INTERVISTA A GIOVANNI FERRI, membro
del Banking Stakeholder Group dell'Eba - "Illogico
pretendere che le banche italiane
si ricapitalizzino per il rischio del debito sovrano
italiano: più
logica una ricapitalizzazione
asimmetrica sulla base degli investimenti in titoli di
altri Stati sovrani.
Ma l'Eba si limita ad applicare le
linee-guida della Ue"
di Franco LOCATELLI
Le banche italiane sono furiose e
hanno più di una ragione di insorgere contro la
maxiricapitalizzazione
(oltre 14 miliardi di euro) chiesta
dall'Europa sulla base dei criteri definiti
dall'EBA, l'authority bancaria
europea presieduta dall'italiano Andrea Enria, ma
ispirati da Francia e
Germania. La rabbia dei banchieri è
esplosa nella Giornata del Risparmio attraverso la
parole
inequivocabili di due persone miti
ma determinate come il presidente dell'Acri, Giuseppe
Guzzetti e
quello dell'Abi, Giuseppe Mussari.
La stessa Banca d'Italia, pur avvertendo che nuovi
rafforzamenti
patrimoniali delle banche italiane
si renderanno necessari, ha preso le distanze dal codice
Eba. Ma
chi mina realmente la stabilità
delle banche italiane? L'Eba, il direttorio
Merkel-Sarkozy o il rischio
Italia che il Governo in carica ha
portato alle stelle. FIRSTonline lo ha chiesto a
Giovanni Ferri,
economista di fama con un passato
in Banca d'Italia e in Banca Mondiale e ora membro del
Banking
Stakeholder Group presso l’Eba.
FIRSTONLINE - Professor Ferri, le
banche italiane hanno sempre avuto un modello di
business
legato al territorio e al retail
piuttosto che all'investment banking e al trading: è
giusto che ora
vengano penalizzate dalle regole
Eba sulla ricapitalizzazione più delle banche francesi e
anglosassoni?
FERRI - Come ha scritto
autorevolmente Jacques de Larosière criticando
l’impostazione di Basilea
3 "l'ironia crudele è che il
modello bancario (quello di banca universale dell'Europa
continentale)
che più favorisce la stabilità
finanziaria e la crescita economica potrebbe essere la
vittima principale
del nuovo framework ... [mentre]
... la regolamentazione efficace richiede una competente
ed
efficiente vigilanza sul luogo.
Piuttosto che allineare le banche europee alle debolezze
del modello
anglosassone, si dovrebbe cercare
ispirazione da quei sistemi di supervisione che hanno
funzionato
meglio durante la crisi.” Insomma,
sembra che la regolamentazione (non solo Basilea 3, ma
anche
gli altri interventi che vertono
esclusivamente sulla capitalizzazione delle banche)
abbia preferito
continuare soprattutto
sull'approccio (meccanico) del capitale minimo e non sia
stata invece
sufficientemente coraggiosa da
valorizzare il contributo che alla stabilità finanziaria
deriva da
assetti nazionali con
regolamentazione/supervisione più restrittiva e
dall’adesione delle singole
banche al modello tradizionale
(modello che non si cambia certo da un giorno
all’altro). Quanto sta
accadendo oggi con le richieste di
ricapitalizzazione è un’ulteriore manifestazione di tale
approccio
meccanico.
FIRSTONLINE - Il presidente
dell'Abi Giuseppe Mussari è insorto contro le nuove
regole alla
Giornata del Risparmio sostenendo
che siamo di fronte al paradosso dei paradossi e cioè al
fatto
che investire nei titoli di Stato
del proprio Paese è sempre stata considerata una scelta
prudente e ora
rischia di trasformarsi in una
scelta penalizzante. Qual è il suo parere?
FERRI - Concordo che, in questo
caso, la scelta di ricapitalizzare le banche pare
soffrire di un vizio
logico. Se il rischio di default
che si riverbera sulle banche proviene dal proprio
debito sovrano, non
sembra esserci via d’uscita.
Infatti, anche se le banche del paese che va in default
non detenessero
titoli pubblici del proprio paese,
la via del dissesto si aprirebbe per esse perché il
default del debito
sovrano inevitabilmente causerebbe
fallimenti diffusi nell’economia nazionale e, di
conseguenza,
un mare di sofferenze per le banche
stesse. Quindi, se si sta parlando del rischio di
default del
proprio debito sovrano, la scelta
di ricapitalizzare non pare risolvere il problema.
