozona, anche per effetto dell´evasione.

Va notato che gli alleggerimenti fiscali sono solo dal lato delle imprese, e non delle persone fisiche.

La scelta del governo è comprensibile, in una fase di acuta crisi produttiva: si cerca, soprattutto con

la deducibilità della componente costo del lavoro, una misura che sostenga la competitività delle

imprese e che riduca il cuneo fra retribuzioni e costo del lavoro (lo stesso aveva fatto nel 2007 il

governo Prodi). E´ necessario allora ricordare che, se l´operazione di salvataggio dell´Italia avrà

esito positivo, non appena possibile occorre mettere in piedi misure di riforma strutturale della

tassazione sui redditi personali, con interventi prioritari sulla prima aliquota Irpef e sul sistema

delle detrazioni per carichi familiari.

Imposte patrimoniali: più 16 miliardi

L´Italia è in penultima posizione fra i paesi Ocse per il peso delle imposte sul patrimonio, circa un

punto di Pil in meno. La manovra introduce una rilevantissima (storica) correzione strutturale a

questo dato, con un contributo delle nuove imposte patrimoniali pari a più di un punto di Pil. La

correzione del sistema fiscale verso i patrimoni viaggia su cinque gambe, e la più importante è la

nuova imposta municipale propria (Imu).

La nuova imposta municipale

L´Imu era già prevista dai decreti di attuazione del federalismo fiscale, ma viene anticipata al 2012

e ne viene estesa la base imponibile con l´ampliamento alla prima casa e l´aumento della

valutazione delle rendite catastali. Per quanto riguarda l´estensione alla prima casa, l´ultimo

decreto varato da Calderoli prevede un´imposta molto simile a carico anche delle prime case (una

nuova Tarsu-Tia ancorata ai valori catastali come "imposta comunale sui servizi"). Lega e Pdl

farebbero bene, quindi, a non stracciarsi le vesti. Anche loro si erano, in limine mortis, resi conto

che non si può fare il federalismo fiscale senza dare una vera autonomia tributaria ai comuni, un

elemento che il PD ha sempre sottolineato e che lo ha portato a contrastare e votare contro i decreti

di attuazione del federalismo relativi ai comuni del precedente governo.

Monti ha affrontato la questione con una significativa discontinuità e ha rafforzato l´autonomia

tributaria dei comuni. Oltre all´Imu nasce il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, anch´esso

legato ai valori catastali. Su questi tributi i comuni potranno esercitare un ampio margine di

flessibilità tramite la variazione delle aliquote: l´Imu sulla prima casa ha un´aliquota base del 4 per

mille (la vecchia Ici prima casa aveva un´aliquota media superiore al 5 per mille) e i comuni

potranno variare del +/- 2 per mille; l´Imu ordinaria ha un´aliquota del 7,6 per mille, variabile

nell´intervallo +/- 3 per mille; il tributo sui servizi concede ai comuni un contributo aggiuntivo alla

vecchia Tarsu-Tia pari a 0,30 euro per metro quadrato e la facoltà di una maggiorazione fino a 0,40

euro.

Per ridurre l´impatto sociale della nuova Imu sulla prima casa è prevista una robusta detrazione di

200 euro, che aumenta per due anni di 50 euro per ogni figlio fino al massimo di 400 euro. Ai

comuni viene attribuito il gettito dell´Imu sulle prime case e la metà dell´Imu ordinaria; l´altra metà

va allo stato sotto forma di sovraimposta erariale. Andrà meglio messo a fuoco nei prossimi mesi il

coordinamento di questa importante riforma con il funzionamento del fondo di riequilibrio e del

fondo perequativo destinati ai comuni in attuazione del federalismo fiscale.

Alcuni punti critici restano aperti: la mancata differenziazione dell´Imu ordinaria a seconda che

l´abitazione sia o meno locata (la riforma favorisce di fatto le abitazioni non locate al confronto con

quelle locate, e questo non va bene); il sistema delle detrazioni, dove la detrazione fissata in modo

rigido a livello nazionale contraddice la scelta di una più accentuata autonomia tributaria dei

comuni (meglio sarebbe stato devolvere ai comuni la gestione delle detrazioni); l´assenza di

proposte sulla questione dei soggetti esenti (no profit), alla luce dell´imminente pronunciamento

comunitario (meglio sarebbe utilizzare l´introduzione sperimentale della nuova Imu per ampliare

l´obbligo di dichiarazione a tutti i soggetti, compresi quelli esenti, per disporre almeno di una

completa base informativa).

