A cura della Dott.ssa Ina Dhimgjini
Ordinanza Sezione Tributaria Civile
Corte di Cassazione sentenza n. 16910/2011
Giuristi & DirittoSommario:
Introduzione - 1. Il litisconsorzio necessario in
materia civilistica ed in materia tributaria:
divergenze, lacune ed interazioni - 2. Alcuni casi di
litisconsorzio necessario – 3. Gli «antecedenti» e la
sentenza n. 14815/2008 della Suprema Corte di Cassazione
– 4. Considerazioni conclusive.
Introduzione
Sull’istituto del «processo con
pluralità di parti» (o c.d. «litisconsorzio necessario»)
dottrina e giurisprudenza si sono frequentemente
pronunciate vuoi con la finalità di delinearne le
principali caratteristiche vuoi per l’esigenza di
rapportare ed inglobare nuove fattispecie giuridiche
all’interno di questa vasta categoria processuale.
In merito a detto istituto appare
doveroso ed opportuno in via preliminare operare una
precisazione. Il litisconsorzio necessario, rispondente
alla duplice ratio di giustizia ed economia processuale,
può essere oggetto di differenziazione sulla base di
molteplici criteri.
Se ad essere preso in
considerazione è l’elemento caratterizzante, ovvero la
pluralità di parti, il litisconsorzio sarà «attivo» se
queste sono attori, «passivo» se queste sono convenuti
ed, infine, «misto» se le parti sono sia attori che
convenuti.
Adottando come criterio il
parametro temporale, si dirà «originario» il
litisconsorzio se la pluralità di parti caratterizza il
dispiegarsi del processo giurisdizionale sin dal
principio; sarà, invece, «successivo» se all’ iniziale
presenza di due sole parti se ne aggiungerà quella di
molte altre.
Da ultimo, è il dato legislativo
stesso che assurge a requisito utile nel distinguere
«litisconsorzio facoltativo» e «litisconsorzio
necessario».
Mentre il primo trova espressa
previsione all’interno dell’art. 103 c.p.c. [[1]], il
litisconsorzio necessario è disciplinato dall’art. 102
c.p.c., norma che sarà oggetto della presente
trattazione.
Non meno significativa appare poi
la distinzione [[2]] operata da recente dottrina che,
ancorando alle norme di cui sopra il riferimento al
litisconsorzio quanto ai presupposti secondo il diritto
positivo, lo ha distinto dalla nozione di
«litisconsorzio letterale» (o «semantico»).
Aldilà delle suestese
classificazioni, occorre rilevare come l’istituto del
litisconsorzio svolge la funzione di garanzia
dell’inviolabile diritto alla difesa e del
contraddittorio costituzionalmente previsti.
Ricorda l’art. 111 [[3]] della
Costituzione, infatti, che «ogni processo si svolge nel
contraddittorio tra le parti […]» e che il principio
dell’ audiatur et altera pars governa qualsiasi
tipologia di processo (civile, penale, amministrativo,
tributario, etc.).
Le principali protagoniste di
qualsiasi processo sono le parti [[4]]; dunque il
processo esiste in quanto sono le parti ad avergli dato
vita.
1. In materia
processual–civilistica [[5]] il litisconsorzio
necessario è disciplinato dall’art. 102 c.p.c.
La disposizione recita, al I comma,
che «se la decisione non può pronunciarsi che in
confronto di più parti, queste debbono agire o essere
convenute nello stesso processo».
Aggiunge al comma II che «se questo
è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse,
il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in
un termine perentorio da lui stabilito».
L’elemento costitutivo del processo
litisconsortile è, dunque, la presenza di una pluralità
di parti che devono agire o essere convenute nello
stesso processo affinché la decisione finale produca
effetti giuridici nei confronti di tutti e non sia,
dunque, inutiliter data [[6]].
Con la conseguenza che se ad
instaurare il processo fosse anche soltanto una parte,
in presenza di litisconsorzio necessario, tutti i
soggetti coinvolti sarebbero comunque chiamati a
parteciparvi.
Emerge chiaro come la norma di cui
all’art. 102 c.p.c. non fornisca un’indicazione circa le
ipotesi in cui il litisconsorzio necessario si verifica.
Ma si limita a descrivere il fenomeno di cui sopra,
ovvero quello per il quale una sola pronuncia produce i
suoi effetti nei confronti di più soggetti.
Essa, «quanto ai presupposti della
sua applicazione, è una norma in bianco [[7]] (al
contrario, ad es., dell’art. 14 del D. Lgs. 546/1992 sul
processo tributario) [[8]]».
In materia processual – tributaria,
il Legislatore individua la parte facendo riferimento al
«ricorrente» ex art. 10 D. Lgs. 546/1992, mentre la
pluralità di parti trova espressa previsione all’interno
dell’art. 14.
Nella sua disciplina, il processo
tributario si affianca a quello civilistico degli
articoli 102 e 331[[9]], I c. c.p.c.
