In una circolare tutti i
chiarimenti necessari per definire in maniera agevolata
le liti minori (fino a 20mila euro) in cui è parte
l’Agenzia delle Entrate
testo alternativo per immagine
La circolare n. 48/E del 24 ottobre
dà tutte le indicazioni per chiudere le liti fiscali
pendenti dinanzi agli organi della Giustizia tributaria
(Commissioni tributarie provinciali e regionali, sezioni
regionali della Commissione tributaria centrale e Corte
di cassazione), che vedono coinvolta l’Agenzia.
L’opportunità è stata prevista
dalla manovra di luglio per la stabilizzazione
finanziaria (articolo 39, comma 12, decreto legge
98/2011).
La norma consente di definire tutte
le liti fiscali in cui è parte l’Agenzia delle Entrate,
riguardanti atti impositivi (in particolare, avvisi di
accertamento e atti di irrogazione sanzioni), il cui
valore - al netto di sanzioni ed interessi - non superi
i 20.000 euro, pendenti in ogni stato e grado del
giudizio alla data del 1° maggio 2011 (vale a dire che,
entro quella data, deve essere stato proposto l’atto
introduttivo del giudizio in primo grado) e per le
quali, prima dell’entrata in vigore del Dl 98 (5 luglio
2011), non sia intervenuta pronuncia giurisdizionale
definitiva.
Nel documento di prassi, viene in
particolare chiarito il concetto di “lite pendente”,
precludendo l’accesso alla definizione per le
controversie relativamente alle quali si è formato
giudicato nel periodo dal 1° maggio al 5 luglio 2011.
E’ poi indicato come determinare il
valore delle “liti autonome” anche in caso di ricorso
cumulativo, di impugnazione parziale e di impugnazione
di avvisi di accertamento conseguenti a rettifica di
perdite.
Molto dettagliato lo spazio
dedicato all’“ambito di definibilità delle liti”, sia
per quanto riguarda le tipologie di atti impugnati sia
per quanto riguarda i diversi tributi oggetto della
giurisdizione tributaria.
La circolare illustra poi le
modalità procedurali della definizione, spiegando come
calcolare e quando versare gli importi necessari, o come
scomputare le somme già versate in pendenza di giudizio.
Due gli adempimenti da porre in essere per perfezionare
la procedura di definizione agevolata: pagare il dovuto
entro il 30 novembre 2011 attraverso il modello “F24
Versamenti con elementi identificativi” (codice tributo
8082) e presentare in via telematica la domanda di
definizione entro il 2 aprile 2012.
Per le liti potenzialmente
definibili opera la sospensione dei giudizi e dei
termini processuali fino al 30 giugno 2012. La
sospensione del giudizio sarà protratta fino al 30
settembre 2012 per le controversie in relazione alle
quali gli uffici avranno accertato la presentazione
della domanda di definizione. Entro quella data,
l’Amministrazione fiscale verificherà il perfezionamento
della domanda e, in caso di accoglimento, comunicherà al
competente organo giurisdizionale l’avvenuta estinzione
della lite.
In limitate ipotesi (condizioni di
obiettiva incertezza o di particolare complessità del
calcolo), al contribuente che, pur osservando una
“normale diligenza nella determinazione del valore della
lite e nel calcolo degli importi dovuti”, non ha versato
esattamente quanto dovuto, l’ufficio potrà riconoscere
la scusabilità dell’errore, invitandolo a versare la
differenza entro 30 giorni, senza decadere dalla
definizione.
r.fo.
Roma, Roma, 24 ottobre 2011
OGGETTO:
Chiusura delle liti fiscali minori – Articolo 39,
comma 12, del
decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 – Chiarimenti
INDICE
Premessa
................................................................................................................
3
1. Ambito di applicazione
.................................................................................
4
2. Liti pendenti
...................................................................................................
7
2.1 Pronunce divenute definitive alla data di entrata in
vigore del decretolegge
n. 98 del 2011
.................................................................................
8
2.2 Liti pendenti a seguito di rinvio
...............................................................
9
2.3 Pronunce di inammissibilità
....................................................................
9
3. Lite autonoma e valore della lite
................................................................
10
3.1 Atti impugnati solo in parte
...................................................................
13
3.2 Rettifica di perdite
..................................................................................
13
4. Ambito di definibilità delle liti
...................................................................
16
4.1 Contributo al servizio sanitario nazionale
............................................ 17
4.2 Ruoli emessi a seguito della rettifica delle
dichiarazioni in sede di
liquidazione e controllo formale
...........................................................
17
4.3 Atti di recupero di crediti d’imposta che realizzano
un’agevolazione
fiscale
......................................................................................................
19
4.4 Avvisi di liquidazione e ruoli
.................................................................
20
4.5 Sanzioni amministrative collegate al tributo
........................................ 22
4.6 Sanzioni amministrative comunque irrogate da Uffici
finanziari ....... 23
4.7 Diniego o revoca di agevolazioni
..........................................................
23
4.8 Tasse automobilistiche
...........................................................................
24
4.9 Contributi e premi previdenziali ed assistenziali
.................................. 24
4.10 Tributi locali
...........................................................................................
25
4.11 Canone di abbonamento alla televisione
.............................................. 25
Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso
Circolare N. 48/E
2
4.12 Silenzio-rifiuto o diniego di rimborso
................................................... 26
4.13 Precedenti definizioni agevolate
............................................................
26
4.14 Sanzioni per l'impiego di lavoratori irregolari
..................................... 27
4.15 Controversie instaurate da società di persone
...................................... 28
5. Modalità procedurali della definizione
..................................................... 30
6. Soccombenza
................................................................................................
31
6.1 Inammissibilità del ricorso
....................................................................
31
6.2 Soccombenza parziale
............................................................................
31
7. Giudicato interno, somme dovute e rimborso delle
eccedenze ............... 32
8. Pronuncia “resa”
.........................................................................................
34
8.1 Rilevanza delle pronunce rese fino alla data di
presentazione della
domanda
.................................................................................................
35
8.2 Definizione in pendenza di giudizio di rinvio o del
termine di
riassunzione
...........................................................................................
36
8.3 Conciliazione giudiziale
.........................................................................
37
9. Perfezionamento, efficacia e validità della
definizione ............................ 37
9.1 Pronuncia di condanna dell’Agenzia alle spese di
giudizio. ............... 39
10. Scomputo delle somme già versate
............................................................
40
10.1 Somme versate in misura
eccedente......................................................
41
11. Modalità di pagamento
...............................................................................
41
12. Sospensione dei giudizi.
..............................................................................
42
12.1 Sospensione dei termini.
........................................................................
43
13. Omesso versamento dell’importo dovuto
................................................. 44
14. Errore scusabile
...........................................................................................
45
15. Diniego della definizione
.............................................................................
46
16. Coobbligati
...................................................................................................
46
17. Estinzione del giudizio.
...............................................................................
48
3
Premessa
L’articolo 39 del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 981, convertito, con
modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, concernente “Disposizioni
in
materia di riordino della giustizia tributaria”, al comma 12, disciplina
la
definizione delle
liti fiscali “minori”. Prevede al riguardo che “Al
fine di ridurre
il numero delle pendenze giudiziarie e quindi
concentrare gli impegni
amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita
gestione del procedimento di
cui al comma 92 le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è
parte
l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1°
maggio 2011 dinanzi alle
commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni
grado del giudizio e anche
a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda
del soggetto che ha
proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il
pagamento delle somme
determinate ai sensi dell’articolo 16 della legge 27
dicembre 2002, n. 289”.
La novità riguarda
le liti fiscali pendenti alla data del 1° maggio 2011,
dinanzi alle
Commissioni tributarie o al Giudice ordinario in ogni
grado del
giudizio, anche a
seguito di rinvio.
Alla lettera f)
dello stesso comma 12 si prevede che “con uno o più
provvedimenti del Direttore dell’Agenzia saranno
stabilite le modalità di
versamento, di presentazione della domanda di
definizione ed ogni altra
disposizione applicativa” riguardante la norma in commento.
Con risoluzione del
5 agosto 2011, n. 82/E, sono state stabilite le modalità
specifiche di
versamento delle somme dovute per la definizione delle
liti, da
effettuarsi mediante
compilazione dell’apposito modello “F24 con elementi
identificativi”
ed è stato, inoltre, istituito il codice tributo “8082”
da indicare sul
modello di
versamento.
In data 13 settembre
2011 è stato pubblicato sul sito internet
www.agenziaentrate.gov.it
il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
entrate (protocollo
2011/119854), di “Approvazione del modello di domanda
per
1
Entrato in vigore lo stesso giorno.
2
Concernente il procedimento del reclamo-mediazione,
introdotto dal medesimo articolo 39, commi da 9
a 11, del
decreto-legge n. 98 del 2011, che verrà applicato a
partire dal 1° aprile 2012.
4
la definizione delle liti fiscali pendenti ai sensi
dell’articolo 39, comma 12, del
decreto–legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, e relative modalità di versamento”.
La presente
circolare fornisce chiarimenti sull’applicazione della
sopra
citata disposizione
normativa.
1. Ambito di applicazione
La definizione delle
liti “minori”, prevista dall’articolo 39, comma 12, del
decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98 (di seguito, per brevità, articolo 39
D.L. n.
98/2011) ricalca, in
maniera sostanzialmente analoga, quella introdotta in
passato
con l’articolo 16
della legge 27 dicembre 2002, n. 2893 (di seguito, per brevità,
articolo 16 legge n.
289/2002).
Il citato articolo
39 D.L. n. 98/2011, disponendo, infatti, che “… si
applicano le disposizioni di cui al citato articolo
16”,
opera un ampio rinvio al
predetto articolo
16, sia pure con alcune specificazioni e adattamenti.
Conseguentemente, la
presente circolare recupera, con i necessari
adattamenti del
caso, il patrimonio interpretativo elaborato in
riferimento al citato
articolo 16 legge n.
289/2002.
Di seguito si
elencano alcuni, fra i più importanti, documenti di
prassi
emanati dall’Agenzia
delle entrate con riferimento alla precedente chiusura
delle
liti fiscali
pendenti.
·
circolare 21 febbraio 2003, n. 12/E
·
circolare 21 marzo 2003, n. 17/E
·
circolare 25 marzo 2003, n. 18/E
·
circolare 27 marzo 2003, n. 19/E
·
circolare 28 aprile 2003, n. 22/E
·
risoluzione 9 maggio 2003, n. 103/E
3
Mediante tale norma era stata attribuita ai contribuenti
la facoltà di definire le liti fiscali pendenti
innanzi alle
Commissioni tributarie o al Giudice ordinario attraverso
il pagamento di una somma, il cui
importo era modulato
in base al valore della lite e all’esito dell’ultima
pronuncia non cautelare resa nel
giudizio.
5
·
risoluzione 9 maggio 2003, n. 104/E
·
circolare 12 maggio 2003, n. 28/E
·
risoluzione 18 dicembre 2003, n. 225/E
·
risoluzione 15 giugno 2004, n. 80/E
·
risoluzione 30 luglio 2004, n. 103/E
·
circolare 2 febbraio 2007, n. 4/E
La definizione delle
liti fiscali pendenti di cui all’articolo 39 D.L. n.
98/2011 presenta tre
differenze fondamentali rispetto alla precedente
definizione
agevolata prevista
dall’articolo 16 legge n. 289/2002:
a) la precedente
definizione operava con riferimento a tutte le liti in
materia tributaria,
in cui fosse parte l’Amministrazione finanziaria dello
Stato, la
nuova disposizione
di cui all’articolo 39 D.L. n. 98/2011 limita la
possibilità di
definizione alle
sole controversie pendenti in cui è parte l’Agenzia
delle entrate;
b) mentre non vi
erano limiti di valore per definire le controversie ai
sensi dell’articolo
16 legge n. 289/2002, la nuova definizione è consentita
limitatamente alle
liti “minori” il cui valore non sia superiore a 20.000
euro;
c) in considerazione
dell’esiguità delle somme dovute, è escluso il
pagamento rateale
degli importi dovuti in base alla definizione delle liti
minori.
Pertanto, la norma
consente di definire, a richiesta del contribuente,
tutte
le liti fiscali,
nelle quali sia parte l’Agenzia delle entrate,
concernenti “atti
impositivi”
e di “irrogazione delle sanzioni”, il cui valore
non superi 20.000 euro,
pendenti in ogni
stato e grado del giudizio dinanzi ai seguenti organi
giurisdizionali:
·
Commissioni tributarie di ogni grado e giudizio
(provinciali,
regionali, di primo
e di secondo grado di Trento e Bolzano e centrale4), anche a
seguito di rinvio;
·
Giudice ordinario, compresa la Corte di cassazione5.
4
La Commissione
tributaria centrale, sebbene soppressa con l’entrata in
vigore della riforma del
contenzioso
tributario, ad opera del decreto legislativo. 31
dicembre 1992, n. 546, entrato in vigore il 1°
aprile 1996, è
rimasta operante per la decisione delle controversie ad
essa rimesse prima di tale data.
5
Per completezza, anche le pochissime che residuano
innanzi alle Corti d’Appello, antecedenti al 1°
aprile 1996.
6
Affinché una lite
sia definibile devono sussistere contemporaneamente le
seguenti condizioni:
- la controversia
deve avere ad oggetto rapporti di natura tributaria,
ossia deve rientrare
nella nozione di “lite fiscale” ed avere ad
oggetto tributi
amministrati
dall’Agenzia delle entrate. Per lite fiscale si intende
quella
rientrante nella
giurisdizione tributaria, come definita dall’articolo 2
del decreto
legislativo 31
dicembre 1992, n. 5466. Si precisa che l’eventuale circostanza che
la lite sia
definitivamente radicata dinanzi agli organi della
Giustizia tributaria
per effetto di
giudicato implicito non vale a mutarne la natura di lite
non fiscale;
- l’Agenzia delle
entrate deve essere legittimata passivamente a stare
in giudizio.