L´introduzione dell´Imu in condizioni di emergenza non ha consentito al governo di affrontare la

questione del disegno tributario complessivo del federalismo. Ricordiamo che la proposta del PD

prevede, nel momento in cui ai comuni sia assegnato un vero tributo proprio collegato alle basi

imponibili immobiliari, l´abolizione dell´addizionale comunale Irpef. A regime, insomma, noi

pensiamo che l´addizionale Irpef vada destinata alla flessibilità fiscale delle sole regioni, mentre

l´Imu e il nuovo tributo rifiuti e servizi siano più che sufficienti per la flessibilità fiscale dei

comuni. Anche a questo bisognerà pensare una volta terminata la fase più acuta della crisi.

Le altre quattro patrimoniali

Accanto all´Imu vengono introdotte, o riformate:

´imposta di bollo sulla detenzione di attività finanziarie, che si applica sui conti correnti con più di 5

mila euro di giacenza e sulle altre forme di detenzione di titoli;

´imposta sui beni di lusso (auto di lusso, imbarcazioni, aerei);

´imposta di bollo speciale annuale sui capitali scudati, che viene resa permanente e diventa così una

sorta di "imposta sull´anonimato". Si tratta di una proposta che il PD aveva avanzato fin da agosto

e che il governo Monti mette in campo, con una soluzione innovativa che la rende permanente e

non una tantum

´imposta personale sul valore degli immobili e delle attività finanziarie detenute all´estero.

Ma allora: c´è o no la patrimoniale?

Lo spostamento verso imposte patrimoniali è strutturale e rilevante. Si tratta di imposte

patrimoniali reali (fatta esclusione per il punto d) della lista precedente) e non personali. Molti

avevano sposato l´idea di un´imposta patrimoniale personale. Un´imposta simile (sulle "grandi

ricchezze") esiste in Francia, ma fornisce un gettito di poco più di un miliardo di euro. L´imposta

patrimoniale personale è facilmente eludibile (e se lo è in Francia, figuriamoci in Italia)

diversificando l´intestazione dei patrimoni, ad esempio fra i familiari oppure tramite società di

comodo. Le imposte patrimoniali reali, peraltro, sono progressive "in sé", poiché i patrimoni hanno

una distribuzione più concentrata dei redditi. In Italia non c´è miglior indice della capacità

contributiva della qualità e del pregio, e quindi del valore, della casa di abitazione. Deve restare

tuttavia fermo il duplice obiettivo di: a) dotare l´amministrazione fiscale italiana di un´affidabile

anagrafe dei patrimoni personali; b) mettere in campo finalmente una riforma degli estimi catastali,

al cui interno oggi esistono troppe distorsioni e difformità che riducono il potenziale di

progressività dell´Imu.

Lotta all´evasione: il bicchiere è pieno per ben più della metà

L´obbligo di comunicazione all´anagrafe tributaria da parte degli intermediari finanziari di tutte le

movimentazioni sui conti correnti e sui conti titoli è una forte discontinuità. Quando in passato

Visco aveva proposto di rendere noti i soli saldi di fine anno e le giacenze medie era stato tacciato

di essere un pericoloso vampiro comunista. E´ rilevante anche la trasformazione in reato penale

della trasmissione di atti o documento falsi, ovvero di dati e notizie non rispondenti al vero (in

questo secondo caso, previa verifica dell´assenza di dolo). Così come l´obbligo di pagamenti

elettronici sopra i mille euro e l´introduzione di conti corrente "di base" gratuiti. Viene poi

introdotto un nuovo regime semplificato e agevolato per le ditte individuali, i professionisti e le

microimprese, che prevede da un lato collegamento telematico e tracciabilità, dall´altro lato

semplificazioni e agevolazioni.

