(Sergio Sabetta)
In economia la ricchezza non è
altro che un insieme di beni materiali e immateriali a
cui è attribuibile un valore economico, ma può essere
anche definita come un accumulo di energia che comunque
dovrà trovare una propria strada, sia nel singolo che
nel sociale, in termini elementari nell’accumularsi deve
manifestarsi.
L’utilità individuale marginale con
l’accumulo va in decrescendo, ossia la felicità che si
può ottenere nel consumo è maggiore all’inizio della
scala sociale piuttosto che nei piani alti (Perrone),
tuttavia l’accumulo di energia che la ricchezza permette
nel trovare una propria via può deviare caoticamente
l’agire del singolo e del contesto sociale se non
incanalata in termini di necessità di scelte culturali
operative e di leve organizzative.
La ricchezza è anche in parte il
risultato della fiducia del valore sui beni che le parti
si scambiano, essa è pertanto un misto di sentimenti tra
ammirazione, invidia e desiderio che vengono a incidere
sui sentimenti e i comportamenti del singolo e per tale
via sulla collettività, si che la fiducia nel creare
ricchezza e stimolare il desiderio dell’accumulo permea
la positività dell’azione politica bilanciandone il
senso di sospetto.
Secondo la visione di Drobetz la
maggiore fiducia del mercato è generata da una
governance più affidabile, circostanza questa che
produce una riduzione dei costi di finanziamento sui
mercati per l’azienda, ma la buona governance è anche un
fattore di creazione e distribuzione di ricchezza per
gli shareholder (Arnott – Asness), tanto nel privato che
per le organizzazioni pubbliche, in altre parole
management di elevata reputazione creano forti
collegamenti fra l’organizzazione e le risorse nei
mercati, quindi nella società civile nel suo insieme (Paetzold).
Nella ricerca dei parametri per
l’individuazione dei fattori che incidono sulla
governance, si è puntato sull’indipendenza nel governo
aziendale dei consigli di amministrazione o sui sistemi
di remunerazione orientati ai risultati (O’Sullivan –
Baker), ma ciascuno di questi risulta di per se stesso
parziale e non sistemico con una forte ambiguità
valutativa, si tratta in realtà di superare il concetto
di separazione tra proprietà formale in quanto
frazionata ed effettivo controllo (Berle – Means).
Quattro sono gli ordini di
grandezza su cui valutare il governo societario (Grandi
– Meloni): Complience, Commitment, Capacity,
Communication.
Compliance è l’impegno e la
capacità di rispettare i requisiti dei codici di
autodisciplina dei mercati nazionali.
Commitment è l’impatto che la
società ha nel contesto operativo di riferimento secondo
una valutazione esterna degli stakeholder.
Capacity è la capacità di
limitare e coordinare i possibili conflitti di
interesse, definendo a mantenendo i ruoli con le
rispettive responsabilità all’interno
dell’organizzazione, garantendo al contempo i diritti di
rappresentanza della proprietà
Communication è la qualità –
frequenza e trasparenza- dell’informazione verso
l’esterno ( mercato e stakeholder) e all’interno,
superando in tal modo possibili diffidenze esterne verso
le capacità di governance.
La presenza pervasiva di elementi
direzionali, in particolare dei rapporti di governo, nei
vari comitati di controllo costituisce una minaccia
all’indipendenza degli stessi e alla credibilità della
governance, come il sistema di retribuzione e premi che
sfugge alla proprietà, ulteriore sintomo di
autoreferenzialità organizzativa (Barclay – Gode –
Kothari); la fiducia derivante in particolare dai valori
di Capacity e Commitment permettono l’apertura di
credito dei mercati, mentre la semplice Compliance non
pare sufficiente all’immagine di buona governance
richiesta dal mercato dei capitali sul medio-lungo
termine (Grandi – Meloni).
Quanto finora detto se vale nel
privato, davanti ad una progressiva economizzazione del
sociale varrà sempre più anche nel pubblico dove (Vecchi
– Brusoni):
1. Gap di strategia- progetti
singoli e sparsi di breve termine mal coordinati dalla
programmazione regionale o nazionale;
2. Gap di governance- incapacità di
coordinamento;
3. Gap di selezione- incapacità di
concentrare risorse e interventi su poche iniziative
strategiche;
4. Gap di collaborazione e
integrazione- iniziative parcellizzate senza capacità di
promuovere sistema;
5. Gap di conoscenza e
comunicazione- scarsa capacità progettuale rispetto al
territorio con forte asimmetria informativa verso il
tessuto economico;
portano più ad un riferirsi alla
visibilità politica, piuttosto che alla visione
strategica del territorio.
