Modifica congedo maternita
allattamento-Circolare INPS n. 139 del 27.10.2011
In attuazione dell’art. 23 della
legge 4 novembre 2010, n. 183 – recante delega al
Governo per il riordino della normativa in materia di
congedi, aspettative e permessi - è stato emanato il
decreto legislativo n. 119 del 18 luglio 2011. Tale
decreto prevede, agli artt. 2 e 8, alcune novità
riguardanti i congedi e permessi riconosciuti alle
lavoratrici ed ai lavoratori dipendenti in occasione
dell’evento di maternità/paternità.
In particolare, l’art. 2 del
presente decreto dispone testualmente: “all’articolo 16
del testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e paternità
di cui al D.Lgs. 151/2001, dopo il comma 1, è aggiunto
il seguente:
“1 bis. Nel caso di interruzione
spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al
180° giorno dall'inizio della gestazione, nonchè in caso
di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo
di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere
in qualunque momento l'attività lavorativa, con un
preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a
condizione che il medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico
competente ai fini della prevenzione e tutela della
salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione
non arrechi pregiudizio alla loro salute.”
Il successivo art. 8 recita:
“all’art. 45 del D.Lgs. 151/2001 sono apportate le
seguenti modificazioni: a) al comma 1 le parole “entro
il primo anno di vita del bambino” sono sostituite dalle
seguenti “entro un anno dall’ingresso del minore in
famiglia; b)…”.
Si forniscono di seguito le
istruzioni relative alle disposizioni normative sopra
citate.
Modifica della disciplina del
congedo di maternità di cui all’art. 16 T.U. in caso
interruzione di gravidanza successiva al 180° giorno
nonché in caso di decesso del nato al momento della
nascita o nei periodi di congedo post partum(art. 2 del
d.lgs. 119/2011)
Come noto, il comma 1 dell’art. 16
del T.U. prevede il divieto del datore di lavoro di
adibire al lavoro le lavoratrici in avanzato stato di
gravidanza nonché durante il periodo di puerperio. Ne
consegue che, ove la lavoratrice, anche con il proprio
consenso, prestasse attività di lavoro nei periodi di
congedo indicati dall’art. 16 del T.U., il datore di
lavoro incorrerebbe nella sanzione prevista al
successivo art. 18, ossia nell’arresto fino a sei mesi.
Con l’entrata in vigore dell’art. 2
del decreto 119/2011, che ha aggiunto all’art. 16 del
vigente T.U. il comma 1 bis, il legislatore - fermo
restando, in circostanze normali, il divieto per il
datore di lavoro di adibire la lavoratrice all’attività
lavorativa nei periodi di cui all’art. 16 - ha
introdotto la possibilità per la lavoratrice di
riprendere, in presenza di particolari eventi e a
determinate condizioni, l’attività lavorativa,
rinunciando in tutto o in parte al congedo di maternità
post partum.
Gli eventi che consentono alla
lavoratrice in congedo di maternità di optare per la
ripresa del lavoro sono:
l’interruzione spontanea o
terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno
dall'inizio della gestazione;
il decesso del bambino alla
nascita ovvero durante il congedo di maternità. Riguardo
all’interruzione spontanea o terapeutica della
gravidanza, si ritiene che la facoltà di riprendere
l’attività lavorativa sia riconoscibile anche in caso di
interruzione verificatasi in coincidenza del 180° giorno
(messaggio Inps n. 9042 del 18.04.2011).
La facoltà in esame è esercitabile
a condizione che il ginecologo del Servizio Sanitario
Nazionale (SSN) oppure convenzionato con il SSN ed il
medico competente ai fini della prevenzione e tutela
della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro attestino
che la ripresa dell’attività non arrechi pregiudizio
alla salute della lavoratrice interessata. La norma
prevede anche un preavviso di 10 giorni al datore di
lavoro.
Tanto premesso, per gli aspetti di
competenza dell’Istituto, si precisa quanto segue.
La lavoratrice che riprende
l’attività lavorativa, rinunciando in tutto o in parte
al congedo di maternità post partum, non ha diritto
all’indennità di maternità a decorrere dalla data della
ripresa dell’attività stessa.
