Nella giurisprudenza di merito si
conferma il trend pretorile che, pur dopo la modifica
degli artt. 708 e 709 del codice di rito, non rinuncia
alla “sopravvenienza” quale elemento necessario e
imprescindibile per legittimare una modifica dei
provvedimenti presidenziali provvisori, da parte del
giudice istruttore del procedimento della separazione
giudiziale.
SEPARAZIONE GIUDIZIALE
Provvedimenti
Provvisori del
Presidente
↓
↓
Modifica da parte del
Giudice Istruttore
(Art. 709, ult.
comma, c.p.c.)
I provvedimenti temporanei ed
urgenti assunti dal presidente possono essere revocati o
modificati dal giudice istruttore
Modifica da parte della
Corte di Appello
(Art. 708, ult.
comma, c.p.c.)
Contro i provvedimenti
presidenziali si può proporre reclamo con ricorso alla
corte d'appello che si pronuncia in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio
di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.
↓
↓
Si afferma l'esistenza di
circostanze sopravvenute o anche di fatti preesistenti
di cui, però, si sia acquisita conoscenza
successivamente, oppure si allegano fatti emergenti da
una successiva attività istruttoria
La parte lamenta errori di
valutazione da parte del presidente del Tribunale su
fatti portati alla sua conoscenza.
L’intepretazione divenuta costume
giurisprudenziale condiviso ha trovato compiuta
espressione nella pronuncia Trib. Lamezia Terme,
ordinanza 30 marzo 2010 in cui si è preso atto del fatto
che la riforma del 2005 ha eliminato tanto il
riferimento al mutamento delle circostanze quanto il
richiamo all’art. 177 c.p.c., ampliando, apparentemente,
i poteri del giudice istruttore rispetto ai
provvedimenti adottati dal Presidente dell’ufficio ex
art. 708 c.p.c. L’arresto calabrese osserva, tuttavia,
come la disposizione novellata vada coordinata con altra
norma introdotta dalla legge di riforma, vale a dire
l’ultimo comma dell’art. 708 c.p.c. secondo cui contro i
provvedimenti in esame “si può proporre reclamo con
ricorso alla Corte di Appello che si pronuncia in camera
di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel
termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione
del provvedimento”.
In linea con il tribunale lametino,
la giurisprudenza di Varese (Trib. Varese, sez. I,
ordinanza 26 novembre 2010) ha, quindi, ritenuto che si
imponga la necessità di coordinare i due rimedi
(l’impugnativa ex art. 708, u.c., c.p.c. e quella ex
art. 709, u.c., c.p.c.) e l’unica soluzione ermeneutica
possibile è stata ritenuta “quella che impone di fare
riferimento, ancora una volta, alla sopravvenienza di
circostanze rispetto alla delibazione del Presidente del
Tribunale: ne consegue che ove la parte lamenti errori
di valutazione da parte del presidente del Tribunale su
fatti portati alla sua conoscenza dovrà proporre
reclamo, entro il termine perentorio previsto dall'art.
708, comma 4 cod. proc. civ., avanti alla corte
d'appello; qualora, invece, affermi l'esistenza di
circostanze sopravvenute o anche di fatti preesistenti
di cui, però, si sia acquisita conoscenza
successivamente, ovvero alleghi fatti emergenti da una
successiva attività istruttoria, dovrà richiedere al
giudice istruttore la revoca o la modifica del
provvedimento presidenziale ex art. 709, ultimo comma
cod. proc. civ.” (nell’ambito della giurisprudenza di
merito, cfr. Trib. Mantova, 23 maggio 2007, Trib.
Palermo, 6 marzo 2007).
Passando da Sud a Nord, anche il
Centro ha, in tempi recenti, aderito all’interpretazione
sin qui illustrata: in termini identici alle pronunce
già messe in evidenza, Trib. Roma, sez. I, ordinanza 13
luglio 2011 ha affermato che “si impone la necessità di
coordinare i due rimedi (l’impugnativa ex art. 708,
u.c., c.p.c. e quella ex art. 709, u.c., c.p.c.) e
l’unica soluzione ermeneutica possibile è quella che
impone di fare riferimento, ancora una volta, alla
sopravvenienza di circostanze rispetto alla delibazione
del Presidente del Tribunale: ne consegue che, ove la
parte lamenti errori di valutazione da parte del
presidente del Tribunale su fatti portati alla sua
conoscenza, dovrà proporre reclamo, entro il termine
perentorio previsto dall'art. 708, 4° co., c.p.c.,
avanti alla Corte d'Appello; qualora, invece, affermi
l'esistenza di circostanze sopravvenute o anche di fatti
preesistenti di cui, però, si sia acquisita conoscenza
successivamente, ovvero alleghi fatti emergenti da una
successiva attività istruttoria, dovrà richiedere al
giudice istruttore la revoca o la modifica del
provvedimento presidenziale ex art. 709, ultimo comma
cod. proc. civ.”.