L’opportunità di un approccio
multidimensionale, il quale nel ricomprendere l’aspetto
economico-finanziario si estenda anche alle dimensioni
quali la qualità dei processi e l’innovazione, porta
alla necessità di una programmazione e misurazione dei
risultati coordinati fra le varie amministrazioni
centrali e territoriali, in quanto deve considerarsi
l’incidenza di ciascun soggetto sugli altri in una
visione d’insieme, circostanza che rende flessibili gli
strumenti al fine della loro integrazione, spostando al
contempo parte della misurazione dalle risorse agli
impatti su limitate e rilevanti aree di risultato (Galli
– Preite).
Altro problema emerso chiaramente
dalla ricerca sul campo è la dimensione della
trasparenza sia in termini istituzionali che politici,
oltre che finanziaria nell’insieme, e in particolare
sulla performance nell’erogazione dei servizi, lo scarso
grado di trasparenza mina una reale partecipazione
democratica e il grado di legittimazione
dell’amministrazione nei confronti degli stakeholder
(Cucciniello – Nasi – Saporito), ma facilita anche
possibili abusi e distorsioni amministrative favorendo
diseguaglianze come nel caso delle eccessive
differenziazioni di reddito esistenti tanto nelle
organizzazioni pubbliche che private e non
giustificabili in termini di apporto e rapporto con il
contesto economico ed i risultati ottenuti, causa
peraltro di ulteriori stress individuali e organizzativi
(Pfeffer).
Le crisi economiche sono segnali di
mal funzionamento e cattiva distribuzione delle risorse,
il loro risultato creativo o prevalentemente distruttivo
è la conseguenza di una incapacità gestionale e quindi
nel sociale politica (Plateroti), se noi nella tensione
moderna del rendere societario e mercantile anche il
sociale valutiamo il pubblico come una società per
azioni vediamo che emerge chiaramente la difficoltà nei
rapporti cittadini-azionisti, deleghe di governo –
consiglio di amministrazione – parlamento, dirigenti –
management; il corto circuito, come in tutte le grandi
società a capitale diffuso, è nella governance in cui i
top-manager tendono a svincolarsi, mentre quote
minoritarie di capitale mediante accordi societari
controllano il C.d.A.
anche grazie alla scarsa
trasparenza e all’assenza nonché dispersione dei soci
minori.
In queste condizioni forse è
opportuno costituzionalizzare negli statuti alcuni
meccanismi quali quelli della remunerazione dei C.d.A –
governo – parlamento, rendendone al contempo
obbligatoria l’approvazione mediante passaggio in
assemblea straordinaria dei soci o con referendum.
La mancanza di una definizione e
della coscienza di una propria missione rende quindi
impossibile una pianificazione strategica nel governo
che non si risolva in un puro trasferimento di risorse a
fondo perduto, viene a mancare la fiducia per attrarre
capitali da investire direttamente in progetti di lungo
respiro con una logica collaborativa, ma viene a mancare
anche la capacità di controllare realisticamente la
realizzazione nonché i risultati conseguiti di un
qualsiasi progetto (Nidasio).
Articolo di Sergio Sabetta)
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Bibliografia
V. Perrone, Danno e Benessere,
Editoriale E.& M. – SDA Bocconi, 3, Etas, 5/2009;
A. Grandi-G. Meloni, Misurare
la corporate governance: un approccio sistemico, in E. &
M., cit., 71-92, 3/2011;
M. Brusoni – V. Vecchi, I gap
che ostacolano la competitività, in F. Pezzoni, Il patto
di lucidità, Egea 2008;
D. Galli – D. Preite, Dall’annimistrazione
della performance alla performance dell’amministrazione:
una sfida oltre la sfera manageriale, M. Cucciniello –
G. Nasi – R. Saporito, Essere trasparenti conviene, in
Temi di management: Public management and Policy, E. &
M., cit., 45-50, 6/2010;
J. Pfeffer, Costruire
organizzazioni sostenibili: il fattore umano, in E. &
M., cit., 9-21, 1/2011;
C. Nidasio, La pianificazione
strategica nel governo locale: scelte di investimento e
reti pubblico privato, E. & M., cit., 79-93, 2/2006;
A. Plateroti, Dai mercati
l’urlo alla politica, in Il Sole 24 ORE, 1, 147, 225,
19/8/2011.
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