Autore: Daniele Minussi
In esito all'entrata in vigore
della Legge 14 febbraio 2006, n. 55 è stato introdotto
un nuovo istituto. Ai sensi dell'art. 768 bis cod.civ.
"è patto di famiglia il contratto con cui...
l'imprenditore trasferisce in tutto o in parte,
l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie
trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad
uno o più discendenti". La finalità del patto di
famiglia sarebbe quella di agevolare il trasferimento
della proprietà dell'azienda tra genitori e figli,
evitando che le caratteristiche proprie di un atto di
liberalità donativa costituiscano una remora alla
circolazione della ricchezza ed un pregiudizio per la
continuità dell'impresa e le ragioni dell'economia.
La figura presenta aspetti
notevolmente problematici. Anzitutto si palesa come
introduttiva di principi divergenti rispetto al generale
principio del divieto di patti successori di cui
all'art. 458 cod.civ. . Ciò non soltanto in relazione
all'attribuzione operata dall'"imprenditore" in favore a
colui al quale viene trasferita l'azienda (assimilabile
ad un patto istitutivo), ma anche alle pattuizioni
intercorrenti tra il discendente attributario
dell'azienda e gli altri legittimari assegnatari, tra i
quali ben possono intercorrere negoziazioni
riconducibili a patti rinunziativi (anche in riferimento
alla futura proponibilità dell'azione di riduzione).
Quanto complessivamente oggetto del patto non sarà
infatti soggetto nè a collazione nè all'azione di
riduzione (ultimo comma art. 768 quater cod.civ. ).
Queste caratteristiche consentono di configurare il
patto di famiglia come un vero e proprio asse pattizio
autonomo, anticipazione di futura successione, la quale
avrebbe a seguire quale seconda fase attributiva mortis
causa. Un chiarimento infine si impone. La stipulazione
del patto di famiglia non è certo uno strumento
"obbligatorio" per chi voglia trasmettere a titolo di
liberalità la propria azienda al figlio. Resta pur
sempre aperta la via tradizionale ad una donazione
diretta. E' ben vero che essa sarà soggetta agli
obblighi collatizi (artt. 737 e ss.cod.civ.), all'onere
dell'imputazione ex se (art. 564 cod.civ.),
all'eventuale azione di riduzione nell'ipotesi di
insufficienza dell'attivo ereditario, ma non si può
certo dire (anticipando l'esito di una più compiuta
disamina dell'istituto) che con il patto di famiglia
possa dirsi raggiunto lo scopo di rendere stabile e non
aleatorio il trasferimento dell'azienda ai discendenti,
ciò che costituiva indubbiamente la mira del
legislatore.
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