Respinto il ricorso del
contribuente relativo ai componenti negativi derivanti
da operazioni soggettivamente inesistenti, oggetto di
specifica “notitia criminis”
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La Ctp di Ravenna, con la sentenza
133/2011, respingendo il ricorso presentato da una
società di capitali, ha confermato ancora una volta
l’indeducibilità dei costi “da reato”.
Giova evidenziare che, nella parte
motivazionale della pronuncia, i giudici hanno fornito
alcune importanti precisazioni giuridiche relative
all’ambito di operatività della norma che sancisce
l’indeducibilità dei componenti negativi riconducibili a
fatti, atti o attività “qualificabili” come reato; tale
disposizione normativa, più precisamente, è contenuta
nel comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 537/1993,
introdotto con la Finanziaria per il 2003: “Nella
determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma
1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi o le
spese riconducibili a fatti, atti o attività
qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di
diritti costituzionalmente riconosciuti”.
Puntuali indicazioni in merito alle
concrete modalità applicative, nonché al campo di
applicazione della norma appena citata, sono state
fornite dall’Agenzia delle Entrate con circolare
42/2005, alla quale si rinvia per una più approfondita
analisi di tali aspetti.
La contestata indeducibilità dei
costi “da reato”
Così come si legge nelle
motivazioni dell’arresto in esame, emerge che, ai fini
dell’imposizione diretta, “sono in contesa fatture
relative ad operazioni soggettivamente inesistenti e che
si contende, quindi, su fattispecie rientranti nella
previsione di cui all’art. 2, D.Lgs. 74/2000,
concernente la ‘Dichiarazione fraudolenta mediante uso
di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti’…”.
Il collegio di merito, inoltre,
puntualizza che “E’ di tutta evidenza che si tratta di
fattispecie penalmente rilevanti, rientranti nella
disciplina di cui all’art. 14, comma 4 bis,
L.537/1993…”.
La decisione sulla indeducibilità
dei costi “da reato”
I giudici tributari, nella parte
motivazionale della loro pronuncia, così come già
accennato, hanno espresso alcuni principi giuridici di
portata generale, che possono assumere fondamentale
importanza in tutte le ipotesi in cui deve trovare
concreta applicazione la citata disposizione normativa
che prevede l’indeducibilità dei costi “da reato”.
Più in dettaglio, tali principi
generali possono essere così riassunti:
viene dato conto, in maniera
puntuale e corretta, che, relativamente alla questione
fiscale in contestazione (indeducibilità dei costi “da
reato”), si è avuto di recente un intervento della
Suprema corte; in particolare, i giudici provinciali
hanno evidenziato che “La pronuncia della Corte
Costituzionale interviene con l’Ordinanza, in atti, n.
73 del 3/3/2011, che dichiara manifestamente
inammissibili, per inadeguata motivazione sulla
rilevanza, le eccezioni formulate dalla rimettente
C.T.P. di Terni con propria ordinanza del 11/11/2009”
viene sancito che, in ipotesi
di componenti negativi considerati indeducibili ex comma
4-bis dell’articolo 14 della legge 537/1993 in quanto
riconducibili a fatti, atti o attività “qualificabili”
come reato, non può determinarsi una sospensione del
processo tributario fino alla definizione del giudizio
penale. In particolare, a tale proposito, la Commissione
di merito ha sottolineato che “nella udienza del
14/6/2011 il ricorrente, ritenendo la decisione…della
Corte Costituzionale né utilizzabile, né tantomeno
risolutiva ai fini del presente contenzioso, chiede la
sospensione del procedimento fino alla definizione del
giudizio penale. L’ufficio si oppone a tale istanza. La
Commissione, reputando quest’ultima infondata, la
respinge e decide nel merito”
viene riconosciuta l’autonomia
del comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 537/1993
(indeducibilità dei costi “da reato”) rispetto al comma
4 (tassabilità dei proventi illeciti) dello stesso
articolo. A tale proposito, è significativo un passaggio
della decisione citata dove i giudici affermano che “non
pare sussistere alcuna relazione di dipendenza diretta
fra i commi 4 (proventi illeciti) e 4 bis (costi da
reato) dell’articolo 14 L. 537/1993. Al di là della
collocazione della norma, non vi sono elementi che
conducono a collegare il comma 4 bis al comma 4. In tal
senso, non può deporre un’interpretazione letterale; e
ciò perché il campo di operatività delle due norme
appare autonomo, risultando indeducibili i costi che
fanno riferimento a fattispecie qualificabili come
reato”
viene evidenziato che non vi è
violazione dell’articolo 53 della Costituzione da parte
della norma che sancisce l’indeducibilità dei costi “da
reato”. Più precisamente, la Ctp di Ravenna ha ritenuto
che “né può essere configurata una violazione dell'art.
53 Cost. della norma che sancisce tale indeducibilità,
posto che l’ordinamento giuridico in tema di imposizione
non classifica tra le voci del conto economico costi e
spese derivanti da attività illecite”
viene, inoltre, affermato che
la notitia criminis fa scattare la ripresa a tassazione
dei costi “da reato” con la conseguenza “della
indeducibilità dei componenti negativi riconducibili a
fatti, atti o attività illecite, in relazione a reati
per i quali pende procedimento penale”.
Conclusioni dei giudici tributari
Applicando i principi generali
appena schematizzati al caso specifico in decisione,
l’organo giudicante ha ritenuto che “Se ne deve, quindi,
concludere che i dedotti costi, derivanti da operazioni
soggettivamente inesistenti oggetto di specifica
‘notitia criminis’ alla Procura della repubblica presso
il Tribunale di Ravenna di cui in atti, non sono
deducibili ex art. 14, comma 4 bis, L. 537/1993. Il
gravame, pertanto, è infondato e va respinto…”.
Precedente giurisprudenza di merito
conforme
E’ importante notare che la Ctp di
Ravenna, decidendo con la pronuncia in commento nel
senso della indeducibilità dei costi “da reato”,
consolida un proprio precedente orientamento
giurisprudenziale in quanto anche in passato i giudici
tributari romagnoli avevano espresso la medesima
determinazione conclusiva, compiendo, fra l’altro, le
stesse importanti precisazioni giuridiche in merito alle
modalità concrete di applicazione della norma (comma
4-bis dell’articolo 14 della legge 537/1993).
Precedenti giurisprudenziali di
merito conformi si individuano anche in altre tre
pronunce della Ctp di Ravenna (112/2008, 113/2008,
57/2008).
Maurizio Dalla Vecchia |