Quest’ultima disposizione,
richiamando il concetto di inscindibilità di cui
all’art. 14 D. Lgs. 546/1992, dispone che «se la
sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile
o in cause tra loro dipendenti, non è stata impugnata
nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione
del contraddittorio fissando il termine nel quale la
notificazione deve essere fatta e, se è necessario,
l’udienza di comparizione».
L’art. 14 D. Lgs. 546/1992
affermando, al comma primo, che «se l’oggetto del
ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi
devono essere tutti parte nello stesso processo e la
controversia non può essere decisa limitatamente ad
alcuni di essi», richiede, ai fini della sua
applicazione, il presupposto processuale
dell’inscindibilità della controversia.
Quindi, la norma
processual-tributaria [[10]], per sua natura, non lascia
ampio margine all’interpretazione del Legislatore ed
incentra la sua attenzione sulla domanda giudiziale: è
la domanda delle parti che determina l’oggetto del
processo ed è sempre la stessa che costituisce parametro
di valutazione della inscindibilità.
Sino al 1992 [[11]] l’istituto del
litisconsorzio necessario era del tutto sconosciuto al
processo tributario ed anche quando è stato introdotto,
dando attuazione alla Legge Delega 413 del 1991, non ha
mancato - così come non manca tutt’ora - di sollevare
numerosi dubbi interpretativi.
Parte della dottrina ritiene,
infatti, che la formulazione dell’art. 14 del D. Lgs.
546/1992 non manifesti altro che l’intenzione del
Legislatore di sovrapporla a quella
processual-civilistica; dall’altro lato, altra parte
della dottrina, ritiene che una rivisitazione della
formulazione risulti, invece, doverosa a causa della
debolezza contenutistica.
La massima espansione del fenomeno
del litisconsorzio si è registrata con due sentenze
della Suprema Corte di Cassazione degli anni 2007-2008
[[12]].
Queste si sono incentrate
sull’analisi della c.d. solidarietà tributaria [[13]]
abbandonando il consolidato orientamento che definiva
l’obbligazione tributaria con pluralità di parti una
«categoria speciale» rispetto alla «categoria generale»
delle obbligazioni solidali di diritto comune.
Sebbene la materia tributaria trovi
il suo principio fondante nell’art. 53 della Cost.,
essa, congiuntamente alla materia civilistica, è
comunque improntata al rispetto del principio del
contraddittorio, di eguaglianza sostanziale e di difesa.
Ma altresì - seppur con qualche
perplessità in ambito tributario [[14]] - al principio
della domanda, in base al quale l’atto di citazione
(per il processo civile) ed il ricorso (per il processo
tributario) devono indicare sia il petitum che la causa
petendi, ed al principio della corrispondenza tra il
chiesto ed il pronunciato [[15]].
2. Aldilà dei differenti
orientamenti, un comune elemento tra i due modelli di
processi è comunque riscontrabile: sia l’art. 102 c.p.c.
sia l’art. 14 D. Lgs. 546/1992 non fanno espressamente
menzione dei casi in cui si verifica il litisconsorzio
necessario [[16]].
Occorrerà a tal proposito fare
riferimento ai casi in cui è la legge [[17]] che impone
che il processo si svolga con più parti: ad esempio
l’art. 784 c.p.c. disciplina la divisione delle
comunioni; l’art. 247 c.p.c. regolamenta, invece, il
disconoscimento di filiazione legittima mentre l’art.
2900 c.c. è riferito all’azione surrogatoria.
Ma la casistica [[18]] può dirsi
ancora più ampia. La dottrina e la giurisprudenza hanno
previsto ulteriori fattispecie in cui è ravvisabile il
litisconsorzio necessario: esso, ad esempio, in materia
di diritti reali, si realizza quando la servitù deve
essere costituita su più fondi di diversi proprietari
[[19]]; in materia di obbligazioni e contratti, invece,
in ipotesi di risoluzione per inadempimento di un
contratto plurilaterale [[20]]; ed ancora, in materia di
persone, famiglia e successione l’ipotesi di
litisconsorzio necessario sussiste qualora i genitori
(legittimi o naturali) del minore sono ricorrenti nel
processo di opposizione avverso la dichiarazione dello
stato di famiglia.
L’elenco potrebbe poi continuare
[[21]] poiché dottrina e giurisprudenza hanno
individuato tre ulteriori categorie di litisconsorzio:
la prima rappresentata dal litisconsorzio necessario
«per motivi processuali»; la seconda dal litisconsorzio
necessario «per motivi sostanziali» e la terza ed ultima
dal litisconsorzio necessario «propter opportunitatem».
In merito al litisconsorzio
necessario propter opportunitatem si è pronunciata la
Corte di Cassazione con la sentenza n. 10685 del 1993.
