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A cura della Dott.ssa Paola Popolla, della Dott.ssa Maria Fabiana Briganti e della Dott.ssa Rossella Greco

 

Lo Stalking nei rapporti professionaliNel linguaggio comune l’espressione “stalking” viene utilizzata per descrivere un comportamento “intrusivo, assillante e persistente che un individuo (stalker) mette in atto nei confronti di un’altra persona (vittima)” generando in questa un senso di soffocamento e di minaccia per la propria incolumità. Il termine deriva dal verbo inglese “to stalk” la cui traduzione può essere “inseguire furtivamente la preda” (Siracusano, 2009, 87).

 

Nella definizione di stalking rientrano anche comportamenti che riguardano intrusioni e comunicazioni ripetute e indesiderate, a tal punto da provocare, a chi le subisce, ansia o paura. Queste condotte indesiderate possono essere classificate in tre tipologie: comunicazioni indesiderate, contatti indesiderati e comportamenti associati (Progetto Daphne, 2009, 3).

 

 

 

In Italia lo stalking è riconosciuto come “atto persecutorio” e come tale è sanzionato dall'art.612 bis c.p. (Legge38/2009) che così dispone: " "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

 

La pena e' aumentata se il fatto e' commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

 

La pena e' aumentata fino alla metà se il fatto e' commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

 

Il delitto e' punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela e' di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto e' commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio".

 

Lo scopo della norma trae origine, senza dubbio, dalla forte necessità di tutelare, attraverso modalità concrete, l'incolumità psico-fisica di persone che diventano vittime di reati persecutori da parte di soggetti definiti stalker. La gravità del comportamento persecutorio può arrivare all'aggressione fisica della vittima, procurandole quindi lesioni di varia entità, fino ad omicidi veri e propri.

 

Da un punto di vista psicologico, i comportamenti messi in atto dallo stalker possono essere riconducibili a: desiderio di conquistare la persona amata o di riconquistarla, desiderio di vendetta, desiderio di rivalsa, rivendicazioni per torti immaginati, senso di abbandono derivante dall'interruzione di un rapporto professionale e/o terapeutico.

 

Sono state individuate delle "tipologie" di stalker, anche se è sempre molto difficile ricondurre a delle categorie piuttosto statiche fenomeni psico-patologici così complessi, ove le basi si possono individuare in aspetti della personalità molto profondi che hanno a che fare con legami di attaccamento primari seriamente conflittuali, insicuri e ansiosi:

 

1. ex partner respinto: divorziato o separato, tenta in maniera compulsiva e insistente, spesso con modalità violente, di ripristinare il rapporto; questo tipo di stalker presenta una forte rabbia, dipendenza, narcisismo, paranoia, spesso abusa di droghe e/o alcool.

 

2. corteggiatore molesto: in questo caso ci troviamo di fronte ad un soggetto che mette in atto un corteggiamento patologico che spesso può sfociare in aggressione e violenza sessuale.

 

3. “giustiziere“: mosso dal desiderio/bisogno di punire un professionista ritenuto responsabile di un grave errore.

 

4. misogino: si tratta di un soggetto con bassa autostima, solitario, spesso caratterizzato da fantasie ossessive a contenuto erotico.

 

Elemento da non sottovalutare è che tali comportamenti assillanti e ossessivi possono essere il preludio di aggressioni più gravi fino all'uccisione della persona oggetto delle molestie. Ciò che è maggiormente significativo e prescinde dal movente dello stalker è la sua assoluta incapacità di percepire i bisogni dell'altro e di percepire l'altro come persona; lo stalker si muove in modo solitario, sembra essere mosso da un pensiero infantile la cui fantasia dominante è quella di onnipotenza che lo fa illudere di poter raggiungere lo scopo che si è prefissato, fino ad arrivare a terrorizzare e degradare la vittima. Lo stalker trae la sua soddisfazione dalla "caccia" alla vittima, caccia che si caratterizza da incursioni, pedinamenti, appostamenti, telefonate, lettere, sms, mail. E' proprio la caccia all'altro il motore che muove le emozioni più profonde, la caccia che fa dimenticare il confine esistente tra comportamento lecito e comportamento definibile come reato: la linea che divide il lecito dal reato viene oltrepassata quando la vittima cessa di rispondere positivamente alle richieste. E' allora che il soggetto, incapace di tollerare la frustrazione che deriva dal rifiuto, inizia un'escalation inarrestabile di comportamenti persecutori e assillanti.

