1. Il principio del giudice
naturale nelle costituzioni rivoluzionarie francesi e
nell'art. 71 dello Statuto albertino.
2. L'interpretazione e le
prime applicazioni dell'art. 25 comma 1 cost. e il
divieto di istituire giudici straordinari.
3. La sentenza n. 88 del 1962
della Corte costituzionale e i valori tutelati dalla
garanzia della precostituzione del giudice.
4. La riserva di legge in
materia di competenza giurisdizionale e le sue possibili
violazioni. La posizione della Corte costituzionale.
5. La costituzione del giudice
prima del fatto da giudicare.
6. Il campo di applicazione
del principio del giudice naturale. I limiti alla
possibilità della parte di «scegliersi» il giudice.
7. Il significato del termine
«giudice» come organo giudicante o come singolo
magistrato componente l'organo.
8. (Segue): la composizione
dell'organo giudicante ed il sistema tabellare.
9. (Segue): la soluzione del
problema secondo la «ratio» del principio costituzionale
in esame e i valori da esso tutelati.
10. La possibilità di far valere
eventuali violazioni dell'art. 25 comma 1 cost. nel
corso del processo.
11. La precostituzione per legge
del giudice come garanzia di pluralismo e come strumento
per un certo modello di ordinamento giudiziario.
1. Il principio del giudice
naturale nelle costituzioni rivoluzionarie francesi e
nell'art. 71 dello Statuto albertino.
L'art. 25 comma 1 cost. contiene il
principio secondo cui «nessuno può essere distolto dal
giudice naturale precostituito per legge».
I precedenti storici di tale
garanzia si rinvengono in maniera più specifica
nell'ordinamento francese ed in particolare nelle
costituzioni rivoluzionarie del periodo 1790-1795, in
cui il principio del giudice naturale si affermò, per
poi diffondersi in tutta l'Europa, come reazione
all'ingerenza regia negli affari giudiziari, nonché in
quelle successive del periodo 1814-1848.
La prima affermazione comparsa in
un testo normativo del principio in questione si
rinviene nell'art. 17 della legge rivoluzionaria
francese sull'ordinamento giudiziario del 16-24 agosto
1790, secondo cui «l'ordre constitutionnel des
juridictions ne pourra être troublé, ni les justiciables
distraits de leurs juges naturels par aucune commission,
ni par d'autres attributions ou évocations que celles
qui seront déterminées par la loi».
Il richiamo al giudice naturale
costituisce momento significativo della reazione ad un
fenomeno che già da tempo si andava manifestando e che
aveva spesso causato le vivaci lamentele della
popolazione, consistente nell'ingerenza negli affari
giudiziari da parte del re, il quale, attraverso i
poteri ad esso riconosciuti, influenzava in vario modo i
giudizi affinché si concludessero, a seconda dei casi,
in una maniera oppure in un'altra.
Come rimedio ad un simile stato di
cose e per garantire al cittadino un giudizio
imparziale, fu stabilito quindi che soltanto la legge,
come espressione della sovranità nazionale, potesse
disciplinare la materia dell'ordinamento giudiziario e
la relativa organizzazione.
La distrazione del giustiziabile
dal giudice naturale poteva verificarsi, secondo la
ricordata legge francese del 1790 e la costituzione
dell'anno successivo, attraverso l'uso dei poteri di
commissione, di attribuzione e di evocazione.
Con il primo termine si voleva
escludere il potere di istituire ex novo un giudice
straordinario, creato appositamente per giudicare certi
fatti specifici o persone ben individuate, mentre con il
secondo si voleva vietare la costituzione di giudici
speciali, creati cioè per conoscere di una generalità di
controversie attinenti a certe materie, le quali,
diversamente, sarebbero ricadute nella competenza
dell'autorità giudiziaria ordinaria. Il potere di
evocazione consisteva infine nello spostamento di un
procedimento dal giudice competente ad altro che non lo
era al verificarsi del fatto da giudicare, anch'esso
però facente parte dell'ordine giudiziario.
I tre divieti sopra ricordati non
erano però espressi con uguale intensità: mentre
infatti, in considerazione del più grave perturbamento
da esso portato all'«ordine delle giurisdizioni», quello
di commissione aveva carattere assoluto, quelli di
attribuzione e di evocazione valevano solo con
riferimento al potere esecutivo, restando invece
legittimo lo spostamento di competenza o l'istituzione
di giudici speciali stabiliti attraverso la legge.
La distrazione dal giudice naturale
poteva quindi avvenire non soltanto attraverso la
creazione di un giudice straordinario, ma altresì con
l'istituzione di un giudice speciale o lo spostamento di
competenza da un giudice all'altro (1).
Nelle successive costituzioni
francesi del 4 giugno 1814 e del 1830 il divieto di
distogliere il cittadino dal giudice naturale era posto
in stretta correlazione con quello di creare commissioni
straordinarie e non vi era più traccia alcuna dei
divieti di evocazione e di attribuzione. Questo trova
una spiegazione ed una giustificazione nel fatto che, a
partire dalle costituzioni francesi del 1814, nel capo
concernente l'ordinamento giudiziario, accanto al
principio del giudice naturale era altresì contenuto
quello della riserva di legge in materia di
organizzazione giurisdizionale, cosa che invece mancava
nelle costituzioni francesi del periodo 1790-1795.
Il principio secondo cui niente di
quanto concerneva gli organi giudiziari poteva essere
cambiato se non attraverso la legge, rendeva infatti
superflua, e quindi inutile, quella seconda parte che
nelle costituzioni precedenti seguiva il divieto
assoluto di giudici straordinari e che vietava la
distrazione del cittadino dal giudice naturale mediante
l'istituzione di giudici speciali o la modifica delle
norme sulla competenza operata con atti diversi dalla
legge (2).
L'esperienza costituzionale
francese viene a svolgere una chiara influenza
sull'ordinamento italiano, tanto che molte fra le
disposizioni della Carta costituzionale concessa da
Carlo Alberto nel 1848 (Statuto albertino) risultano
essere una traduzione letterale delle corrispondenti
disposizioni delle costituzioni francesi. E così è pure
per l'art. 71 dello Statuto il quale stabiliva che
«Niuno può essere distolto dai suoi giudici naturali.
Non potranno perciò essere creati tribunali o
commissioni straordinarie»; v. Statuto albertino (3).
Nella prima fase storica di
applicazione dello Statuto (periodo monarchico-liberale
1848-1921), il giudice naturale era prevalentemente
inteso come il giudice la cui competenza era stabilita
dalla legge prima del sorgere della controversia da
giudicare, mentre giudice straordinario era ritenuto non
soltanto quello istituito post factum, ma più
generalmente quello che, per composizione, modalità di
funzionamento e tipo di procedura seguita, contrastava
con i principi e le garanzie fondamentali
dell'ordinamento vigente. Appare evidente come il
giudice naturale non veniva affatto identificato con il
giudice ordinario, bensì con quello competente secondo
una legge entrata in vigore prima del fatto da giudicare
(4) .
L'interpretazione del principio
operata nel successivo periodo fascista (1922-1941) ed
in quello costituzionale provvisorio (1942-1947), causa
i caratteri politici concretamente assunti dall'uno e
dall'altro ordinamento, condusse ad un nesso di
consequenzialità più stretto tra il divieto di
distogliere il cittadino dal giudice naturale e quello
di istituire giudici straordinari - identificati tout
court con quelli creati ex post facto - il quale finiva
così con il divenire l'unico e non più uno tra i modi di
possibile violazione della garanzia del giudice
naturale. Si venne, di conseguenza, a perdere coscienza
anche di un altro importante contenuto proprio di tale
garanzia, quello cioè riguardante il divieto di
spostare, anche con legge, la competenza dal giudice
competente precostituito ad altro giudice anch'esso
precostituito, perché già facente parte dell'ordine
giudiziario, ma incompetente al momento della
commissione del fatto da giudicare (5) .
NOTA:
(1) Il divieto di giudici
straordinari, costituiti appositamente per giudicare su
fatti o persone determinate, trova un suo precedente
nella reazione alle commissioni regie che si ebbe
nell'ordinamento inglese con la Petition of Rights del
1628 ed il Bill of Rights del 1689.
NOTA:
(2) Sulle origini storiche del
principio del giudice naturale v. PISANI, La garanzia
del «giudice naturale» nella Costituzione italiana, in
Riv. it. dir. proc. pen., 1961, 414 ss.; COCCIARDI, Sul
concetto di giudice naturale precostituito per legge e
di giudice straordinario nella nostra Costituzione, ivi,
1962, 277 ss.; SOMMA, «Naturalità» e «precostituzione»
del giudice nell'evoluzione del concetto di legge, ivi,
1963, 797 ss.; TAORMINA, Giudice naturale e processo
penale, Roma, 1972.
Con riguardo all'ordinamento
costituzionale francese sulle origini dell'espressione
«juge naturel», v. RENOUX, Il principio del giudice
naturale nel diritto costituzionale francese, in Il
principio di precostituzione del giudice (Atti del
Convegno organizzato dal Consigliosuperiore della
magistratura e dall'Associazione «Vittorio Bachelet»,
Roma, 14-15 febbraio 1992), in Quaderni del Consiglio
Superiore della Magistratura, 1993, n. 66, 158 ss.
NOTA:
(3) In questa Enciclopedia, XLIII,
in particolare 992.
NOTA:
(4) Questo concetto, accolto
pressoché da tutta la dottrina del tempo, è espresso con
estrema chiarezza da CHIOVENDA (Principii di diritto
processuale civile, Napoli, 1912, 389), il quale
osservava come «ogni controversia, astrattamente
considerata, cioè prima che sorga effettivamente,
appartiene ad un dato giudice. È questo il giudice
naturale da cui il litigante non può essere distolto».
NOTA:
(5) Per riferimenti
all'interpretazione giurisprudenziale e dottrinaria
dell'art. 71 dello Statuto albertino nel periodo
monarchico-liberale, in quello fascista ed in quello
costituzionale provvisorio v. ROMBOLI, Il giudice
naturale. Studio sul significato e la portata del
principio nell'ordinamento costituzionale italiano,
Milano, 1981, 18 ss.
2. L'interpretazione e le prime
applicazioni dell'art. 25 comma 1 cost. e il divieto di
istituire giudici straordinari.
L'Assemblea costituente, eletta
dopo la caduta del regime fascista con il compito di
elaborare ed approvare la nuova costituzione, non dedicò
un'attenzione particolare al principio in questione, il
quale fu espresso con la formula «nessuno può essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge»
(art. 25 comma 1 cost.) ed inserito nella parte della
Costituzione relativa ai «diritti e doveri dei
cittadini», mentre il divieto di istituire giudici
straordinari compare nell'art. 102 comma 2, posto nella
parte relativa all'«ordinamento della Repubblica» e nel
titolo dedicato alla «magistratura».
Nei primi anni di applicazione
della Costituzione repubblicana, la disgiunta
collocazione topografica dei due divieti non è stata
valorizzata, ai fini della ricostruzione della portata
del principio del giudice naturale, dalla prevalente
dottrina, la quale ha invece provveduto a riunire gli
stessi, considerando l'art. 25 comma 1 come la premessa
dell'art. 102 comma 2, sviluppo e corollario del primo
ed entrambi come già compresi e coincidenti nel loro
contenuto con l'art. 71 dello Statuto albertino.
L'autorità giudiziaria - la quale
in attesa dell'entrata in funzione della Corte
costituzionale esercitava pure un controllo «diffuso»
sulla costituzionalità delle leggi - ritenne sempre
infondate le questioni di costituzionalità avanzate
dalle parti del processo per presunta violazione
dell'art. 25 comma 1 cost., il quale venne interpretato
nel senso di escludere in ogni caso una sua applicazione
come parametro per la legittimità delle norme regolanti
la competenza, individuandone lo scopo nel vietare la
creazione di magistrature straordinarie e venendo così
ad aderire, in linea di massima, alla posizione espressa
dalla dottrina allora dominante.
Agli inizi degli anni '60,
soprattutto in considerazione del problema della
legittimità costituzionale dell'istituto della
cosiddetta competenza prorogata, fu concretamente posto
e dibattuto, specie da parte dei processualpenalisti, il
tema dei rapporti tra l'art. 25 comma 1 e l'art. 102
comma 2 cost., fin allora risolto in maniera assai
frettolosa e senza adeguata motivazione nel senso della
identificazione.
Si trattava in sostanza di
verificare se il contenuto del principio del giudice
naturale dovesse esaurirsi nel divieto di istituire
giudici straordinari oppure si dovesse attribuirgli il
significato ulteriore e specifico di parametro
costituzionale della competenza. In altre parole se il
divieto di distrarre dal giudice naturale comportasse il
divieto di istituire giudici straordinari oppure anche o
soltanto quello di spostare ex post facto la competenza
da un giudice all'altro.
Le conseguenze pratiche,
discendenti dall'interpretazione seguita in ordine ai
rapporti sussistenti tra l'art. 25 comma 1 e l'art. 102
comma 2 cost. apparvero evidenti allorché, a seguito
dell'entrata in funzione della Corte costituzionale, fu
sollevata davanti ad essa la questione di
costituzionalità dell'art. 30 comma 2 c. p.p., nella
parte in cui prevedeva il potere del procuratore della
Repubblica di disporre, con provvedimento discrezionale
ed insindacabile, prima dell'apertura del dibattimento,
la rimessione al pretore di un procedimento di
competenza del tribunale (cosiddetta competenza
prorogata).