In essa, la Suprema Corte di
Cassazione ha affermato che, nel caso di controversia
concernente la ritenuta operata dal sostituto [[22]], si
instaura un litisconsorzio necessario tra il sostituto,
il sostituito e l’Amministrazione Finanziaria [[23]].
Occorre poi menzionare l’ipotesi di
società di persone e singoli soci: in tema di
fattispecie aperte al litisconsorzio necessario ed in
particolare, in merito alla associazione in
partecipazione, si è espressa la Cassazione Sez.
Tributaria con sentenza n. 11466/2009.
Nel caso di specie, richiamando la
sentenza 14815/2008, la Corte ha rilevato come l’Ufficio
competente ha elevato il reddito di partecipazione dei
soci a seguito dell’accertamento [[24]] di maggiori
redditi in capo alla società professionale di
appartenenza.
A detta della Corte, il giudizio di
primo grado non si è realizzato in presenza di tutti i
litisconsorti necessari «con la conseguenza che la
proposizione di un ricorso da parte di uno ( o più) dei
destinatari degli avvisi comporta la necessità
d’integrare il contraddittorio nei confronti di tutti
gli altri interessati, dato che, in caso contrario, si
verificherebbe la nullità del giudizio e della sentenza
rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del
processo».
3. Alla luce di quanto sopra,
appare evidente come la tematica dell’integrazione del
contraddittorio nei confronti dei litisconsorti assenti
risulti essere strettamente connesso al profilo del
litisconsorzio necessario.
Il secondo comma dell’art. 14 del
D. Lgs. 546 del 1992, infatti, afferma che «se il
ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti
i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata
l’integrazione del contraddittorio mediante la loro
chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di
decadenza».
In tale fattispecie, quindi, il
presupposto per l’integrazione del contraddittorio è la
mancata proposizione del ricorso «da» o «nei confronti»
di tutti i soggetti.
Quindi il giudice, mediante la
vocatio in ius, inviterà il litisconsorte necessario
assente a partecipare al processo, in maniera tale che
le sue ragioni e/o eccezioni possano essere fatte valere
in giudizio.
Indispensabile, a tal proposito, si
rende il riferimento alla pronuncia della Corte di
Cassazione (sentenza n. 1052 del 2007 [[25]]) che ha
rilevato come «ogni qual volta che per effetto della
norma tributaria o per l’azione esercitata
dall’amministrazione finanziaria […] l’atto impositivo
debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità
della fattispecie costitutiva dell’obbligazione una
pluralità di soggetti, e il ricorso proposto da uno o
più degli obbligati abbia ad oggetto non la singola
posizione debitoria del ricorrente, ma la posizione
inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto
all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo
impugnato, ricorre una ipotesi di litisconsorzio
necessario nel processo tributario ai sensi dell’art.
14, comma 1, del D. Lgs. 546/1992».
Decisione che, ad avviso di
autorevole dottrina, «è solo un punto di nuova partenza
per un itinerario capace di scoprire il significato
eminentemente tributario che, a mente del principio
costituzionale della capacità contributiva che esige
attuazione anche nella “fase dei regressi”, assume la
situazione di condebito solidale fra più contribuenti
almeno (e solo) nei casi di solidarietà paritaria e ad
interesse comune [[26]]».
Ancora una volta sul tema di
litisconsorzio necessario nelle società di persone
[[27]] si sono espresse le SS. UU. della Corte di
Cassazione [[28]] analizzando, questa volta, la tematica
delle impugnazioni.
Con la sentenza n. 14815/2008
[[29]] la Corte di Cassazione, a SS. UU., ha
sottolineato come «nel caso di accertamento a una
società di persone, il ricorso presentato anche da uno
dei soggetti coinvolti apre la strada comunque al
giudizio collettivo. Così che il giudizio celebrato
senza la partecipazione di tutti i litisconsorti
necessari risulta nullo».
Ricordando quanto già affermato con
la sentenza 1052/2007 la Corte di Cassazione ha aggiunto
che «tra le ipotesi di possibile litisconsorzio
necessario, […], possono rientrare le cause, come quella
oggetto dell’odierno ricorso, originate
dall’impugnazione avverso gli avvisi di accertamento di
maggior reddito a carico di società di persone e
dell’attribuzione del medesimo reddito, secondo le
relative quote, ai singoli soci, in base alla
presunzione legale posta […] [[30]]».
Riassumendo: la Corte osserva che,
nel caso in cui venga proposto ricorso avverso un atto
di rettifica della dichiarazione di una società di
persone od un atto di rettifica notificati al socio, tra
tutti i soci e la società si realizza il litisconsorzio
tributario necessario ed originario.