Essendo definibili
soltanto le controversie nelle quali sia parte l’Agenzia
delle entrate, viene
esclusa la definizione delle liti che vedono come parti
legittimate passive
in primo grado altre Amministrazioni pubbliche.
Sono escluse,
pertanto, dalla definizione tutte le liti in cui siano
coinvolti
come enti impositori
altre Amministrazioni pubbliche, come le Regioni, gli
Enti
locali, le altre
Agenzie fiscali, ecc.
Si ritiene che siano
escluse dalla definizione anche le controversie, non
riguardanti “atti
impositivi”, relative all’operato dell’Agente della
riscossione
(quali ad esempio
liti relative all’impugnazione di fermo amministrativo
di
veicoli, di
iscrizione di ipoteca, di risposta ad istanze di
rateazione, di cartella di
pagamento – salvo
quanto si dirà a riguardo in seguito), ancorché parte
formale
in giudizio risulti
l’Agenzia delle entrate.
Sono, invece,
definibili le liti relative ad atti impositivi emessi
dall’Agenzia delle
entrate che vedono come parte in giudizio, assieme
all’Agenzia delle
entrate7,
anche l’Agente della riscossione.
Per le controversie
definibili, ai sensi dell’articolo 39, comma 12, lettera
e), “restano
comunque dovute per intero le somme relative al recupero
di aiuti di
6
Ovviamente sono definibili anche le liti tributarie
ancora pendenti innanzi al Giudice ordinario in quanto
instaurate prima
dell’applicazione del predetto articolo 2 o delle
successive modifiche, a condizione, si
intende, che sia
parte in giudizio l’Agenzia delle entrate.
7
L’Agenzia può essere parte in causa anche a seguito di
chiamata in giudizio per iniziativa del giudice o
della parte ai sensi
degli articoli 14 e 23 del d.lgs. n. 546 del 1992.
7
Stato illegittimi”. Ne consegue, in particolare, che le controversie relative alle
“decisioni di
recupero”, così come individuate dall’articolo 47-bis
del d.lgs. n.
546 del 1992, non
possono essere oggetto di definizione, indipendentemente
dal
loro valore. Si
precisa che la norma va intesa nel senso che sono
escluse dalla
definizione, nella
loro interezza, le controversie sul recupero degli aiuti
di Stato
illegittimi. Tale
esclusione riguarda non solo il pagamento degli aiuti e
dei
relativi interessi,
ma si estende anche alle relative sanzioni.
2. Liti pendenti
La definizione delle
liti fiscali incide soltanto sui rapporti pendenti alla
data del 1° maggio
2011 e non può riflettersi su quelli a tale data
esauriti, perché
interessati, in
particolare, da un provvedimento divenuto definitivo per
inutile
decorso dei termini
di impugnazione.
I concetti di «lite
pendente» e di «valore della lite», come
precisati
dall’articolo 16
legge n. 289/2002, rilevano anche per la definizione
delle liti
“minori”, stante la
generale previsione di rinvio al menzionato articolo 16.
Si considerano
pendenti tutte le controversie originate da avvisi di
accertamento,
provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro
atto di
imposizione per le
quali:
·
alla data del 1° maggio 2011 sia stato proposto l’atto
introduttivo
del giudizio in
primo grado. In particolare, per i giudizi instaurati
dinanzi alle
Commissioni
tributarie, si deve fare riferimento alla data in cui è
stato notificato8
il ricorso
all’Ufficio9,
non essendo necessario che, entro il 1° maggio 2011, vi
sia
stata anche la
costituzione in giudizio;
·
prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 98/2011 (entro
il 5 luglio
2011) non sia
intervenuta pronuncia giurisdizionale definitiva10; sono, pertanto,
definibili le liti
interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado
i cui
8
Rileva la data di notifica che vale per il notificante.
9
Per brevità, si intende per Ufficio la Direzione
regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate parte
nel giudizio e
competente per l’istruttoria del contenzioso al momento
della presentazione della domanda
di definizione.
10
Vale a dire pronuncia giurisdizionale non cautelare
passata in giudicato, resa sul merito o
sull’ammissibilità
dell’atto introduttivo del giudizio.
8
termini di
impugnazione non siano ancora scaduti; la lite può
essere definita
anche se pendente a
seguito di sentenza di rinvio oppure se pendono i
termini per
la riassunzione.
Non sono, al
contrario, suscettibili di definizione le cosiddette
“liti
potenziali”, ossia
quelle in cui il ricorso in primo grado non sia stato
presentato
alla data del 1°
maggio 2011 pur essendo, a tale data, pendenti i termini
di
impugnazione di un
atto notificato11.
2.1 Pronunce divenute definitive alla data di entrata in
vigore del decretolegge
n. 98 del 2011
Premesso che possono
essere definite anche le controversie interessate da
sentenza già emessa
alla data in cui si intende chiedere la definizione
purché i
relativi termini di
impugnazione – anche per effetto di sospensione – alla
stessa
data non siano
scaduti, occorre, in particolare, riscontrare volta per
volta che –
alla predetta data –
non siano decorsi i termini per impugnare la sentenza
emessa
dalle Commissioni
tributarie provinciali, regionali, centrale, dai
Tribunali o dalle
Corti d’appello.
Come si è detto nel
paragrafo precedente, è da ritenere che il passaggio in
giudicato di una
pronuncia divenuta definitiva nel periodo compreso tra
il 1°
maggio 2011 ed il 5
luglio 2011, prima, cioè, dell’entrata in vigore del
D.L. n.
98/2011, precluda la
possibilità di definire la relativa controversia
12.
Relativamente alle
liti definibili, la lettera c) dell’articolo in commento
stabilisce che dal 6
luglio 2011 “sono […] sospesi, sino al 30 giugno 2012
i
termini per la proposizione di ricorsi, appelli,
controdeduzioni, ricorsi per
cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione,
compresi i termini per la
costituzione in giudizio”.
11 A tal fine non rileva la
circostanza che il 1° maggio fosse festivo.
12
L’articolo 16 legge n. 289/2002, ammetteva le
definizione per le liti pendenti al 1° gennaio 2003
(data
di entrata in vigore
della legge) ed estendeva, altresì, la definizione alle
controversie pendenti al 29
settembre 2002,
chiarendo che “si intende, comunque, pendente la lite
per la quale, alla data del 29
settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in
giudicato”.
In tal modo, si è inteso, in deroga al
principio di
intangibilità del giudicato e con disposizione espressa
non riproposta nell’articolo 39 D.L. n.
98/2011, consentire
la definizione della lite anche qualora fosse
intervenuta una pronuncia passata in
giudicato nel
periodo compreso tra la predetta data e quella di
entrata in vigore della legge.
9
Di conseguenza, la
sospensione dei termini impedisce fino al 30 giugno
2012 il passaggio in
giudicato delle decisioni i cui termini di impugnativa
erano
ancora pendenti al 6
luglio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n.
98/2011.
Come si illustrerà
in prosieguo, ai fini della determinazione dell’importo
da versare per
perfezionare la definizione, occorre tenere conto
dell’ultima o
dell’unica pronuncia
giurisdizionale non cautelare sul merito, ovvero
sull’ammissibilità
dell’atto introduttivo del giudizio, resa alla data di
presentazione della
domanda di definizione.
2.2 Liti pendenti a seguito di rinvio
Sono definibili
anche le liti fiscali pendenti a seguito di rinvio
innanzi alle
Commissioni
tributarie o all’Autorità giudiziaria ordinaria di
merito.
Considerato che la
lettera c) del comma 12 dell’articolo 39 sospende i
termini di
riassunzione, si deve ritenere che è consentita la
chiusura nelle ipotesi
in cui sia stato
disposto il rinvio, sia da parte della Corte di
Cassazione sia da
parte dei giudici di
merito, a condizione che alla data del 6 luglio 2011 non
fossero ancora
spirati i termini per la riassunzione.
2.3 Pronunce di inammissibilità
Per effetto del
rinvio operato dall’articolo 39 D.L. n. 98/2011
all’articolo
16 legge n. 289/2002
sono considerate liti pendenti anche le controversie per
le
quali, alla data del
1° maggio 2011, sia intervenuta una pronuncia
giurisdizionale,
anche di inammissibilità, e alla data dal 6 luglio 2011
non
fossero ancora
decorsi i termini per impugnarla.
Sono ammesse,
pertanto, alla definizione anche le liti instaurate
mediante
ricorsi – in sé
inammissibili – proposti oltre i termini prescritti
dalla legge ovvero
privi dei requisiti
di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del
d.lgs. n.
546 del 1992 (quali,
ad esempio, la sottoscrizione), purché prima del 6
luglio
2011 non sia
intervenuta pronuncia definitiva di inammissibilità.
10
3. Lite autonoma e valore della lite
Ai fini della
definizione in esame, costituiscono “liti autonome”
quelle
relative a ciascuno
degli atti sopra indicati13, vale a dire avvisi di accertamento,
provvedimenti di
irrogazione di sanzioni ed ogni altro atto di
imposizione. Ne
discende che, quando
con il medesimo atto introduttivo del giudizio siano
stati
impugnati, ad
esempio, più avvisi di accertamento, si hanno tante liti
autonome
quanti sono gli
avvisi di accertamento impugnati, con riferimento a
ciascuno dei
quali deve essere
calcolato il valore della lite. Ne consegue che la non
definibilità
di una o più liti
autonome non esclude la possibilità di riferire la
definizione
anche alle altre
“liti autonome” per le quali sussistano i requisiti di
cui
all’articolo 39 D.L.
n. 98/2011.
La definizione di
ciascuna lite autonoma si perfeziona con il versamento
della somma dovuta,
calcolata con riguardo al valore della stessa lite. Per
la
definizione, in
sintesi, non rileva la circostanza che avverso una
pluralità di atti
impugnabili siano
stati presentati uno o più ricorsi14.
Il valore della
lite, da assumere come base di calcolo della
definizione, è
dato:
a) dall’ammontare
dell’imposta o maggiore imposta accertata che
forma oggetto di
contestazione nel giudizio di primo grado, con
esclusione di
interessi, eventuali
sanzioni ed altri accessori collegati al tributo, anche
se
irrogati con
separato provvedimento;
b) dall’importo
della sanzione, per le cause riguardanti esclusivamente
un atto di
irrogazione di sanzione collegata al tributo accertato
non oggetto di
contestazione;
13
Ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettera b), legge n.
289/2002, per lite autonoma si intende quella
“relativa a
ciascuno degli atti indicati nella lettera a) e comunque
quella relativa all’imposta
sull’incremento di valore degli immobili”. Pertanto, in via del tutto
eccezionale, la lite avente ad oggetto
l’Invim costituiva
una lite autonoma, anche se accertata con lo stesso
avviso relativo ad altre imposte (ad
esempio: imposta di
registro, catastali, ipotecarie). Nell’ipotesi di
impugnazione di un avviso di
accertamento emanato
ai fini dell’imposta di registro e dell’Invim era,
pertanto, possibile definire la lite
relativamente ad una
sola delle due imposte e qualora si intendesse definire
entrambe le imposte, si
rendeva necessario
presentare due distinte domande di definizione. Si
ritiene che tali precisazioni valgano
anche per la
definizione prevista dall’articolo 39 D.L. n. 98/2011.
14
L’autonomia delle liti ovviamente permane anche nel caso
di riunione di ricorsi successivamente
disposta dal
giudice.
11
c) dall’importo
della sanzione, per le liti riguardanti provvedimenti
sanzionatori non
collegati al tributo.
Tale criterio di
calcolo è espresso all’articolo 16, comma 3, lettera c),
legge n. 289/2002,
secondo il quale il valore da assumere come base di
calcolo
per la definizione è
costituito dall’importo del tributo contestato nell’atto
introduttivo del
giudizio di primo grado in riferimento a ciascun atto
impugnato,
a prescindere dagli
ulteriori sviluppi della controversia. Ne discende che,
anche
qualora la
controversia penda di fronte alla Commissione tributaria
regionale, il
valore della lite
sarà, comunque, costituito dall’ammontare dell’imposta
che
aveva formato
oggetto di contestazione da parte del contribuente nel
primo grado
del giudizio e
indipendentemente dalla pronuncia del giudice di primo
grado che,
in accoglimento del
ricorso del contribuente, abbia eventualmente
rideterminato
l’imposta in
contestazione15.
L’articolo 39 D.L.
n. 98/2011 presuppone, quindi, che la lite esprima un
determinato valore
sul quale calcolare le somme dovute. Ne discende che non
sono ammesse alla
definizione le liti il cui valore risulti indeterminato
o
indeterminabile,
oppure quelle concernenti atti che non recano
l’indicazione né
dell’importo
dell’imposta né delle sanzioni. In tal caso, infatti,
non esiste un
importo
quantificabile sul quale applicare le percentuali
previste dall’articolo 39,
D.L. n. 98/2011 ai
fini della definizione della lite.
Nel valore della
lite non si computano né gli interessi, né le indennità
di
mora, né le sanzioni
collegate alla maggiore imposta accertata, anche se
queste
siano state irrogate
con atto separato dall’avviso di accertamento. Ove siano
state
irrogate sanzioni
collegate ad un tributo, ma lo stesso non abbia formato
oggetto
di contestazione o
non sia più in contestazione, il giudizio, introdotto
allo scopo
di contestare le
sanzioni può essere definito avendo riguardo solo
all’ammontare
di queste ultime.
