Marzario Margherita
Abstract: L’autrice, dopo un breve
excursus storico, illustra il proprium dell’esperienza
della mediazione familiare francese e del clima
socio-culturale che l’ha ispirata, confrontandola con
quella italiana.
Il primo Stato europeo a legiferare
in materia di mediazione familiare e che oggi conta il
più elevato numero di centri è la Francia.
Qui i prodromi della mediazione
familiare si rinvengono nell'EPE (École des Parents et
des Educateurs) che, nata nel 1929 e dichiarata di
pubblica utilità nel 1952, oggi conta molte sedi
affiliate e riceve finanziamenti pubblici. Offre un
servizio di appoggio per il superamento delle difficoltà
che possono sorgere in una famiglia e svolge molte
attività di formazione per operatori delle varie branche
socio - psico - pedagogiche interessate, curando anche
la pubblicazione di testi e riviste specializzati. Gli
operatori, tutti scelti tra coloro che hanno esperienze
di lavoro in materia, seguono un corso di formazione
basato su un testo del 1988.
È proprio negli anni '80 che, per
l'influenza canadese, si sviluppa e si diffonde la vera
e propria mediazione familiare.
Dapprima si presenta come una
pratica privata in seno ad associazioni preoccupate di
questioni familiari. Solo più avanti istituzioni
governative, come la Segreteria di Stato per i Diritti
delle Donne o il Ministero di Giustizia, s'interessano
alla mediazione familiare e sollecitano inchieste e la
messa in pratica di progetti pilota.
Come in Inghilterra e Galles, anche
in Francia la diffusione della mediazione si innesta in
un percorso legislativo sul diritto delle persone e
della famiglia, tra cui la legge del 22 luglio 1987
sull'autorità parentale e la legge dell'8 gennaio 1993
relativa alla famiglia.
Nel 1988 a Parigi nasce la prima
associazione specifica di mediazione, l'Association pour
la Promotion de la Mediation Familiale (APMF), fondata
su iniziativa di un gruppo interdisciplinare di
avvocati, magistrati, associazioni di genitori,
assistenti sociali, educatori, psicologi ed avente
funzione di creazione e coordinamento dell'attività di
mediazione.
Nel 1989, un primo progetto di
legge sulla mediazione giudiziale è elaborato e
approvato dall'Assemblea Nazionale il 5 aprile 1990, ma
bocciato dal Senato poiché contrario alla creazione di
una nuova professione.
Sempre nel 1990 l'APMF adotta il
proprio codice deontologico che costituisce il primo
atto scritto francese sulla mediazione familiare e che
ancora oggi è un paradigma per la sua completezza e la
sua avanguardia.
Nel 1991, con l'impegno dell'APMF,
la Commissione sulla Formazione del Mediatore Familiare
redige la “Charte Européenne de la formation des
médiaterus familiaux dans les situations de divorce et
separation”.
La Carta, cui nel 1992 aderiscono
diversi Paesi europei tra cui l'Italia, ha l'obiettivo
di assicurare ordine, coerenza, omogeneità e
professionalità in un settore ancora oggi
contraddistinto da proposte tra le più svariate.
Dopo sei anni dal primo progetto di
legge, l'8 febbraio 1995 è approvata la legge n. 95-125
sull'organizzazione giurisdizionale e il processo
civile, penale e amministrativo che disciplina la
mediazione giudiziaria, cui segue il decreto di
applicazione n. 96-652 del 22 luglio 1996, il cui art. 2
introduce il Titolo VI bis, riferito alla mediazione,
nel Libro I del Nuovo Codice di Procedura Civile. Per
l'elaborazione dei testi sono stati interpellati gli
avvocati, i magistrati e le associazioni di mediazione.
Grazie alla sinergia francese,
un'altra pietra miliare nel conseguimento di una
definizione unitaria a livello europeo del significato
di mediazione familiare è posta a Marsiglia nel 1997 con
la costituzione del Forum Europeo per la formazione e la
ricerca in mediazione familiare, che è un'associazione
composta da più di 75 centri di formazione di sette
Paesi d'Europa (il Forum Europeo fa parte del “World
Mediation Forum”, fondato nel 1993 e promotore di
congressi internazionali di cui il terzo si è svolto in
Italia nel 2000).
Anche in Francia, come in
Inghilterra, è riconosciuta l'automediazione, inscritta
nello statuto ontologico della persona.
