Alessandro M. Basso
?Il diritto contrattuale inglese
può essere, concettualmente, ritenuto fondato sulla
teoria della sacralità del contratto ed, altresì, sulla
qualificazione del contratto come atto esposto a tutti
gli interventi esterni consentiti dall’ordinamento
(magistratura e legislatore).
Terminologicamente, la nozione di
contratto secondo il modello inglese corrisponde
soltanto marginalmente a quella di accordo che crea
diritti ed obblighi tra le parti contraenti, come intesa
dall’idea continentale.
Secondo l’esperienza dottrinaria
italiana, il contratto potrebbe essere interpretato
come: il comportamento di chi conclude, il testo scritto
o pronunciato, il precetto, le vicende (P. Schlesinger);
consensus in idem, l’adesione, il rapporto contrattuale
di fatto, il rapporto apparente, il contratto imposto
(S. Majorca); l’accordo di più persone in una stessa
manifestazione di volontà per la determinazione di dati
loro rapporti giuridici (Savigny); un accordo di volontà
tra due o più persone al fine di produrre effetti
giuridici (J. Ghestin). Altresì, il contratto è e
rimarrebbe un accordo (G.B. Ferri) ma l’espressione
implicherebbe il costante ricorso ad una definizione
stipulatoria o la deduzione dell’accezione dal contesto
(R. Sacco).
La dottrina inglese distingue il
contract dalla: convention, quest’ultimo termine più
ampio, generico e comprensivo di accordi in cui una
delle parti è la P.A.; promise, dichiarazione di
assumere un obbligo; obligation, il singolo obbligo
creato dal contratto; agreement, l’incontro delle
volontà, parte del contratto ma non coincidente con il
tutto; bargain, incontro delle volontà tra due parti per
uno scambio di prestazioni reciprocamente eseguite o
promesse (negoziazione, scambio, operazione
economico-giuridica).
Non ogni accordo determina (ovvero
vale) contratto: si parla, così, di agreement
enforceable at law (J. Burke, 1976).
Il contratto si caratterizza poiché
in esso il vincolo sorge sulla base di un accordo
fondato sulla volontà delle parti (Treitel): esso
andrebbe, così, inteso in senso oggettivo ovvero in
termini di apparenza all’esterno della volontà
ragionevole di contrarre e, cioè, esaminando il
comportamento oggettivo ed atteso da chi contrae o da
chi assiste ad una contrattazione.
Il contratto si incentrerebbe,
secondo Pollock, sulla promessa: esso è, infatti, una
promessa od un complesso di promesse cui il diritto
attribuisce forza vincolante.
Tuttavia, esistendo contratti che
non sono coercitivi e non conferendo l’ordinamento
vincolatività astratta alla promessa (bensì soltanto
azioni esperibili in giudizio), il nucleo fondamentale
del contratto sarebbe dato dal bargain.
Si ravvisano altre interpretazioni
date al contratto dai formalisti, dai gius-economisti e
dai sociologi e, cioè, rispettivamente: autonomia
privata valida perchè cristallizzata dall’ordinamento
come vincolo efficace; accordo rivolto a concludere
un’operazione economica che comporta il minor costo
transattivi e la migliore distribuzione delle risorse
secondo criteri di utilità; uno dei tanti tipi di
accordo privato ma non strettamente necessario per il
funzionamento del mercato, reggendosi quest’ultimo su
comportamenti di diversa natura, grado, espressione ed
intensità.
In linea generale, la disciplina
del contratto, nel sistema di common law, si basa
sull’idea di danno derivante dalla violazione di un
obbligo e, cioè, sull’idea di assumpsit e trespass
ovvero di azione esperibili contro chi aveva adempiuto
inesattamente o non aveva adempiuto del tutto un proprio
obbligo.
Nei casi in cui mancava un
contratto solenne, il debito poteva sorgere da un
illecito. Successivamente, veniva a consolidarsi la
concezione di accordo come fonte dell’obbligazione
contrattuale e come elemento sufficiente a fondare
un’azione in giudizio e la mera esistenza della promessa
veniva intesa come sufficiente fondamento del
corrispettivo.
