Nota a T.A.R. Sicilia, Catania –
Sezione Prima, Sentenza 12 maggio 2011, n. 2146
(Presidente Campanella; Estensore Barone; Ricorrente
Comune di Ragusa, in persona del Sindaco pro tempore)
Dott. Francesco Magnosi
Con la sentenza che si commenta la
prima sezione del T.A.R. Sicilia-Catania ha affermato un
importante principio in tema di procedimento di
approvazione del piano paesaggistico, stabilendo che
l’approvazione del piano paesistico deve essere
assoggettata a preventiva valutazione ambientale
strategica.
Il Tribunale afferma questo
principio basandosi sul dato strettamente letterale
contenuto nell’articolo 7 del D.Lgs. 152/2006, il quale
dispone che «la valutazione ambientale strategica
riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti
significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale».
Fatto salvo quanto disposto al
comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i
piani e i programmi: a) che sono elaborati per la
valutazione e gestione della qualità dell'aria, della
pianificazione territoriale o della destinazione dei
suoli. Il successivo comma 4, inoltre, elenca
espressamente i piani e i programmi esclusi dal campo di
applicazione delle norme del codice dell’ambiente, e
quindi anche della V.A.S., e tra questi non rientrano i
piani paesaggistici.
Come detto, il solo dato letterale
sarebbe già sufficiente per ritenere che il piano
paesaggistico va sottoposto a V.A.S.
Fatta questa constatazione, il
T.A.R. investito della questione considera necessaria la
valutazione ambientale strategica del piano paesistico
sul presupposto che le prescrizioni del piano possono
essere così rilevanti ed incisive sul territorio, tanto
da rendersi necessaria una generale valutazione
dell’impatto che esse potranno avere sull’ambiente,
nonché sul tessuto economico-sociale delle zone
interessate.
Appare determinante, inoltre, la
circostanza che la valutazione ambientale strategica,
quale strumento di tutela dell’ambiente, va effettuata
in tutti i casi in cui i piani abbiano «impatti
significativi sull'ambiente e sul patrimonio
culturale»[1].
La Valutazione ambientale
strategica, introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE, è la
valutazione delle conseguenze ambientali di piani e
programmi, finalizzata all’assunzione, attraverso la
valutazione di tutte le possibili alternative
pianificatorie, di determinazioni integrate e
sistematiche di considerazioni di carattere ambientale,
territoriale, sociale ed economico.
La V.A.S. si realizza in fase di
elaborazione del piano mediante la redazione di un
rapporto ambientale che deve considerare lo stato
dell’ambiente attuale del territorio interessato e le
sue alterazioni in presenza e non del provvedimento da
valutare, confrontato anche con possibili alternative
strategiche, localizzative e tecnologiche. Invero,
«l’impatto significativo» non è solo quello
caratterizzato da connotazioni negative in termini di
alterazioni delle valenze ambientali, ma è anche quello
ricavabile dalla definizione di impatto ambientale
contenuto alla lett. c) del’articolo 5 del D.Lgs
152/2006 quale «alterazione qualitativa e/o
quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo
termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa,
positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema
di relazioni fra i fattori antropici e naturalistici»,
per cui la valutazione ambientale strategica va eseguita
in tutti i casi di interazione, anche positiva, tra
l’attività pianificatoria e le componenti ambientali.
Del resto, la V.A.S. è solo uno
strumento rispetto al fine che è la sostenibilità
ambientale delle scelte contenute negli atti di
pianificazione ed indirizzo che guidano la
trasformazione del territorio. In particolare, la
valutazione di tipo strategico si propone di verificare
che gli obiettivi individuati nei piani siano coerenti
con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le
azioni previste nella struttura degli stessi siano
idonee al loro raggiungimento.
A parere di chi scrive, questa
sentenza ha posto l’attenzione sulla circostanza che il
piano paesaggistico non può più essere considerato un
atto conservativo, con mere finalità di mantenimento
dell’integrità ambientale ma, per la straordinaria
potenzialità conformativa e modificativa del territorio
che gli è stata attribuita dal Codice dei Beni culturali
e del Paesaggio, quali, ad esempio, la capacità di
incidere sullo sviluppo sostenibile della Nazione
contribuendo alla definizione di piani e programmi di
recupero e di sviluppo sostenibile[2], esso deve essere
assoggettato necessariamente ad una valutazione
ambientale strategica suscettibile di governare ed
indirizzare le modificazioni e gli interventi
propositivi previsti dal piano.
