Nell'ambito della giurisprudenza di
legittimità relativa all'interpretazione dell'art.
366-bis cod. proc. civ. (oggi non più vigente), possono
dirsi consolidati i seguenti orientamenti:
a) la formulazione di distinti e
plurimi quesiti di diritto, in esito all'illustrazione
di un unico motivo di ricorso per cassazione, non può
ritenersi contrastante, di per sé, con la disposizione
dell'art, 366-bis cod. proc. civ. per il solo fatto che
questa esige che il motivo si concluda, a pena di
inammissibilità, con "un quesito". Potendo, infatti, il
motivo di ricorso essere articolato con riferimento a
diverse e concorrenti censure, il quesito deve
rispecchiare ciascuna di tali articolazioni, sicché può
ben assumere una forma, anche dal punto dì vista
grafico, separata in più capi, fermo restando che, nel
complesso, deve esaurire tutti i punti in cui si
sviluppa l'argomentazione della censura (Cass. 9 giugno
2010, n. 13868; Cass. SU 9 marzo 2009, n. 5624);
b)è ammissibile il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino con un unico
articolato motivo d'impugnazione vizi di violazione dì
legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si
concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei
quali contenga un rinvio all'altro, al fine di
individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (Cass. SU 31 marzo
2009, n. 7770; Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26
marzo 2009, n. 7261);
c) inoltre, la frammentazione
di un unico motivo in una pluralità di quesiti non
determina di per sé l'inammissibilità del ricorso,
allorquando il giudice sia in grado di ridurre ad unità
i quesiti formulati, attraverso una lettura che sia
agevole ed univoca, per la chiarezza del dato testuale
(Cass. 21 settembre 2007, n. 19560);
d)d'altra parte, è
inammissibile il motivo di ricorso per cassazione, nel
caso in cui il quesito di diritto, dì cui all'art.
366-bis cod. proc. civ., si risolva in un'enunciazione
tautologica, priva di qualunque indicazione sulla
questione di diritto oggetto della controversia (Cass.
SU 8 maggio 2008, n. 11210);
e) infatti, la funzione propria
del quesito di diritto, da formulare a pena di
inammissibilità del motivo proposto, è di far
comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del
solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto
dal giudice di merito e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la regola da applicare
(Cass. 7 aprile 2009, n. 8463);
f) il quesito, inoltre, deve
essere conferente rispetto alla fattispecie dedotta in
giudizio e rilevante per la decisione della controversia
(Cass. 4 gennaio 2011, n. 80; Cass. SU 2 aprile 2008, n.
8466), nonché avere attinenza con il motivo formulato,
senza introdurre temi nuovi (Cass. 17 luglio 2007, n.
15949);
g)non è in contrasto con l'art.
366-bis cod. proc. civ., la formulazione in più parti
del quesito, anche parzialmente sovrapposte, in quanto
tale modalità può rendere più chiara e leggibile la
pretesa sottoposta al giudizio della Corte, meglio
assicurando la funzione del quesito medesimo (arg. ex
Cass. 29 febbraio 2008, n. 5733; Cass. 6 novembre 2008,
n. 26737);
h)l'art. 366-bis cod. proc. civ.,
nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi
del ricorso in cassazione, impone, ove venga in rilievo
il motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ.
(il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo
della decisione impugnata), la effettuazione di una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si
deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica
del fatto controverso - in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero
delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza
rende inidonea la motivazione a giustificare la
decisione (Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass. SU I
ottobre 2007, n. 20603);
i) infine, l'art. 366-bis cod.
proc. civ., là dove esige che l'esposizione del motivo
si debba concludere con il quesito di diritto, così come
non significa che il quesito debba topograficamente
essere inserito alla fine della esposizione di ciascun
motivo (arg. ex Cass. SU 18 luglio 2008, n. 19811, Cass.
26 febbraio 2008, n. 5073), a maggior ragione non
contiene prescrizioni topografiche con riferimento al
"momento di sintesi" necessario in caso di denuncia di
vizi di motivazione. |