Precisamente, all’inizio del XV
sec., erano previsti quattro rimedi per rapporti
obbligatori specifici: debt, per il recupero di somme
pecuniarie, con onere probatorio a carico dell’attore;
detinue, per il recupero di una cosa specifica;
covenant, per l’esecuzione della promessa solenne, o
under seal per la difesa della proprietà fondiaria;
account, per ottenere il rendiconto per debiti derivanti
da rendite o dalla compravendita di merci.
Alla fine del XVII sec. si sviluppa
l’implied assumpsit (accordo implicito precedente) ed il
principio originario della common law “pacta sunt
serranda” lasciava spazio ai principi di equity.
A riguardo, le regole di equity
venivano, però, intese arbitrarie ed incerte, potendo
infatti essere strettamente connesse alla volontà ed
all’umore del magistrato: pertanto, i diritti del
singolo dovrebbero dipendere da precisi e definiti
principi di diritto (Powell).
L’idea di contratto inteso come
espressione dell’eguale potere (dei contraenti) di
obbligarsi (freedom of contract) ha termine alla fine
del XIX sec., compressa dall’intervento del legislatore,
delle Corti e delle autorità amministrative: così,
invece di law of contract si dovrebbe parlare di law of
contractual obligations (Atiyah).
In tema di limitazione della
libertà e dell’autonomia contrattuale, si annovera,
rispettivamente, la legislazione in materia di lavoro
(1992) e di lotta contro le discriminazioni razziali
(1976) e sessuali (1975) e, quanto al contenuto, in tema
di locazioni (1993), clausole di esclusione della
responsabilità (1977) e clausole abusive nei contratti
con i consumatori (1994).
In dottrina, si è, comunque,
affermato che i rapporti contrattuali dovrebbero essere
lasciati alla libera determinazione delle parti: ciò
nell’interesse privato e pubblico. Lo Stato dovrebbe,
invece, intervenire soltanto nei casi di oggettiva
necessità e con strumenti assistenziali, senza imporre
oneri alla generalità dei contraenti (Atiyah).
In termini giuridici, il contratto
è e resta costituito da uno scambio di promesse che
creano diritti ed obblighi per le parti: la sua
funzione, quindi, è anche quella di tutelare
l’affidamento (Smith, Austin, Mill e Hume) al contratto
ovvero l’interesse della parte che sia incorsa in spese
o si sia altrimenti impoverita arrecando un beneficio
(ed arricchimento senza causa) all’altro contraente.
Le promesse devono, cioè, essere
adempiute e ne deve essere sanzionato il loro
inadempimento: la delusione dell’aspettativa comporta
inadempimento della promessa e ciò crea un’obbligazione.
Colui che ha ricevuto la promessa fa affidamento
sull’intenzione del promittente di adempiere ciò che ha
promesso di fare, non sul fatto che la promessa crei
obbligazioni vincolanti (Mac Cormick).
Peraltro, non necessariamente il
consenso deve essere pieno e libero per dare luogo ad un
contratto o ad una promessa validi (Hart).
Diversamente, si è affermato che
l’intenzione delle parti sia soltanto una componente fra
le tante del meccanismo contrattuale: la promessa,
quindi, sarebbe soltanto uno dei fatti rilevanti della
situazione, non quello determinante ed esclusivo
(Atkin).
Bibliografia generale
G. ALPA, I principi generali,
Milano, 1993.
G. ALPA, M. BESSONE, V.
ZENO-ZENCOVICH, I fatti illeciti, in P. Rescigno,
Trattato di diritto privato, Torino, 1995.
C.M. BIANCA, Diritto civile, 5, La
responsabilità, Milano, 1994.
F. DE SIMONE, Profili introduttivi
di diritto civile comparato, Napoli, 1995.
A. GAMBARO- R. SACCO, Sistemi
giuridici comparati, Torino, 2002.
G. GROSSO, Il sistema romano dei
contratti, Torino, 1963.
A. GUARNIERI, Lineamenti di diritto
comparato, Padova, 2003.
P. LEGRAND, Sen
set non sens d’un Code civil europeen, in Rev. intr.
Dr. comp., 1996, pp. 779 e segg. |