Pertanto, i datori di lavoro tenuti
all’anticipazione dell’indennità di maternità per conto
dell’Inps, potranno portare a conguaglio le somme
anticipate a tale titolo fino al giorno precedente alla
data della ripresa dell’attività lavorativa.
Al fine di verificare quanto sopra,
occorre che la lavoratrice porti a conoscenza
dell’Istituto l’evento che ha reso possibile l’esercizio
dell’opzione in esame nonché la data in cui è avvenuta
la ripresa dell’attività lavorativa.
In particolare, in caso di
interruzione di gravidanza la lavoratrice produrrà
all’Istituto, come di regola, certificato medico di
gravidanza indicante la data presunta del parto e
certificazione sanitaria attestante la data in cui si è
verificata l’interruzione di gravidanza.
Riguardo all’altra ipotesi - ossia
decesso del bambino verificatosi al momento del parto
oppure durante il periodo di congedo post partum – la
lavoratrice che intenda avvalersi della facoltà di cui
trattasi presenterà all’Inps il certificato di morte del
bambino oppure, in alternativa, dichiarazione
sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 46 del
d.p.r. 445/2000.
La data di ripresa dell’attività è
invece comprovata dalla lavoratrice mediante
dichiarazione sostitutiva di fatto notorio, ai sensi
dell’art. 47 del medesimo d.p.r. 445/2000. In
particolare l’interessata è tenuta a dichiarare sotto la
propria responsabilità:
di aver presentato al datore di
lavoro le specifiche attestazioni mediche previste dal
comma 1 bis, nelle quali è dichiarato che le proprie
condizioni di salute sono compatibili con la ripresa del
lavoro;
la data di ripresa
dell’attività lavorativa.
Sarà cura delle singole Strutture
territoriali dare la più ampia diffusione possibile alle
disposizioni fornite con la presente circolare mediante
le modalità di comunicazione all’Utenza ritenute più
adeguate.
Si fa presente infine che le
istruzioni sopra fornite trovano applicazione anche
riguardo alle lavoratrici iscritte alla gestione
separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335/1995.
Infatti, considerato che, a seguito
dell’entrata in vigore del D.M. 12.07.07, il divieto di
prestare attività lavorativa nei periodi di cui all’art.
16 T.U. è esteso anche le lavoratrici iscritte alla
gestione separata (circ. 137/2007), appare evidente che
la modifica normativa oggetto d’esame - innovativa
dell’art. 16 T.U. - debba trovare applicazione anche nei
confronti di tali categorie di lavoratrici.
Modifica formale del comma 1
dell’art. 45 del T.U. in materia di riposi giornalieri
“per allattamento” in caso di adozione o affidamento
(art. 8 del D.Lgs. 119/2011)
L’art. 8 del decreto in esame
modifica il comma 1 dell’art. 45 del T.U. disponendo che
i riposi giornalieri per allattamento, in caso di
adozione o affidamento, sono fruibili “entro il primo
anno dall’ingresso del minore nella famiglia” anziché
“entro un anno di vita del bambino”.
La novella in esame, tuttavia,
interviene esclusivamente da un punto di vista formale
posto che, sul piano sostanziale del diritto, già a
seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 104
del 9 aprile 2003, i riposi in questione sono fruibili
dai genitori adottivi/affidatari entro un anno
dall’ingresso in famiglia del minore.
Si rammenta infatti che la Corte
costituzionale, con la citata sentenza, ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo l’art. 45 del T.U. nella
parte in cui prevede che i riposi giornalieri di cui
agli artt. 39, 40 e 41 del T.U. “si applichino, anche in
caso di adozione e di affidamento, "entro il primo anno
di vita del bambino" anziché "entro il primo anno
dall’ingresso del minore nella famiglia”.
Pertanto, sull’argomento in esame
si rimanda alle istruzioni a suo tempo fornite con
circolare n. 91 del 26.05.2003.
Pertanto, sull’argomento in esame
si rimanda alle istruzioni a suo tempo fornite con
circolare n. 91 del 26.05.2003.
Fonte: Istituto Nazionale
Previdenza Sociale |