Fra le misure di contrasto all´evasione su cui la discussione pubblica si è soffermata negli ultimi

anni alcune mancano all´appello, come la trasmissione telematica dell´elenco clienti fornitori (ma

la trasmissione telematica è già obbligatoria sopra 3.000 euro per le persone fisiche e sopra 3.600

euro per quelle giuridiche) e i conti correnti dedicati delle ditte individuali e dei professionisti.

Tuttavia, con la tracciabilità a mille euro e la piena informazione sui movimenti bancari e

finanziari, si tratta di assenze su cui il giudizio politico va attentamente ponderato. Piuttosto, è

necessario approfondire le piste di lavoro suggerite dal gruppo di lavoro sull´evasione fiscale

presieduto da Giovannini, in direzione da un lato delle normative utili al contrasto dell´evasione e

delle frodi Iva e dall´altro lato di ulteriori aree in cui sperimentare il meccanismo del contrasto di

interessi in aggiunta a quelle già vigenti. Ed è necessaria una grande attenzione alle modalità di

organizzazione e di funzionamento dell´amministrazione finanziaria, che sarà messa nelle

condizioni di gestire una grandissima massa di dati e di informazioni e dovrà imparare a utilizzarle

con efficienza e accortezza.

A completamento della manovra fiscale, negli aggiustamenti apportati in Parlamento, è stata

introdotta una significativa riforma delle attività di riscossione coattiva, con il superamento del

sistema di remunerazione di Equitalia tramite l´aggio e il passaggio a un sistema basato sul

ribaltamento dei costi, esattamente come avviene per la fornitura di qualsiasi servizio pubblico

soggetto a tariffa piena. Vengono anche migliorate, a vantaggio dei contribuenti, le condizioni di

dilazione dei pagamenti. Insomma: prove generali di quel fisco "più amico" che Monti ha messo

fra le priorità dell´azione di governo.

Perché dobbiamo salvare le banche?

Si fa molta demagogia sulle misure (europee e italiane) per il contenimento della potenziale crisi

bancaria. La manovra Monti contiene la garanzia statale sulle obbligazioni bancarie, nonché la

nuova Ace, che indirettamente beneficerà gli aumenti di capitale a cui le banche italiane saranno

chiamate a breve anche sulla base di (in parte discutibili) regolamentazioni europee. Su questo

punto è necessario che una forza riformista e responsabile come il PD non dia spazio ad alcuna

slabbratura populistica.

Non solo una crisi bancaria può avere effetti sociali devastanti (si pensi ai cittadini che hanno i loro

soldi nei conti correnti oppure nei titoli emessi dalle banche), ma questi effetti sarebbero ancora più

gravi in un paese come l´Italia, dove il principale canale di finanziamento delle imprese è quello

bancario. Si tratta di una peculiarità italiana, dovuta alla piccola dimensione media d´impresa, oltre

che alla scarsa innovazione finanziaria che contraddistingue il nostro paese. E tuttavia si tratta di un

dato da cui non si può prescindere. In Italia le banche sono il principale finanziatore dell´attività

d´impresa, e tramite questo canale hanno attratto a sostegno del sistema produttivo nazionale

ingenti capitali, approvvigionandosi sui mercati interbancari europeo e internazionale.

Quando ci si lamenta della scarsa capacità di attrazione di capitali esteri in Italia si pensa ai canali

di investimento diretto. Tramite il canale bancario, però, e quindi tramite un canale indiretto, sono

stati centinaia e centinaia i miliardi di euro di capitali arrivati in Italia: il prosciugamento di quel

canale metterebbe in poco tempo in ginocchio l´intero paese. E lo stesso avverrebbe se il nuovo

"rischio paese" percepito sul debito sovrano si dovesse trasmettere per un periodo abbastanza lungo

(ma basta qualche mese!) sui tassi d´interesse di mercato pagati dalle imprese. Piuttosto, è

necessario che il governo, tramite gli strumenti già esistenti, messi in campo con i provvedimento

anti-crisi del 2008, ed eventualmente innovandoli e migliorandoli, e la Banca d´Italia, tramite i

poteri di vigilanza, esercitino un costante monitoraggio affinché le misure di sostegno al sistema

bancario si trasmettano a vantaggio (ovvero a minor svantaggio) delle imprese.

 

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