Anche per Trib. Busto Arsizio,
ordinanza 17 novembre 2010 (in Giur. merito 2011, 3,
714), il ricorso al Giudice Istruttore contro i
provvedimenti presidenziali “presuppone la necessaria
allegazione e, quindi, la prova della sussistenza di
mutamenti sopravvenuti nelle circostanze, ovvero di
fatti anteriori dei quali sia stata acquisita la
conoscenza successivamente alla pronunzia del
provvedimento del quale si chiede la modifica”.
Per la Corte di Appello di Milano
(ordinanza 30 marzo 2007 in Dir. famiglia, 2007, 3,
1187), la scelta, in concreto, tra il reclamo o il
ricorso al giudice istruttore, costituisce causa di
inammissibilità della richiesta dell'altro fondata sui
medesimi motivi.
Nonostante alcune timide aperture
della più recente giurisprudenza della Cassazione
(tratte, in realtà, da alcuni obiter dicta e non da
principi di Diritto), l’interpretazione prevalente della
giurisprudenza di merito resta la preferibile. D’altra
parte, come evidenzia il Tribunale lamentino (est. Giusi
Ianni) poiché è incontestata la natura cautelare dei
provvedimenti presidenziali di cui all’art. 708, comma
3, c.p.c. (Cass. 12 giugno 2006, n. 13593) è agevole il
parallelo, a fini interpretativi, con la disciplina di
cui agli artt. 669 bis e ss. c.p.c. e, in particolare,
con la linea di demarcazione esistente tra il rimedio
del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. (fondato sulle
medesime circostanze già oggetto del procedimento
cautelare) e quello della modifica o revoca del
provvedimento da parte dello stesso giudice della
cautela, ex art. 669 decies, esperibile solo “se si
verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano
fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza
successivamente al provvedimento cautelare”.
Si tenga presente, poi, che il
“filtro” delle sopravvenienze, per l’accesso al processo
di revisione, contiene uno sviluppo irrazionale dei
ricorsi endoprocedimentali per la modifica e previene
eventuali abusi dello strumento processuale. Si tratta
di misure di contenimento quanto mai opportune nel
processo che ha a oggetto il diritto di famiglia, poiché
contribuiscono a tutelare situazioni giuridiche
soggettive particolarmente vulnerabili nell’ambito di
una giurisdizione che, per sua natura, è già
“sensibile”.
Resta, invece, ancora controversa
la quaestio juris concernente la reclamabilità, dinnanzi
al Collegio, dei provvedimenti assunti dal giudice
istruttore ai sensi dell’art. 709, ultimo comma, c.p.c.
Sul punto, in tempi recenti, la Consulta (Corte cost.,
ord. 3 novembre 2010, n. 322) ha rilevato che nella
giurisprudenza si sono formati differenti orientamenti
(puntualmente registrati e commentati dalla dottrina),
nel cui contesto alle numerose pronunce di merito, che
hanno affermato (senza peraltro trarre da ciò dubbi di
costituzionalità) l’esclusione dell’ammissibilità della
reclamabilità dei provvedimenti emessi dal giudice
istruttore nei processi de quibus, si contrappongono
(oltre a talune posizioni, minoritarie, che ammettono la
proponibilità del reclamo davanti alla Corte d’appello)
altrettanto numerose decisioni di altri giudici di
merito che sono pervenuti, seguendo la via
interpretativa, alla medesima conclusione della
reclamabilità di tali provvedimenti davanti al collegio
mediante il rimedio del rito cautelare uniforme ai sensi
dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ.
La giurisprudenza varesina (v.
Trib. Varese, sez. I, ordinanza 27 gennaio 2011, Pres.
Est. Paganini) ha escluso la ammissibilità del reclamo,
trattandosi di provvedimenti temporanei inidonei a
incidere in modo definitivo sulla lite, potendoli il
giudice istruttore sempre modificare o revocare ed
essendo sottoposti, sempre, al controllo del Collegio al
momento della remissione della causa al Tribunale.
. Articolo di Giuseppe Buffone) |