15
Tale principio deve essere contemperato con quanto si
dirà nel successivo paragrafo 7 in tema di
autotutela e
giudicato interno e paragrafo 8.3 sulla conciliazione.
12
Qualora,
nell’ipotesi sub c), la lite riguardi
provvedimenti di irrogazione
di sanzioni non
collegate dal tributo, l’importo delle stesse è assunto
ai fini della
determinazione del
valore della lite.
In applicazione
dell’articolo 16, comma 3, legge n. 289/2002, cui
l’articolo 39 D.L.
n. 98/2011 rinvia, il valore della lite deve essere
determinato
con riferimento a
ciascuno degli atti oggetto di contestazione nell’atto
introduttivo del
giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti
interessati e
dal numero di
tributi in essi indicati. Ne consegue che, quando un
atto definibile
si riferisca a più
tributi (per esempio, Irpef e Irap ovvero imposta di
registro,
ipotecaria e
catastale) il valore della lite deve essere calcolato
con riferimento al
totale delle imposte
che hanno formato oggetto di contestazione nel giudizio
in
primo grado. Il
riferimento – contemplato all’articolo 39 D.L. n.
98/2011 – al
valore massimo della
lite definibile, pari a 20.000 euro, implica che tale
ammontare vada
riferito all’importo complessivo di tutte le imposte in
contestazione
considerate in ciascun atto impugnato. La definizione
deve
interessare la
vertenza nella sua interezza, non essendo ammessa la
chiusura
parziale della lite,
ossia limitatamente ad una sola parte della materia del
contendere o solo a
una parte dei tributi in contestazione.
Se, ad esempio, la
lite è relativa a un avviso riguardante sia l’Irpef sia
l’Irap, non è dato
effettuare una definizione parziale relativamente solo
all’Irpef o
all’Irap, ma dovrà
essere versato un importo commisurato alla somma delle
predette imposte.
Fanno eccezione le
ipotesi – a dire il vero infrequenti – in cui una lite
autonoma abbia per
oggetto sia rapporti tributari definibili che rapporti
non
definibili. Solo in
queste situazioni è dato definire parzialmente la lite,
determinando il
valore della stessa senza considerare i tributi e le
sanzioni non
definibili. In tali
ipotesi, il giudizio prosegue per la parte relativa a
questi
ultimi16.
I principi enunciati
nel presente paragrafo si applicano anche nel caso in
cui più giudizi
separati abbiano formato oggetto di riunione ai sensi
dell’articolo
16
Fa eccezione anche l’ipotesi dell’Invim.
13
29 del d.lgs. n. 546
del 1992. E’, pertanto, irrilevante l’eventuale riunione
di più
giudizi, in quanto
il valore da considerare è sempre quello relativo alla
lite
inizialmente
instaurata.
3.1 Atti impugnati solo in parte
Come anticipato, nel
caso in cui, con un unico provvedimento o con
provvedimenti
separati, l’Ufficio abbia richiesto in pagamento il
tributo e le
sanzioni
amministrative ad esso collegate e il contribuente abbia
limitato la
contestazione in
primo grado soltanto alle sanzioni (prestando
acquiescenza al
tributo), per il
calcolo dell’importo dovuto ai fini della definizione
occorre fare
riferimento
esclusivamente alle sanzioni contestate.
Anche in tal caso,
sembra corretto, invero, ammettere il contribuente alla
definizione della
lite, estendendo alla fattispecie in esame il
trattamento proprio
delle controversie
riguardanti i provvedimenti di irrogazione di sanzioni
non
collegate al
tributo.
Nel caso in cui il
ricorso contesti solamente una parte dei tributi chiesti
in
pagamento con l’atto
impugnato, la definizione può ammettersi assumendo come
valore della lite
l’ammontare del tributo in contestazione in primo grado,
senza
tener conto né
dell’importo dei tributi non contestati né delle
sanzioni e dei
relativi interessi.
3.2 Rettifica di perdite
Sono definibili le
liti originate dall’impugnazione di un atto di
accertamento con cui
si è proceduto alla rettifica di una perdita. Per la
verifica
del limite di valore
fissato dall’articolo 39 del D.L. n. 98/2011 e la
determinazione
dell’importo dovuto per la definizione occorre
distinguere due
ipotesi:
a) il contribuente
intende definire la lite ma non affrancare la perdita;
b) il contribuente
intende definire la lite ed affrancare la perdita.
14
Nella ipotesi sub
a) (definizione senza affrancamento) il valore della
lite è
dato alla maggiore
imposta accertata, o, in mancanza di imposta, dalle
sanzioni
irrogate.
Nell’ ipotesi sub
b), relativa ad un avviso di accertamento che, a
seguito
della rettifica
delle perdite, evidenzi un imponibile o, comunque, delle
imposte
dovute, il valore
della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte
accertate
anche l’imposta
“virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in
contestazione.
Ove, invece, la
rettifica delle perdite non abbia comportato
accertamento
di imposte, il
valore della lite rilevante ai fini della definizione è
determinato
sulla base della
sola imposta “virtuale” che si ottiene applicando le
aliquote
vigenti per il
periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo
risultante
dalla differenza tra
la perdita dichiarata e quella accertata (cfr. circolare
21 marzo
2003, n. 17/E,
paragrafo 1.11, intitolato “Articolo 16 -
Determinazione del valore
della lite in caso di controversie concernenti
rettifiche delle perdite”).
Ad esempio, in
relazione ad un avviso di accertamento emesso per
rettificare in
diminuzione una perdita dichiarata ai fini Ires da una
società per
azioni, l’aliquota
proporzionale prevista dall’articolo 77 (ex
articolo 91) del Testo
Unico delle Imposte
sui Redditi approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 (di seguito, TUIR), va
applicata sulla
differenza come
sopra determinata. Invece, nel caso in cui sia stata
rettificata una
perdita dichiarata
ai fini Irpef troveranno applicazione le aliquote
progressive per
scaglioni previste
per l’anno accertato dall’articolo 11 del TUIR.
Per effetto
dell’affrancamento delle perdite indotto dalla
definizione, le
stesse rilevano ai
fini della determinazione dei redditi dei periodi
d’imposta
successivi e
comportano il venir meno degli effetti della rettifica
in contestazione
nei periodi
d’imposta successivi a quello per cui si effettua la
chiusura della lite.
A maggior
chiarimento di quanto esposto si propone il seguente
esempio, già
riportato nella
circolare n. 17/E del 2003 con riguardo alla definizione
ai sensi
dell’articolo 16
legge n. 289/2002.
15
Una società per
azioni, per l’anno d’imposta 2007, ha dichiarato ai fini
Ires una perdita di
50.000 euro, computata interamente in diminuzione del
reddito complessivo
dell’anno successivo, anch’esso, per semplicità, pari a
50.000 euro. Per
effetto di tale computo, il reddito dichiarato per
l’anno 2008
diviene pari a 0. A
seguito di avviso di accertamento notificato ai fini
Ires per
l’anno d’imposta
2007, la perdita di tale periodo viene completamente
disconosciuta. Anche
per l’anno d’imposta successivo (2008) viene notificato
avviso di
accertamento, col quale viene recuperata la perdita
generata nel 2007 e
computata in
diminuzione nel periodo d’imposta 2008 e viene, inoltre,
rideterminato il
reddito complessivo per effetto del recupero a
tassazione di
maggiori ricavi (ad
esempio pari a 20.000 euro). Il reddito accertato è,
pertanto,
pari a 70.000 euro
(50.000 euro derivanti dalla rettifica della perdita
dichiarata
per il 2007 più
20.000 euro per effetto della rettifica dei ricavi).
Tali atti vengono
integralmente
impugnati e la lite pende alla data del 1° maggio 2011
in
Commissione
tributaria provinciale.
Riepilogando,
avremo:
Dichiarato(importi
in
euro)
Accertato (importi
in
euro)
Anno d’imposta 2007
Perdita - 50.000 0
Anno d’imposta 2008
Reddito imponibile 0
70.000
In tal caso possono
prospettarsi le seguenti soluzioni.
1. La società può
definire la lite pendente relativa all’anno d’imposta
2007, ai sensi
dell’articolo 39 D.L. n. 98/2011. Il costo della
definizione viene
determinato
prendendo a base l’imposta virtuale calcolata sulla
perdita rettificata:
16
- 50.000 euro x 33
per cento17
= 16.500 euro (valore della lite pari
all’imposta virtuale
calcolata sulla perdita azzerata per effetto della
rettifica)
- 16.500 euro x 30
per cento = 4.950 euro (costo della definizione
determinato
applicando all’imposta virtuale l’aliquota del 30 per
cento prevista
per le liti pendenti
in primo grado, per le quali non sia ancora intervenuta
alcuna
pronuncia).
In tal caso, il
contribuente può affrancare l’intera perdita dichiarata
e
computarla in
diminuzione dell’imponibile relativo all’anno d’imposta
2008.
Nella lite relativa
a quest’ultimo anno d’imposta verrà a cessare
parzialmente la
materia del
contendere, limitatamente al recupero operato
dall’ufficio per effetto
del disconoscimento
delle predette perdite. La controversia proseguirà per
il
rilievo riguardante
i maggiori ricavi recuperati a tassazione (nell’esempio
pari a
20.000 euro) ovvero
potrà essere definita ai sensi dell’articolo 39 D.L. n.
98/2011,
commisurando il valore della lite all’imposta
corrispondente ai soli
maggiori ricavi.
2. In alternativa, la società
può anche definire solo la lite relativa
all’anno d’imposta
2008. In tal caso, non essendo definibile parzialmente
la
controversia, il
valore della lite è pari all’imposta relativa all’intero
maggior
imponibile accertato
(27,5 per cento18 di 70.000 euro = 19.250 euro), sul quale
va applicata
l’aliquota del 30 per cento prevista dall’articolo 39
D.L. n. 98/2011.
In tal caso il costo
della definizione è pari a: 19.250 euro x 30 per cento =
5.775
euro.
4. Ambito di definibilità delle liti
Possono essere
definite, ai sensi della normativa in commento, le
controversie aventi
ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di
irrogazione delle
sanzioni e ogni altro atto di imposizione.
17
Aliquota applicabile al reddito imponibile fino al
periodo d’imposta 2007.
18
Aliquota proporzionale applicabile a decorrere dal
periodo d’imposta 2008 per effetto delle modifiche
apportate
all’articolo 77 del TUIR ad opera della legge 27
dicembre 2007, n. 244.
17
Non sono definibili
le controversie instaurate con ricorsi avverso atti
diversi da quelli
impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n 546
del 1992,
non aventi natura di
“atti impositivi”. Ad esempio sono escluse dalla
definizione
le controversie
instaurate a seguito dell’impugnazione di comunicazioni
di
irregolarità, ovvero
di risposte ricevute ad istanze di interpello, ovvero,
ancora, di
dinieghi di
autotutela. In tali circostanze l’impugnazione non ha ad
oggetto “atti
impositivi”.
Restano, invece, definibili le controversie instaurate
avverso gli atti
impositivi veri e
propri conseguenti o precedenti a quelli in esame.
4.1 Contributo al servizio sanitario nazionale
Come evidenziato
nella circolare n. 12/E del 2003, sono definibili le
controversie
riguardanti il contributo al servizio sanitario
nazionale, che, ai sensi
dell’articolo 2 del
d.lgs. n. 546 del 1992, rientrano nella giurisdizione
delle
Commissioni
tributarie.
4.2 Ruoli emessi a seguito della rettifica delle
dichiarazioni in sede di
liquidazione e controllo formale
In linea generale,
non sono definibili le liti fiscali aventi ad oggetto i
ruoli
emessi per imposte e
ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti
d’imposta
nelle dichiarazioni
presentate, ma non versate. I controlli su tali
versamenti sono
disciplinati
espressamente dalla lettera f) del comma 2 dell’articolo
36-bis del
decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
per le imposte
sui redditi e
l’Irap, e dalla lettera c) del comma 2 dell’articolo 54-bis
del decreto
del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per l’Iva.
Al recupero delle
imposte non versate non si provvede, infatti, mediante
atto “impositivo”
che presupponga la rettifica della dichiarazione, ma con
atto di
mera riscossione,
ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal
sostituto
nella dichiarazione.
18
Considerazioni
analoghe valgono anche per l’ipotesi disciplinata dal
comma 2-bis19
dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973,
introdotto
dall’articolo 2,
comma 10, lettera a), del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203,
convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che
prevede
la possibilità per
l’Amministrazione finanziaria di controllare la
tempestiva
effettuazione dei
versamenti ancor prima della presentazione della
dichiarazione
annuale da parte del
contribuente o del sostituto d’imposta.
Nell’esclusione in
esame rientra, inoltre, l’ipotesi di omesso versamento
dell’Irap dovuta dai
lavoratori autonomi che, dopo aver indicato detta
imposta in
dichiarazione, ne
hanno poi omesso il versamento per ritenuta
insussistenza del
presupposto
dell’autonoma organizzazione, di cui all’articolo 2 del
decreto
legislativo 15
dicembre 1997, n. 446. Ai fini della definizione della
lite occorre
avere riguardo,
infatti, alla tipologia di atto impugnato e non, invece,
alle
eccezioni sollevate
dal ricorrente. E, nel caso di specie, oggetto di
impugnazione
è il ruolo, ossia un
atto privo di contenuto “impositivo”, in quanto formato
sulla
base di quanto
dichiarato dal contribuente.