L’unica possibilità
in cui la ricapitalizzazione non è
illogica riguarda il caso nel quale si stia parlando del
default non
del proprio debito sovrano ma di
altri debiti sovrani. Perciò, ha senso per le banche non
greche
ricapitalizzarsi contro il default
greco, cosa che non sembra invece logica per le banche
greche.
Mutatis mutandis, lo stesso vale
per le banche italiane.
FIRSTONLINE - C'è chi dice che le
regole previste per le banche italiane siano il frutto
di
automatismi che l'Eba applica ma
non definisce ma qui sorgono due domande: A) gli
automatismi
sono ciechi o possono essere
corretti con valutazioni qualitative? B) quanto pesa la
debolezza
politica italiana nella definizione
delle regole automatiche che oggi penalizzano le banche?
FERRI - L’Eba deve applicare le
regole e risponde agli indirizzi delle autorità
politiche UE.
Indubbiamente, quando il direttorio
tedesco-francese si esprime con forza verso la soluzione
della
ricapitalizzazione e i vertici
della Commissione e dell’Ecofin si allineano a ciò, tale
impostazione
dovrà essere applicata. Credo che
sarebbe il compito delle nostre autorità nazionali di
far notare
l’illogicità di ricapitalizzare le
banche contro il rischio di default del proprio debito
sovrano. Ad
esempio, se passasse la
ricapitalizzazione delle banche solo nei confronti del
rischio di default
sovrano ad eccezione del proprio
paese, le banche con maggiori esigenze di
ricapitalizzazione non
sarebbero certo le italiane, che
hanno investito ben poco in titoli greci, irlandesi,
portoghesi e
spagnoli. Ma temo che l’attuale
debolezza politica dell’Italia e degli altri PIIGS li
renda pressoché
afoni nelle circostanze presenti.
FIRSTONLINE - Che spazi ci sono per
addolcire le regole annunciate dall'Eba sulla
ricapitalizzazione delle banche
italiane?
FERRI - L’unica possibilità che
vedo è quella della modifica che renda la
ricapitalizzazione
asimmetrica nel senso descritto
sopra: ogni sistema bancario nazionale si copre nei
confronti del
rischio di default sovrano nei
confronti degli altri paesi (laddove ha senso assumere
che quel rischio
è frutto di scelte autonome di
investimento) ma non del rischio di default del proprio
sovrano
(laddove il rischio sistemico cade
sulle banche inevitabilmente non per scelte autonome ma
semplicemente per un “effetto
domicilio”).
FIRSTONLINE - Il nemico delle
banche italiane è l'Eba o il rischio sovrano italiano e
la sua
pessima gestione politica?
FERRI - Come ho detto non si può
biasimare l’EBA che deve applicare le regole definite in
ambito
UE. È la definizione di tali regole
che soffre di un vizio logico. Riguardo al rischio
sovrano Italia, il
nostro governo ha commesso errori a
non finire. Prima ha minimizzato il problema sostenendo
che
l’Italia non era coinvolta dalla
crisi o la stava subendo molto meno degli altri, quando
in realtà
l’arretramento del PIL italiano nel
2008-10 è stato massimo tra i maggiori paesi europei.
Poi, a
luglio scorso, quando l’attacco
speculativo sul nostro debito pubblico è arrivato
davvero, è parso di
essere alla fiera
dell’irresponsabilità: il primo ministro e il ministro
dell’economia hanno pensato
bene di litigare pubblicamente; la
maggioranza si è avventurata in manovre su manovre che,
come
la tela di Penelope, venivano a più
riprese scritte di giorno e disfatte di notte; per non
parlare di
quanto successo l’altro giorno
quando il primo ministro, reduce dal recupero in
extremis
dell’appoggio UE per l’Italia
ottenuto alla vigilia, si è lasciato fraintendere in una
disastrosa
dichiarazione contro l’euro. La
maggioranza parlamentare non basta mai a garantire una
buona
politica ma forse stiamo andando
oltre il consueto e l’accettabile. |