Ciò che distingue la Francia dagli
altri Stati europei, e in particolare dall’Inghilterra e
dall’Italia, è che la mediazione è intesa come
dimensione culturale e sociale. È l'attualizzazione del
motto "Liberté, égalité, fraternité" elaborato durante
la Rivoluzione francese e che oggi si trova sulle
facciate dei palazzi di giustizia. In modo particolare
la fratellanza sta a significare che la giustizia ha
come obiettivo la riconciliazione sociale.
La mediazione è espressione di una
giustizia più moderna, una giustizia nuova; in francese
è usato un termine “proximité” che significa
“viciniorità, confinanza, familiarità”, quindi è più
conforme al significato etimologico latino e a quello
cristiano e non corrisponde alla traduzione italiana
“prossimità, vicinanza”. Il lessico francese, per certi
versi, si rivela più sensibile di quello italiano come
anche nella denominazione dei legami familiari in cui,
per esempio, la suocera è la “belle-mère” e non si ha
quella distanza anche terminologica tipica della cultura
italiana. Il termine “proximité” è più eloquente per
definire un tipo di giustizia a diretto contatto con il
cittadino, per evocare in fondo l'idea della viciniorità
nei suoi molteplici aspetti:
- la viciniorità geografica (basti
pensare all'elevato numero di centri di mediazione in
Francia per coprire le esigenze del territorio in modo
capillare);
- la viciniorità temporale (di
norma la mediazione familiare dura dodici sedute
distribuite in tre mesi mentre un processo civile è di
durata non prevedibile);
- la viciniorità emotiva,
imparzialità nella mediazione non significa indifferenza
e rifiuto del contatto ma trasparenza e costruzione di
un luogo di comunicazione diretta;
- infine la possibile viciniorità
stessa tra le parti. Una giustizia prossima è anche una
giustizia che si preoccupa di ridurre le distanze tra i
disputanti. Uno degli sforzi ineludibili dei prossimi
anni sembra proprio essere quello che pieghi la
giustizia verso una restituzione della parola ai
litiganti e in particolare verso la persona (e non
semplicemente parte in causa) debole.
La mediazione familiare, pertanto,
non tende a costruire un ponte, come si suol dire, ma a
fare da catalizzatore; facendo un gioco di parole col
prefisso con- si può dire che mira a mettere al confino
la conflittualità e a ristabilire un confine, un
contatto tra le persone per farle convergere verso un
condiviso progetto.
Ciò che differenzia la Francia
dall’Italia è la matrice culturale. In Francia già nel
1929 esisteva una scuola dei genitori e degli educatori,
mentre in Italia si è stati lungamente legati
all’immagine descritta dal giurista Arturo Carlo Jemolo
(1891-1981) “la famiglia è un’isola che può essere solo
lambita dal mare del diritto” e, dunque, da qualsiasi
intervento. Cultura così radicata che ha portato alla
definizione della famiglia con un ossimoro nell’art. 29
della Costituzione, ad una lenta evoluzione giuridica
con la riforma del diritto di famiglia nel 1975 e
l’abrogazione del delitto d’onore solo nel 1981.
Mentre in Francia la mediazione
familiare ha un’apertura, una “vocazione”, una
dimensione internazionale, in Italia, dove comunque la
mediazione familiare ha più un orientamento minorile (in
maniera conforme a quanto previsto nella Premessa della
Recommandation R (98)1 del 1998 du Comité des Ministres
aux Etats Membres du Conseil de l’Europe sur la
médiation familiale e nel documento elaborato nel 2005 a
cura dell’UNICEF Italia “Per una mediazione a misura di
bambini”), essa continua ad essere “regionale”, non solo
nel senso che se ne occupa prevalentemente la
legislazione regionale, ma nel senso di sviluppo, di
rete e anche di contrapposizione tra scuole di pensiero
(per esempio tra Milano e Bari).
L’Italia è ormai nota per la sua
litigiosità sociale che porta ad una conflittualità
anche tra gli esercenti le varie professioni, come
manifestato dopo l’emanazione della normativa sulla
mediazione civile.
Anche se tra Francia e Italia in
campo giuridico non vi sono diversità (nel senso di
“divergere, volgere in opposta direzione”) ma differenze
(nel senso di “portare da una parte all’altra”) perché
entrambe facenti parte dell’area del “civil law” di
matrice giusromanistica e napoleonica, quello che manca
alla mediazione familiare in Italia è, ancor prima della
definizione legislativa, la sua dimensione
socio-culturale. |