Anche nel caso in
cui, con la liquidazione della dichiarazione ai sensi
dei
citati articoli 36-bis
del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del
D.P.R. n. 633 del
1972, si provveda al
recupero di un credito proveniente dal precedente
periodo
d’imposta per il
quale la dichiarazione risulta omessa, si esercita una
potestà
riconducibile
essenzialmente alla mera liquidazione delle imposte, con
la
conseguenza che la
controversia sorta a seguito dell’impugnativa del
relativo
ruolo non è
definibile.
E’ noto, peraltro,
che le disposizioni di cui agli artt. 36-bis del
D.P.R. n.
600 del 1973 e 54-bis
del D.P.R. n. 633 del 1972, disciplinanti la
liquidazione
delle dichiarazioni,
consentono di provvedere, in aggiunta al controllo dei
versamenti, anche
alla rettifica di alcuni dati indicati nella
dichiarazione e alla
conseguente
iscrizione a ruolo delle imposte dovute in misura
superiore rispetto a
19 Il testo della
norma recita: “Se vi è pericolo per la riscossione,
l’ufficio può provvedere, anche prima
della presentazione della dichiarazione annuale, a
controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti
delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a
titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte
operate in qualità di sostituto d’imposta”.
19
quella dichiarata e
liquidata dai contribuenti. Analogo discorso vale per il
controllo formale
delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell’articolo
36-ter del
D.P.R. n. 600 del
1973.
Si pensi alla
riduzione o all’esclusione di deduzioni e detrazioni non
spettanti sulla base
dei dati dichiarati dai contribuenti, mediante la
procedura di
cui agli artt. 36-bis
e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero
alle correzioni
effettuate ai sensi
dell’articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.
In tali circostanze
il ruolo si differenzia dall’atto di mera riscossione
dell’imposta, già
dichiarata, liquidata e non versata dal contribuente e,
dal
momento che
scaturisce dalla rettifica della dichiarazione, esso
assolve anche una
funzione di
provvedimento impositivo.
Le relative
controversie sono ammesse, pertanto, alla definizione,
ancorché riguardanti
il ruolo.
In tal caso, il
contribuente che, alla data del versamento dell’importo
dovuto per la
definizione, non abbia ancora pagato la cartella,
acquisisce, a
seguito della
verifica della regolarità della domanda presentata, il
diritto allo
sgravio del ruolo.
Qualora, invece,
prima della presentazione della domanda il contribuente
abbia già pagato per
intero la cartella, non vi è sostanzialmente interesse
alla
definizione, in
quanto, come meglio si vedrà in seguito, fatta salva
l’ipotesi in cui
sia già intervenuta
la soccombenza dell’Agenzia delle entrate, non si ha
diritto al
rimborso dei
versamenti effettuati.
4.3 Atti di recupero di crediti d’imposta che realizzano
un’agevolazione
fiscale
La giurisprudenza ha
riconosciuto natura impositiva anche agli atti con i
quali gli Uffici
recuperano crediti d’imposta che realizzano
un’agevolazione
fiscale,
indebitamente utilizzati. In particolare la Corte di
Cassazione, nel
pronunciarsi sulla
giurisdizione, ha sottolineato che “In tema di
contenzioso
tributario gli avvisi di recupero di crediti di imposta
illegittimamente
compensati, oltre ad avere una funzione informativa
dell’insorgenza del debito
20
tributario, costituiscono manifestazioni della volontà
impositiva da parte dello
Stato al pari degli avvisi di accertamento o di
liquidazione e, come tali, sono
impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai
sensi dell’articolo 19 del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”
(Cass. sez. V, Ordinanza 7 aprile 2011, n.
8033)20.
Tali atti, dunque,
in quanto volti, previo diniego del diritto
all’agevolazione, a
recuperare il credito d’imposta utilizzato, rientrano
nel novero
degli “atti
impositivi” e, pertanto, si ritiene che una
controversia scaturita
dall’impugnazione
degli stessi possa formare oggetto di definizione,
qualora
ricorrano gli altri
presupposti richiesti dall’articolo 39 del D.L. n.
98/2011.
4.4 Avvisi di liquidazione e ruoli
Come si è detto, in
generale non sono definibili l’avviso di liquidazione e
il ruolo,
considerato che tali atti, finalizzati alla mera
liquidazione e riscossione
del tributo e degli
accessori, non sono riconducibili alla categoria degli
“atti
impositivi”.
Gli avvisi di
liquidazione, in particolare, attengono a procedimenti
che
non prevedono
l’autoliquidazione dei tributi. Essi non presuppongono,
di norma,
operazioni di
rettifica delle dichiarazioni presentate dai
contribuenti, ma si
limitano a trarre le
necessarie conseguenze dai dati in esse dichiarati.
Occorre, tuttavia,
evidenziare che, ai fini della definizione rileva la
natura
sostanziale
dell’atto impugnato, prescindendo dal “nomen iuris”.
In tal senso si è
espressa la Corte di
cassazione con riferimento all’avviso di liquidazione
dell’imposta di
registro, volto a far valere “per la prima volta nei
confronti del
contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella
applicata al momento della
richiesta di registrazione” (Cass. 6 Ottobre 2010, n. 20731). In questo caso,
infatti, l’avviso di
liquidazione assume natura di atto impositivo, in quanto
destinato ad
esprimere, per la prima volta, nei confronti del
contribuente una
pretesa fiscale
maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al
momento della
richiesta di
registrazione.
20 In senso conforme, Cass. sez.
V, Ordinanza 2 marzo 2009, n. 4968.
21
Con la circolare del
28 aprile 2003, n. 22/E, punto 12.3, è stata chiarita
anche la questione
della definibilità della lite relativa all’avviso di
liquidazione
dell’imposta
principale di successione.
Posto che in sede di
liquidazione di tale imposta, l’Ufficio effettua un
controllo ai sensi
dell’articolo 33 del decreto legislativo 31 ottobre
1990, n. 346,
volto a correggere
errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante e
oggettivamente
desumibili dal contesto della dichiarazione, ma anche ad
escludere riduzioni
e detrazioni non spettanti o non documentate e oneri
deducibili non
documentati, è necessario valutare caso per caso la
natura dell’atto
amministrativo
secondo criteri analoghi a quelli indicati per la
liquidazione delle
dichiarazioni delle
imposte sui redditi, Irap e Iva.
In breve, nel caso
in cui l’Ufficio si limiti a determinare l’entità del
tributo
dovuto, secondo i
dati dichiarati dal contribuente stesso, l’avviso di
liquidazione
non è definibile.
Qualora, invece,
provveda anche alla rettifica della dichiarazione,
previo
disconoscimento, ad
esempio, di passività, riduzioni e detrazioni indicate
nella
stessa, il relativo
atto ha natura “impositiva” e può essere, pertanto,
parzialmente
definito. Con la
definizione della parte “impositiva” dell’atto, il
giudizio
prosegue per la
parte relativa all’imposta liquidata sulla base dei dati
dichiarati
dal contribuente
Più in generale si
può affermare la parziale definibilità dell’atto
qualora,
oltre che di
liquidazione o riscossione degli omessi versamenti, esso
assolva
anche funzione
“impositiva”.
Come è noto, la
cartella di pagamento, quando è preceduta da un avviso
di
accertamento,
costituisce atto di riscossione della somma dovuta in
base
all’avviso stesso e
non un autonomo atto impositivo; non è definibile,
pertanto, la
lite fiscale
promossa con impugnazione della cartella preceduti
dall’avviso di
accertamento21.
21
Cfr. anche Cass. 3 febbraio 2010, n. 2439.
22
Possono essere
definite, al contrario, le controversie generate da
ricorsi
avverso ruoli che
non siano state precedute da atti impositivi presupposti
e,
conseguentemente,
portino per la prima volta il contribuente a conoscenza
della
pretesa tributaria.
In particolare,
nelle ipotesi in cui la cartella di pagamento deve
essere
preceduta
dall’avviso di accertamento, la lite è definibile se il
contribuente ha
proposto ricorso
avverso la cartella eccependo l’invalidità della
notifica del
relativo atto
impositivo e sempre che quest’ultimo non costituisca
oggetto di
distinto giudizio.
In altri termini, il contribuente può avvalersi
dell’articolo 39,
D.L. n. 98/2011,
qualora abbia impugnato il ruolo, assumendo di non aver
ricevuto una valida
notifica dell’avviso di accertamento. In questo caso, la
cartella costituisce
il primo atto attraverso il quale il contribuente è
venuto a
conoscenza della
pretesa impositiva, essendo in contestazione l’asserita
inesistenza o
nullità della notifica dell’atto impositivo, che, se
confermata dal
giudice, determina
la declaratoria di nullità del ruolo. Ai fini della
definibilità
della lite, non è
necessario che nell’atto introduttivo del giudizio
avverso la
cartella sia stato
richiesto espressamente anche l’annullamento dell’avviso
di
accertamento, ma è
sufficiente che sia stata contestata la validità della
relativa
notifica, seppure al
limitato fine di ottenere l’annullamento del ruolo.
Qualora, invece,
l’avviso di accertamento sia stato impugnato, anche
tardivamente, in
quanto ritenuto irritualmente notificato e, per lo
stesso motivo,
sia stato proposto
un distinto ricorso avverso la successiva cartella di
pagamento,
la lite da definire
è quella concernente l’accertamento. In conseguenza
della
chiusura di tale
lite, si potrà richiedere pronuncia di estinzione per
cessazione
della materia del
contendere anche nel giudizio instaurato avverso la
cartella di
pagamento.
4.5 Sanzioni amministrative collegate al tributo
Ove con
provvedimento separato siano state irrogate sanzioni
collegate a
un tributo non più
in contestazione, perché, ad esempio, la relativa
controversia
autonomamente
instaurata non è più pendente alla data del 1° maggio
2011, è
23
consentito chiudere
la lite per la parte tuttora pendente avendo riguardo
all’ammontare delle
sanzioni.
Analogamente, è
ammessa la definizione qualora la lite abbia ad oggetto
sanzioni
amministrative collegate al tributo separatamente
irrogate a soggetto
diverso dal
contribuente (ad esempio, amministratore,
rappresentante,
dipendente).
4.6 Sanzioni amministrative comunque irrogate da Uffici
finanziari
Come evidenziato
nella circolare del 21 febbraio 2003, n. 12/E, emanata
con riferimento
all’articolo 16 legge n. 289/2002, è ammessa la
possibilità di
definire anche le
liti pendenti dinanzi alle Commissioni tributarie o al
Giudice
ordinario
concernenti sanzioni amministrative comunque irrogate da
Uffici
finanziari. Tale
possibilità discende dalla modifica apportata
dall’articolo 12,
comma 2, della legge
28 dicembre 2001, n. 448, all’articolo 2 del d.lgs. n.
546
del 1992, che ha
esteso, a decorrere dal 1° gennaio 2002, la
giurisdizione speciale
delle Commissioni
tributarie a tutte le controversie aventi ad oggetto i
tributi di
ogni genere e
specie, comprese le sanzioni amministrative non
tributarie irrogate
dagli Uffici
finanziari.
Deve, in ogni caso,
trattarsi di sanzioni che, anche se non strettamente
correlate alla
violazione di norme disciplinanti il rapporto
tributario, siano
connesse con
violazioni di disposizioni riconducibili all’ordinamento
giuridicotributario
e attinenti alla
gestione dei tributi22. Solo in tal caso, infatti, la relativa
controversia può
qualificarsi “fiscale” e, quindi, essere ammessa alla
definizione.
4.7 Diniego o revoca di agevolazioni
L’articolo 39 D.L.
n. 98/2011 presuppone che la lite definibile esprima un
determinato valore
sul quale calcolare le somme dovute. Tale valore è dato
dai
tributi (o dalle
sanzioni, quando queste non siano collegate ai tributi)
accertati
dall’Ufficio e
contestati con il ricorso introduttivo del giudizio di
primo grado.
Una vertenza che
riguardi esclusivamente la spettanza di un’agevolazione
non
22
Cfr. al riguardo la circolare del 21 marzo 2002 n. 25/E.
24
può essere, di
conseguenza, definita poiché in essa non si fa questione
di un
tributo preteso
dall’Agenzia delle entrate, in base al quale determinare
la somma
dovuta. La lite è,
al contrario, definibile qualora, con il provvedimento
impugnato, l’Agenzia
delle entrate non si sia limitata a negare o revocare
l’agevolazione
tributaria, ma contestualmente abbia accertato e
richiesto anche il
tributo o il
maggiore tributo e/o abbia irrogato le relative sanzioni
conseguentemente
dovute.
4.8 Tasse automobilistiche
Le controversie
relative alle tasse automobilistiche dovute da soggetti
residenti nelle
Regioni a statuto speciale, nelle quali sia parte
l’Agenzia delle
entrate, quale ente
che ne cura la gestione23, riguardano principalmente atti con
cui si contesta al
contribuente l’omesso versamento della tassa dovuta in
base
alle risultanze dei
registri pubblici. In quanto tali, esse non sono
definibili.
Anche in questo
caso, peraltro, deve ammettersi la definibilità qualora
le
controversie
discendano da atti impositivi diversi dalla mera
liquidazione
dell’obbligazione
tributaria o dal recupero di versamenti omessi.