Questa pronuncia consente, quindi,
di stabilire tre fondamentali presupposti: a) l’attività
di accertamento svolta nei confronti della società non
può considerarsi dissociata ed autonoma da quella
relativa ai soci perché unica è la materia imponibile
ed, altresì, unico è il risultato dell’accertamento; b)
la notifica degli atti di accertamento a tutti i
litisconsorti, siano essi originari o necessari,
consente l’attuazione del principio di «buona ed
imparziale amministrazione»; c) l’ultimo, ma non meno
importante, presupposto, consiste nell’identificare in
capo alla A.F. un obbligo di accertamento unitario ogni
qual volta si configuri una pluralità di soggetti
passivi all’interno del rapporto tributario.
Conclude poi la Suprema Corte
ribadendo che: «l’annullamento dell’avviso di
accertamento notificato alla società, sancito con
sentenza passata in giudicato, spiega i suoi effetti a
favore di tutti i soci, i quali possono opporlo alla
amministrazione finanziaria, che è stata parte in causa
nel relativo processo […]». «L’amministrazione, invece,
non può opporre il giudicato a lei favorevole se non a
coloro che hanno partecipato al relativo processo».
Appare evidente, quindi, che queste
regole costituiscono il ragionamento giuridico posto a
fondamento dell’accoglimento del ricorso de quo.
4. La breve analisi dell’istituto
del «litisconsorzio» ed il cenno sopra operato ai casi
giurisprudenziali consente di rilevare come il filo
conduttore delle argomentazioni giuridiche della Suprema
Corte di Cassazione riconduca sempre al principio del
contraddittorio di cui in premessa.
Le sentenze sin qui trattate
testimoniano come le decisioni finali mai hanno mancato
di sottolineare l’importanza della sua attuazione.
Il giudizio svolto senza la
partecipazione di tutti i litisconsorti necessari
risulta, infatti, nullo per violazione dell’art. 111, II
c. Cost. e dell’art. 101 c.p.c.
È proprio sulla base di questa
prospettiva che le recenti decisioni giurisprudenziali
continuano a muoversi.
Risale al mese di agosto di questo
anno, infatti, il deposito in Cancelleria dell’ordinanza
n. 16910 della Sezione Tributaria Civile della Corte di
Cassazione.
La fattispecie, questa volta, ha ad
oggetto il litisconsorzio a «nullità parziale». Afferma
la Suprema Corte, operando il rinvio alle Sezioni Unite
n. 14815/2008, che «[…] la sentenza risulta adottata in
un giudizio instaurato soltanto dal socio C. (al 50%),
in relazione alla rettifica concernente il reddito da
partecipazione, senza coinvolgimento della società e dei
restanti soci. Da ciò la violazione del litisconsorzio,
cui consegue la nullità della sentenza».
Ancora una volta il principio del
contraddittorio appare di fondamentale importanza.
Tanto è indispensabile quest’ultimo
tanto da determinare, la sua inosservanza,
l’annullamento della sentenza impugnata - con
conseguente rimessione della causa al giudice di primo
grado - tutte le volte in cui i giudici di primo e
secondo grado hanno deciso una controversia sul reddito
di una società di persone in violazione del
litisconsorzio necessario.
Nel caso di specie, infatti, il
reddito di partecipazione è stato deciso dal giudice di
primo e secondo grado con la presenza di uno solo dei
soci.
Come osservato, poiché si verte in
una fattispecie di litisconsorzio necessario, la
controversia relativa al reddito della società di
persone necessariamente impone la partecipazione
obbligatoria della società e di tutti i soci.
Nel caso della ordinanza n.
16910/2011 si legge che «[…] la sentenza di secondo
grado ha funzione interamente sostitutiva rispetto a
quella di primo grado (in consonanza con le
caratteristiche proprie dell’appello, che, giustappunto,
costituisce impugnazione sostitutiva); sicché la
sentenza di primo grado […] non esiste più come tale una
volta che sia intervenuta la sentenza di appello, sì da
dover essere oggetto di statuizione veruna».
La Corte di Cassazione perciò
rimette la causa al giudice di primo grado, avendo
dovuto il giudice di appello (anche di ufficio)
dichiarare la nullità della sentenza di primo grado per
violazione del litisconsorzio necessario.
L’importanza che le parti rivestono
all’interno di qualsiasi processo si mostra, tra le
tante fattispecie, anche in questa.
Il contraddittorio, genericamente
inteso, significa partecipazione dialettica tra le
parti; quel «gioco di interventi alternati o
contestuali, quell’andirivieni di domande e di repliche,
di asserzioni e negazioni, che costellano l’iter del
processo guidandolo verso la fine» [[31]].
Senza contraddittorio le parti non
potrebbero essere le protagoniste. Senza contraddittorio
il processo perderebbe la dinamicità ad esso
appartenente per natura.
Il principio dell’audiatur et
altera pars costituisce, quindi, uno dei fondamentali
criteri posti alla base di un ordinamento giuridico
improntato sulla giustizia e, soprattutto, rivolto alla
giustizia.
[[1]] La norma dispone che: «più
parti possono agire o essere convenute nello stesso
processo, quando tra le cause che si propongono esiste
una connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale
dipendono, oppure quando la decisione dipende,
totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di
identiche questioni».