 

Il fenomeno dello stalking esaminato nel presente articolo è quello che trae origine da rapporti di tipo professionale: attività lavorative come quella dell'avvocato, del giudice, del docente, del medico e del chirurgo estetico, possono favorire l'instaurarsi di comportamenti di stalking da parte del cliente, sia per la natura intensa della relazione che si è creata con il professionista, sia per l'eventuale delusione relativa all'esito di un'azione intrapresa. Anche nello stalking professionale le minacce e le persecuzioni possono arrivare fino all'omicidio della vittima. Elemento degno di rilevanza criminologica e criminogenetica è quello secondo cui la categoria vittimologica ad alto tasso di rischio di stalking risulta essere quella denominata help profession, ovvero tutte le professioni in cui gli operatori si adoperano per aiutare gli altri, fra cui: medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali. Uno studio di Galeazzi, Elkins e Curci (2005) evidenzia che su 108 psichiatri, psicologi e specializzandi, il 20% ha subito almeno una campagna di stalking per più di un mese e con più di 10 episodi singoli di intrusione. L'incidenza di stalking nei confronti delle help professions si può attribuire ad una serie di motivazioni, tra cui:

 

- il professionista può diventare, nella mente del cliente, una persona "buona" o "cattiva", e sulla base di tali fantasie egli può dare origine a dei comportamenti "assillanti e molesti" nei confronti dello stesso, allo scopo di attirare l'attenzione e non separarsi mai da lui.

 

- il professionista di area sociale e/o psicologica entra in contatto con i bisogni più profondi del cliente, pertanto, può divenire più facilmente oggetto di proiezioni, affetti e fantasie a diverso contenuto da parte dello stesso, tanto che, la riconoscenza si può trasformare progressivamente nel desiderio di un legame affettivo/amicale del quale non si può fare a meno.

 

In riferimento all’ambito psicologico, i pazienti che molestano i loro terapeuti sono portati a scambiare come personale un interesse esclusivamente professionale, pertanto, sperimentando la frustrazione che deriva da questa aspettativa, iniziano ad attuare comportamenti intrusivi per stabilire un contatto; in queste situazioni, i limiti imposti dalla relazione professionale, vengono superati. Il paziente inizia a telefonare insistentemente, invia lettere, si presenta a studio senza appuntamento, ritenendo di non sentirsi compreso o di essere stato trattato male.

 

Lo stalking presenta numerose sfaccettature e non sempre è ascrivibile a conclamati disturbi psichiatrici; tuttavia esistono dei quadri personologici critici che possono rappresentare un fattore di maggior rischio riguardo l'instaurarsi di una relazione professionista/cliente caratterizzata dalla possessività e dal timore del distacco; tali quadri sono rappresentati da soggetti dipendenti, dai paranoici, dai depressivi, e da soggetti con bassa autostima. Si può comunque affermare che il significato attribuito dall'autore del reato alla relazione con la vittima, fonda le sue basi su di una incapacità/possibilità di stabilire e mantenere una relazione interpersonale significativa ed accettarne la eventuale interruzione; ci troviamo, pertanto, di fronte ad un soggetto con una personalità debole che, temendo di essere abbandonato, riattiva esperienze infantili precoci di separazione e quindi si lega in modo ossessivo a qualcuno per lui significativo; l'altro viene percepito come colui/lei che può garantire la nostra sopravvivenza, proteggendoci e consolandoci. Ciò che appare evidente, nello stalking, è l'utilizzo del potere come difesa illusoria e come bisogno che ha radici nei primissimi legami di attaccamento del soggetto con la propria madre.

 

Il potere, spesso, si unisce all'aggressività e il soggetto tende a ridurre l'altro ad "oggetto del proprio arbitrio". Non si può attribuire importanza alle sole caratteristiche di personalità, psicologiche o psicopatologiche dell'autore, ma occorre evidenziare anche alcune condizioni socio-ambientali e di vita, che possono rappresentare delle concause significative nella manifestazione del comportamento di stalking: facciamo riferimento a condizioni di solitudine, all'uso/abuso di alcol e droghe, alla presenza di ambienti familiari altamente conflittuali. E' opportuno evidenziare anche le caratteristiche delle vittime, poiché il fenomeno si instaura all'interno di una relazione, che, nel nostro caso, è professionale: a volte si tratta di professionisti, soprattutto per ciò che concerne le professioni di aiuto, che hanno interiorizzato un'immagine di sé salvatrice, tendono ad aiutare gli altri, sino a essere oblativi e sacrificali, poiché hanno bisogno di perenne conferma dell'immagine di sé.

 

In tal modo si "lasciano" invadere dal paziente pensando di non avere fatto bene o a sufficienza. Spesso la difficoltà del professionista è quella di prendere coscienza di essere una vittima. Forse si può pensare allo stalking come una forma di “attacco alla relazione” (sia questa sentimentale, professionale o di altro tipo) e ciò spiegherebbe il maggior coinvolgimento della categoria delle help professions, in cui la relazione è chiave fondamentale per la buona riuscita dell’intervento. Riuscire a rilevare, riconoscere e dichiarare le possibili dinamiche di stalking in tale ambito, dunque, diventa un aspetto centrale nel percorso terapeutico in cui a volte, per poter dare aiuto, diventa necessario imparare a chiedere aiuto.

 

 

 

Bibliografia:

 

 

 

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Siracusano, P. (2009). Stalking: un’oscura e complessa circolarità. Rivista di Psicoterapia Relazionale, 29, 87-112.

 

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