4.9 Contributi e premi previdenziali ed assistenziali
Nonostante gli
avvisi di accertamento relativi alle dichiarazioni dei
redditi
presentate a partire
dal 1° gennaio 1999 rechino, oltre alle imposte
accertate,
anche l’indicazione
dei contributi e premi previdenziali ed assistenziali
liquidati
in base al maggior
imponibile accertato, le controversie relative a tali
contributi e
premi, instaurate
nei confronti degli enti previdenziali rientrano nella
giurisdizione del
giudice ordinario.
23
“L'articolo 17, comma 10, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, ha disposto che a decorrere dal 1°
gennaio 1999 la riscossione, l'accertamento, il
recupero, i rimborsi, l'applicazione delle sanzioni ed
il
contenzioso amministrativo relativi alle tasse
automobilistiche non erariali sono demandati alle
regioni a
statuto ordinario. […] .
A partire dall'anno d'imposta 1999, il Ministero delle
finanze (ndr. oggi l’Agenzia delle entrate)
provvede, pertanto, alla gestione delle sole tasse
automobilistiche erariali dovute dai soggetti residenti
nelle regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Valle
d'Aosta, e, fatta eccezione per le funzioni connesse
con l'attività di riscossione, alla gestione delle tasse
automobilistiche di spettanza della Regione
Siciliana”
(Circolare 22 maggio 2000, n. 106/E).
25
I contributi in
esame non hanno, infatti, la natura di “tributi di
ogni genere
e specie”,
che l’articolo 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 fa ricadere
nella
giurisdizione degli
organi di giustizia tributaria.
I contributi
previdenziali, in sintesi, non costituiscono oggetto di
liti fiscali
e non rientrano,
peraltro, nella giurisdizione delle Commissioni
tributarie né
tanto meno è
configurabile, in relazione alle relative controversie,
la
legittimazione
passiva dell’Agenzia delle entrate.
Ne consegue che le
controversie riguardanti i contributi non sono
definibili ai sensi
dell’articolo 39 D.L. n. 98/2011.
Ai fini della
determinazione del valore della lite fiscale definibile
non
vanno considerati i
maggiori contributi contestati con l’avviso di
accertamento.
4.10 Tributi locali
Parimenti, la
definizione prevista dall’articolo 39 D.L. n. 98/2011
non è
applicabile alle
liti pendenti sui tributi amministrati dagli Enti
locali, rispetto alle
quali l’Agenzia
delle entrate non ha legittimazione passiva.
4.11 Canone di abbonamento alla televisione
Le controversie
riguardanti il canone di abbonamento alla televisione
nelle
quali sia parte
l’Agenzia delle entrate riguardano principalmente
l’impugnazione
di atti con cui si
contesta al contribuente l’omesso versamento dello
stesso. In
quanto tali, esse
non sono definibili.
Anche in questo caso
– come già chiarito per le tasse automobilistiche –
deve ammettersi
peraltro la definibilità qualora le controversie
discendano da atti
impositivi che non
si risolvano in una mera liquidazione dell’obbligazione
tributaria o nel
recupero di versamenti omessi24.
24
L’articolo 17, comma 1, delle legge n. 289 del 2002 che
prevedeva una specifica sanatoria da applicarsi
in via esclusiva ai
canoni di abbonamento alla radio e alla televisione e
alle relative tasse sulle
concessioni
governative.
La prassi
interpretativa relativa alla chiusura delle liti ai
sensi dell’articolo 16 legge n. 289/2002 (circolare
n. 12/E del 2003,
punto 11.1.6) ritenne che il canone in esame non fosse
definibile, in quanto vi era
parallelamente una
specifica sanatoria. Attualmente, invece, non vi sono
motivi per escluderlo
dall’ambito di
applicazione dell’articolo 39 D.L. n. 98/2011.
26
4.12 Silenzio-rifiuto o diniego di rimborso
Non possono essere
definite le controversie concernenti il rifiuto espresso
o tacito alla
restituzione di tributi, così come è stato chiarito con
riguardo
all’articolo 16
legge n. 289/2002, per i seguenti motivi:
·
le somme ripetibili (ed eventualmente rimborsabili) per
effetto della
definizione, sono
solamente quelle versate in base alle norme sulla
riscossione
provvisoria in
pendenza di giudizio, conseguente alla notifica del
provvedimento
di imposizione o di
irrogazione delle sanzioni25, dovute anche se lo stesso
provvedimento non è
divenuto definitivo. Al contrario, le somme richieste in
restituzione, perché
ritenute non dovute, sono state pagate mediante
versamento
diretto e non già in
esecuzione di un provvedimento di imposizione impugnato;
·
in materia di rimborsi, l’obbligo di restituzione a
carico
dell’Agenzia delle
entrate sorge solo in caso di soccombenza disposta con
provvedimento
giudiziale definitivo. Conseguentemente, non vi è
interesse del
contribuente a
definire una lite pendente concernente un’istanza di
rimborso,
considerato che solo
la pronuncia favorevole definitiva costituisce titolo
per la
restituzione;
·
le cause di rimborso non concernono una pretesa
dell’Agenzia delle
entrate di maggiori
tributi o sanzioni amministrative, ma un’istanza di
restituzione di
somme assunte come indebitamente versate dal
contribuente.26
4.13 Precedenti definizioni agevolate
Non rientrano
nell’ambito di applicazione dell’articolo 39 D.L. n.
98/2011
i rapporti tributari
e le liti che hanno usufruito di precedenti definizioni
agevolate, con
particolare riferimento a quelle connesse alla corretta
applicazione
delle stesse, quali
quelle concernenti il rigetto di una precedente domanda
di
definizione
agevolata ovvero l’esatta determinazione delle somme
dovute dal
contribuente ai fini
della definizione agevolata.
25
L’argomento verrà trattato in maniera esaustiva al
successivo paragrafo 10.1 intitolato “Somme versate
in misura eccedente”.
26
Cfr. anche circolare del 1° ottobre 2010, n. 49,
concernente l’esecuzione delle sentenze.
27
In questo senso si è
pronunciata la Corte di cassazione, stabilendo, con la
sentenza 3 ottobre
2006, n. 21328, una regola generale secondo la quale “il
condono fiscale, essendo un accertamento straordinario o
eccezionale, in deroga
alle norme generali ed ordinarie, di un rapporto
giuridico tributario, non è
ammissibile, in mancanza di un’esplicita disposizione
legislativa, relativamente
a un altro condono…”27.
Resta inteso che,
ove ricorrano gli altri presupposti per avvalersi della
definizione in
esame, sono definibili le liti originarie per le quali
non si sia
perfezionata una
precedente definizione agevolata.
4.14 Sanzioni per l'impiego di lavoratori irregolari
Nella precedente
definizione agevolata di cui all’articolo 16 legge n.
289/2002 veniva
ammessa la possibilità di definire anche le liti
concernenti atti
di irrogazione delle
sanzioni per lavoro irregolare previste dal comma 3
dell’articolo 3 del
decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con
modificazioni, dalla
legge 23 aprile 2002, n. 7328.
Con la sentenza n.
130 del 14 maggio 2008, la Corte costituzionale ha
dichiarato “l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 2, comma 1, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546…, nella parte in
cui attribuisce alla
giurisdizione tributaria le controversie relative alle
sanzioni comunque irrogate
da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla
violazione di
disposizioni non aventi natura tributaria”.
In precedenza,
secondo l’orientamento costante della Cassazione,
l’articolo 2 del
d.lgs. n. 546 del 1992 esprimeva la regola secondo cui
l’oggetto
della giurisdizione
tributaria si identificava, in via principale, nei
tributi di ogni
genere e specie e
nelle relative sanzioni, ma anche, in via residuale, con
riferimento
all’organo (Ufficio finanziario) deputato ad irrogare
una sanzione
amministrativa in
ordine ad infrazioni commesse in violazione di norme di
svariato contenuto,
non necessariamente attinente a tributi.
27
Cfr. in tal senso sentenza della Corte di cassazione a
Sezioni Unite del 25 luglio 2007, n. 16412, con
limitate eccezioni
al principio.
28
Si veda, sul punto, la circolare del 17 settembre 2004,
n. 41.
28
La Corte costituzionale ha, invece,
precisato che la giurisdizione tributaria
“deve ritenersi
imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del
rapporto
e che la medesima non può essere ancorata al solo dato
formale e soggettivo,
relativo all’ufficio competente ad irrogare la sanzione
…”. La valutazione circa
la natura tributaria
di una controversia, secondo la Corte costituzionale,
indipendentemente
dal nomen iuris, deve rispondere ai seguenti
criteri: la
doverosità della
prestazione e il collegamento con la spesa pubblica con
riferimento a un
presupposto economicamente rilevante.
Deve escludersi
pertanto la competenza delle Commissioni tributarie
rispetto alle
sanzioni non collegate ad alcun tributo, tra le quali
quelle relative al
lavoro irregolare.
Conseguentemente, le
controversie sorte a seguito di impugnazione di
avvisi di
irrogazione di sanzioni per il lavoro “sommerso” o per
altre sanzioni
non tributarie non
sono definibili29, anche qualora pendenti innanzi agli Organi
della giustizia
tributaria e non ancora rimesse agli Organi della
giustizia
ordinaria. Tali
controversie, infatti, non possono essere considerate
“liti fiscali”
nel senso chiarito
al precedente paragrafo 1.
4.15 Controversie instaurate da società di persone
Nell’ipotesi in cui
l’accertamento impugnato da una società di persone30
si
limiti a rettificare
in aumento il reddito imputabile pro quota ai
soci, si ritiene
che la controversia
non sia definibile, nel suo complesso, ai sensi
dell’articolo 39
D.L. n. 98/201131.
29
Si pensi alle sanzioni irrogate dall’Agenzia delle
Entrate per le violazioni di cui all’articolo 53 del
D.Lgs. 30 marzo
2001, n. 165, in materia di conferimento di incarichi
retribuiti a pubblici dipendenti
senza
l’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.
Il contenzioso derivante dall’impugnazione
di tali atti di
irrogazione sanzioni, non generando una lite fiscale,
non è definibile.
30 In generale tale principio è
valido e applicabile anche a tutti gli altri soggetti
passivi - residenti nel
territorio dello
Stato - che producono redditi in forma associata e che
sono elencati all’articolo 5 del testo
unico delle imposte
sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917. Si tratta, nello specifico,
delle società di
persone (società semplici, società in nome collettivo e
società in accomandita semplice) e
dei soggetti ad esse
equiparati, in particolare associazioni senza
personalità giuridica costituite fra persone
fisiche per
l’esercizio in forma associata di arti e professioni,
queste ultime produttive di reddito di lavoro
autonomo da imputare
a ciascun associato in proporzione alla quota di
partecipazione agli utili.
31
Sul punto si era già pronunciata l’Agenzia delle entrate
con la circolare del 28 aprile 2003, n. 22/E.
29
Come già
evidenziato, l’articolo 39 D.L. n. 98/2011, per effetto
del
richiamo
all’articolo 16, comma 3, lettere a) e c) legge n.
289/2002, presuppone
che la lite
definibile esprima un determinato valore sul quale
calcolare gli importi
dovuti per la
definizione. Tale valore, come già chiarito, è dato dai
tributi (o dalle
sanzioni quando
queste non siano collegate ai tributi) accertati
dall’Ufficio e
contestati con
l’atto introduttivo del giudizio.
Sebbene l’atto di
accertamento impugnato dalla società contenga
l’indicazione
dell’ammontare del reddito o del maggior reddito da
imputare per
trasparenza ai soci
(ed eventualmente dell’Irap accertata in capo alla
società), lo
stesso non reca
alcuna quantificazione né delle imposte né delle
sanzioni dovute
dai soci. Di
conseguenza, l’eventuale definizione della lite da parte
della società,
limitatamente alle
sole imposte accertate nell’atto e di competenza della
medesima (come, ad
esempio, l’Irap), non esplica efficacia nei confronti
dei soci,
con riguardo ai
redditi di partecipazione accertati in capo a questi
ultimi.
Le controversie
instaurate dai diversi soci di società di persone in
materia
di imposte sui
redditi da partecipazione, ai soli fini della
definizione agevolata,
sono da considerarsi
come liti autonome32.
Pur avendo una
matrice comune, esse sono, sul piano processuale,
distinte
e autonome sia tra
loro stesse sia rispetto alla lite instaurata dalla
società, con
riguardo ad altre
imposte accertate in capo alla stessa33.
Qualora alcuni soci
definiscano la controversia instaurata con riguardo al
proprio reddito di
partecipazione, mentre altri scelgano di restare inerti
ovvero di
32 In proposito la già citata
circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003, al punto 11.5,
aveva precisato che “le
liti in materia di imposte sui redditi riguardanti i
soci sono autonomamente definibili rispetto a quelle
instaurate dalle società di persone per le imposte
dovute dalla stessa”.
33 In tali termini si è espressa
la Corte di Cassazione con Ordinanza del 4 agosto 2011,
n. 16982 con la
quale ha confermato
il principio già precedentemente affermato33
secondo il quale, in
tema di imposte sui
redditi, una volta
definito il reddito di società di persone, “nel
giudizio di impugnazione promosso dal
socio avverso l’avviso di rettifica del reddito da
partecipazione non è configurabile un litisconsorzio
necessario con la società e gli altri soci, sia perché
l’esigenza di unitarietà dell’accertamento viene meno
con l’intervenuta definizione da parte della società …
sia perché, non controvertendosi della qualità di
socio, ovvero della quota a ciascuno spettante, ma
unicamente, degli effetti della definizione agevolata da
parte della società su ciascun socio, ognuno di essi può
opporre, ad una definizione che costituisce titolo
per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni
di impugnativa specifiche e quindi di carattere
personale”.