Invero, è opinione ormai pacifica
che i piani paesistici hanno assunto nel tempo una
portata territoriale e qualitativa sempre più ampia,
affidandosi ad essi il compito di dettare una specifica
normativa d’uso e di valorizzazione ambientale.
Questo processo è stato portato a
compimento con il Codice dei Beni culturali, attraverso
il quale la tutela del paesaggio ha assunto una portata
generale e comunque una decisiva prevalenza di valore
rispetto alla pianificazione urbanistica sull’intero
territorio, venendo a disciplinare anche immobili non
soggetti a vincolo paesaggistico. Non pare esservi
dubbio, infatti, che le concrete attività attraverso le
quali si estrinseca la funzione di valorizzazione siano
da ricondurre all’attività di pianificazione del
paesaggio e, nell’ambito di questa, nell’individuazione
degli interventi di recupero e riqualificazione delle
aree significativamente compromesse o degradate e degli
altri interventi di valorizzazione compatibili con le
esigenze di tutela[3].
La pianificazione paesistica, per
le grandi potenzialità che le sono state attribuite, non
deve quindi porsi solo in termini prescrittivi e
riduttivi, ma deve proporre attività e progetti diretti
alla incentivazione ed al recupero dei valori
paesaggistici smarriti o compromessi. In questi termini,
attraverso lo svolgimento delle funzioni tese alla
valorizzazione del paesaggio integrale, siccome
concepito alla luce della Convenzione europea del
paesaggio e del Codice dei beni culturali, la nuova
pianificazione dovrebbe poter aggiungere utilità e
prospettive di sviluppo culturale ed economico per i
consociati.
Sarebbe infatti impensabile
immobilizzare a tempo indeterminato le modificazioni del
suolo vincolato con l’approvazione di piano statici e
privi di iniziative virtuose, poiché si rischierebbe di
paralizzare settori nevralgici e lo sviluppo delle
infrastrutture, rischiando di compromettere la stessa
economia nazionale. Non più, dunque, una disciplina
paesaggistica statica ed improduttiva, che tende solo a
conservare senza valorizzare e sviluppare ma, vista
l’importanza attribuita al piano paesaggistico, è
necessario potenziare la dimensione paesaggistica del
territorio in termini di produzione di ricchezza.
L’affermazione della necessità di
effettuare una V.A.S. sancita dal Tribunale
Amministrativo, con tutti i benefici che comporta in
punto di analisi e monitoraggio dell’impatto
sull’ambiente e sul territorio che potranno avere le
disposizioni del piano, è tesa a favorire le
trasformazioni, la valorizzazione ed il recupero del
paesaggio compromesso, compatibilmente con le esigenze
di tutela del paesaggio ed in funzione dello sviluppo
sostenibile.
Il valore del piano paesaggistico
si coglie analizzando le definizioni utilizzate dal
Codice per affermare la sua prevalenza sugli altri
strumenti di pianificazione, e si sostanzia nello
sviluppo degli effetti di cui esso è capace: immediata
prevalenza su disposizioni difformi degli strumenti
urbanistici; previsione di norme di salvaguardia;
vincolatività per gli interventi settoriali. In questo
senso, non sembra azzardato affermare che il piano
paesaggistico rappresenta uno strumento contenente
indicazioni e criteri direttivi cui gli altri soggetti
detentori a diverso titolo del potere di pianificare
devono necessariamente conformarsi, al fine del
raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica.
Questi obiettivi comportano che la tutela e la
valorizzazione del paesaggio non si risolvano in mere
attività di conservazione e salvaguardia, ma si
estendano alla regolazione di ogni intervento destinato
ad incidere sul paesaggio. In tale ottica, lo strumento
principale con cui ogni intervento viene correttamente
orientato rispetto ai profili paesaggistici è la
pianificazione. Il piano paesistico diviene così uno
strumento di effettivo governo dello sviluppo
sostenibile delle aree paesaggisticamente rilevanti[4],
e come tale va messo al servizio degli obiettivi di
modernizzazione e sviluppo presi di mira dal
legislatore. Questi dati trovano, peraltro, riscontro
nella lettera della legge e, in particolare,
nell’articolo 145, comma 3 del Codice dove si legge che
«le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli
articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di
piani, programmi e progetti nazionali o regionali di
sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti
urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e
delle province, sono immediatamente prevalenti sulle
disposizioni difformi eventualmente contenute negli
strumenti urbanistici, stabiliscono norme di
salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento
degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti
per gli strumenti settoriali».
L’articolo 145 del Codice evidenzia
che il piano paesaggistico si presenta come un
provvedimento che è in grado di coordinare altri atti
pianificatori, ed a cui questi devono in qualche modo
subordinarsi.