[[2]] Il «litisconsorzio
necessario» o «litisconsorzio processuale» corrisponde
al processo con «cumulo processuale necessario», mentre
il «litisconsorzio facoltativo» o «litisconsorzio non
processuale» corrisponde ad un processo con «cumulo
processuale facoltativo». Su queste distinzioni si veda:
CIVININI, Note per uno studio sul litisconsorzio
«unitario», con particolare riferimento al giudizio di
primo grado, in Riv. Dir. e Proc. Civ., 1983; G.
COSTANTINO, Contributo allo studio del litisconsorzio
necessario, Napoli, 1979 e G. COSTANTINO, Litisconsorzio
(Dir. proc. civ.) in EGI XIX, I.
[[3]] La garanzia di cui all’art.
111 Cost. trova collocazione nell’art. 101 c.p.c.: «Il
giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può
statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la
quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è
comparsa». A tal proposito, si è pronunciata la
Cassazione Civile con sentenza del 08.04.1998 (conf.
sent. 26040 del 29.11.2005), nella quale si legge: «Il
principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c.
si correla sul piano costituzionale sia con la regola
dell’uguaglianza affermata dall’art. 3 Cost., sia con il
diritto di difesa, che, dichiarato dall’art. 24, II c.
Cost. “inviolabile in ogni stato e grado del giudizio”,
involge gli aspetti tecnici della difesa e garantisce a
ciascuno dei destinatari del provvedimento del giudice
di poter influire sul contenuto del medesimo; detto
principio, quindi, non è riferibile solo all’atto
introduttivo del giudizio, ma deve realizzarsi nella sua
piena effettività durante tutto lo svolgimento del
processo».
[[4]] Sull’importanza delle parti
nel processo si sono espressi molti autori, tra i quali
merita annoverarsi: M. TARUFFO, La semplice verità. Il
giudice e la ricostruzione dei fatti, Editori Laterza,
Roma – Bari, 2009, p. 286: «Nel processo le parti
svolgono una funzione importantissima che si manifesta
in varie forme ed attività. Si può tuttavia escludere
che si tratti di una funzione epistemica, per la
fondamentale ragione che le iniziative e le attività
delle parti non sono orientate verso la ricerca e la
scoperta della verità»; o, ancora, N. ELIAS,
Coinvolgimento e distacco. Saggi di sociologia della
conoscenza, tr. It., Ediz. Il Mulino, Bologna, 1998, p.
19: «Le parti, infatti, si trovano in una condizione di
coinvolgimento, in una situazione tipicamente
controindicata rispetto ad una ricerca oggettiva e
disinteressata della verità».
[[5]] Sulla vicinanza tra la
disciplina tributaria e quella civile si veda, ad
esempio, CHIZZINI, I rapporti tra codice di procedura
civile e processo tributario, in AA.VV., Il processo
tributario, in Giurisprudenza sistematica di diritto
tributario, TESAURO ( a cura di ), Torino, 1999.
[[6]] Secondo C. CONSOLO, in
«Spiegazioni di diritto processuale civile. Profili
Generali», II, Padova, 2006, la sentenza inutiliter
data costituisce una forma attenuata di invalidità della
pronuncia allorquando il litisconsorzio non è evincibile
dal sistema secundum rationis.
[[7]] Sulla caratteristica di
«norma in bianco» si veda: FABBRINI, Contributo alla
dottrina dell’intervento adesivo, Milano, 1974; F.P.
LUISO, Diritto processuale civile, I, Milano, 1999, p.
273; MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova,
2000.
[[8]] F. P. LUISO, Diritto
Processuale Civile. I. Principi Generali, Quinta
edizione, Giuffrè editore, Milano, 2009, p. 292.
In merito al rapporto tra processo
ordinario e processo tributario si è soffermata la
Cassazione Civile, Sezioni Unite con la sentenza n. 8203
del 2005, in cui si legge che «[…] accanto al giudizio
c.d. ordinario si sono venuti formando ordinamenti
processuali – come quello regolato dalla legge 11 agosto
1973 n. 533 (in materia di controversie del lavoro)
nonché quello disegnato dal d. lgs. 31 dicembre 1992 n.
546 (in materia di controversie tributarie) ed ancora
quello regolato dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 (in
materia di controversie di diritto societario) – che,
seppure con qualche approssimazione, possono
qualificarsi “settoriali” e che presentano tratti
distintivi – rispetto al processo ordinario ed anche tra
loro – per la diversa individuazione del punto di
equilibrio tra le esigenze di celerità e quelle di
accertamento della verità materiale».
[[9]] Sull’analogia dell’art. 14
del D. Lgs. 546/1992 con l’art. 331, I c. c.p.c. si sono
espressi molti autori, tra i quali: BACCAGLINI,
Litisconsorzio necessario e solidarietà tributaria,
corsi e ricorsi storici in Corr. Giur. 2007 e B. BELLÈ,
Il processo tributario con pluralità di parti, Torino,
2002.