30
proseguire nel
proprio giudizio autonomamente incardinato, quest’ultimo
non
potrà ovviamente
intendersi definito e proseguirà autonomamente.
5. Modalità procedurali della definizione
L’articolo 39 D.L.
n. 98/2011 stabilisce che, ai fini della definizione
della
lite pendente, il
soggetto che ha proposto l’atto introduttivo della
controversia è
tenuto al pagamento
di una somma come di seguito determinata:
a) se il valore
della lite è di importo non superiore a 2.000 euro, è
dovuta la somma di
150 euro;
b) se il valore
della lite è di importo superiore a 2.000 euro,
l’importo
da versare è pari:
·
al 30 per cento del valore della lite, nel caso in cui
non sia
intervenuta alcuna
pronuncia non cautelare sul merito ovvero
sull’ammissibilità
dell’atto
introduttivo del giudizio;
·
al 10 per cento del valore della lite, se sia risultata
soccombente
l’Agenzia delle entrate in base all’unica o all’ultima
pronuncia
giurisdizionale non
cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto
introduttivo del
giudizio resa;
·
al 50 per cento del valore della lite, se sia risultato
soccombente il
contribuente;
A tali fini rileva
la situazione alla data di presentazione della domanda
di
definizione34,
come meglio si illustrerà in seguito.
Si mira, in tal
modo, a modulare l’entità del versamento in funzione del
grado di avanzamento
del giudizio e del suo esito provvisorio, prevedendo una
misura più lieve,
nel caso di provvisorio esito favorevole al contribuente
(10 per
cento), una misura
intermedia, nel caso in cui l’organo giudiziario non si
sia
ancora espresso (30
per cento) ed una misura più elevata quando, invece, il
contenzioso stia
volgendo a favore dell’Amministrazione (50 per cento).
34
Il comma 1, lettera b), dell’articolo 16 legge n.
289/2002, ai fini della determinazione della somma
dovuta per la
definizione della lite pendente, attribuisce rilevanza
all’ultima o unica pronuncia non
cautelare resa
“alla data di presentazione della domanda di definizione
della lite”.
31
E’, pertanto,
necessario appurare, caso per caso, lo stato del
contenzioso,
accertando se sia
già stata emessa una «pronuncia giurisdizionale non
cautelare
sul merito, ovvero sull’ammissibilità dell’atto
introduttivo del giudizio»35.
A seguito della
definizione della controversia, il contribuente
acquisisce il
diritto al rimborso
delle somme versate in pendenza di giudizio, per effetto
di
iscrizione a ruolo
provvisoria, ma soltanto al ricorrere di una duplice
condizione,
come meglio verrà
illustrato al successivo paragrafo 10.1 (intitolato “Somme
versate in misura eccedente”).
6. Soccombenza
La soccombenza è
determinata dal raffronto tra quanto richiesto e quanto
deciso dall’organo
giurisdizionale adito.
Pertanto, si ha
“soccombenza integrale” di una parte processuale quando
nessuna delle sue
domande viene accolta dal giudice.
6.1 Inammissibilità del ricorso
La pronuncia di
inammissibilità determina la soccombenza del soggetto
che ha proposto
l’atto di impugnazione dichiarato inammissibile.
Pertanto, nel
caso, ad esempio, di
inammissibilità pronunciata nel giudizio di primo grado,
la
somma comunque
dovuta sarà pari al 50 per cento del valore della lite.
Alle pronunce di
inammissibilità vanno equiparati gli esiti del giudizio
che
hanno una diversa
denominazione, ma che producono effetti analoghi
(improponibilità,
irricevibilità, ecc.).
6.2 Soccombenza parziale
Si ha soccombenza
parziale quando, con l’ultima o unica pronuncia resa
alla data di
presentazione della domanda di definizione, la parte non
ottiene
l’integrale
accoglimento delle proprie richieste.
35 In proposito, si veda il
successivo paragrafo 8.1 in tema di rilevanza delle
pronunce rese fino alla data
di presentazione
della domanda.
32
Considerato che le
somme dovute dipendono dall’esito del giudizio e,
quindi, dalla
soccombenza di ciascuna parte, in tal caso troveranno
applicazione
sia la percentuale
del 10 che quella del 50 per cento.
Più precisamente, le
suddette percentuali andranno applicate partitamente
sul valore della
lite – determinato secondo le regole illustrate nel
relativo
paragrafo – in base
alle seguenti modalità:
a) il 10 per cento
sulla parte del valore della lite per la quale l’ultima
o
unica pronuncia
giurisdizionale non cautelare resa, sul merito o
sull’ammissibilità,
ha statuito la soccombenza dell’Agenzia delle entrate;
b) il 50 per cento
sulla parte del valore della lite per la quale l’ultima
o
unica pronuncia
giurisdizionale non cautelare, sul merito o
sull’ammissibilità, ha
statuito la
soccombenza del contribuente.
Un esempio può
essere utile per chiarire il procedimento da seguire.
Un contribuente ha
integralmente impugnato un avviso di accertamento
recante maggiore
imposta per 10.000 euro (con conseguenti sanzioni
collegate
all’imposta e
relativi interessi, non rilevanti ai fini della
determinazione del
valore della lite).
La sentenza di primo
grado ha annullato parzialmente l’avviso di
accertamento, con
conferma della legittimità e fondatezza della pretesa
limitatamente ad
un’imposta pari a 6.000 euro (più sanzioni e interessi
relativi).
Il valore della lite
è pari all'importo del tributo contestato con l’atto
introduttivo in
primo grado, vale a dire 10.000 euro.
Il contribuente, per
definire la lite, dovrà versare il 10 per cento di 4.000
euro (imposta
annullata dalla sentenza) nonché il 50 per cento di
6.000 euro
(imposta confermata
dalla sentenza).
Pertanto, verserà
complessivamente 3.400 euro (400 + 3.000).
7. Giudicato interno, somme dovute e rimborso delle
eccedenze
Come più volte
affermato, ai sensi dell’articolo 39 D.L. n. 98/2011 si
intende per valore
della lite, da assumere a base del calcolo per la
definizione,
33
“l’importo
dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in
primo
grado”.
Si ritiene che il tributo rilevante ai fini della
determinazione del valore
della lite sia solo
quello riferibile all’atto o a quella parte dell’atto
che, alla data
di presentazione
della domanda di definizione, costituisca ancora oggetto
di
controversia, in
quanto non coperto da giudicato.
In particolare, in
caso di giudicato interno formatosi anteriormente alla
data della
presentazione della domanda, il valore della lite deve
essere calcolato
tenendo conto del
tributo e/o delle sanzioni non collegate al tributo
limitatamente
alla parte ancora in
contestazione e non coperta da giudicato.
Analogamente,
qualora il giudicato interno si sia formato sull’intero
tributo e la lite
sia pendente in ordine alle sole sanzioni
originariamente collegate
al tributo, il
valore della lite è dato dalle sanzioni in
contestazione, così come
avviene nei casi di
impugnazione parziale dell’atto impugnato. In tal caso
l’eventuale
definizione e la conseguente dichiarazione di estinzione
del giudizio
interesserà la sola
parte della controversia ancora in contestazione.
Il valore della
lite, come prima determinato, rileva anche come
parametro
quantitativo che
delimita il perimetro di applicazione della norma
concernente la
definizione delle
liti “minori” (20.000 euro).
La chiusura della
lite lascia impregiudicata la necessità di dare
esecuzione
al giudicato interno
con conseguente recupero di tributi, sanzioni ed
interessi
dovuti per effetto
dell’intervenuta sentenza definitiva.
Considerazioni
analoghe valgono – come si è detto con circolare del 21
marzo 2003, n. 17/E
del 2003, paragrafo 1.13, intitolato “Articolo 16 –
Giudicato
interno, somme dovute e rimborso delle eccedenze” – in caso di annullamento
parziale dell’atto
in contestazione in via di autotutela. In particolare,
qualora in
pendenza di lite
l’Agenzia delle entrate abbia annullato parzialmente il
provvedimento
impugnato, il contribuente può avere interesse a
definire la
controversia ancora
pendente limitatamente alla residua parte della pretesa
erariale non
interessata dal provvedimento di annullamento
dell’Ufficio. Anche
in tal caso la quota
parte di atto impugnato interessata dall’annullamento
non
34
concorre alla
determinazione del valore della lite, essendo stata
rimossa al
riguardo ogni
ragione di contrasto.
In proposito si
precisa che, a seguito della comunicazione di regolarità
della definizione da
parte dell’Ufficio, la dichiarazione di estinzione del
giudizio
per chiusura della
lite riguarderà l’intero oggetto della controversia,
compresa la
parte del
provvedimento impugnato annullato in via di autotutela.
8. Pronuncia “resa”
Con riferimento alla
data in cui la pronuncia giurisdizionale si intende
“resa”,
ai sensi dell’articolo 39 D.L. n. 98/2011, il
legislatore attribuisce
rilevanza alla data
di:
·
deposito della pronuncia nel testo integrale;
·
deposito del solo dispositivo, qualora sia prevista una
pubblicazione
dello stesso prima
delle motivazioni, come è stabilito per le decisioni
della
Commissione
tributaria centrale;
·
comunicazione al contribuente di un provvedimento
decisorio del
giudizio, qualora
non ne sia prevista la pubblicazione mediante deposito
(come
accade, ad esempio,
per il provvedimento presidenziale di inammissibilità
del
ricorso di cui al
comma 1 dell’articolo 27 del d.lgs. n. 546 del 1992).
A tal fine, rilevano
le pronunce decisorie concernenti il merito della
controversia36.
Non riveste alcuna importanza, invece, l’ordinanza di
accoglimento o di
rigetto dell’istanza di sospensione cautelare
dell’esecuzione
dell’atto impugnato,
che la Commissione abbia emesso ai sensi dell’articolo
47
del d.lgs. n. 546
del 1992. In altri termini, qualora il ricorso sia stato
proposto dal
contribuente di
fronte alla Commissione tributaria provinciale e questa
si sia
pronunciata
esclusivamente in ordine alla richiesta di sospensione
cautelare degli
effetti dell’atto
impugnato, la definizione comporta il versamento del 30
per
cento del valore
della lite, qualunque sia l’esito della pronuncia sulla
sospensione.
36
Compresi i predetti decreti di inammissibilità dei
ricorsi di cui all’articolo 27 del d.lgs. n. 546 del
1992.
35
8.1 Rilevanza delle pronunce rese fino alla data di
presentazione della
domanda
Ai fini della
determinazione della somma dovuta occorre fare
riferimento
all’ultima o
all’unica pronuncia non definitiva eventualmente resa
alla data di
presentazione della
domanda di definizione.
Per tale motivo,
qualora la causa sia stata già discussa e, quindi,
presumibilmente sia
stata anche decisa, è necessario che il soggetto
interessato
alla definizione
verifichi, prima della presentazione della domanda di
definizione, se sia
intervenuto o meno il deposito della sentenza o del
dispositivo
presso la segreteria
della Commissione tributaria. Ciò in quanto rileva la
pubblicazione,
mediante deposito, della pronuncia, anche se il
contribuente non
ne abbia ancora
ricevuto comunicazione.
Qualora tra la data
di versamento delle somme dovute per la definizione e
quella di
presentazione della domanda intervenga una pronuncia
giurisdizionale
non definitiva, resa
sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto
introduttivo del
giudizio, per
effetto della quale le somme dovute risultino
modificate, potranno
verificarsi le
seguenti ipotesi:
a) le somme già
versate risultano di ammontare superiore a quelle
dovute per effetto
dell’intervenuta pronuncia: in questo caso il soggetto
interessato avrà
diritto37,
a seguito della verifica della regolarità della
definizione
della lite, alla
restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a
quelle
dovute in base alla
nuova pronuncia;
b) le somme già
versate risultano di ammontare inferiore a quelle
dovute per effetto
dell’intervenuta pronuncia: in questo caso il soggetto
interessato dovrà
versare la differenza entro la data di presentazione
della
domanda,
eccezionalmente anche oltre, pertanto, il 30 novembre
2011.
In considerazione di
quanto sopra evidenziato, si rende opportuno
presentare la
domanda immediatamente dopo l’esecuzione del versamento.
Fino
37
Nei casi previsti dall’articolo 16, comma 5, legge n.
289/2002, di cui si tratterà al successivo paragrafo
10.
36
a quando non saranno
disponibili le funzionalità per la trasmissione
telematica
della domanda, è
possibile consegnarla all’Ufficio38 che si impegna a trasmetterla
in via telematica
secondo le modalità stabilite con il provvedimento del
Direttore
dell’Agenzia delle
entrate del 13 settembre 2011. In tal caso, ai fini
della
determinazione della
somma dovuta per la definizione, si fa riferimento
all’ultima o
all’unica pronuncia non definitiva resa alla data di
consegna.
8.2 Definizione in pendenza di giudizio di rinvio o del
termine di riassunzione
L’articolo 39 D.L.
n. 98/2011, per effetto del richiamo all’articolo 16
legge n. 289/2002,
prevede la possibilità di definire le liti per le quali
pende
giudizio di rinvio
ovvero pende il termine per la relativa riassunzione.
In caso di rinvio al
giudice di primo grado, le somme dovute per la
definizione sono
pari al 30 per cento del valore della lite, considerato
che la
pronuncia di rinvio
fa venir meno quelle precedenti.