Per quanti identificavano il
divieto di distrazione dal giudice naturale con quello
di istituire giudici straordinari, il riferimento
all'art. 25 comma 1 cost. era evidentemente fuori luogo,
in quanto si trattava di uno spostamento di competenza
tra organi (pretore e tribunale) entrambi precostituiti
e quindi «naturali», mentre chi indicava nelle norme
sulla competenza il campo operativo della garanzia del
giudice naturale, sosteneva l'incostituzionalità della
cosiddetta proroga di competenza, in quanto essa portava
una deroga alla competenza per materia e lo faceva a
posteriori con provvedimento discrezionale ed
insindacabile del pubblico ministero o del giudice
istruttore.
La Corte costituzionale accolse la
suddetta questione di costituzionalità, affermando, a
proposito dei rapporti del principio in esame con il
divieto di giudici straordinari, che «in realtà queste
due norme, a parte ogni considerazione circa la
coincidenza della istituzione di giudici straordinari
con la sottrazione al giudice naturale, hanno contenuto
ben diverso. Anche se genericamente ispirate ad una
comune finalità di retto svolgimento delle funzioni di
giustizia, esse rispondono ad esigenze distinte, cioè:
unità della giurisdizione per l'art. 102; divieto della
costituzione del giudice a posteriori per l'art. 25» (6)
.
NOTA:
(6) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88,
in Giur. cost., 1962, 959 ss., in particolare 966.
3. La sentenza n. 88 del 1962 della
Corte costituzionale e i valori tutelati dalla garanzia
della precostituzione del giudice.
La decisione della Corte
costituzionale del 1962 rappresenta un momento
significativo ed irrinunciabile per la ricostruzione del
significato e della portata del principio del giudice
naturale; in essa infatti si sostiene, con estrema
chiarezza, che la precostituzione del giudice per legge
consiste nella «previa determinazione della competenza,
con riferimento a fattispecie astratte realizzabili in
futuro, non già, a posteriori, in relazione, come si
dice, a una regiudicanda già insorta», «una competenza
[cioè] fissata, senza alternative, immediatamente ed
esclusivamente dalla legge», escludendo la possibilità
di una «alternativa fra un giudice e un altro, preveduta
dalla legge, ma risolubile a posteriori, con
provvedimento singolo, in relazione a un dato
procedimento», dal momento che «precostituzione del
giudice e discrezionalità nella sua concreta
designazione sono criteri tra i quali non si ravvisa
possibile una conciliazione» (7) .
Tale pronuncia apre una nuova fase
per il principio del giudice naturale e pone in evidenza
l'utilità di questo ai fini della realizzazione di ben
altri e più importanti risultati per la tutela dei
diritti dei cittadini rispetto a quelli precedentemente
pensabili e per una organizzazione giudiziaria
maggiormente aderente ai principi costituzionali. Con
essa infatti si veniva ad individuare: a) una riserva di
legge in materia di competenza del giudice,
espressamente qualificata dalla Corte come assoluta, con
esclusione quindi della possibilità di una sua
determinazione a seguito di qualsiasi intervento di
altra autorità pubblica o privata; b) un obbligo per il
legislatore non solo di intervenire direttamente, ma
altresì di farlo comunque prima della realizzazione del
fatto da giudicare, dando così alla riserva un carattere
rinforzato.
Circa la ratio del principio della
precostituzione del giudice ed il valore da esso
garantito, essi sono stati individuati nella tutela
della imparzialità del giudice.
Questa indicazione ha poi trovato
conferma nella dottrina che si è successivamente
occupata del tema, tanto che possiamo ritenere la stessa
una delle affermazioni senz'altro più ricorrenti e che
nessuno penserebbe mai di mettere in discussione, avendo
avuto pure l'autorevole avallo da parte di una
giurisprudenza della Corte costituzionale assolutamente
consolidata (8) .
La nostra Costituzione non prevede
espressamente il principio di imparzialità con riguardo
all'attività giurisdizionale, ma ne parla solo con
riguardo alla pubblica amministrazione in una accezione
e significato ovviamente diverso, stante la diversa
posizione che nella nostra Costituzione vengono ad
assumere la pubblica amministrazione e la magistratura.
Nonostante ciò può senz'altro ritenersi che il valore
dell'imparzialità del giudice discenda direttamente dal
principio di uguaglianza, nonché dal suo stretto
collegamento con la garanzia della indipendenza del
giudice.
La tutela della indipendenza del
giudice (9) , sia nel suo aspetto di indipendenza
«esterna» o organica o istituzionale, relativa ai
rapporti della magistratura con gli altri poteri dello
Stato, sia in quello di indipendenza «interna», appare
infatti come strumentale al perseguimento di un unico
risultato: quello di rendere il giudice libero, al
momento in cui è chiamato ad esercitare la sua funzione
giurisdizionale, da illecite influenze ed ingerenze che
gli potrebbero derivare appunto dall'esterno come
dall'interno della stessa magistratura ed il concetto di
imparzialità del giudice, come unanimemente
riconosciuto, si riferisce appunto al momento
«funzionale» in cui il giudice è chiamato concretamente
ad applicare la legge ad un singolo caso reale.
In particolare attraverso
l'affermazione della indipendenza interna o funzionale
del giudice - espressa dall'art. 107 comma 3 cost. che
fissa il principio secondo cui i magistrati si
distinguono tra di loro soltanto per diversità di
funzioni - viene superata la concezione gerarchica
dell'organizzazione giudiziaria ed affermato al
contrario il carattere diffuso del potere giudiziario,
che trova una conferma nel riconoscimento della
legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità
di una legge a qualsiasi autorità giudiziaria nel corso
di un giudizio e nella giurisprudenza costituzionale la
quale, in tema di conflitto di attribuzioni tra poteri
dello Stato, ha da tempo qualificato il singolo giudice
come potere dello Stato, legittimandolo quindi a
sollevare ed a resistere in sede di conflitto.
Questa connotazione è tale da
caratterizzare in maniera assolutamente particolare il
nostro modello di ordinamento giudiziario rispetto agli
altri conosciuti, quello inglese, francese e sovietico
(10) .
L'evoluzione e la effettiva
realizzazione di quel modello credo dipenda in buona
parte anche dal modo come si intende e soprattutto viene
applicato il principio della precostituzione del
giudice.
Presupposto per attribuire allo
stesso un qualche reale significato e valore nel
condizionare i caratteri del nostro ordinamento
giudiziario, è il riconoscimento della natura creativa
dell'attività interpretativa del giudice e quindi la
possibilità di diverse soluzioni pur in presenza di casi
analoghi ai quali dover applicare la stessa legge.
Tutto questo porta a concludere che
è proprio la «diversità» dei giudici al momento della
decisione che costituisce al tempo stesso un valore
costituzionale ed il presupposto operativo del principio
della precostituzione del giudice, il quale tende così a
realizzare ed a garantire la permanenza di un effettivo
pluralismo all'interno della magistratura, impedendo
manovre ed interventi non consentiti e post factum sulla
individuazione del giudice competente a decidere un
determinato caso.
NOTA:
(7) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88,
cit., 966 s.
NOTA:
(8) Per alcuni esempi, nella più
recente giurisprudenza costituzionale, v. C. cost. 25
marzo 1992, n. 124, in Giur. cost., 1992, 1064; C.
cost., ordinanza, 2 aprile 1992, n. 161, ivi, 1246; C.
cost. 22 aprile 1992, n. 186, ivi, 1343; C. cost. 7
luglio 1993, n. 305, ivi, 1993, 2449; C. cost.,
ordinanza, 17 febbraio 1994, n. 42, ivi, 1994, 256; C.
cost. 30 dicembre 1994, n. 453, ivi, 3918; C. cost.,
ordinanza, 14 aprile 1995, n. 130, ivi, 1995, 1042; C.
cost., ordinanza, 8 marzo 1996, n. 69, ivi, 1996, 657.
NOTA:
(9) Sul principio di indipendenza
del giudice, v., tra gli altri, GUARNIERI,
L'indipendenza della magistratura, Padova, 1981;
BONIFACIO e GIACOBBE, in Commentario della Costituzione
a cura di G. BRANCA, La magistratura, t. 3. (Art.
104-107), Bologna-Roma, 1986, 9 ss. e 162 ss.; FERRARI
G., La giustizia è il giudice, Padova, 1989, 31 ss.;
PIZZORUSSO, L'organizzazione della giustizia in Italia,
Torino, 1990, 22 ss., 61 ss. e ID., Indipendenza del
magistrato e assegnazione di funzioni, in Questione
giustizia, 1991, 288 ss.; BARTOLE, Giudice: I) Teoria
generale, in Enc. giur., XV, 1989, e ID., Indipendenza
del giudice (teoria generale), ivi, XVI; FUSARO,
Indipendenza della magistratura, composizione e sistema
elettorale del CSM, in Nomos, 1990, 2, 63 ss.;
ATRIPALDI, Indipendenza della magistratura alla luce
della Carta costituzionale, in I diritti dell'uomo,
1992, 3, 5 ss.; MEZZANOTTE, Sulla nozione di
indipendenza del giudice, in Magistratura, CSM e
principi costituzionali a cura di B. CARAVITA, Bari,
1994, 3 ss.; ROMBOLI, L'indipendenza della magistratura,
in L'equilibrio tra i poteri nei moderni ordinamenti
costituzionali a cura di L. LUATTI, Torino, 1994, 140
ss.
NOTA:
(10) Sul punto cfr. in particolare
PIZZORUSSO, Recenti modelli europei di ordinamento
giudiziario, in Anuario de derecho publico y estudios
politicos, El poder judicial, Granada, 1988, 99 ss., e
ID., Ordinamento giudiziario (dir. comp. e stran.), in
Enc. giur., XXI, 1990.
Sul significato ed i problemi
applicativi del principio del giudice naturale negli
ordinamenti tedesco, spagnolo e francese, v. HARTWIG, Il
Gesetzliche richter di cui all'art. 101, 1° comma, 2a
proposizione, del Grundgesetz, in Il principio di
precostituzione del giudice, cit., 82 ss.; DIEZ PICAZO,
Il juez ordinario predeterminado por la ley di cui
all'art. 24, comma 2, della costituzione spagnola, ivi,
104 ss.; RENOUX, Il principio del giudice naturale,
cit., 158 ss.
4. La riserva di legge in materia
di competenza giurisdizionale e le sue possibili
violazioni. La posizione della Corte costituzionale.
A seguito ed in ragione della
ricordata decisione della Corte costituzionale del 1962
(11) e della ricostruzione che in essa viene operata del
principio contenuto nell'art. 25 comma 1 cost., si apre
per questo una stagione assai intensa e ricca di
prospettive per l'eliminazione di tutta una serie di
disposizioni, specie del codice di procedura penale, che
sembravano in insanabile contrasto con le affermazioni
ricavate dalla Corte dal principio in considerazione.
Furono infatti molte le questioni
di legittimità costituzionale che, a seguito di quella
decisione, giunsero all'esame del giudice delle leggi,
per lo più relative, come era abbastanza facile
attendersi, a presunte violazioni della riserva assoluta
di legge in materia di determinazione della competenza
del giudice (cosiddetta norma formale).
È appena il caso di ricordare come,
a differenza di quanto tradizionalmente avviene per le
altre riserve di legge stabilite dalla Costituzione,
quella in esame non ha tanto operato nel senso di
escludere che la materia de qua fosse disciplinata
attraverso atti di normazione secondaria del Governo, ma
è stata invocata esclusivamente nei confronti di atti di
autorità giurisdizionali i quali, essendo legittimati
dalla legge o da una certa interpretazione della stessa
a sostituirsi all'atto legislativo nella determinazione
del giudice competente, violavano, a giudizio di molti
giudici a quibus, la riserva di legge contenuta
nell'art. 25 comma 1 cost.
Più in particolare è possibile
dividere le varie questioni sollevate in due gruppi, nel
primo dei quali possiamo ricomprendere tutte quelle
questioni di costituzionalità attraverso le quali si
censurava l'esistenza di disposizioni che, nel prevedere
fattispecie astratte al cui verificarsi era ricollegato
uno spostamento di competenza, lo facevano descrivendo
tali fattispecie attraverso l'uso di termini o di
espressioni talmente generiche da lasciare ampiamente
spazio ad un intervento discrezionale dell'interprete
(12) .
In un secondo gruppo possono invece
essere inserite altre questioni di costituzionalità le
quali tendevano invece ad evidenziare l'inconciliabilità
con la garanzia della precostituzione per legge, del
potere assolutamente libero dell'autorità giudiziaria,
ed in particolare della Corte di cassazione, di indicare
il giudice competente una volta che quello
originariamente tale era venuto meno per il verificarsi
di eventi oggettivi espressamente previsti dalla legge.
L'atteggiamento della Corte
costituzionale rispetto ai due diversi gruppi di
questioni ad essa sottoposte è stato diverso.
Con riguardo al primo gruppo
infatti essa ha proceduto ad una ridefinizione, se non
addirittura ad una sostanziale riduzione, di quanto
forse troppo categoricamente enunciato nella sentenza
del 1962, giungendo nel maggior numero dei casi a
rigettare le eccezioni di costituzionalità, negando che
si trattasse di criteri non oggettivi oppure, quando era
del tutto evidente l'intervento di un'attività
discrezionale dell'interprete, parlando di una
discrezionalità regolata, che trovava nell'ordinamento i
suoi limiti e comunque necessaria per ovvie esigenze e
necessità pratiche di speditezza dei giudizi. La Corte
ha altresì in più occasioni sostenuto che un margine di
relativa discrezionalità nell'accertare la sussistenza
delle condizioni volute dalla legge è inseparabilmente
connesso all'esercizio del potere-dovere di
interpretazione proprio del giudice, ma che si tratta di
una discrezionalità regolata, razionalmente
indispensabile e quindi del tutto legittima (13) .
Il giudice delle leggi quindi, pur
limitando fortemente i principi espressi nella più volte
ricordata sentenza del 1962, li ha sempre in qualche
modo implicitamente ribaditi o quanto meno mai smentiti,
sforzandosi di motivare le proprie pronunce di
infondatezza, evidenziando le particolarità delle
disposizioni impugnate (14) .