Proprio alla luce dell’importanza
della pianificazione paesaggistica, il Tribunale
siciliano ha fermamente rigettato le deduzioni
dell’amministrazione resistente secondo cui il piano
paesaggistico non doveva essere sottoposto a VAS perché
non ha un’incidenza ambientale, propria dei piani
urbanistico - territoriali, ma sarebbe diretto soltanto
ad un’individuazione di beni oggetto del patrimonio
paesaggistico.
Questa visione statica del
paesaggio è da considerare ormai superata, e si è
osservato che le disposizioni del piano paesaggistico
possono orientare le scelte pianificatorie degli enti
locali. Infatti «i piani paesaggistici dettano misure di
coordinamento con gli strumenti di pianificazione
territoriale di settore, nonché con gli strumenti
regionali e territoriali per lo sviluppo economico; è
coerente con tale impostazione la previsione del piano
ambientale che imponga agli strumenti urbanistici di
prevedere un intervento concertativo della
Soprintendenza nella fase della progettazione di un
piano attuativo di iniziativa privata»[5]. A questo
proposito, il Tribunale ha rilevato l’infondatezza delle
censure riguardanti la presunta illogicità delle scelte
di piano sotto il profilo dell’eccessiva estensione
delle zone soggette a tutela.
Sotto questo profilo, per vero, le
finalità del piano approvato dall’amministrazione
resistente sembrano coincidere perfettamente con quelli
che sono gli obiettivi di qualità paesaggistica che,
appunto, il piano paesistico deve predefinire:
stabilizzazione del contesto ambientale mediante la
difesa del suolo e della biodiversità, soprattutto dove
esistono particolari situazioni di rischio e di
criticità; valorizzazione dell’identità e della
peculiarità del paesaggio, sia nel suo insieme unitario
sia nelle sue diverse specifiche configurazioni;
miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio
ambientale.
In più, rileva il Tribunale, il
piano ragusano contiene una serie di azioni concrete per
il perseguimento di tali obiettivi, tra cui: il sostegno
e la rivalutazione dell’agricoltura tradizionale locale;
la gestione controllata delle coltivazioni in ambiente
protetto, delle attività di pascolo e dei processi di
abbandono agricolo; la promozione dell’inserimento di
elementi di biodiversità; la gestione oculata del suolo
e delle risorse idriche; la riduzione di emissioni di
gas serra.
Tutti questi elementi smentiscono
l'illogicità o l'irragionevolezza compiuta
dall'Amministrazione, mentre le censure della parte
ricorrente su questo punto sono sembrate, secondo il
Giudicante, rivolte piuttosto a sollecitare un sindacato
sulle scelte di merito, teso a sostituire alle
attendibili valutazioni compiute dall'Amministrazione in
sede di approvazione del piano, una diversa - ed
inammissibile - valutazione compiuta in sede
giurisdizionale.
Analizzato il contenuto del piano
paesistico, che secondo il Tribunale risponde ai canoni
contenuti nel Codice dei Beni culturali, si passa allo
scrutinio dell’omessa sottoposizione a valutazione
ambientale strategia del piano impugnato. Sul punto
l’amministrazione regionale sostiene che il piano non
andava sottoposto alla valutazione ambientale
strategica, trattandosi non di un piano urbanistico –
territoriale (che quindi prende in considerazione le
linee di sviluppo urbanistico del territorio e le linee
economiche di sviluppo), ma di un piano paesaggistico in
senso stretto, limitato alla tutela conservativa dei
valori del paesaggio. Su questa fondamentale questione,
invece, il Tribunale ha rigettato le deduzioni
dell’Assessorato regionale ai Beni culturali della
Sicilia poiché il piano paesistico, per le
caratteristiche che possiede e che abbiamo analizzato in
precedenza necessita di V.A.S.
Pertanto, a prescindere dalla
qualificazione dell’atto di pianificazione in termini di
piano urbanistico-territoriale o di piano paesaggistico,
esso va comunque previamente assoggettato a valutazione
ambientale strategica. Infine, la tesi difensiva
sostenuta dall’amministrazione regionale secondo la
quale il piano in questione non determina alcun impatto
significativo sull’ambiente e sul patrimonio culturale
essendo «preordinato a dettare un quadro conoscitivo e
una normativa di riferimento per l’attività di tutela,
eminentemente conservativa dei valori paesaggistici»,
non appare condivisibile, alla luce di un provvedimento
che è invece imperniato sulla «rivisitazione critica del
rapporto tra pianificazione paesistica e governo del
territorio, sul parziale superamento della concezione
solo conservativa del paesaggio e sul riconoscimento del
paesaggio come risorsa per lo sviluppo».
Peraltro, ammettere che un piano
preordinato alla tutela e allo sviluppo dei valori
dell’ambiente e del paesaggio (e che quindi
necessariamente impone forme di tutela che incidono
sull’assetto del territorio) non debba essere preceduto
dalla verifica ambientale finirebbe per vanificare,
afferma il T.A.R., «la finalità della disciplina sulla
V.A.S. e di conseguenza di pregiudicare la corretta
applicazione delle norme comunitarie, frustrando così
gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la
direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e
promozione dello «sviluppo sostenibile», espressamente
enunciato all'articolo 1 della direttiva».
Da ciò, il Tribunale ha rilevato
che il piano paesaggistico deve essere assoggettato a
valutazione ambientale strategica in quanto l’obiettivo
della valutazione consiste proprio nel voler analizzare
dettagliatamente quali siano nel presente e nel futuro
gli influssi che le prescrizioni del piano potranno
avere sui segmenti di territorio che si pianificano.
Sulla base di tanto, la decisione
del Tribunale siciliano deve essere considerata in
maniera assolutamente positiva poiché, da un lato ha
rafforzato la grande importanza del piano paesistico nel
panorama degli atti pianificatori del nostro territorio,
già peraltro affermata dalla costante giurisprudenza[6]
e, dall’altro, ha statuito che le prescrizioni ed i
contenuti propositivi del piano paesistico vanno
sottoposti a V.A.S. perché devono essere misurati e
calibrati con gli effetti che il piano può avere sui
territori interessati. La procedura di V.A.S. del piano
paesistico, lungi dall’essere considerata come un
inutile appesantimento della procedura pianificatoria
che ostacola la salvaguardia del contesto paesaggistico
considerato, si inserisce a pieno titolo in un metodo di
sviluppo del paesaggio che può concorrere a definire in
modo opportuno e prudente gli effetti che le
prescrizioni e le definizioni contenute nel piano
comporteranno per il territorio interessato.
In una visione dinamica del
paesaggio, detta valutazione e la partecipazione al
processo pianificatorio di tutte le istanze economiche e
sociali presenti sul territorio, possono contribuire in
modo decisivo a rappresentare le modalità con cui il
paesaggio dovrà essere tutelato, valorizzato, modificato
e restituito alle popolazioni che vi sono insediate,
considerando che il paesaggio può essere saggiamente
utilizzato anche per finalità di sviluppo economico e
sociale.
[1] Cfr. Art. 7, comma 1 del D.
Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
[2] Cfr. Articolo 143, D.lgs.
42/2004, Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio:
Piano paesaggistico, ove si dispone che «l'elaborazione
del piano paesaggistico comprende almeno: e)
individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi
da quelli indicati all'articolo 134, da sottoporre a
specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione; f)
analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio
ai fini dell'individuazione dei fattori di rischio e
degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché
comparazione con gli altri atti di programmazione, di
pianificazione e di difesa del suolo;g) individuazione
degli interventi di recupero e riqualificazione delle
aree significativamente compromesse o degradate e degli
altri interventi di valorizzazione compatibili con le
esigenze della tutela; h) individuazione delle misure
necessarie per il corretto inserimento, nel contesto
paesaggistico, degli interventi di trasformazione del
territorio, al fine di realizzare uno sviluppo
sostenibile delle aree interessate; i) individuazione
dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità,
a termini dell'articolo 135, comma 3».
[3] Cfr. F. Magnosi, Il diritto al
paesaggio. Tutela, valorizzazione, vincolo ed
autorizzazione, Exeoedizioni, Padova, 2011. Infatti,
«deve essere superata la concezione meramente
conservativa e monumentale che è riconnessa alla
funzione di tutela, inserendo la disciplina
paesaggistica all’interno dei processi sociali ed
economici attraverso le attività di valorizzazione e di
promozione del paesaggio».
[4] Cfr. F. Magnosi, op. cit.
[5] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5
luglio 2010, n. 4244.
[6] Cfr. TAR Lazio, sez. II-quater
Roma, 22 novembre 2010, n. 33741, in www.urbium.it,
secondo cui «la tutela paesaggistica, lungi dall’essere
subordinata alla pianificazione urbanistica comunale,
deve precedere ed orientare le scelte
urbanistico-edilizie locali. In definitiva dunque, nella
gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi
livelli territoriali il paesaggio prevale, in linea di
principio, sugli altri strumenti urbanistici»[6]. |