Parimenti, è dovuto
il 30 per cento del valore della lite nell’ipotesi di
rinvio al giudice di
secondo grado, in quanto “è principio fermo nella
giurisprudenza di legittimità e nella riflessione della
pressoché unanime dottrina
processualistica che il giudizio di rinvio (...)
costituisce una fase nuova ed
autonoma, ulteriore e successivo momento del giudizio
(...) diretto e funzionale
ad una sentenza che non si sostituisce ad alcuna
precedente pronuncia,
riformandola, ma statuisce direttamente sulle domande
proposte dalle parti”
(Cass. 17 novembre
2000, n. 14892; Cass. 6 dicembre 2000, n. 15489; 23
settembre 2002, n.
13833; Cass. 28 gennaio 2005, n. 1824; Cass. 28 marzo
2009,
n. 7536; Cass. 5
aprile 2011, n. 7781; Cass. 17 settembre 2010, n.
19701).
Inoltre, è
orientamento consolidato del giudice di legittimità
quello
secondo cui, qualora
la sentenza di appello sia stata cassata con rinvio, “non
sarà
mai più possibile procedere
in executivis sulla base della sentenza di primo
grado ... riformata dalla sentenza d’appello cassata,
potendo una nuova
38
Nel caso in cui la domanda venga presentata in Ufficio
prima dell’attivazione della procedura per la
trasmissione
telematica, l’Ufficio attesta l’avvenuta presentazione
della domanda alla data di ricezione,
tramite modello 8 o
analoga attestazione.
37
esecuzione fondarsi soltanto, eventualmente, sulla
sentenza del giudice di rinvio”
(Cass. 13 maggio
2002, n. 6911; in senso conforme, Cass. 9 marzo 2001, n.
3475; Cass. 24 marzo
2006, n. 6679; Cass. 19 febbraio 2007, n. 3758; Cass. 12
marzo 2009, n.
6042).
Si ricorda che il
rinvio, oltre che dalla Corte di Cassazione, può essere
disposto anche dalla
Commissione tributaria centrale e dalle Commissioni
tributarie regionali39;
in entrambi i casi per determinare l’importo dovuto per
la
definizione va
applicato il criterio innanzi enunciato40.
8.3 Conciliazione giudiziale
È ammessa la
definizione delle liti pendenti interessate da
conciliazione
giudiziale di cui
all’articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992, non ancora
perfezionata alla
data del 30 novembre 2011 (termine ultimo per effettuare
il
pagamento utile ai
fini della definizione).
Il citato articolo
48 dispone che “la conciliazione si perfeziona con il
versamento ... dell’intero importo dovuto ovvero della
prima rata”41.
In caso di
conciliazione parziale perfezionata, la lite è
definibile per la
parte non
conciliata. In tal caso il valore della lite è dato dal
tributo ancora in
contestazione.
9. Perfezionamento, efficacia e validità della
definizione
La definizione si
perfeziona con il versamento dell’intera somma dovuta
entro il 30 novembre
2011 e con la successiva presentazione – entro il 2
aprile
201242–
della relativa domanda di definizione.
39
Si evidenzia che l’articolo 59, comma 3, del d.lgs. n.
546 del 1992 non richiede la riassunzione ad
istanza di parte.
40
Cfr. risoluzione 9 maggio 2003, n. 104/E.
41 In proposito si ricorda che
il testo previgente dell’articolo 48, comma 3, del
d.lgs. n. 546 del 1992
prevedeva, nel caso
in cui l’importo delle rate successive alla prima fosse
superiore a 50.000 euro, la
prestazione di
idonea garanzia. Tale garanzia doveva essere prestata
sull’importo delle rate successive
alla prima.
L’articolo 23, comma 19, lett. a), del decreto-legge n.
98 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, ha soppresso tale obbligo.
42
La norma prevede che la domanda sia presentata entro il
31 marzo 2012, che cade di sabato;
l’adempimento è,
dunque, prorogato al primo giorno lavorativo successivo,
ai sensi dell’articolo 7,
38
La domanda di
definizione deve essere presentata esclusivamente in via
telematica
compilando il modello conforme a quello approvato con il
provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate del 13 settembre
2011.
La domanda e le
relative istruzioni sono disponibili in formato
elettronico
sul sito Internet
dell’Agenzia delle entrate.
Per la compilazione
della domanda si può utilizzare l’apposito software
che sarà reso
disponibile per gli utenti abilitati in ambiente “Entratel
o
Fisconline”.
La data a partire dalla quale sarà possibile procedere
alla
compilazione e alla
trasmissione telematica della domanda di definizione
verrà
resa nota con
successiva comunicazione.
I contribuenti
possono inviare la domanda:
·
tramite il servizio Internet (Fisconline);
·
tramite uno qualsiasi degli Uffici territoriali delle
Direzioni
provinciali
dell’Agenzia delle entrate, che ne cureranno la
trasmissione;
·
tramite gli intermediari autorizzati (professionisti,
associazioni di
categorie, CAF,
altri soggetti abilitati).
In ogni caso la
domanda va consegnata in tempo utile all’esecuzione
della
tempestiva
trasmissione telematica. Resta ferma la facoltà
dell’intermediario di
non accettare
l’incarico.
Sia gli intermediari
incaricati della trasmissione telematica sia gli Uffici
territoriali delle
Direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate che
effettuano
l’invio telematico
su richiesta del soggetto interessato, sono tenuti a
rilasciare
copia cartacea della
domanda di definizione nonché copia della comunicazione
trasmessa per via
telematica dall’Agenzia delle Entrate43 attestante l’avvenuto
ricevimento della
domanda, che costituisce prova dell’avvenuta
presentazione
della stessa.
Analoga
comunicazione viene rilasciata dal servizio internet
(Fisconline)
qualora il
contribuente provveda autonomamente tramite detto
canale.
comma 1, lettera h),
del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con
modificazioni, dalla legge
12 luglio 2011, n.
106.
43
Nel caso in cui la domanda venga presentata in Ufficio
prima dell’attivazione della procedura per la
trasmissione
telematica, l’Ufficio attesta l’avvenuta presentazione
della domanda alla data di ricezione,
tramite modello 8 o
analoga attestazione.
39
Come preannunciato,
per la definizione delle liti “minori” non è consentito
il versamento in
forma rateale degli importi dovuti, che devono essere,
pertanto,
integralmente
eseguiti entro il 30 novembre 2011.
L’articolo 39, comma
12, lettera d) stabilisce poi che “gli uffici
competenti
trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e
alle corti di appello
nonché alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio
2012, un elenco delle liti
pendenti per le quali è stata presentata domanda di
definizione. Tali liti sono
sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione
degli uffici attestante la
regolarità della domanda di definizione ed il pagamento
integrale di quanto
dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre
2012. Entro la stessa data
deve essere comunicato e notificato l'eventuale diniego
della definizione”.
Dopo aver
riscontrato l’integrale pagamento di quanto dovuto,
l’Ufficio,
sulla base di un
sommario controllo della definibilità della lite,
dispone subito,
senza necessità di
specifica istanza, la sospensione della riscossione dei
ruoli il
cui obbligo di
pagamento verrà meno per effetto della definizione della
lite. A
seguito della
presentazione della domanda di definizione, dopo averne
accertato
la regolarità,
procede allo sgravio dei predetti ruoli non pagati,
sempre senza
necessità di
specifica istanza. Nel caso in cui le somme già versate
in pendenza di
giudizio siano
superiori a quelle dovute per la definizione l’Ufficio
può
procedere alla
sospensione dopo la presentazione della domanda di
definizione
ovvero allo sgravio
dopo aver accertato la regolarità della definizione.
Salvo quanto si dirà
nel successivo paragrafo 10, l’Ufficio non può
procedere, invece,
al rimborso delle somme versate in base ad iscrizione a
ruolo
provvisoria.
9.1 Pronuncia di condanna dell’Agenzia alle spese di
giudizio.
Ai sensi
dell’articolo 46 del d.lgs. n. 546 del 1992 le spese del
giudizio
estinto per
definizione agevolata restano a carico della parte che
le ha anticipate.
Più in generale, la
chiusura della lite definisce ogni aspetto della
controversia,
compreso quello relativo alle spese di giudizio.
40
Per effetto della
definizione della lite, il contribuente si avvale dei
benefici
alla stessa
connessi, rinunciando agli effetti di una eventuale
pronuncia
favorevole resa nei
suoi confronti, anche qualora la stessa rechi la
condanna
dell’Agenzia delle
entrate al pagamento delle spese di giudizio.
Pertanto, a seguito
della definizione della lite, si ha rinuncia, da parte
del
contribuente, alla
vittoria delle spese di giudizio. In modo speculare,
l’intervenuta
definizione impedisce di dare esecuzione a pronunce di
condanna
del contribuente
alle spese, rese nelle controversie oggetto di
definizione.
10. Scomputo delle somme già versate
Dalle somme dovute
per effetto della definizione possono essere
scomputate quelle
già versate sulla base di iscrizioni a ruolo provvisorie
effettuate in
pendenza di giudizio o in pendenza del termine di
impugnazione
dell’atto o della
pronuncia giurisdizionale (cfr. articolo 16, comma 5,
legge n.
289/2002).
Sono scomputabili le
somme iscritte a ruolo provvisorio, pagate a titolo di
tributo, sanzioni
amministrative, interessi ed indennità di mora di
spettanza
dell’Agenzia delle
entrate, limitatamente alla parte commisurata alla
pretesa
impositiva ancora in
contestazione nella lite che si intende chiudere44.
In tal senso,
qualora ad esempio con riferimento ad uno stesso avviso
di
accertamento, il
contribuente abbia proposto ricorso per contestare
esclusivamente i
maggiori tributi accertati, avendo definito le relative
sanzioni
con il beneficio
della riduzione ad un terzo45, in applicazione dell’articolo 17,
comma 2, del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, egli non può
scomputare dalle
somme dovute per la chiusura della lite quanto versato
per
definire le sole
sanzioni.
44
Come già chiarito con la circolare n. 12/E del 2003,
punto 11.6.12.
45
Per effetto della modifica apportata dall’articolo 1,
comma 20, lettera c), della legge 13 dicembre 2010,
n. 220 all’articolo
17, comma 2 del d.lgs. n. 472 del 1997, con decorrenza
dal 1° febbraio 2011, la
definizione
agevolata delle sole sanzioni è ammessa con il pagamento
di un importo pari ad un terzo delle
stesse. Il
previgente testo normativo prevedeva che la definizione
agevolata avvenisse con il beneficio
della riduzione ad
un quarto della sanzione irrogata.
41
Qualora le somme
versate in sede di riscossione provvisoria siano di
ammontare superiore
rispetto all’importo dovuto per la chiusura della lite,
non
occorrerà effettuare
alcun versamento. Né spetta il rimborso della
differenza,
salvo quanto di dirà
nel paragrafo seguente.
10.1 Somme versate in misura eccedente
Qualora risulti che
le somme versate provvisoriamente in pendenza di
giudizio siano
superiori all’importo dovuto per la definizione, il
contribuente
potrà ottenere il
rimborso della parte eccedente nel solo caso in cui
l’Agenzia
delle entrate sia
risultata soccombente sulla base dell’ultima o unica
pronuncia
non definitiva
emessa.
In conformità al
disposto dell’articolo 16, comma 5, legge n. 289/2002,
che trova
applicazione anche per la definizione delle liti
“minori”, la possibilità
di avere in
restituzione le somme versate in pendenza di giudizio è,
altresì,
subordinata alla
condizione che il valore della controversia oggetto di
definizione
sia superiore a
2.000 euro.
In ogni caso, il
rimborso non potrà essere disposto qualora la
Commissione
tributaria non si sia ancora espressa, ovvero il
contribuente, all’atto
della presentazione
dell’istanza di definizione, risulti soccombente sulla
base
dell’ultima
pronuncia resa.
11. Modalità di pagamento
Ai sensi del comma
12, lettere a) e b) dell’articolo 39, il versamento
delle
somme dovute deve
essere effettuato entro il 30 novembre 2011 in unica
soluzione.
Il pagamento va
effettuato con modello “F24 Versamenti con elementi
identificativi”,
qualunque sia il tipo di tributo cui la lite si
riferisce, con
l’indicazione del
codice tributo “8082”, denominato “Liti fiscali
pendenti –
Definizione ai sensi dell’articolo 39, comma 12, del
decreto legge 6 luglio 2011,
n. 98”,
istituito con risoluzione del 5 agosto 2011, n. 82/E.
42
È preclusa la
possibilità di compensare, ai sensi dell’articolo 17 del
decreto legislativo
9 luglio 1997 n. 241, la somma dovuta per la definizione
della
lite con qualsiasi
credito di imposta (cfr. articolo 16, comma 2, legge n.
289/2002).
12. Sospensione dei giudizi.
Ai sensi
dell’articolo 39, comma 12, lettera c), le liti fiscali
suscettibili di
definizione a norma
del medesimo articolo sono sospese ex lege dal 6
luglio 2011
fino al 30 giugno
2012
Si ritiene che la
sospensione non operi qualora il contribuente presenti
istanza di
trattazione (cfr. articolo 16, comma 6, legge n.
289/2002).
Se la data di
trattazione della lite era stata già fissata nel
suddetto periodo
di sospensione, il
giudizio prosegue, salva la facoltà del contribuente di
chiederne
la sospensione,
rappresentando la volontà di avvalersi della
definizione. Va da sé
che la richiesta di
sospensione non potrà più formularsi qualora il
contribuente
non abbia effettuato
il versamento di quanto dovuto entro il 30 novembre 2011
o,
se non è dovuto
alcun versamento, qualora non abbia presentato
tempestiva
domanda di
definizione.
La richiesta,
rispettivamente di trattazione o di sospensione, può
essere
formulata in forma
scritta oppure oralmente in udienza.