[[10]] La Corte di Cassazione a
SS.UU. ha disposto, con la sentenza n. 1052 del 2007,
che «Il litisconsorzio necessario debba essere
considerato come fattispecie autonoma rispetto a quella
contenuta e disciplinata nel codice del rito, di cui
all’art. 102, in quanto la norma che regolamenta la
fattispecie litisconsortile necessaria non può essere
considerata, come quella processual-civilistica, “una
mera norma in bianco”, ma debba essere collegata a
presupposti tipici del processo tributario:
l’inscindibilità della causa tra una pluralità di
soggetti specificata dall’oggetto del ricorso».
[[11]] Il fenomeno del
litisconsorzio necessario non trovava alcuna
regolamentazione nella precedente disciplina sul
contenzioso tributario, di cui al D.P.R. 636/1972.
Quest’ultimo riconosceva alle parti solamente la facoltà
di proporre ricorso collettivo e ricorso cumulativo. Il
legislatore del 1992, invece, ha dedicato un’apposita
disciplina al processo con pluralità di parti. Per un
maggiore approfondimento si veda: P. RUSSO, Manuale di
diritto tributario, Il processo tributario, Milano,
2005.
[[12]] Si tratta delle sentenze
della Cassazione a SS. UU. n. 1052 del 18 gennaio 2007 e
n. 14815 del 2008.
[[13]] In tema di solidarietà
tributaria si veda: GLENDI, Solidarietà nelle
obbligazioni solidali e litisconsorzio, in Dir. Prat.
Trib. II, 1963; dello stesso autore Le Sezioni Unite
della Suprema Corte officiano i «funerali» della
solidarietà tributaria, in Giurisprudenza Tributaria,
2007; G. FALSITTA, Presupposto tributario unitario,
giusto riparto e litisconsorzio necessario nella
solidarietà passiva tributaria, in Riv. dir. trib., II,
2007.
[[14]] Tale perplessità è
ravvisabile nel fatto che secondo alcuni autori il
principio della domanda non venga rispettato dinanzi ad
un litisconsorzio necessario in materia tributaria.
Anzi, si verificherebbe a loro avviso un’alterazione del
principio poiché tutti i soggetti coinvolti sono
chiamati a partecipare al processo nonostante esso sia
stato iniziato da uno soltanto.
[[15]] L’art. 112 c.p.c., rubricato
«corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato»
stabilisce: «Il giudice deve pronunciare su tutta la
domanda e non oltre i limiti di essa; e non può
pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere
proposte soltanto dalla parte».
[[16]] G. FALSITTA, Corso
istituzionale di diritto tributario, III edizione
riveduta, Cedam editore, Torino, 2009, p. 363: «Quanto
al litisconsorzio necessario, l’art. 14 d.lgs. 546
contempla espressamente l’ipotesi in cui l’oggetto del
ricorso riguardi “inscindibilmente” più soggetti, […] ma
non aiuta a comprendere quando si realizzino i suddetti
casi di inscindibilità, che debbono trovare fondamento
in espresse previsioni di legge o nel carattere
plurisoggettivo delle situazioni sostanziali».
[[17]] Per fare riferimento ai casi
in cui il litisconsorzio necessario è espressamente
previsto dalla legge occorre guardare oltre le ipotesi
di cumulo processuale previste dal Legislatore negli
articoli 103 – 107 c.p.c..
Ad avviso di COSTANTINO, in
Contributo allo studio del litisconsorzio necessario,
1979, Napoli, pp. 476 e ss ed in Litisconsorzio (Dir.
proc. civ.), in EGI, XIX, I, pp. 3-4, per individuare le
ipotesi di litisconsorzio necessario aldilà dei casi
espressamente previsti dalla legge, occorre fare
riferimento al criterio c.d. della «utilità della
sentenza». Occorre, cioè, «verificare rispetto a
ciascuna azione proposta gli effetti ad essa collegati
dall’ordinamento positivo ed individuare, rispetto a
tali effetti, i soggetti che debbono partecipare al
processo, affinché essi si possano realizzare» e che «la
necessità del litisconsorzio non va affermata in base
alla causa petendi, ossia agli elementi costitutivi
della fattispecie da cui deriva il diritto dedotto in
giudizio (rapporto giuridico unico con pluralità di
parti, connessione particolarmente intensa fra rapporti
giuridici bilaterali, ecc.), ma in base al petitum,
ossia al risultato giuridico perseguito in giudizio».
[[18]] COSTANTINO, Contributo allo
studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, pp.
242 e ss; S. MENCHINI, Il processo litisconsortile,
Milano, 1993, p. 530: «[…] La funzione della norma è
quella di tutelare chi ha proposto la domanda, posto
che, se la sentenza non ha effetti nei confronti di
tutti i litisconsorti, egli non può ottenere quanto ha
richiesto. Inversamente, la norma non ha lo scopo di
tutelare il diritto di difesa dei litisconsorti
pretermessi, i quali sono sufficientemente protetti
dall’inefficacia della pronuncia, come conseguenza della
mancata instaurazione del contraddittorio».
[[19]] Cassazione n. 8105/1997.
[[20]] Cassazione n. 7283/1997 in
DGA 1998, p. 351 e GC 1997, I, p. 2714.
[[21]] In materia di lavoro e
società, ad esempio, nelle controversie fra INPS e
lavoratore il datore di lavoro è litisconsorte
necessario con il lavoratore se la domanda di
accertamento della sussistenza del rapporto di
assicurazione è proposta dal datore di lavoro
(Cassazione n. 5321/1992); in tema di società di persone
l’azione di revoca del liquidatore, nominato dal
presidente ex art. 2275 c.c. dà luogo a litisconsorzio
necessario nei confronti di tutti i soci (Cassazione n.
172/1991 in FI 1991, I, p. 451). In materia di procedure
concorsuali ed esecutive, l’opposizione alla sentenza
dichiarativa di fallimento deve essere proposta nei
confronti di tutti i creditori istanti anche se
l’opposizione riguarda la dichiarazione di fallimento in
estensione del socio illimitatamente responsabile,
pronunciata su istanza del curatore (Cassazione n.
9407/1995).
In tema di brevetti l’azione di
nullità deve essere esercitata nei confronti di tutti
coloro che risultano annotati nel registro quali aventi
diritto sul brevetto stesso. Il litisconsorzio si
estende anche ai precedenti titolari del brevetto, poi
ceduto ad altri (Cassazione n. 8564/1991).
[[22]] La giurisprudenza non sempre
ha riconosciuto la sussistenza del litisconsorzio
necessario in questo settore. L’orientamento contrario è
ravvisabile nelle sentenze, tra le tante, della
Cassazione n. 247/1999 e n. 11881/1998 dove: «Nelle
controversie proposte dal sostituto di imposta nei
confronti del sostituto, per chiedere il pagamento di
quanto trattenuto dal sostituto e versato
all’amministrazione, quest’ultima non è litisconsorte
necessario, in quanto la legittimità della ritenuta non
può essere accertata incidentalmente, ma produce una
causa pregiudiziale di natura tributaria, per la quale
sono competenti le commissioni tributarie, e che deve
essere decisa nel contraddittorio dell’amministrazione
finanziaria».
[[23]] Per un maggiore
approfondimento in materia di controversie tra sostituto
di imposta e sostituito si veda: MICELI, Le controversie
tra il sostituto ed il sostituito d’imposta, in AA.VV..,
Il processo tributario (acura di Della Valle, Ficari,
Marini), Padova, 2008.
[[24]] L’accertamento dei redditi
delle società trasparenti avviene sulla base dell’art.
40 del D.P.R. 600/1973, norma che così stabilisce al
primo comma: «Alla rettifica delle dichiarazioni
presentate dai soggetti all’imposta sul reddito delle
persone giuridiche si procede con unico atto agli
effetti di tale imposta e dell’imposta locale sui
redditi, con riferimento al reddito complessivo
imponibile ma tenendo distinti i redditi fondiari […]»;
mentre aggiunge al secondo comma: «Alla rettifica delle
dichiarazioni presentate dalla società e associazioni
indicate nell’articolo 5 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, si procede
con unico atto ai fini dell’imposta locale sui redditi
dovuta dalle società stesse ai fini delle imposte sul
reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche
dovute dai singoli soci o associati. Su applicano le
disposizioni del primo comma del presente articolo o
quelle dell’articolo 38 secondo che si tratti di società
in nome collettivo, in accomandita semplice ed
equiparate ovvero di società semplici o di società o
associazioni equiparate».
[[25]] RANDAZZO, Litisconsorzio
necessario tra condebitori d’imposta su atti di
divisione, sentenza n. 1052 del 2007, in Corriere
Tributario, 2007. La questione oggetto di decisione
riguardava l’acquisto di un complesso industriale,
mediante asta fallimentare, in comunione indivisa da
parte di alcuni soggetto che hanno poi sottoscritto un
atto di divisione. Detto atto, successivamente, è stato
oggetto di accertamento ai fini dell’imposta di
registro. Nonostante l’accertamento riguardasse l’atto
di divisione considerato nel suo complesso, i singoli
soggetti acquirenti si sono visti recapitare avvisi di
accertamento nei quali l’imputazione veniva effettuata
pro quota in base alla caratura della comunione.
[[26]] A cura di C. CONSOLO, in
www.corsomagistratitributari.unimi.it, sito consultato
in data 04.08.2011.
[[27]] Le società di persone
disciplinate dal nostro codice civile sono la società
semplice, la società in nome collettivo (o s.n.c.) e la
società in accomandita (s.a.s.). L’elemento che
caratterizza queste società, rendendole del tutto
peculiari, è la c.d. «autonomia patrimoniale
imperfetta».
I soci, generalmente, sono
illimitatamente e solidalmente responsabili per le
obbligazioni della società anche se tale responsabilità
è sussidiaria, ovvero, solo dopo aver preventivamente
escusso il patrimonio della società potranno rivolgersi
ai singoli soci.
Nel caso di società semplice,
l’art. 2267 c.c. stabilisce che i soci, con patto
scritto portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei,
potranno procedere alla distribuzione della
responsabilità patrimoniale in maniera differente;
mentre, all’interno di una s.a.s., essendo la gestione
societaria affidata al socio accomandatario, il socio o
accomandante non è chiamato a rispondere dei debiti
contratti dalla società.
In tema di società di persone
occorre distinguere l’accertamento del maggior reddito
della società dall’accertamento del maggior reddito del
singolo socio mentre come, osservato precedentemente,
l’accertamento di cui all’art. 40 del D.P.R. 600/1973 è
un accertamento unitario automatico.
Questo automatismo, volto ad
attribuire ai soci il reddito societario dapprima
prodotto e poi determinato dalla società, non viene
ritenuto favorevole da NUSSI, in «A proposito di
accertamento unitario del reddito delle società di
persone e litisconsorzio necessario (verso un processo
tributario sulle questioni?)», in Riv. Giur. Trib.,
2008.
[[28]] Cassazione Civile, SS. UU.,
sentenza n. 24627 del 2007, conf. Cassazione Civile,
SS.UU., sentenza n. 14815 del 2008. Favorevolmente al
litisconsorzio necessario si sono espressi, tra i tanti:
FICARI, L’evoluzione delle vicende processuali dei
rapporti tra e società trasparenti, in Rass. Trib.,
2007; ALTIERI, Accertamento nei confronti di società di
persone e soci nel processo tributario: litisconsorzio
necessario?, in Fisco, 2008; BORIA, Il principio di
trasparenza nella imposizione delle società di persone,
Milano, 1996 e RUSSO, Manuale di diritto tributario. Il
processo tributario, Milano, 2005.
[[29]] La fattispecie di cui sopra
vede coinvolti il Ministero delle Finanze e l’Agenzia
delle Entrate, da un lato, ed i Signori A.D. e R.L.
dall’altro. I primi, in qualità di ricorrenti, adiscono
la Suprema Corte di Cassazione affinché si pronunci in
merito alla cassazione della sentenza 33/62/2000 della
Commissione Tributaria Regionale di Milano. Nello
specifico, i Signori A.D. e R.L. avevano impugnato tre
avvisi di accertamento con i quali l’ufficio finanziario
competente di Busto Arsizio aveva rettificato la
dichiarazione dei redditi degli attori - per quote
uguali del 50% ciascuno - sulla base della
partecipazione di questi ultimi all’interno di una
s.n.c.. Oltre ad affermare come la violazione del
litisconsorzio necessario ed originario comporti la
nullità ab imis del rapporto processuale, la Corte
prosegue operando il richiamo alla «riunione» di cui
all’art. 39 c.p.c.: «in altri termini, se tutti gli
interessati, litisconsorti necessari (società e soci),
impugnano gli avvisi di accertamento loro notificati, i
relativi ricorsi, se pendenti dinanzi allo stesso
giudice, vanno riuniti ai sensi del citato art. 29
d.lgs. 546/1992, oppure, come si dirà, dinanzi al
giudice preventivamente adito. Altrimenti, soccorre
l’obbligo della integrazione del contraddittorio, ai
sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/1992».
[[30]] La sentenza fa riferimento
all’art. 5 del d.P.R. 597/1993, all’art. 5 del d.P.R.
917/1986 ed all’art. 40, II c., del d.P.R. 600/1973.
L’art. 5 del d.P.R. 597/1993, attualmente disciplinato
dall’art. 5, comma IV, d.P.R. 917/1986, prevedeva che i
redditi dell’impresa familiare di cui all’art. 230 bis
c.c., fossero imputati a ciascun collaboratore familiare
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli
utili dell’impresa quando questa viene fissata prima
dell’inizio dell’anno finanziario con atto pubblico o
con scrittura privata autenticata.
L’attuale art. 5 del D.P.R.
917/1986 afferma che: «i redditi delle società di
persone sono imputati pro quota a ciascun socio,
indipendentemente dalla effettiva percezione».
Infine, l’art. 40, II c., del
D.P.R. 600/1973 dispone che: «alla rettifica delle
dichiarazioni presentate dalle società e associazioni
indicate nell’art. 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
597, si procede con unico atto ai fini dell’imposta
locale sui redditi dovuta dalle società stesse e ai fini
delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle
persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati».
[[31]] P. FERRUA, Il «giusto
processo», Zanichelli editore, Bologna, 2005, p. 45. |