Al contrario, per quanto concerne i
problemi di costituzionalità indicati nel secondo
gruppo, la Corte costituzionale ha lasciato
completamente cadere la garanzia della riserva di legge
ed infatti la pressoché totale discrezionalità della
Corte di cassazione nell'indicare il nuovo giudice
competente, a seguito del venir meno di quello che lo
era originariamente per il verificarsi di fatti previsti
dalla legge, è stata ritenuta assolutamente «necessaria»
ed «ineliminabile» e legittimata attraverso il richiamo
a non meglio precisate «esigenze pratiche» oppure alla
necessità di tutelare la speditezza dei giudizi (15) .
NOTA:
(11) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88,
cit.
NOTA:
(12) Ciò specificamente per le
ipotesi di rimessione di procedimenti per cui essa
veniva legittimata sulla base di non meglio precisati
«motivi di ordine pubblico o di legittimo sospetto»
(art. 55 c.p.p. abr.) o per quanto riguardava la
possibilità e le condizioni per la riunione o la
separazione di procedimenti connessi previste dal
passato codice di procedura penale, dove si parlava
genericamente di «altri gravi motivi», «natura del
reato», «rilevanza», «particolari motivi», «quando sia
conveniente», «purché giovi alla speditezza» (art. 413
c.p.p. abr.), ecc.
NOTA:
(13) Costante è la giurisprudenza
della Cassazione nell'affermare che le disposizioni le
quali prevedono uno spostamento di competenza a causa
della rimessione di procedimenti o per ragioni di
connessione debbono essere interpretate in maniera
restrittiva, costituendo esse una deroga al principio
del giudice naturale: v., tra le tante, Cass. 23 gennaio
1995, in Giust. pen., 1995, III, 388.
Sulla base delle stesse motivazioni
la Cassazione ha sostenuto la necessità di intendere in
maniera particolarmente rigorosa le disposizioni
relative alla notifica della richiesta di rimessione
alla parte che potrebbe subire lo spostamento di
competenza: v. Cass. 16 novembre 1993, in Mass. cass.
pen., 1994, n. 3, m. 78; Cass. 11 aprile 1994, ivi,
1994, n. 8, m. 63.
NOTA:
(14) Un'apparente deroga, dovuta
però ad un infortunio in cui la Corte costituzionale è
incorsa nel citare un proprio precedente, potrebbe
apparire l'affermazione contenuta nelle C. cost. 5
maggio 1993, n. 217, in Foro it., 1993, I, 712, e C.
cost. 12 giugno 1992, n. 269, ivi, 2992, dove si legge
che la garanzia della precostituzione del giudice «nulla
ha da vedere con la ripartizione della competenza
territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo
anteriore alla istituzione del giudice» (ivi, 713). Per
una ricostruzione della vicenda v. ROMBOLI,
Precostituzione del giudice e limiti al potere di scelta
ad opera della parte di fronte ad una Corte
costituzionale incredibilmente distratta , ivi, 2992 ss.
NOTA:
(15) Per un'analisi
particolareggiata della giurisprudenza costituzionale
successiva alla C. cost. 7 luglio 1962, n. 88, cit., e
una valutazione circa la progressiva specificazione e
riduzione dei principi in quella espressi v. NOBILI, in
Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA,
cit., Rapporti civili, t. 1 (Art. 24-26), 1981, sub art.
25 comma 1, 161 ss.; ROMBOLI, Il giudice naturale, cit.,
160 ss. e ID., Giudice naturale, in Nss. D.I.,
Appendice, 1982, III, 968 ss.; SPANGHER, La rimessione
dei procedimenti. Precedenti storici e profili di
legittimità costituzionale, Milano, 1984, 196 ss.;
PIZZORUSSO, Giudice naturale, in Enc. giur., XV, 1988,
2; ALFIERI, Giudice naturale, in D. disc. pen., V, 1991,
445 ss.; RICCIO, DE CARO e MAROTTA, Principi
costituzionali e riforma della procedura penale, Napoli,
1991, 53 ss.; AGRÒ e LIPARI, La giurisprudenza della
Corte costituzionale, in Il principio di precostituzione
del giudice, cit., 198 ss.
5. La costituzione del giudice
prima del fatto da giudicare.
Rispetto ai problemi posti,
affrontati o anche solo discussi di presunte violazioni
del principio del giudice naturale con riferimento alla
riserva di legge contenuta nell'art. 25 comma 1 cost.,
le questioni suscitate sotto l'aspetto della
precostituzione del giudice, della necessità cioè che il
legislatore detti la disciplina della competenza prima
del fatto da giudicare (cosiddetta norma sostanziale),
sono numericamente assai inferiori, anche se certamente
non meno importanti per la realizzazione di quel
principio.
Le eccezioni di costituzionalità
giunte all'esame della Corte costituzionale sotto questo
profilo della garanzia del giudice naturale riguardano:
il caso della modificazione delle circoscrizioni
territoriali degli uffici giudiziari, di cui all'art. 9
d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105, il quale prevedeva che
gli affari pendenti al giorno della sua entrata in
vigore erano devoluti alla cognizione degli uffici
competenti secondo le nuove norme, riconoscendo quindi
efficacia retroattiva alle modificazioni delle regole di
distribuzione della competenza (16) ; quello della
sottrazione, con effetto retroattivo, alla competenza
della corte d'assise, con conseguente attribuzione al
tribunale, della cognizione dei delitti di rapina
aggravata, di estorsione aggravata e di sequestro di
persona a scopo di rapina o di estorsione (17) ; quello
di cui all'art. 6 l. 6 ottobre 1980, n. 75 che
attribuiva alla giurisdizione esclusiva dei tribunali
amministrativi regionali le controversie in tema di
indennità di buonuscita anche con riferimento ai giudizi
pendenti che venivano dichiarati estinti (18) , o ancora
il caso dell'art. 27 d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, che
ha ripristinato, con effetto anche per i giudizi in
corso, il limite massimo di settantacinque anni di età,
già elevato a settantotto anni, per i membri chiamati a
far parte delle commissioni tributarie (19) .
La Corte costituzionale ha pure
affrontato, per presunta violazione della
precostituzione del giudice, la questione di
costituzionalità relativa all'art. 5 c.p.c. sospettato
per non estendere il principio della perpetuatio
iurisdictionis ai mutamenti di competenza provocati,
anziché dal cambiamento dei fatti, da norme sopravvenute
nel corso del giudizio (20) , nonché dell'art. 104 comma
1 l. 1° aprile 1981, n. 121, circa il trasferimento dei
giudizi pendenti davanti ai tribunali militari, ed a
carico del personale del disciolto corpo delle guardie
di pubblica sicurezza, all'autorità giudiziaria
competente per territorio e per materia (21) .
La Corte costituzionale ha comunque
sempre dichiarato l'infondatezza delle questioni di
costituzionalità che, sotto il profilo in parola, le
sono pervenute, sostenendo in tutti i casi esaminati che
il principio del giudice naturale è violato quando il
giudice venga designato a posteriori dal legislatore in
via di eccezione singolare alle regole generali, mentre
non lo è quando la legge, sia pure anche con effetto sui
processi in corso, modifica in generale i presupposti o
i criteri in base ai quali deve essere individuato il
giudice competente: in questo caso lo spostamento di
competenza non avverrebbe in conseguenza di una deroga
alla disciplina generale, che sia adottata in vista di
una determinata controversia, ma per effetto di un nuovo
ordinamento e dunque della designazione di un nuovo
«giudice naturale» che il legislatore, nell'esercizio
del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a
quello vigente.
La motivazione posta a base delle
ricordate pronunce di infondatezza (anche se non
altrettanto può forse dirsi, in generale, per la
conclusione cui esse pervengono) non può essere
condivisa.
Se, come nessuno riteniamo possa
dubitare, l'art. 25 comma 1 cost. richiede la
precostituzione del giudice e non la semplice
costituzione e se dobbiamo ritenere che la Costituzione
nel fissare tale obbligo si riferisca al legislatore - e
anche su questo pensiamo non possano nutrirsi dubbi,
visto che l'unico soggetto abilitato a dettare una
disciplina della competenza è appunto, stante la riserva
di legge, il legislatore - non si vede come possa
escludersi una violazione della precostituzione nel caso
di una legge che fissi la competenza del giudice con
effetto retroattivo, non autorizzando l'art. 25 comma 1
a distinguere, come invece fa la Corte, tra leggi
generali e leggi eccezionali o particolari.
Questo non significa che nelle
ipotesi sopra ricordate la Corte costituzionale dovesse
necessariamente giungere in tutti i casi ad una
pronuncia di incostituzionalità, che poteva certamente
essere evitata, ma attraverso una diversa motivazione la
quale non escludesse la palese ed evidente violazione
del principio di precostituzione del giudice.
Nel sistema dei principi e dei
valori costituzionali, come ricavabili dalla nostra
Carta fondamentale, nessuno di essi si pone come
principio assolutamente intangibile e superiore, per
quanto sicuramente di fondamentale importanza (si pensi
alla libertà personale o a quella di manifestazione del
pensiero), ma al contrario ognuno deve coordinarsi con
gli altri valori costituzionali, di modo che può
trovarsi a dover subire limitazioni ad opera di questi,
qualora ritenuti rispetto ad esso prevalenti ed entrambi
i principi non siano congiuntamente realizzabili.
Tutto ciò vale ovviamente anche per
il principio della precostituzione del giudice e per il
valore da questo espresso, per cui, senza escludere la
sua violazione, si poteva evitare la dichiarazione di
incostituzionalità motivando l'infondatezza attraverso
il riferimento, assai frequente specie nella più recente
giurisprudenza costituzionale, ad un bilanciamento tra i
diversi valori costituzionali che giustificasse un
sacrificio della garanzia della precostituzione, anche
in considerazione del fatto, di per sé assolutamente non
decisivo, che una modifica generale delle regole sulla
competenza fa sorgere meno sospetti circa la
«maliziosità» della stessa rispetto al caso in cui la
modifica avvenga con riferimento ad un preciso e
specifico procedimento (22) .
Il richiamo ad altri valori
costituzionali e no è stato spesso operato attraverso
una lettura dell'art. 25 comma 1 cost., la quale -
contrariamente a quanto sostenuto fin dalle prime
decisioni in materia da parte della Corte
costituzionale, secondo cui i due termini formano
un'endiadi e la qualificazione di «naturale» nulla
aggiunge alla precostituzione per legge del giudice (23)
- ha individuato nel termine «naturale» un significato
diverso ed ulteriore rispetto a quello desumibile dalla
precostituzione per legge. In particolare si è fatto
riferimento all'esigenza di garantire il diritto di
difesa, la purezza e la regolarità della funzione
giurisdizionale, uno svolgimento delle funzioni di
giustizia più regolare e più ricco di garanzie ed il
giudice naturale è stato individuato in quello
indipendente, idoneo, in riferimento sia alla sua
specializzazione che all'attitudine a svolgere i suoi
compiti istituzionali o ancora in quello del luogo del
commesso reato.
Esprimendosi per lo più nel senso
di voler perseguire l'intento di un allargamento della
garanzia della precostituzione del giudice, attraverso
l'attribuzione alla stessa di ulteriori significati e
valori che sarebbero rappresentati e richiamati dal
generico termine «naturale», si è giunti al contrario a
ridurne la portata, legittimando una restrizione della
stessa in nome di valori costituzionali, o presunti
tali, per la maggior parte espressi in altre e diverse
disposizioni costituzionali (24) , che verrebbero ad
operare pertanto come un limite «interno» all'art. 25
comma 1 cost.
NOTA:
(16) C. cost. 5 maggio 1967, n. 56,
in Giur. cost., 1967, 654.
NOTA:
(17) C. cost. 8 aprile 1976, n. 72,
in Giur. cost., 1976, I, 445.
NOTA:
(18) C. cost. 10
dicembre 1981, n. 185, in Giur. cost., 1981, I, 1826.
NOTA:
(19) C. cost. 23 maggio 1985, n.
156, in Giur. cost., 1985, I, 1111.
NOTA:
(20) C. cost. 10 dicembre 1981, n.
185, cit.
Sui rapporti tra l'art. 5 c.p.c. e
la garanzia della precostituzione del giudice, v. pure
C. conti, sez. I, 7 marzo 1994, n. 60, in Riv. C. conti,
1994, II, 63 e C. conti 25 ottobre 1994, n. 33, ivi, VI,
92.
NOTA:
(21) C. cost. 28 maggio 1987, n.
207, in Giur. cost., 1987, I, 1553.
NOTA:
(22) Così ad esempio con riguardo
alla legge di delega, avente ad oggetto la istituzione
del giudice unico in primo grado (l. 16 luglio 1997, n.
254), dove, tra l'altro, il Governo è delegato ad
emanare una disciplina che fissi «le fasi oltre le quali
i procedimenti non passano ad altro ufficio secondo le
nuove regole di competenza» (v. Gazzetta
giuridica-Italia oggi 5 dicembre 1997, n. 43, p. 40).
NOTA:
(23) Tale posizione è sempre stata
ribadita e tenuta ferma dalla Corte: v., da ultimo, C.
cost. 30 dicembre 1994, n. 460, in Giur. cost., 1994,
3967.
NOTA:
(24) V., in proposito, l'analisi
svolta da PIZZORUSSO, Il principio del giudice naturale
nel suo aspetto di norma sostanziale, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 1975, 1 ss.
6. Il campo di applicazione del
principio del giudice naturale. I limiti alla
possibilità della parte di «scegliersi» il giudice.
Diversi, e diversamente rilevanti
ai fini dell'efficacia della garanzia in esame, sono
stati i problemi che si sono posti con riferimento
all'individuazione del campo di applicazione del
principio di precostituzione del giudice; si è così
discusso se esso dovesse valere solo per il campo penale
o anche per i procedimenti civili e amministrativi, se
solo per i giudici ordinari o anche per quelli speciali,
se solo per la fase del giudizio oppure anche per quella
istruttoria, se solamente per gli organi giudicanti o
anche per quelli requirenti, se fosse riferibile
all'organo oppure anche alle singole persone fisiche che
lo compongono.
Con riguardo al campo di
applicazione dell'art. 25 comma 1 cost. si è posto il
problema se la garanzia in esso compresa debba o meno
valere anche per gli organi del pubblico ministero.
La dottrina assolutamente
prevalente, salvo poche eccezioni, si è espressa nel
senso di escludere che il pubblico ministero possa
essere ricompreso nel concetto di «giudice naturale»
(25) e dello stesso avviso è stata pure la Corte
costituzionale, in coerenza con l'interpretazione da
questa da sempre sostenuta dei termini «giudice» e
«autorità giudiziaria» ai fini del riconoscimento della
legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità
in via incidentale, attraverso la quale ha sempre
escluso una simile legittimazione in capo agli organi
del pubblico ministero (26) .
Per quanto concerne invece in
particolare l'applicabilità della garanzia della
precostituzione del giudice anche al campo civile ed
amministrativo, essa era stata in un primo momento
esclusa sulla base di una lettura dell'art. 25 comma 1,
effettuata congiuntamente al comma 2 cost., derivandone
che, come quest'ultimo valeva chiaramente solo per il
giudizio penale, altrettanto si sarebbe dovuto dire
anche per il primo.
La dottrina successiva - fondandosi
principalmente sulla ratio del principio e sui valori da
esso espressi, i quali debbono indubbiamente valere per
qualsiasi tipo di procedimento e di giudizio - ha
unanimemente riconosciuto l'applicabilità del principio
anche al processo civile e amministrativo, pur non
sottacendo, rispetto al processo penale, la minore
drammaticità che questa viene ad assumere, in
considerazione degli interessi fatti valere in questo
tipo di giudizi (27) . Nello stesso senso si è espressa,
ormai in moltissime occasioni, la Corte costituzionale,
affrontando nel merito questioni di costituzionalità di
disposizioni relative al processo civile o
amministrativo, per presunta violazione dell'art. 25
comma 1 cost.
Per quanto riguarda la riferibilità
della garanzia della precostituzione del giudice ai
giudici costituzionali, l'applicazione dell'art. 25
comma 1 pone indubbiamente tutta una serie di problemi
che dovrebbero essere attentamente valutati. Innanzi
tutto, il quesito circa la possibilità di qualificare la
Corte come «giudice» e la sua attività come
giurisdizionale. Infatti, nonostante che la Corte stessa
abbia da tempo riconosciuto la propria legittimazione a
sollevare questioni di costituzionalità come «giudice» a
quo, è ancora aperto un ampio dibattito nella dottrina
costituzionalistica, il quale riguarda in sostanza il
ruolo della Corte nella nostra forma di governo. Inoltre
occorre tenere nella dovuta considerazione le
particolarità del processo costituzionale rispetto ai
giudizi ordinari e quindi il diverso valore che in esso
vengono necessariamente ad assumere certi istituti ed
anche certi principi generali di diritto processuale,
nonché il fatto che per due terzi i giudici
costituzionali sono eletti da organi politici secondo
una procedura che risponde inevitabilmente alle
caratteristiche proprie di tali organi. Detto questo
occorre aggiungere come il riferimento della garanzia
della precostituzione del giudice alla Corte
costituzionale avrebbe comunque riguardo non a profili
attinenti ovviamente alla competenza (trattandosi di una
competenza «unica» ed «accentrata» in tale organo),
bensì alla composizione del collegio giudicante.
Inoltre, per quest'ultima, il riferimento all'art. 25
comma 1 cost. verrebbe a porsi in termini particolari
rispetto a quelli affrontati dalla dottrina e dalla
giurisprudenza con riguardo ai giudici ordinari, per i
quali infatti il problema della composizione dell'organo
giudicante è riferito specificamente alla scelta dei
magistrati che andranno a comporre il collegio, mentre
per i giudici costituzionali esso si pone naturalmente
come possibilità di incidere sul numero dei componenti e
non certo sulle persone. Il principio del giudice
naturale, nel caso della Corte costituzionale, potrebbe
quindi essere richiamato come garanzia che impone al
legislatore di fissare in anticipo, rispetto alle cause
da decidere, il numero dei giudici che compongono il
collegio giudicante.
La garanzia di precostituzione per
legge del giudice sembra chiaramente destinata ad essere
applicata ad una realtà differente, quale quella della
magistratura ordinaria e quindi a problemi assai
diversi, per cui inevitabilmente mal si adatta alle
particolarità di un processo quale è quello del
controllo della costituzionalità delle leggi e crea
evidenti, ed in certi casi quasi insuperabili,
difficoltà applicative (si pensi ad esempio
all'individuazione del dies a quo cui ancorare la
precostituzione) (28) .
Un aspetto della problematica sul
giudice naturale che si è evidenziato in particolare
nell'applicazione del principio della precostituzione
del giudice ai procedimenti civili, è quello relativo
alla legittimità di una disciplina che consenta alla
parte di un giudizio di influire sulla individuazione
del giudice competente, giungendo a scegliersi il
giudice da cui farsi giudicare, nell'ambito di una rosa,
più o meno ampia, prevista dal legislatore.
L'interesse per questo aspetto del
problema è confermato dalla presenza di una serie di
decisioni giurisprudenziali le quali ci mostrano come
spesso la parte, con artifici vari, tenti di influire
sulla determinazione del giudice competente; questo è
avvenuto attraverso la presentazione di una sede
fittizia, il frazionamento di un credito in realtà
unico, la costituzione di una parte fittizia o la
prospettazione artificiosa della domanda da parte
dell'attore, la rinuncia e la successiva ripresentazione
di identico ricorso (29) .
Il Consiglio superiore della
magistratura, nella circolare relativa alla formazione
delle tabelle di composizione degli uffici giudiziari,
ha richiamato l'attenzione su questo problema invitando,
con riguardo alla distribuzione dei processi tra i
magistrati delle preture e dei tribunali addetti alle
sezioni lavoro, ad operare attraverso sistemi di
assegnazione tali da «evitare sia la prevedibilità
dell'assegnazione, sia la possibilità che il sistema
automatico venga utilizzato in modo tale da consentire
la scelta del giudice ad opera della parte».
In varie occasioni la Corte
costituzionale ha avuto modo di occuparsi di questioni
di costituzionalità per presunta violazione dell'art. 25
comma 1, nelle quali si poneva appunto un problema di
una possibile influenza della parte nella scelta del
giudice competente (30) .
La Corte costituzionale, in tutte
le ipotesi sopra richiamate, ha sempre concluso per
l'infondatezza delle eccezioni di costituzionalità, dal
che si potrebbe desumere che essa ha ritenuto non
contrastante con la riserva di legge contenuta nell'art.
25 comma 1, la possibilità per la parte del giudizio di
incidere sulla determinazione del giudice competente,
anche se deve essere sottolineata in proposito una
evoluzione della giurisprudenza costituzionale, che
assomiglia molto ad un sostanziale mutamento di
giurisprudenza (31) .
La conclusione, nel senso della
infondatezza, cui è giunta la Corte crediamo debba
essere comunque condivisa, soprattutto nella
considerazione che l'attività della parte, pur se
decisiva nella determinazione del giudice competente, è
un qualcosa che vale ad integrare la fattispecie in base
alla quale scatta il collegamento con un determinato
giudice, una diversa soluzione porterebbe
paradossalmente a ritenere in contrasto con il principio
di precostituzione del giudice, come si è già avuto modo
di sostenere (32) , anche «la scelta del ladro di
commettere un furto a Pontedera, anziché a Cascina, in
modo tale da essere giudicato dal pretore della prima
città».
Diversa deve invece ritenersi
l'ipotesi prevista dall'art. 20 c.p.c. il quale consente
all'attore di adire il convenuto alternativamente, a
propria libera scelta, nel luogo in cui l'obbligazione è
sorta oppure in quello in cui l'obbligazione stessa deve
eseguirsi.
In questo caso la fattispecie
prevista dalla legge è completata interamente in ogni
suo elemento e, successivamente alla sua realizzazione,
è consentito all'attore di scegliere liberamente tra una
rosa di giudici tutti astrattamente competenti. Si
tratta pertanto di una chiara ipotesi di alternativa
prevista dalla legge, ma risolubile a posteriori
attraverso una scelta lasciata alla discrezionalità
assoluta di un soggetto diverso dal legislatore, il
quale viene così a vincolare definitivamente anche le
altre parti del giudizio.
Escludere, in ragione della riserva
di legge di cui all'art. 25 comma 1, la possibilità di
un'autorità pubblica ed in particolare di un organo
giudiziario, la cui attività deve essere ispirata al
principio di imparzialità (ad esempio la Corte di
cassazione nelle ipotesi di rimessione di un
procedimento per ragioni di ordine pubblico o di
legittimo sospetto oppure per i giudizi di rinvio), di
indicare il giudice competente in una rosa stabilita dal
legislatore e riconoscere invece la stessa possibilità
alla parte privata, chiaramente «interessata» ad una
certa soluzione della controversia, con vincolo anche
per le altre parti del giudizio, non sembra possa
conciliarsi né con le conseguenze derivanti
dall'esistenza in materia di una riserva di legge, né
con le finalità sottostanti al principio di
precostituzione del giudice (33) .
NOTA:
(25) In tal senso v., da ultimo,
ZANON, Pubblico ministero e Costituzione, Padova, 1996,
27 ss., mentre in senso favorevole all'estensione della
garanzia, di cui all'art. 25 comma 1 cost., al pubblico
ministero si è espresso CONSO, Relazione introduttiva,
in Il principio di precostituzione del giudice, cit., 20
ss., fondandosi in particolare sulla più recente
disciplina dell'organizzazione e delle funzioni
attribuite al pubblico ministero.
NOTA:
(26) Nel senso che gli organi del
pubblico ministero non sono legittimati a sollevare
questioni di legittimità costituzionale in via
incidentale, v. C. cost. 28 luglio 1995, n. 415, in Foro
it., 1995, I, 3374.
Per un'esplicita affermazione della
Corte costituzionale secondo cui la garanzia dell'art.
25 comma 1 cost. non si applica al pubblico ministero,
v. C. cost. 15 marzo 1996, n. 70, in Giur. cost., 1996,
659.
NOTA:
(27) In ordine all'applicazione del
principio del giudice naturale nel processo civile v.
MOROZZO DELLA ROCCA, La giurisprudenza civile della
Corte suprema di cassazione, in Il principio di
precostituzione del giudice, cit., 222 ss.
NOTA:
(28) Sul tema v. LUTHER, I giudici
costituzionali sono giudici naturali, in Giur. cost.,
1991, 2478 ss.; ROMBOLI, Composizione del collegio
giudicante e assegnazione delle cause nei giudizi
davanti alla Corte costituzionale, in L'organizzazione
ed il funzionamento della Corte costituzionale a cura di
P. COSTANZO, Torino, 1996, 324 ss.
NOTA:
(29) Cfr. Trib. Asti 29 maggio
1989, in Soc., 1990, 648; Cass. 3 ottobre 1983, n. 5755,
in Foro pad., 1984, I, 365; Pret. Genova 3 giugno 1982,
in Foro it., 1984, I, 2010.
Si fa riferimento ad ipotesi in cui
sarebbe riconosciuta alla parte la possibilità di
incidere sulla determinazione del giudice competente,
anche nelle questioni affrontate, non nel merito, da C.
cost. 16 dicembre 1993, n. 439, in Giur. cost., 1993,
3587; C. cost., ordinanza, 8 marzo 1996, n. 69, ivi,
1996, 657 ss.; C. cost., ordinanza, 25 giugno 1996, n.
218, ivi, 1907 ss.
NOTA:
(30) In particolare per la
competenza del giudice del luogo del primo approdo della
nave (in quanto determinabile a discrezione del
comandante della nave stessa) (C. cost. 28 gennaio 1965,
n. 1, in Giur. cost., 1965, 1 ss.), per quella della
sezione istruttoria della corte d'appello nel cui
distretto si trova l'imputato o il condannato (in quanto
manovrabile attraverso lo spostamento del soggetto da un
istituto all'altro) (C. cost. 16 gennaio 1975, n. 6,
ivi, 1975, 17 ss.), per la possibilità di precostituirsi
la commissione tributaria competente attraverso la
scelta del notaio rogante (C. cost. 3 agosto 1976, n.
214, ivi, 1976, I, 1348 ss.), per la competenza
alternativa tra pretore e tribunale risolubile solo a
seconda che la polizia giudiziaria faccia o meno
rapporto al pretore (C. cost. 29 luglio 1982, n. 158,
ivi, 1982, I, 1357 ss.), per quella del giudice
dell'esecuzione competente per la libertà controllata
influenzabile dal condannato residente all'estero al suo
rientro in Italia (C. cost. 28 maggio 1987, n. 208, ivi,
1987, I, 1562), per quella del giudice tutelare, che
deve concedere l'autorizzazione all'aborto della
minorenne, che viene indicato nel giudice del luogo in
cui opera il medico, il consultorio o la struttura
socio-sanitaria cui si è rivolta la donna, finendo così
per far dipendere da questa l'individuazione del giudice
competente (C. cost., ordinanza, 14 aprile 1988, n. 463,
ivi, 1988, I, 2098), per lo spostamento di competenza al
giudice civile sulle domande in caso di applicazione di
pena su richiesta (C. cost. 25 luglio 1990, n. 443, ivi,
1990, 2633), per la competenza del giudice del lavoro
nel luogo ove ha sede l'INPS (in quanto l'ente potrebbe
influire sulla determinazione del giudice, affidando
discrezionalmente l'affare ad uno o altro ufficio) (C.
cost. 19 dicembre 1991, n. 477, ivi, 1991, 3864), per la
competenza del tribunale militare del luogo dove
l'imputato volontariamente si costituisce (C. cost. 5
maggio 1993, n. 217, ivi, 1993, I, 1622).
NOTA:
(31) Circa il riconoscimento di una
riserva assoluta di legge nell'art. 25 comma 1 cost. (v.
supra, § 4), la Corte ha, infatti, escluso la
legittimità di una disciplina che preveda un'alternativa
tra più giudici risolubile solo a posteriori in forza di
una «scelta discrezionale operata da organi non
legislativi», facendo, quindi, chiaro riferimento a
qualsiasi soggetto - pubblico o privato, parte o meno
del giudizio - diverso dal legislatore (C. cost. 29
luglio 1982, n. 158, in Giur. cost., 1982, I, 1357 ss.).
In una successiva occasione invece la Corte afferma che,
per rispettare il principio del giudice naturale, la
indicazione del giudice sia sottratta «ad ogni
determinazione discrezionale da parte di pubbliche
autorità», lasciando intendere che non viola quel
principio l'analoga determinazione della parte privata
di un giudizio (C. cost., ordinanaza, 14 aprile 1988, n.
463, ivi, 1988, I, 2098 ss.). La Corte costituzionale ha
poi precisato ulteriormente il concetto, specificando
che «l'alternativa tra più giudici [da ritenersi
contrastante con l'art. 25 comma 1 cost.] è quella
risolubile in base unicamente a scelte discrezionali,
specificamente inerenti alla designazione del giudice
per il singolo processo, operante a posteriori "con
provvedimento" autoritativo e insindacabile, di organi
dello stesso potere giudiziario» (C. cost. 12 giugno
1992, n. 269, ivi, 1992, 2065).
NOTA:
(32) ROMBOLI, Il giudice naturale,
cit., 197.
NOTA:
(33) Per tali motivi non può essere
condivisa la decisione con cui la Corte costituzionale
ha dichiarato infondata, in riferimento all'art. 25
comma 1 cost., la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 20 c.p.c. (C. cost. 12 giugno
1992, n. 269, cit.).
7. Il significato del termine
«giudice» come organo giudicante o come singolo
magistrato componente l'organo.
L'aspetto attualmente più
importante - e si può dire decisivo, per l'effettiva
capacità di incidere - della garanzia della
precostituzione del giudice per la realizzazione
dell'imparzialità dell'autorità giudiziaria, è quello
concernente l'interpretazione della garanzia stessa come
riferita all'organo decidente oggettivamente inteso
oppure alla persona fisica del giudice, ai componenti
cioè l'organo giudiziario. Se, in altri termini, la
precostituzione per legge deve arrestarsi alla
previsione dell'organo giudicante oppure debba spingersi
oltre a determinare anche la composizione dell'organo
stesso.
Questo profilo attinente al campo
applicativo del principio del giudice naturale è
sicuramente quello di cui maggiormente si è discusso
negli ultimi anni in dottrina e molte sono state anche
le pronunce giurisdizionali, dei giudici di merito e
della Corte costituzionale, attraverso le quali esso è
stato più o meno esplicitamente affrontato.
La posizione assunta in proposito
dalla Corte di cassazione è stata da sempre molto chiara
ed univoca, infatti in molteplici occasioni essa si è
espressa nel senso che per «giudice naturale» deve
intendersi l'organo giudiziario e non il singolo
componente l'organo stesso, chiudendo così in maniera
radicale qualsiasi dubbio in ordine alla legittimità
costituzionale di tutta una serie di disposizioni (34) .
Molto più oscillante, e quindi non
decifrabile immediatamente con la stessa sicurezza, è
stata invece la giurisprudenza costituzionale sullo
stesso tema.
Fino a circa il 1985, decidendo su
tutta una serie di questioni, relative alla composizione
dell'organo giudicante o al potere di assegnazione delle
cause da parte dei capi degli uffici giudiziari, la cui
soluzione coinvolgeva l'interpretazione da dare al
termine «giudice», la Corte ha legittimato l'intervento
di soggetti diversi dal legislatore nella determinazione
del giudice, in considerazione di «obiettive ed
imprescindibili esigenze di servizio», per
«un'efficiente organizzazione dell'ufficio e di una
razionale distribuzione del lavoro giudiziario» o per la
«continuità e prontezza della funzione giurisdizionale»
(35) .
Nella considerazione che, come
abbiamo detto, analoghe ragioni erano state dalla Corte
ritenute valide a limitare in pratica la riserva di
legge contenuta nell'art. 25 comma 1, senza che nessuno
avesse pensato che con ciò intendesse negare l'esistenza
della riserva stessa, se ne poteva fondatamente desumere
che sul tema che ci occupa la Corte avesse accolto la
tesi secondo cui per «giudice naturale» dovesse
intendersi il singolo magistrato che compone l'organo
giudicante e non l'organo oggettivamente inteso.
Diversamente riuscirebbe abbastanza difficile capire
perché la Corte avesse dedicato diverse pagine di
motivazione per giustificare la propria decisione di
infondatezza di certe questioni di costituzionalità e
avesse fatto richiamo ad altri valori costituzionali che
avrebbero legittimato una compressione della garanzia
della precostituzione (continuità e funzionalità della
giustizia, esigenze di servizio ecc.). Sarebbe stato,
infatti, molto più semplice - qualora si fosse ritenuto
che giudice naturale è solo l'organo giudicante - che la
questione fosse stata risolta, così come avviene da
parte della Cassazione, motivando semplicemente con
un'affermazione di questo tipo: il principio del giudice
naturale è stato invocato dal giudice a quo
inopportunamente, in quanto competente a giudicare resta
chiaramente lo stesso organo astrattamente inteso.
Nella successiva giurisprudenza la
Corte costituzionale, mentre da un lato ha pronunciato
tutta una serie di decisioni con cui ha seguito più o
meno lo schema sopra ricordato, per cui nei loro
confronti si potrebbero ripetere le osservazioni appena
fatte, in altre pronunce pare invece prendere
inequivocabilmente posizione, ora a favore della tesi
per cui la garanzia della precostituzione del giudice si
arresterebbe alla previsione della competenza
dell'organo giudicante, ora per la sua estensione alle
persone fisiche che lo compongono.
Per la prima ipotesi, la Corte ha
precisato che l'art. 25 comma 1 «non garantisce la
permanenza delle persone fisiche in un determinato
organo giurisdizionale, ma la certezza del cittadino di
vedere tutelati i propri diritti e interessi da un
organo già preventivamente stabilito dall'ordinamento e
indipendente da ogni influenza esterna». Ancora più
chiara e lapidaria è l'affermazione contenuta in una
successiva decisione, in cui si legge che «il giudice
naturale precostituito per legge è l'ufficio giudiziario
individuabile secondo i criteri di competenza
previamente stabiliti, rispetto a fattispecie astratte,
dell'ordinamento processuale e non corrono rapporti di
competenza tra le varie sezioni in cui si articolano gli
uffici giudiziari complessi» (36) .
Nonostante le espressioni della
Corte sembrino, nella loro perentorietà, lasciare poco
spazio a conclusioni diverse, riteniamo che il problema
legato alla interpretazione del termine «giudice» da
parte della giurisprudenza costituzionale possa
considerarsi ancora aperto e non ancora definitivamente
pregiudicato e ciò in particolare per due ragioni.
Innanzi tutto per la contemporanea
presenza di altre pronunce che, sebbene in maniera più
implicita, lascerebbero concludere in senso opposto.
Inoltre perché le affermazioni cui si è fatto
riferimento sono contenute, soprattutto le due più
radicali ed apparentemente «definitive» sul punto, in
ordinanze di «manifesta infondatezza», caratterizzate,
com'è noto, da una scarsa motivazione ed impiegate dalla
Corte in ipotesi in cui la questione sollevata dal
giudice a quo è stata già decisa, negli stessi termini,
con precedente pronuncia oppure, anche se affrontata per
la prima volta, si mostra ictu oculi totalmente priva di
qualsiasi reale consistenza.
Il problema connesso
all'interpretazione del termine «giudice» ha
interessato, per anni dottrina e giurisprudenza
(compresa ovviamente quella costituzionale), che hanno
posto in evidenza l'importanza dello stesso, certamente
presente anche ai giudici della Corte, per cui appare
assai improbabile che una presa di posizione così decisa
e decisiva per le sorti di un principio costituzionale
sia contenuta in due pronunce di manifesta infondatezza.
Per la seconda ipotesi,
l'estensione cioè della competenza dell'organo
giudicante alle persone fisiche che lo compongono, la
Corte esclude la incostituzionalità della disposizione
impugnata, nella considerazione che l'individuazione del
giudice competente ad opera di una delle parti «se
consente d'individuare l'ufficio giudiziario ove
s'incardinerà il procedimento, non per questo consente
la scelta del magistrato che in quel processo promuoverà
l'azione penale o lo giudicherà» (37) .
Senza incertezze in proposito è
invece stata la posizione assunta sull'argomento dal
Consiglio superiore della magistratura, in particolare
attraverso l'emanazione delle proprie circolari per la
formazione delle tabelle di composizione degli uffici
giudiziari, dove si fa a più riprese riferimento al
principio del giudice naturale come ispiratore del
sistema tabellare stesso e della opportunità di adottare
criteri automatici per l'assegnazione degli affari o
comunque criteri obiettivi e predeterminati che non
vanifichino il principio costituzionale (38) .
NOTA:
(34) In tal senso è la
giurisprudenza assolutamente consolidata della
Cassazione: v. Cass. 22 aprile 1992, n. 4838, in Foro
it., 1993, I, 899. Analogamente v. pure Comm. trib.
centr. 14 gennaio 1993, n. 186, in Comm. centr., 1995,
I, 64. MOROZZO DELLA ROCCA (La giurisprudenza civile,
cit., 228) giustifica l'atteggiamento di chiusura della
Cassazione, osservando che «in questa nostra situazione,
che si trascina da tempo, caratterizzata da notevoli
carenze di organico, da frequenti trasmutamenti di
magistrati e da impellenti quanto frequenti necessità di
sostituzione e di supplenza [...] la scelta della
Cassazione civile è stata ed è una scelta necessitata».
NOTA:
(35) C. cost. 3
dicembre 1969, n. 146, in Giur. cost., 1969, 2217; C.
cost. 3 giugno 1970, n. 80, ivi, 1970, 1066; C.
cost. 2 dicembre 1970, n. 173, ivi, 2069; C. cost. 12
dicembre 1972, n. 170, ivi, 1972, 2088; C. cost. 18
luglio 1973, n. 143, ivi, 1973, 143; C. cost. 18 luglio
1973, n. 144, ivi, 447; C. cost. 25 marzo 1975, n. 71,
ivi, 1975, 760; C. cost. 30 marzo 1977, n. 52, ivi,
1977, I, 589.
NOTA:
(36) Cfr. C. cost. 23 maggio 1985,
n. 156, cit., e C. cost., ordinanza, 18 maggio 1989, n.
271, in Giur. cost., 1989, I, 1271. Nello stesso senso
parrebbe una più recente decisione in cui la Corte
sostiene l'estraneità della norma impugnata rispetto al
principio della precostituzione per legge del giudice
«dal momento che la stessa non investe la competenza, ma
risulta preordinata a risolvere i dissensi tra giudici
facenti parte del medesimo ufficio giudiziario» (C.
cost., ordinanza, 22 gennaio 1992, n. 15, ivi, 1992,
70).
NOTA:
(37) Cfr. C. cost. 5 maggio 1993,
n. 217, cit. Sul significato di tale affermazione v.
ROMBOLI, Precostituzione del giudice, cit., 2993.
NOTA:
(38) In proposito v. SENESE, La
prassi applicativa del Consiglio superiore della
magistratura, in Il principio di precostituzione del
giudice, cit., 232 ss.
Il Presidente della Repubblica, nel
messaggio trasmesso alle Camere il 26 luglio 1990, ha
fornito un'interpretazione del termine «giudice» come
riferito ai singoli componenti l'organo giudicante,
allorché ha ritenuto quanto meno sospetta la
costituzionalità dell'art. 18 l. 24 marzo 1958, n. 195
sul Consiglio superiore della magistratura, che
riconosce al Presidente della Repubblica la facoltà di
presiedere la sezione disciplinare «in tutti i casi in
cui lo ritiene opportuno», consentendogli di alterare, a
propria discrezione e senza alcun riferimento a fatti o
criteri oggettivi, la composizione di un organo
giurisdizionale come la sezione disciplinare. La norma,
ad avviso del Presidente, «sembra più precisamente
intaccare il principio costituzionale del giudice
naturale e merita, dunque, un'attenta considerazione ed
una approfondita valutazione delle implicazioni gravi
della sua eventuale applicazione e della sua stessa
esistenza».
Di diverso avviso è stata invece la
Cassazione la quale, sul presupposto che «giudice
naturale» è da riferirsi invece all'organo giudicante
oggettivamente inteso, ha escluso un contrasto tra la
disposizione in questione e l'art. 25 comma 1 cost.
(Cass. 9 febbraio 1993, n. 1615, in Giust. civ., 1994,
I, 1669, con nota di ACQUAVIVA, Il principio del giudice
naturale in una particolare ipotesi di modificazione
della composizione della sezione disciplinare del CSM ).
8. (Segue): la composizione
dell'organo giudicante ed il sistema tabellare.
Le ipotesi che hanno richiamato
l'attenzione di quanti si sono occupati della
precostituzione per legge del giudice, sull'importanza
di riferire la garanzia in questione al singolo giudice
componente l'organo giudicante oppure all'organo
astrattamente inteso e che hanno causato diversi
interventi della Corte costituzionale e dei giudici di
merito, sono in particolare quelle della ripartizione
degli uffici giudiziari in sezioni, della formazione dei
collegi giudicanti, dell'assegnazione dei processi da
parte del «capo» dell'ufficio, della disciplina delle
supplenze e delle applicazioni.
Per quanto concerne la composizione
degli organi giudicanti un ruolo di decisiva importanza
per l'attuazione concreta della garanzia della
precostituzione del giudice è quello svolto dal sistema
tabellare che il Consiglio superiore della magistratura
è venuto via via specificando e puntualizzando
attraverso le proprie circolari a partire dal 1968 fino
ad oggi.
I principali risultati che,
attraverso questo sistema, sono stati raggiunti possono
sinteticamente indicarsi in una più dettagliata
disciplina della precostituzione dei collegi e dei
tramutamenti interni agli organi giudicanti, in
un'esplicita attuazione della garanzia della
precostituzione del giudice anche per la distribuzione
degli affari ed in un'estensione delle regole tabellari
anche alla Corte di cassazione (39) .
Del procedimento di approvazione
delle tabelle si può parlare come di un istituto
partecipativo ed aperto alle osservazioni degli
interessati.
La circolare del Consiglio
superiore della magistratura, infatti, inviata a tutti i
presidenti di corte d'appello, chiede di far pervenire
entro una certa data le proposte di composizione degli
uffici giudiziari ed indica criteri per l'assegnazione
degli affari. Le tabelle sono predisposte dai capi degli
uffici, i quali debbono motivare le variazioni rispetto
agli anni precedenti; le proposte sono poi depositate ed
ogni magistrato interessato può prenderne visione e
presentare reclami o osservazioni entro cinque giorni al
consiglio giudiziario oppure al Consiglio superiore, il
quale le approva definitivamente dopo che gli sono state
trasmesse dai capi delle corti con il parere dei
consigli giudiziari.
In proposito è stato affermato che,
attraverso il sistema tabellare, si viene a conciliare
il massimo possibile di partecipazione con il massimo
possibile di efficienza (40) .
Le circolari del Consiglio
superiore per la formazione delle tabelle contengono
anche un'indicazione dei criteri per l'assegnazione
degli affari, i quali devono essere «tali da non
vanificare il principio della precostituzione del
giudice». Per questo viene richiesto che,
contestualmente alle proposte tabellari, siano date
indicazioni «sui criteri obiettivi e predeterminati»,
«formulati in modo da consentire la successiva verifica
della loro osservanza», che i dirigenti degli uffici
adotteranno per l'assegnazione degli affari, richiedendo
una adeguata motivazione allorché ritengano di dover
«derogare ad una automatica assegnazione dei processi e
comunque ai criteri prefissati».
Per la materia civile si richiede
che i criteri di assegnazione dovranno essere
particolarmente precisi in modo da evitare
«l'incontrollata discrezionalità del potere di
assegnazione alle singole sezioni del capo dell'ufficio
e di designazione del magistrato nell'ambito di ogni
sezione», mentre per la distribuzione dei processi in
materia di lavoro si ritiene che, data l'omogeneità
professionale dei giudici del lavoro, «gli affari
dovranno di regola essere assegnati con il criterio
automatico».
Il tema riguardante l'assegnazione
delle cause ed i poteri in proposito dei capi degli
uffici giudiziari, strettamente connesso alla garanzia
del giudice naturale e alla interpretazione che di
questo si fornisce come riferito all'organo o alla
persona fisica, è stato alquanto dibattuto in dottrina,
la quale si è espressa con varie motivazioni a favore o
contro un sistema di assegnazione automatica degli
affari, indicando sistemi o meccanismi tali da eliminare
qualsiasi discrezionalità nell'individuazione del
giudice competente o ponendo in evidenza i limiti degli
stessi (41) .
E mentre la Corte costituzionale ha
continuato a legittimare in sostanza il potere del capo
dell'ufficio di distribuire gli affari, in quanto
necessario per il buon andamento dell'ufficio e comunque
svolto per obiettive ed imprescindibili esigenze di
servizio allo scopo di rendere possibile il
funzionamento dell'ufficio e di agevolarne l'efficienza
(42) , il Parlamento, con l'art. 4 d.P.R. 22 settembre
1988, n. 449, ha stabilito che «l'assegnazione degli
affari penali è operata secondo criteri obiettivi e
predeterminati indicati in via generale dal C.S.M. ed
approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e
con la medesima procedura dal dirigente dell'ufficio
alle singole sezioni e dal presidente della sezione ai
singoli collegi e giudici».
NOTA:
(39) In ordine all'evoluzione del
sistema tabellare e del suo svolgimento v. BRUTI
LIBERATI, Le delibere del Consiglio superiore della
magistratura in tema di precostituzione del giudice, in
La giustizia tra diritto e organizzazione, Torino, 1989,
172 ss.; GILARDI, Tabelle di composizione degli uffici
giudiziari, in Norme e prassi in tema di direzione degli
uffici giudiziari con particolare riferimento ai
procedimenti tabellari, in Quaderni del Consiglio
Superiore della Magistratura, 1989, n. 24, p. 38 ss.;
PIZZORUSSO, L'organizzazione della giustizia in Italia,
cit., 112, 132 ss.; PANIZZA, Sistema tabellare e
ordinamento giudiziario, in Nomos, 1992, fasc. 2-3, 55
ss.
NOTA:
(40) PIZZORUSSO, in Commentario
della Costituzione fondato da G. BRANCA, continuato da
A. PIZZORUSSO, La magistratura, t. 3 (Art. 108-110),
Bologna-Roma, 1992, sub art. 108, p. 26.
NOTA:
(41) Per riferimenti alla dottrina,
sul problema dell'assegnazione degli affari, v. ROMBOLI,
Sull'assegnazione dei processi, in Foro it., 1984, I,
2011, cui adde SARZANA, L'organizzazione burocratica
interna degli uffici giudiziari: il potere di
assegnazione dei processi, in L'ordinamento giudiziario
a cura di N. PICARDI e A. GIULIANI, III, Rimini, 1985,
309 ss.; MATTONE, Il giudice naturale, in La professione
del giudice (quaderno di Questione giustizia), 1985, 37
ss.; GILARDI, La gestione degli uffici giudiziari civili
a Milano, in Questione giustizia, 1986, II, 331 ss.;
PEPINO, Automatismo nell'assegnazione degli affari
giudiziari: un problema superato?, ivi, 1988, 349 ss.;
BRESCIANI, Assegnazione degli affari penali, in D. disc.
pen., Appendice, V, 1992, 814 ss.
NOTA:
(42) V. supra, nt. 39.
9. (Segue): la soluzione del
problema secondo la «ratio» del principio costituzionale
in esame e i valori da esso tutelati.
La soluzione del problema
concernente l'interpretazione del termine «giudice» di
cui all'art. 25 comma 1 cost. pare discendere senza
eccessive difficoltà e in maniera quasi obbligata se si
pone mente alla ratio del principio ed ai valori che con
questo si tende tutelare.
Se infatti, come unanimemente
riconosciuto, la garanzia della precostituzione per
legge del giudice tutela l'imparzialità dello stesso,
non si può non rilevare come tutti coloro che si sono
occupati di quest'ultima nozione, anche in rapporto a
quella di indipendenza (interna ed esterna) del giudice,
hanno sempre riferito l'imparzialità al momento in cui
il giudice è chiamato concretamente a decidere su un
caso reale e specifico, ad un momento cioè che richiama
non tanto l'attività dell'organo oggettivamente inteso,
quanto quella del giudice come persona.
Il riferimento della garanzia in
questione all'organo giudicante verrebbe al contrario a
svuotare di qualsiasi reale contenuto e di qualunque
efficacia la stessa, in quanto, come sostenne Gaetano
Foschini con una espressione efficacissima e divenuta
ormai un classico nella letteratura sul giudice
naturale, «impedire che un dato processo possa esser
giudicato dal tribunale di Catania invece che da quello
di Ragusa non vale niente, se non resta impedito anche
che si costituisca il tribunale di Ragusa applicando ad
esso i giudici del tribunale di Catania» (43) .
Pure quanti hanno definito
«astratta» oppure «oltranzista» la posizione di chi
sostiene la necessità di spingere la precostituzione
alla persona fisica del giudice, misurandosi poi con gli
effetti pratici della tesi opposta hanno dovuto
ammettere che escludere qualsiasi effetto del principio
del giudice naturale sullo statuto giuridico delle
persone che fanno parte degli uffici giudicanti
significherebbe aprire la porta ad una vanificazione del
contenuto sostanziale di quel principio (44) .
Le principali motivazioni addotte
da quanti sostengono la riferibilità dell'art. 25 comma
1 cost. solo all'organo e non alla persona sono
essenzialmente di due tipi.
Una prima serie di motivazioni si
fonda principalmente sulla impossibilità pratica di
realizzare in concreto un sistema che riesca a
precostituire il giudice inteso come persona, o sulle
gravi conseguenze che potrebbero derivare da un sistema
di assegnazione automatica degli affari che non
permettesse di tenere nel dovuto conto la
professionalità e la specializzazione dei singoli
magistrati, oppure sulla inadeguatezza di un tale
sistema in riferimento alle particolarità del nostro
ordinamento giudiziario, nel senso che simili criteri
sarebbero accettabili in quei Paesi dove l'orientamento
culturale dei giudici è uniforme e la loro preparazione
omogenea, ma non sarebbero applicabili in Italia a causa
delle accentuate disparità di formazione e di posizioni
culturali esistenti tra i magistrati.
In proposito sembra vero
esattamente il contrario. L'esistenza di un pluralismo
ideologico all'interno della magistratura impone infatti
criteri di assegnazione automatica dei processi, proprio
ad evitare il sospetto che l'assegnazione dell'affare a
questo o a quel giudice, se fatta discrezionalmente dal
capo dell'ufficio, sia fatta proprio in considerazione
della particolare posizione da quello precedentemente
espressa (45) .
Un giudice pertanto individuato a
posteriori e verso il quale potrebbe nutrirsi il
sospetto che l'assegnazione di un certo processo, per il
modo come è avvenuta, possa essere stata fatta proprio
in vista di un certa soluzione di quel caso. Un giudice
cioè scelto per un processo e per una certa soluzione
dello stesso: in una parola tutto quello che appunto la
garanzia del giudice naturale vuol evitare.
Il secondo ordine di ragioni, in
parte connesso alle prime, si fonda principalmente sul
richiamo ad altri principi e valori costituzionali,
ritenuti prevalenti, i quali sarebbero sacrificati dal
riferimento del principio alla persona e da un sistema
di assegnazione automatica degli affari.
I valori cui si fa riferimento sono
essenzialmente quelli dell'efficienza della giustizia,
della funzionalità, delle obiettive esigenze di
servizio, della valorizzazione della professionalità del
giudice.
Neppure questo tipo di motivazione
pare meriti accoglimento.
Il principio del giudice naturale
non assume certamente nel sistema dei principi
costituzionali un carattere rigido, ma al contrario,
come già detto, esso deve necessariamente coordinarsi
con altri principi pure stabiliti a livello
costituzionale in un'opera di bilanciamento con gli
stessi, a seguito della quale ben può darsi che sia la
garanzia della precostituzione del giudice a doversi
ritenere recessiva, purché i principi costituzionali
invocati non siano realizzabili congiuntamente e possano
ritenersi prevalenti.
Detto questo, sembra che
sicuramente non tutti i valori invocati si pongano in
contrasto con un'interpretazione «forte» dell'art. 25
comma 1 e ad esempio con un'assegnazione automatica
delle cause, ma alcuni sembrano al contrario addirittura
meglio realizzarsi, anziché essere danneggiati.
In ogni caso i valori invocati non
sono tali da potersi ritenere prevalenti su quello
espresso dal principio della precostituzione del
giudice, il quale si pone in stretto collegamento con la
realizzazione della indipendenza interna del giudice
(art. 107 cost.) e di un certo modello di ordinamento
giudiziario.
Si è parlato del tema relativo alla
riferibilità dell'art. 25 comma 1 all'organo o alla
persona come di un «complesso problema, le cui soluzioni
tradiscono l'adesione a ideologie determinate e a
programmi ben definiti» (46) .
In questo senso indubbiamente
l'interpretazione del termine «giudice» come singolo
componente l'ufficio giudiziario «tradisce» il
«programma» di vedere il principio del giudice naturale
come garanzia che coopera, dando un apporto di tutto
rilievo, per il raggiungimento dell'indipendenza interna
del giudice e la realizzazione di una magistratura come
potere diffuso e non gerarchicamente ordinato, e di
tutelare la presenza di un pluralismo all'interno della
stessa; mentre l'altra tesi «tradisce» il «programma» di
non veder realizzato questo particolare tipo di
ordinamento giudiziario e di volerne uno fondato su
differenti caratteristiche.
NOTA:
(43) FOSCHINI, Giudici in nome del
popolo, non già commissari del capo della corte, in Foro
it., 1963, II, 168.
NOTA:
(44) MAZZIOTTI, Garanzia del
giudice naturale precostituito per legge e indipendenza
dei giudici delle giurisdizioni speciali, in Cons. St.,
1985, II, 1254-1256.
NOTA:
(45) Nel senso che la condizione di
applicabilità e di effettiva operatività della garanzia
della precostituzione del giudice è la diversità e non
fungibilità dei giudici v. NOBILI, Rapporti civili,
cit., 164 s., secondo cui un sistema sociale,
governativo, giudiziario che riesca ad ottenere un grado
assai elevato di conformismo tra i suoi magistrati pone
il criterio di precostituzione in termini
inevitabilmente riduttivi; SENESE, Relazione, in La
magistratura italiana nel sistema politico e
nell'ordinamento costituzionale. (Atti del Seminario,
Pisa, 28 aprile 1977), Milano, 1978, 44 ss. e ID.,
Giudice (nozione e diritto costituzionale), in D. disc.
pubbl., VII, 1991, 205 ss.
NOTA:
(46) Così ALFIERI, Giudice
naturale, cit., 459.
10. La possibilità di far valere
eventuali violazioni dell'art. 25 comma 1 cost. nel
corso del processo.
Un ultimo aspetto relativo ai
problemi suscitati dal principio del giudice naturale è
quello, meno trattato dalla dottrina, ma non per questo
meno importante, concernente la cosiddetta azionabilità
del diritto al giudice naturale, ossia la reale
possibilità di far valere le eventuali violazioni dello
stesso nel corso del processo.
L'indicazione dei soggetti e dei
modi attraverso cui far valere le violazioni delle
regole poste a tutela ed attuazione della garanzia della
precostituzione deve tenere esattamente presente le due
diverse anime che il principio in esame ha mostrato fin
dalle discussioni svoltesi all'Assemblea costituente:
l'una rivolta verso il cittadino e tesa a garantirgli la
certezza del giudice che lo dovrà giudicare (rectius la
certezza che a giudicarlo non sarà un giudice della cui
imparzialità, per il modo come è stato indicato, si può
dubitare), l'altra relativa invece al giudice ed
all'organizzazione giudiziaria. Entrambi questi aspetti
devono essere tenuti presenti, senza trascurare l'uno a
vantaggio dell'altro, al fine di una effettiva
realizzazione dei valori di cui è espressione l'art. 25
comma 1 e che, nelle pagine precedenti, si è cercato di
indicare.
In considerazione della posizione
soggettiva riconosciuta al cittadino dalla Costituzione,
sia che la si voglia poi qualificare come diritto
soggettivo o come interesse legittimo, deve escludersi
che qualsiasi violazione, anche la più palese, delle
regole predisposte per realizzare la precostituzione del
giudice possa non produrre conseguenze di sorta nel
processo. Al contrario, assolutamente inutili
risulterebbero all'evidenza tutte quelle ricostruzioni e
soluzioni elaborate in dottrina ed in giurisprudenza fin
qui esaminate, o la predisposizione di un sistema
accurato e complesso quale il sistema tabellare, così
come sarebbero frustrati gli scopi perseguiti dagli
interventi del legislatore tendenti ad attuare l'art. 25
comma 1.
La violazione delle regole
predisposte ad attuazione della precostituzione del
giudice non dovrà necessariamente condurre alla
previsione di una nullità assoluta, la quale certamente
comporterebbe un'eccessiva «ingessatura» del processo,
ma appare indispensabile almeno una nullità relativa,
sanabile (o «sanabilissima»), ciò a meno di non voler
perseguire quello che è stato definito doppio effetto
sociale della legge inapplicata, la soddisfazione cioè
di chi l'ha voluta nel vederla finalmente approvata e di
quanti invece l'hanno avversata nel vederla del tutto
inattuata. A dimostrazione di quanto sopra detto si può
ricordare il caso, giustamente criticato in maniera
severa in dottrina (47) , in cui la Corte di cassazione,
nel designare il nuovo giudice competente a seguito
dell'accoglimento della richiesta di rimessione di un
procedimento, aveva commesso un evidente errore
materiale nell'applicare le regole prefissate dalla
legge - la quale stabilisce criteri automatici di
individuazione - indicando come giudice più vicino
l'autorità giudiziaria di Verona, anziché quella di
Venezia. La Cassazione (48) ha ritenuto inammissibile il
conflitto di competenza sollevato dall'autorità
giudiziaria erroneamente individuata, giacché la
pronuncia della prima sulle questioni di competenza
assumerebbe comunque autorità di cosa giudicata, anche
se l'eventuale errore in cui la medesima sia incorsa
incide sul principio costituzionale della
precostituzione del giudice.
La discutibile posizione assunta in
proposito dalla Cassazione ha successivamente trovato
conferma in un'altrettanto discutibile pronuncia della
Corte costituzionale (49) , la quale, a fronte di
un'ordinanza di rinvio in cui si evidenziava proprio
tale limite di azionabilità della garanzia del giudice
naturale, ha dichiarato inammissibile la relativa
eccezione di costituzionalità in quanto tendente ad
ottenere dalla Corte una pronuncia additiva con cui
introdurre una sorta di «revisione in grado ulteriore»
della sentenza della Cassazione e ribadendo che «dalla
autorità di giudicato delle decisioni della Cassazione
in materia discende la irrilevanza di questioni che
tendano a rimettere in discussione la competenza
attribuita nel caso concreto dalla Cassazione medesima,
in quanto ogni ulteriore indagine sul punto deve
ritenersi definitivamente preclusa e quindi nessuna
influenza potrebbe avere una qualsiasi pronuncia di
questa Corte nel giudizio a quo» (50) .
Per questo suscita notevoli
perplessità e forti dubbi di costituzionalità, che
riteniamo fondati, il combinato disposto degli art. 33 e
178 c.p.p., per la parte in cui, nel prevedere che è
prescritta a pena di nullità l'osservanza delle
disposizioni relative alle condizioni di capacità del
giudice, non considera tali «le disposizioni sulla
destinazione del giudice agli uffici giudiziari ed alle
sezioni, sulla formazione dei collegi e
sull'assegnazione dei processi a sezioni, collegi e
giudici» (51) .
Una diversa soluzione è stata
invece seguita, successivamente, a proposito della
costituzione delle preture circondariali. L'art. 1 d.l.
15 maggio 1989, n. 173 (convertito in l. 11 luglio 1989,
n. 251) ha infatti stabilito che la «violazione dei
criteri di cui al 1° comma [cioè dei criteri di
distribuzione degli affari], nonché di quelli indicati
nella tabella di composizione degli uffici, è rilevata,
anche d'ufficio, non oltre la prima udienza ovvero, nel
processo penale, subito dopo compiute per la prima volta
le formalità di apertura del dibattimento insieme alle
questioni preliminari. Il pretore decide immediatamente
con ordinanza» (52) .
Indubbiamente una scelta differente
compiuta dal legislatore sullo stesso tema, la quale,
come è stato evidenziato, viene a creare incongruenze e
diversità di trattamento difficilmente giustificabili
tra processo civile e processo penale e soprattutto tra
giudizi che si svolgono davanti al pretore penale e
quelli che si tengono invece davanti agli altri giudici
penali.
NOTA:
(47) GREVI, Errore della suprema
Corte nell'attribuzione della competenza ex art. 58
comma 3° c.p.p. e garanzia del giudice precostituito per
legge (art. 25, 1° comma), in Cass. pen., 1989, 97 ss.,
il quale parla di una «totale insensibilità per la
garanzia della predeterminazione ex lege del giudice
competente».
NOTA:
(48) Cass. 20 novembre 1997, in
Cass. pen., 1989,101 ss.
NOTA:
(49) C. cost. 5 luglio 1995, n.
294, in Giur. cost., 1995, 2293 ss.
NOTA:
(50) Per l'affermazione secondo cui
l'inosservanza dei criteri previsti per l'individuazione
del giudice di rinvio, la distribuzione delle cause e la
sostituzione del giudice impedito non danno luogo a
nullità del procedimento, ma ad una mera irregolarità di
carattere interno che non incide sulla costituzione del
giudice, v. Cass. 22 aprile 1992, n. 4839, in Foro it.,
1993, I, 899; Cass. 17 ottobre 1994, in Cass. pen.,
1995, II, 77; Cass. 28 dicembre 1994, n. 11238.
NOTA:
(51) Il progetto preliminare per il
nuovo codice di procedura penale, elaborato nel 1978 da
apposita Commissione ministeriale, conteneva al
contrario una disposizione (art. 37) la quale prevedeva
che la designazione dei giudici, collegi o sezioni a
conoscere dei singoli processi avvenisse secondo criteri
prestabiliti, indicando la sanzione della nullità
relativa per gli atti compiuti da un giudice che fosse
stato designato a conoscere di un affare, in violazione
dei criteri per l'assegnazione dei procedimenti fissati
dalle leggi di ordinamento giudiziario. L'intento,
esplicitato nella Relazione della Commissione, era stato
quello di attribuire rilevanza esterna agli atti di
assegnazione, consentendo non solo al giudice, per
ragioni di dignità professionale, ma anche alle parti,
per un concreto interesse processuale, di intervenire
ove avessero ritenuto violate le norme ed i criteri di
individuazione del giudice-persona fisica.
Nella Relazione al nuovo codice di
procedura penale l'abbandono di quella soluzione viene
giustificato richiamandosi ai rilievi espressi in
proposito dalla Commissione per l'adeguamento delle
norme dell'ordinamento giudiziario al nuovo codice,
secondo la quale «una previsione di nullità (non importa
di quale specie) per la violazione delle norme
riguardanti le disposizioni da ultimo accennate [circa
la destinazione del giudice agli uffici e la formazione
dei collegi] si sarebbe negativamente riflettuta su
delicate questioni di ordinamento giudiziario»
(Relazione al progetto preliminare del codice di
procedura penale, in G.U. 24 ottobre 1988, n. 250,
suppl. ordinario n. 2, sub art. 178 comma 2, p. 56).
NOTA:
(52) In ordine alla possibilità di
qualificare i rapporti tra pretura circondariale e
sezioni staccate come rapporti di competenza ed alle
conseguenze derivanti dall'applicazione dell'art. 25
comma 1 cost., v. Cass. 10 febbraio 1994, n. 1374; Pret.
Napoli, ordinanza, 13 novembre 1993, in Foro it., 1994,
I, 1401 s.; Pret. Castellammare di Stabia, ordinanza, 2
marzo 1993, ivi. In dottrina, IZZO, La legge n. 30/89
sulle preture circondariali. Problemi interpretativi, in
Documenti giustizia, 1989, n. 6, 35; SASSANI, Preture
circondariali e sezioni distaccate: prime considerazioni
sui riflessi processualcivilistici della l. 30/1989, in
Riv. dir. civ., 1990, 321; SCOTTI, Preture
circondariali: violazione dei criteri di distribuzione
del lavoro e capacità del giudice, in Foro it., 1990, V,
180 ss.; CAPPONI, La «competenza» interna della nuova
pretura circondariale, in Corriere giuridico, 1991, 469;
PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile,
Napoli, 1991, 446 e 542; RASCIO, In tema di competenza
territoriale sull'opposizione ad ordinanza-ingiunzione e
di rapporti fra pretura circondariale e sezioni staccate
, in Foro it., 1991, I, 3254 ss.; TOMMASEO, Le sezioni
distaccate delle preture circondariali in un'importante
sentenza, in Corriere giuridico, 1992, 188 ss.; DE
SANTIS, Sedi di pretura circondariale e sezioni
staccate: problemi attinenti al riparto territoriale
delle cause ed al rispetto del principio del giudice
naturale , in Documenti giustizia, 1994, n. 1-2, 52.
11. La precostituzione per legge
del giudice come garanzia di pluralismo e come strumento
per un certo modello di ordinamento giudiziario.
In conclusione, in una prospettiva
che guarda essenzialmente a quello che presumibilmente
potrebbe essere il futuro del principio in esame, ci
sembra innanzi tutto da segnalare un elemento di per sé
assai indicativo: occorre risalire molto indietro nel
tempo (ben oltre dieci anni) per ritrovare una decisione
della Corte costituzionale la quale abbia accolto una
questione di costituzionalità sollevata per presunta
violazione dell'art. 25 comma 1 cost.
La Corte, dopo la grande apertura
operata con la sentenza del 1962 (53) , ha
progressivamente ridotto la reale efficacia del
principio, da un lato annullando in pratica gli effetti
della cosiddetta norma sostanziale attraverso la
riduzione della precostituzione del giudice ad una
semplice costituzione per legge e dall'altro
legittimando chiare violazioni della riserva di legge in
nome di generiche esigenze di servizio o per la
speditezza dei giudizi.
Qualora nei prossimi sviluppi della
giurisprudenza costituzionale dovesse trovare conferma
l'interpretazione che crediamo di cogliere in alcune più
recenti decisioni in materia, relativamente al termine
«giudice» come riferito solo all'organo giudicante e non
ai componenti dello stesso, sul principio del giudice
naturale calerebbe una pietra tombale ed esso tornerebbe
ad essere una «formula magica priva di effettivo
contenuto», così come lo definiva nel 1951 Carlo Arturo
Jemolo (54) .
Anche in conseguenza di tale
giurisprudenza, che è venuta a chiudere tutta una serie
di possibili applicazioni del principio in questione, al
fine di attribuire comunque ad esso un significato
utile, l'attenzione degli interpreti si è spostata dalla
nozione più tecnica e precisa di precostituzione a
quella più generica di «naturalità», la quale lascia
molto più spazio alla fantasia (55) .
Così in alcune ricostruzioni
operate dalla dottrina e soprattutto dai giudici a
quibus nel rimettere questioni all'esame della Corte, il
giudice naturale diviene il giudice «razionalmente
idoneo» a giudicare (56) oppure il giudice terzo e
imparziale (57) e l'art. 25 comma 1 cost. viene invocato
a tutela del libero convincimento del giudice (58) , ad
evitare il sorgere di un contrasto di giudicati (59) o
il rischio per il giudice stesso di essere ricusato (60)
.
Le prospettive di una simile
interpretazione possono destare qualche preoccupazione,
dal momento che si abbandona tutto quello che
rappresenta la specificità della garanzia della
precostituzione del giudice per legge per annegare la
stessa nel mare del generale dovere di ragionevolezza
che incombe sul legislatore e che la giurisprudenza
costituzionale ha tratto dal principio di uguaglianza
sancito dall'art. 3 cost.
Esattamente quindi la Corte
costituzionale, in alcune occasioni (61) , ha
sottolineato come non assuma rilievo, ai fini del
rispetto dell'art. 25 comma 1, la presunta maggiore o
minore idoneità o qualificazione che possa essere
rivendicata o riconosciuta all'uno o all'altro organo
della giurisdizione, rientrando la scelta in proposito
nella discrezionalità del legislatore.
Con riguardo invece alla ratio ed
ai valori tutelati dall'art. 25 comma 1, nessuno, o
quasi, oggi considera più il giudice come «bocca della
legge» e mette in dubbio che l'attività di
interpretazione della stessa comporti in ogni caso un
apporto creativo, per cui è possibile che si giunga ad
una diversa soluzione pur dovendo applicare la stessa
legge ad analoghi o anche identici casi concreti.
Ciò è alla base dell'esistenza di
un pluralismo all'interno della magistratura,
strettamente collegato all'indipendenza interna del
giudice (art. 107 cost.), per la cui realizzazione è
strumento, tra i più importanti, la garanzia della
precostituzione del giudice solamente ad opera della
legge.
Se non può negarsi che l'esistenza
di un pluralismo nella magistratura trovi riscontro e
tutela a livello costituzionale, è indubbio che anche la
certezza del diritto, l'uniformità giuridica dei
principi sono da ritenersi valori che trovano fondamento
nella Costituzione e che comunque occorre tenere conto
anche di altri principi costituzionali, come quello del
buon andamento della giustizia (fra cui rientra la
necessità di una omogeneità della funzione
giurisdizionale) o ancora dello stesso principio di
uguaglianza, perché le differenti interpretazioni
possono far dubitare che la legge non sia uguale per
tutti.
Ai giudici, o meglio alla
magistratura nel suo insieme, si richiede da più parti
un tipo di attività «ordinante», sostenendo che le
tecniche della interpretazione sono garanzie non della
assoluta libertà del giudice, ma finalizzate al
perseguimento della soluzione e del risultato più
ragionevoli.
Un tipo di legislazione
«contrattata», quale quella che caratterizza il nostro
Paese, con un'enorme mole di leggi e leggine richieste
ed ottenute da specifici settori o gruppi di interessi,
rende indubbiamente maggiori gli spazi per il potere
interpretativo-creativo del giudice con la conseguenza
di rendere, invece, al tempo stesso più difficile il
perseguimento dell'omogeneità del «prodotto»
giurisdizionale e la funzione «ordinante» della
magistratura.
Anche la certezza del diritto,
intesa come uniformità delle decisioni, sarà
perseguibile, come è stato rilevato, solo in presenza di
testi normativi omogenei e di un contesto sociale non
lacerato da spinte contraddittorie, mentre «diviene una
chimera in una società, come quella italiana [...] dove
si affrontano concezioni politiche e sociali spesso
inconciliabili [...]. Inseguire la certezza in tale
contesto può significare solo voler elidere
surrettiziamente uno dei due poli delle antinomie» (62)
.
L'esistenza di diversi valori,
presenti e garantiti a livello costituzionale, comporta
la necessità che, attraverso un'opera di bilanciamento
tra gli stessi, si debba operare in modo tale da non
sopprimere l'importante garanzia della indipendenza
interna del giudice, senza per questo trascurare gli
altri valori assolutizzando la prima.
Se è fuori discussione la necessità
di tenere nel debito conto e di perseguire i valori
della certezza del diritto e della «omogeneità»
giudiziaria, i problemi sorgono allorché si tratta di
indicare come ed in che misura ciò debba avvenire.
Una via, che potremmo definire
«democratica», potrebbe essere quella di valorizzare
certi istituti come quelli del «precedente» e
dell'attività di nomofilachia della Corte di cassazione
e di far sì che l'«omogeneità» sorga dal confronto
dialettico fra le diverse interpretazioni, svolto anche
e soprattutto attraverso l'esame delle motivazioni dei
provvedimenti giurisdizionali, mentre quella che sarebbe
da temere è la via che potremmo dire «autoritaria», per
la quale l'uniformità viene ottenuta attraverso la
gerarchizzazione della magistratura ed un impiego delle
sanzioni disciplinari tendente ad escludere un certo
modo di interpretare la legge.
Due diverse vie per ottenere uno
stesso risultato, ad ognuna delle quali però sottostà la
volontà di concretizzare un differente modello di
ordinamento giudiziario, l'uno caratterizzato dalla
discrezionalità nella composizione dell'organo
giudicante e dall'indiscusso potere del capo
dell'ufficio di distribuire gli affari, con conseguente
gerarchizzazione dei rapporti all'interno della
magistratura ed eliminazione di quel pluralismo alla
tutela del quale è invece ispirato l'altro modello di
ordinamento giudiziario che guarda alla magistratura
come ad un potere diffuso.
Una certa interpretazione del
principio di precostituzione del giudice, ed in
particolare del termine «giudice» come riferito alla
persona fisica, appare quindi maggiormente in linea con
quella indicata come la via «democratica» ed ispirata
alla realizzazione di un certo tipo di ordinamento
giudiziario, mentre intendere la garanzia come rivolta
unicamente all'organo giudicante astrattamente inteso
pare invece mirare a realizzare un opposto modello di
ordinamento giudiziario, quello cioè che si pone in
sintonia con la via «autoritaria».
NOTA:
(53) C. cost. 7 luglio 1962, n. 88,
cit.
NOTA:
(54) JEMOLO, Sugli asseriti
riflessi costituzionali della ricusazione, in Giur. it.,
1951, I, 645.
NOTA:
(55) Sempre più frequente è il caso
in cui, ai fini della reale questione di
costituzionalità sollevata dal giudice, il riferimento
al parametro di cui all'art. 25 comma 1 cost. avviene in
maniera impropria o ad integrazione di altro parametro
costituzionale, quasi ad abundantiam (v., da ultimo, C.
cost., ordinanza, 15 aprile 1992, n. 180, in Giur.
cost., 1992, 1324; C. cost. 10 giugno 1994, n. 231, ivi,
1994, 1925; C. cost. 10 novembre 1994, n. 385, ivi,
3493; C. cost. 27 gennaio 1995, n. 32, ivi, 1995, 348;
C. cost. 31 marzo 1995, n. 103, ivi, 847; C. cost. 26
luglio 1995, n. 404, ivi, 2864; C. cost. 24 ottobre
1995, n. 448, ivi, 3527; C. cost., ordinanza, 18 aprile
1996, n. 125, ivi, 1996, 1042).
NOTA:
(56) Sul punto v. ROMBOLI, Tortuosi
itinerari della giurisprudenza costituzionale in tema di
giudice naturale, in Foro it., 1980, I, 2961 ss. Per
alcune applicazioni nella più recente giurisprudenza
costituzionale v. C. cost., ordinanza, 15 aprile 1992,
n. 180, in Giur. cost., 1992, 1324; C. cost. 16 giugno
1993, n. 286, ivi, 1993, 2055, con nota di CONFALONIERI,
«Naturalità» e «competenza» del giudice dell'esecuzione
penale; e, con riguardo all'identificazione del giudice
naturale con quello del luogo del commesso reato, C.
cost. 25 luglio 1994, n. 344, ivi, 1994, 2846; C. cost.
20 luglio 1995, n. 336, ivi, 1995, 2552; C. cost. 23
febbraio 1996, n. 42, ivi, 1996, 330.
NOTA:
(57) Cfr. C. cost. 25 marzo 1992,
n. 124, cit.; C. cost. 16 giugno 1992, n. 269, in Giur.
cost., 1992, 2065; C. cost. 22 giugno 1992, n. 292, ivi,
2242; C. cost. 7 luglio 1993, n. 305, cit.; C. cost.,
ordinanza, 17 febbraio 1994, n. 42, cit.; C. cost. 30
dicembre 1994, n. 453, cit.; C. cost., ordinanza, 5
febbraio 1996, n. 24, ivi, 1996, 219.
NOTA:
(58) Cfr. C. cost., ordinanza, 27
luglio 1992, n. 376, in Giur. cost., 1992, 2988; C.
cost. 16 giugno 1994, n. 231, ivi, 1994, 1925; C. cost.
10 novembre 1995, n. 484, ivi, 1995, 4160.
NOTA:
(59) Cfr. C. cost., ordinanza, 23
maggio 1995, n. 191, in Giur. cost., 1995, 1496.
NOTA:
(60) Cfr. C. cost., ordinanza, 22
luglio 1996, n. 278, in Giur. cost., 1996, 2422.
NOTA:
(61) C. cost. 30 dicembre 1994, n.
460, in Giur. cost., 1994, 3967 e C. cost., ordinanza,
16 giugno 1995, n. 257, ivi, 1995, 1874.
NOTA:
(62) Così SENESE, Relazione, in La
magistratura italiana, cit., 46.
Torna all'inizio del testo
FONTI.
Art. 25 comma 1 cost.
LETTERATURA.
Oltre alle opere citate nelle note
al testo, v.: ANDRIOLI, La precostituzione del giudice,
in Riv. dir. proc., 1964, 325 ss.;
BARGIS, Dubbi di costituzionalità
nel passaggio di competenza dalla corte d'assise al
tribunale per determinate categorie di reati, in Riv.
it. dir. proc. pen., 1975, 302 ss.;
BOCCHINI, VUOSI, Il principio del
giudice naturale nella Costituzione italiana, in Dir.
giur., 1974, 161 ss.;
CAMPO, Considerazioni sui rapporti
tra l'art. 25, 1° comma, Cost. e le norme relative
all'istituto della supplenza dei magistrati, in Giur.
it., 1965, IV, 25 ss.;
CARCANO, Capacità del giudice:
imparzialità e garanzia di precostituzione, in Cass.
pen., 1994, 360 ss.;
CONSO, Costituzione e processo
penale, Milano, 1969, 399-499;
CORDERO, Connessione e giudice
naturale, in La testimonianza nel processo penale (Atti
del Convegno di studio «Enrico de Nicola» - Problemi
attuali di diritto e procedura penale, Foggia, 13-15
ottobre 1972), Milano, 1976, 53 ss.;
D'OTTAVI, Il giudice naturale nella
Costituzione, in L'Eloquenza, 1968, 660 ss.;
DALIA, Sulla precostituzione del
giudice naturale come fondamentale garanzia di certezza
per l'imputato, con particolare riguardo ai rapporti tra
la competenza penale dei consoli e dei comandanti di
porto , in Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 507 ss.;
DE LALLA, La scelta del rito
istruttorio, Napoli, 1971 ss.;
DELISO, «Naturalità» e
«precostituzione» del giudice nell'art. 25 della
Costituzione, in Giur. cost., 1969, 2671 ss.;
FOSCHINI, Tornare alla
giurisdizione, Milano, 1971, 81-100;
GALLI, Ancora sui rapporti tra
dirigente della pretura e magistrati «in sottordine»:
una sentenza eludente e deludente, in Giur. cost., 1973,
2251 ss.;
ID., La competenza del tribunale
per i delitti di rapina aggravata, estorsione aggravata,
sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione,
secondo l'art. 1 l. 497/1974: una scontata, e
discutibile, sentenza della Corte costituzionale in tema
di giudice naturale , in Riv. it. dir. proc. pen., 1976,
1473 ss.;
GAZZANIGA, La rimessione dei
procedimenti: deroga o attuazione del principio del
giudice naturale?, in Cass. pen., 1987, 1158 ss.;
GHIARA, Legittimità delle norme
sulle applicazioni e supplenze dei magistrati con
riferimento agli art. 25, 1° comma, 105 e 107, 1° comma,
della Costituzione , in Giur. cost., 1970, 2071 ss.;
ID., Rapporti tra il dirigente
della pretura e gli altri magistrati dell'ufficio:
profili costituzionali, in Riv. it. dir. proc. pen.,
1971, 546 ss.;
GREVI, Davvero legittima la
competenza del giudice non specializzato nei confronti
dei minorenni coimputati con maggiorenni?, in Giur.
cost., 1966, 121 ss.;
ID., Norme modificatrici delle
circoscrizioni giudiziarie e garanzia del giudice
naturale precostituito per legge, in Riv. it. dir. proc.
pen., 1967, 1010 ss.;
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modifiche alla competenza nelle «nuove norme contro la
criminalità», ivi, 1974, 879 ss.;
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principio, in Foro pad., 1969, 119 ss.;
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ragion di stato e stato di diritto, in Giur. cost.,
1964, 1191;
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naturalità del giudice nello spostamento di competenza
per materia previsto dalla l. 14 ottobre 1974 n. 497
(nuove norme contro la criminalità) , in Riv. it. dir.
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costituzione del giudice, in Riv. dir. proc., 1964, 331;
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istruttorio e inderogabilità del principio del giudice
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del significato del termine «naturale» di cui all'art.
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Costituzione ed i criteri di assegnazione dei processi
all'interno dei grandi uffici giudiziari, in Dem. dir.,
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pretori onorari, la VII disp. transitoria della
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al giudice naturale e precostituito nelle leggi sulle
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giudice naturale, in Studi in onore di V. Palazzolo,
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di precostituzione del giudice, in Giur. cost., 1992,
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Costituzione la rimessione dei procedimenti riguardanti
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della sezione nel giudizio direttissimo, ivi, 1969, 2219
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SENESE, Giudice naturale e nuovo
processo del lavoro, in Foro it., 1974, V, 113 ss.;
SINISCALCO, La garanzia della
precostituzione del giudice ed il mutamento delle
circoscrizioni territoriali, in Giur. cost., 1967, 656
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la perizia istruttoria e principio del giudice naturale
precostituito per legge, in Riv. it. dir. proc. pen.,
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il principio della inderogabilità del giudice naturale,
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