Si ritiene che il
giudice debba comunque sospendere il processo
nell’eventualità che
il contribuente produca in sede di discussione copia del
versamento
effettuato o, se non sono dovuti pagamenti, della
domanda di
definizione
presentata.
Dopo che l’Ufficio,
all’indomani del 2 aprile 2012, avrà preso atto della
presentazione delle
domande di definizione, includendole nell’elenco da
trasmettere agli
organi giurisdizionali, la sospensione del giudizio si
protrarrà
fino al 30 settembre
2012.
43
Entro la predetta
data del 30 settembre 2012, l’Ufficio andrà a comunicare
al competente organo
giurisdizionale l’avvenuta estinzione della lite, dopo
averne verificato il
perfezionamento e, quindi, accolto la domanda di
definizione.
Per esigenze di
economia processuale, si invitano gli Uffici a
trasmettere il
più celermente
possibile e comunque non oltre il 30 giugno 2012 gli
elenchi delle
controversie oggetto
di istanza di definizione, posto che il termine ultimo
fissato
dalla norma per la
trasmissione di detti elenchi (15 luglio 2012) è
successivo alla
data (30 giugno
2012) di cessazione della sospensione dei processi e dei
termini
processuali46.
La sospensione dei
giudizi non equivale a sospensione dell’efficacia
esecutiva dell’atto
impugnato, rimanendo salva la facoltà della Commissione
tributaria
provinciale di disporre la sospensione cautelare degli
effetti dell’atto, ai
sensi dell’articolo
47 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando ne ricorrano i
presupposti
previsti da tale
norma.
12.1 Sospensione dei termini.
Per le liti che
possono formare oggetto di definizione, la lettera c)
del
comma 12
dell’articolo 39 prevede che sono sospesi, a favore di
tutte le parti
processuali, dal 6
luglio 2011 fino al 30 giugno 2012, “…i termini per
la
proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni,
ricorsi per cassazione,
controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i
termini per la costituzione in
giudizio”.
La sospensione opera
anche con riguardo ad atti di impugnazione dei
provvedimenti
giurisdizionali individuati con una denominazione
diversa da
quella espressamente
indicata dal legislatore; in tal senso, la sospensione
dei
termini riguarda, ad
esempio, anche i reclami contro i provvedimenti
presidenziali di cui
all’articolo 28 del d.lgs. n. 546 del 1992, che, ai
sensi del
comma 1 del medesimo
articolo, sono proposti e notificati alle altre parti
costituite nelle
forme di cui all’articolo 20, commi 1 e 2, ossia secondo
le
46
Si precisa che tali adempimenti andranno svolti
esclusivamente mediante specifiche funzionalità
informatiche di
ausilio che verranno rese disponibili agli Uffici.
44
formalità previste
per i ricorsi. Ai predetti reclami si riferisce la norma
nella parte
in cui annovera tra
gli atti per i quali opera la sospensione dei termini
anche i
“ricorsi”.
E’ esclusa, invece,
la sospensione del termine per proporre il ricorso in
primo grado.
La sospensione non
opera neppure con riguardo ad una controversia
instaurata dal
contribuente per impugnare una pluralità di atti,
qualora anche uno
solo di questi non
sia definibile.
Analogamente gli
Uffici, in via prudenziale, riterranno non sospeso il
giudizio - e i
relativi termini - che risulti dalla riunione di più
controversie
quando anche una
sola di queste non sia definibile. Peraltro, al di là
dei casi di
litisconsorzio
necessario di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 546 del
1992, è facoltà
del giudice disporre
la separazione delle liti, ai sensi dell’articolo 29 del
medesimo d.lgs. n.
546 del 1992: in tal caso la sospensione, anche ai fini
dei
termini per gli
adempimenti delle parti, opera limitatamente alle liti
definibili
risultanti dalla
separazione.
Qualora il
contribuente non si avvalga della definizione agevolata,
la
sospensione cessa il
30 giugno 2012, con la conseguenza che i termini
processuali
riprenderanno a decorrere dal 1° luglio 2012.
13. Omesso versamento dell’importo dovuto
Come già chiarito in
precedenza, la definizione in esame non prevede il
pagamento rateale
delle somme dovute. In base alla precedente definizione
agevolata di cui
all’articolo 16 legge n. 289/2002, l’omesso versamento,
entro i
termini previsti,
delle rate successive alla prima non impediva la
validità della
definizione. Nel
caso di specie, al contrario, per la definizione delle
liti minori,
l’omesso versamento,
entro il termine previsto, dell’importo dovuto comporta
l’inefficacia della
sanatoria.
45
14. Errore scusabile
La lettera d) del
comma 12 dell’articolo 39, stabilisce che entro il 30
settembre 2012 gli
Uffici dovranno comunicare al contribuente l’eventuale
diniego della
definizione.
Al riguardo, gli
Uffici non mancheranno, tuttavia, di fare corretta
applicazione del
principio dell’errore scusabile, enunciato all’articolo
16, comma
9, legge n.
289/2002, secondo cui “in caso di pagamento in misura
inferiore a
quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità
dell’errore, è consentita la
regolarizzazione del pagamento medesimo entro trenta
giorni dalla data di
ricevimento della relativa comunicazione dell’ufficio”
L’errore potrà
ritenersi scusabile nelle ipotesi in cui il soggetto
abbia
osservato una
normale diligenza nella determinazione del valore della
lite e nel
calcolo degli
importi dovuti.
La scusabilità
dell’errore presuppone, di norma, condizioni di
obiettiva
incertezza o di
particolare complessità del calcolo che debbono potersi
accompagnare alla
normale diligenza usata dal contribuente.
Ove riconosca la
scusabilità dell’errore, l’Ufficio liquiderà il maggior
importo dovuto e, in
conformità al punto 5.5 del provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle
entrate del 13 settembre 2011, inviterà il contribuente
ad
effettuare il
versamento integrativo entro 30 giorni dalla data di
ricezione della
comunicazione47.
Qualora la parte non
provveda entro tale termine all’integrazione del
pagamento, la
chiusura della lite non sarà valida e, quindi, si
procederà al
diniego, trattato di
seguito.
47
L’importo dovuto per la regolarizzazione, maggiorato
degli interessi legali a decorrere dal giorno
successivo al
termine per il versamento fissato dell’articolo 39 D.L.
n. 98/2011, sono versate mediante il
modello “F24 con
elementi identificativi”. Anche in tal caso, è
esclusa la compensazione di cui
all’articolo 17 del
d.lgs. n. 241 del 1997.
46
15. Diniego della definizione
Qualora rilevi
l’irregolarità della definizione oppure l’omesso o
insufficiente
pagamento di quanto dovuto, l’Ufficio notificherà al
ricorrente e
depositerà presso
l’organo giurisdizionale il provvedimento di diniego
della
definizione della
lite fiscale pendente (cfr. articolo 16, comma 8, legge
n.
289/2002).
L’eventuale diniego
della definizione, pertanto, oltre ad essere comunicato
all’organo
giurisdizionale competente (presso la segreteria della
Commissione
tributaria o la
cancelleria del Giudice ordinario presso cui pende la
lite), dovrà
essere notificato al
contribuente con le modalità previste dall’articolo 60
del
d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, o dall’articolo 14 della legge 20 novembre
1982, n. 890, o
dall’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 15 settembre
1990, n.
261, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331.
Già in passato, con
riferimento all’articolo 16 legge n. 289/2002, era sorta
questione se, in
considerazione del venir meno del presupposto del
versamento e,
quindi, del mancato
perfezionamento della definizione, le somme pagate
dovessero essere
rimborsate al contribuente. Al riguardo, si ritiene che
tali
somme possano essere
rimborsate, a condizione che il provvedimento di diniego
non sia stato
impugnato e che non pendano più i termini per
impugnarlo. Invero,
solo il decorso del
termine per l’impugnazione del diniego ovvero il
passaggio in
giudicato della
sentenza che statuisce in merito alla sua legittimità
rendono certo
il mancato
perfezionamento della definizione. Le somme devono
essere
trattenute in attesa
della definitività del diniego.
16. Coobbligati
In presenza di più
coobbligati, la definizione effettuata da parte di uno
di
essi esplica
efficacia anche a favore degli altri.
Relativamente alle
controversie che riguardano una pluralità di soggetti
(ad esempio,
alienante e acquirente, coeredi, coniugi che hanno
presentato
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dichiarazione
congiunta) interessati dallo stesso atto impugnato o
dalla stessa lite
autonomamente
definibile, possono configurarsi i seguenti casi:
a) pendenza di
un’unica lite nella quale siano costituiti tutti gli
interessati;
b) pendenza di
distinte liti aventi ad oggetto lo stesso atto,
instaurate
separatamente da
ciascuno degli interessati;
c) presentazione di
ricorso solo da parte di alcuni degli interessati.
Nell’ipotesi sub
a) si configura un’unica lite e, pertanto, la
regolare
definizione da parte
di uno degli interessati determina automaticamente
l’estinzione della
controversia anche nei confronti degli altri soggetti.
Nell’ipotesi sub
b), pur in presenza di più liti fiscali, la
definizione fatta
valere da uno degli
interessati estende gli effetti anche sulle altre
controversie.
Ciò può accadere, ad
esempio, in materia di imposta di registro, nell’ipotesi
in
cui l’avviso di
rettifica avente ad oggetto lo stesso contratto di
cessione di
azienda sia stato
impugnato separatamente da acquirente e venditore, con
l’instaurazione di
separati giudizi pendenti.
In tal caso,
l’Ufficio competente sulla domanda prodotta da uno dei
soggetti
interessati, nel trasmettere al giudice l’elenco delle
liti per le quali è stata
chiesta la
definizione, avrà cura di comunicare la pendenza di
altre liti aventi ad
oggetto il medesimo
rapporto tributario, cui si estendono gli effetti della
definizione.
Una volta verificata
la regolarità della chiusura della lite, andrà richiesta
l’estinzione del
giudizio per cessazione della materia del contendere
anche con
riguardo alle altre
controversie, instaurate dai coobbligati, interessate
dalla
medesima
definizione.
Trattandosi anche in
questo caso di estinzione prevista dalla legge, non si
fa luogo al
pagamento di eventuali spese di lite che, ai sensi
dell’articolo 46,
comma 3, del d.lgs.
546 del 1992, “… restano a carico della parte che le
ha
anticipate.”
Nell’ipotesi sub
c) la pretesa impositiva si è resa definitiva
soltanto nei
confronti di alcuni
dei soggetti interessati dall’atto impugnato. In tal
caso,
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l’effetto
definitorio dell’iniziativa assunta dal ricorrente
impedisce all’Agenzia di
esercitare ulteriori
azioni nei confronti degli altri soggetti interessati,
per i quali
la lite non sia più
pendente, fermo restando che non si farà comunque luogo
a
rimborso di somme
già versate.
L’eventuale rimborso
di eccedenze spettanti ai sensi del comma 5
dell’articolo 16
legge n. 289/2002, potrà avvenire, in forza della
definizione
ottenuta da uno dei
coobbligati, anche a favore di altri coobbligati che in
precedenza avessero
effettuato i versamenti a titolo provvisorio, ma che poi
non
si siano avvalsi
personalmente della definizione. In proposito, occorre
precisare
che ciascun
coobbligato solidale che decide di avvalersi della
definizione non
potrà scomputare
dalle somme dovute per la definizione i versamenti già
effettuati a titolo
provvisorio dagli altri coobbligati che non si siano
avvalsi
personalmente della
definizione.
17. Estinzione del giudizio.
L’estinzione del
giudizio è subordinata alla comunicazione di regolarità
della definizione da
parte dell’Ufficio.
A seguito del
deposito di detta comunicazione, nei giudizi pendenti
innanzi alle
Commissioni tributarie provinciali, regionali, di primo
e secondo
grado di Trento e
Bolzano verrà dichiarata l’estinzione del giudizio per
cessazione della
materia del contendere, ai sensi dell’articolo 46 del
d.lgs. n. 546
del 1992.
Per i giudizi
pendenti dinanzi alla Commissione tributaria centrale
l’estinzione è
dichiarata con ordinanza ai sensi dell’articolo 27,
primo comma,
secondo e terzo
periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre
1972, n. 636. Il
Presidente può delegare un altro componente della
commissione
medesima ad adottare
la predetta ordinanza. Per i giudizi presso la
Commissione
tributaria centrale,
il termine per proporre ricorso al collegio avverso
l’ordinanza
di estinzione del
giudizio è ridotto (da sessanta) a trenta giorni,
decorrente dalla
data di
comunicazione della medesima (cfr. articolo 16, comma 9-bis,
legge n.
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289/2002); anche la
comunicazione della data dell’udienza alle parti dovrà
effettuarsi entro il
termine di trenta giorni prima dell’udienza (cfr.
articolo 16,
comma 9-bis,
legge n. 289/2002).
Anche per i giudizi
pendenti presso la Corte di cassazione, alla
comunicazione di
regolarità della definizione consegue la dichiarazione
di
estinzione. Sebbene
l’istituto della cessazione della materia del contendere
non
sia espressamente
previsto dal codice di procedura civile, la Cassazione
dichiara
in tal caso
l’estinzione del processo in conformità al proprio
orientamento, che
ammette tale
possibilità qualora sia sopravvenuta una situazione,
riconosciuta da
entrambe le parti,
che abbia eliminato la posizione di contrasto ed abbia
perciò
fatto venir meno la
necessità di una pronuncia sull’oggetto della
controversia.
Le Direzioni
regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i
principi
enunciati con la
presente circolare vengano puntualmente osservati dagli
Uffici
dipendenti.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA |