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LUCI E OMBRE IN TEMA DI OTTEMPERABILITÀ DELLA DECISIONE RESA SU RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA di Giorgio Mancosu-federalismi.it

 

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(Dottore in Giurisprudenza

– Università di Cagliari)

 

Sommario: 1. Considerazioni introduttive – 2. Il quadro normativo di riferimento. – 3. La

decisione straordinaria è ottemperabile ex art. 112 c.p.a.?. – 4. Implicazioni teoriche e

applicative dell’inclusione della decisione straordinaria tra i provvedimenti ottemperabili ex

art. 112 c.p.a. – 5. Le scelte delle Massime Giurisdizioni.

1. Considerazioni introduttive. – La valorizzazione in termini di effettività del principio di

alternatività, che informa il rapporto tra il ricorso giurisdizionale e il ricorso straordinario, ha

spinto fin da epoca risalente dottrina e giurisprudenza ad interrogarsi sull’ottemperabilità

della decisione straordinaria. L’importanza del tema è tale da aver assorbito gran parte della

riflessione dogmatica sul ricorso straordinario. In assenza di qualsiasi supporto normativo su

cui fondare l’esperibilità del ricorso per l’ottemperanza delle decisioni rese su ricorso

straordinario, è apparso obbligato il percorso logico-giuridico da seguire: bisognava

attraversare “le forche caudine” della natura dell’Istituto. Solo dopo aver (faticosamente)

www.federalismi.it 2

dimostrato l’avvenuta “giurisdizionalizzazione” del gravame (e la conseguente equiparazione

del decreto presidenziale al giudicato), era possibile compiere il passo successivo, ovvero,

aprirgli le porte del giudizio di ottemperanza1. In effetti, il denso dibattito giurisprudenziale e

dottrinale sulla natura dell’Istituto sarebbe stato fortemente ridimensionato dall’introduzione

di una dirimente disposizione di diritto positivo, che avesse espressamente incluso la

decisione straordinaria nel catalogo dei provvedimenti ottemperabili2. Nemmeno il Codice del

processo amministrativo ha fornito una risposta esplicita alla problematica in discussione

(nonostante le inequivoche intenzioni emerse nel corso dei lavori preparatori), anzi, la sua

reticenza in proposito ha indotto le Massime Giurisdizioni a convergere, dopo una querelle

durata circa sessant’anni3, su una posizione non priva di contraddizioni, oltre che foriera di

incertezze applicative.

2. Il quadro normativo di riferimento. – Prima di analizzare gli approdi giurisprudenziali più

recenti sul tema in discussione, è opportuno dar conto brevemente del quadro normativo di

riferimento, così come innovato dall’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e dall’art. 112

c.p.a.

L’art. 69 della L. 69/2009, interpolando il D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, ha attribuito al

Consiglio di Stato il potere di sollevare incidenti di costituzionalità in sede di emissione del

parere su ricorso straordinario; parere al quale viene, altresì, conferito il carattere di

immodificabilità, escludendo la facoltà del Ministro di sottoporre al Consiglio dei Ministri un

progetto di decisione difforme. Come era prevedibile, le novità introdotte dalla legge n. 69 del

2009 in tema di ricorso straordinario hanno immediatamente riportato alla ribalta la vexata

1 Di contrario avviso, F. SALVIA, Il ricorso al Capo dello Stato e l’effettività della tutela (rilievi critici

all’approccio), in Foro amm. CDS, 2009, 6, 1601, il quale sostiene che «liberato il campo dagli idola fori della

giurisdizione e ammessa francamente la natura amministrativa dei decreti in discussione […] il principio della

“effettività della tutela” - oggi peraltro richiamato in lungo e in largo dalle Corti di più alto rango (C. Cost., C.

Giust. CE, CEDU) - possa essere utilizzato in modo più che appropriato per legittimare una interpretazione

estensiva della normativa sull’ottemperanza». Con riferimento all’art. 245 del D.lgs. 163/2006 (prima che fosse

novellato dal D.lgs. 53/2010), aggiunge: «se la barriera della natura “giurisdizionale” è stata superata per gli

appalti, non si vede perché essa non possa essere varcata ulteriormente per il resto dei casi non espressamente

contemplati».

2 L. MAZZAROLLI, Riflessioni sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Dir. Amm., 2004, 4,

691 ss., osserva che «all’estensione del giudizio di ottemperanza a provvedimenti che non siano sentenze non vi

sono ostacoli di ordine costituzionale […] ben si può ipotizzare la previsione legislativa di un giudizio

sostanzialmente assimilabile a quello di ottemperanza per le decisioni inadempiute del Capo dello Stato: il

legislatore, purché rispetti la Costituzione, può fare quel che vuole».

3 A partire dagli anni cinquanta, la giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, sez. VI, 16 ottobre 1951, n.

430, in Cons. Stato 1951, I, 1241 ss.) ha tentato a più riprese di espugnare il granitico orientamento delle Sezioni

Unite (Cass. Civ., sez. un., 2 ottobre 1953, n. 3141, in Foro it. 1953, I, 1557) contrario ad una presunta

giurisdizionalizzazione del gravame straordinario. Si vedrà a breve come, a tutt’oggi, permanga una percepibile

distanza tra i Massimi Giudici in merito alle premesse teoriche da cui partire per giungere ad ammettere

l’ottemperabilità della decisione straordinaria.

www.federalismi.it 3

quaestio sulla natura dell’Istituto4. A fronte degli Autori che hanno salutato con favore la

definitiva consacrazione (o la riconferma) della natura giurisdizionale del ricorso

straordinario5, altrettanti hanno, però continuato a sostenerne l’appartenenza al genus dei

rimedi giustiziali6.

L’altra disposizione normativa, che si rivelerà determinante per il revirement delle Sezioni

Unite sul tema in esame, è rappresentata dall’art. 112 c.p.a., del quale è utile ricostruire la

genesi. Pochi giorni dopo l’entrata in vigore dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009 (recante

“Delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo”, in forza

del quale è stato emanato il D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - Codice del processo amministrativo)

il Governo ha incaricato il Consiglio di Stato dell’elaborazione del progetto di decreto

4 Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, ad esempio, provvide da subito ad aggiornare

l’elenco degli indici di giurisdizionalità del gravame all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 69 del

2009. Infatti, nella sentenza del 25 gennaio 2010, n. 82, si legge: «a tali argomentazioni vanno aggiunte quelle

desumibili dalla nuova disciplina introdotta dall’articolo 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ancorché essa non

sia direttamente applicabile, ratione temporis, alla presente vicenda. La citata normativa prevede che il parere

reso dal Consiglio di Stato sia assolutamente vincolante, abrogando l’originaria disposizione che consentiva al

Governo di provocare una decisione difforme dall’avviso dell’organo consultivo, mediante una delibera del

Consiglio dei Ministri. In tal modo, secondo un’opinione largamente diffusa tra i primi commentatori e

pienamente condivisibile, si è completato e reso esplicito il processo di “giurisdizionalizzazione” del ricorso

straordinario. Infatti, la decisione, nel suo contenuto sostanziale, spetta unicamente ad un organo

giurisdizionale». Sulla stessa linea, G. CUMIN, Un nuovo “statuto” per il ricorso straordinario al Capo dello

Stato?, in in Riv. amm. R. It., 3-4, 2010, secondo cui: «con la riforma del 2009 il legislatore ha rinnovato il

proprio precedente giudizio, invertendo completamente il precedente ordine di priorità, e ritenendo subvalente il

profilo dell’opportunità politica rispetto al principio di legalità dell’azione amministrativa […] A fronte di tale

avvenuta parificazione (tra il potere esecutivo e il giudice, entrambi subordinati soltanto alla legge) discriminare

quanto alle forme di accesso alla tutela in executivis appare gravemente violativo del principio di

ragionevolezza». Secondo G. P. JARICCI, Decisione del ricorso straordinario e ricorso in ottemperanza, in

www.contabilità-pubblica.it 2009, «è innegabile che con il recentissimo intervento del legislatore può ritenersi

sostanzialmente concluso il periglioso cammino che ha portato il ricorso straordinario ad inserirsi di pieno diritto

nel novero dei rimedi giurisdizionali».

5 Per citarne solo alcuni: N. PIGNATELLI, Sulla “natura” del ricorso straordinario : la scelta del legislatore (art.

69 l. 69/2009), in www.giustizia-amministrativa.it, 2009, non ha dubbi «il legislatore ha inciso sulla funzione e

sul peso (oggi vincolante) del parere del Consiglio di Stato in seno al procedimento, con l’intento di conferire a

tale istituto un natura giurisdizionale (e non amministrativa)» ; A. AULETTA, Il legislatore “muove un passo”

(l’ultimo) verso la giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Foro

amm. TAR, 2009, 5, 1619, sostiene che «a fronte del novellato quadro normativo, il decreto decisorio si limita ad

esternare il parere licenziato dalle Sezioni consultive, mutuando da esso (e dal procedimento che porta alla

relativa adozione) la sua natura giurisdizionale» ; L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al

Presidente della Repubblica e la riaffermata natura giurisdizionale del rimedio di tutela, in www.giustiziaamministrativa.

it, 2009, secondo cui «la riforma del 2009 ha un’intrinseca portata di revisione ricognitiva di un

istituto avente natura giurisdizionale già ab initio».

6 A. GIUSTI, Il ricorso straordinario dopo la legge n. 69 del 2009. Notazioni a margine di Tar Lazio-Roma, Sez.

I, 16 marzo 2010, n. 4104, in Dir. proc. amm., 2010, 3, 1008, «all’indomani della riforma del 2009 […] il ricorso

straordinario al Presidente della Repubblica ne esce ampliato e rafforzato nella sua capacità di porsi quale

alternativa, concreta ed effettiva, al rimedio giurisdizionale, senza che tali obiettivi debbano essere raggiunti

sacrificandone le peculiarità, in nome di una sua giurisdizionalizzazione» ; L. PLATANIA, Può il legislatore

ordinario aprire le porte del cielo?, in www.forumcostituzionale.it, secondo il quale (nonostante la riforma del

2009) «il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non può essere considerato giurisdizionale,

secondo gli standard pretesi dal nostro ordinamento» ; T.A.R. Lazio, Sez. I, 16 marzo 2010, n. 4104, in

www.giustizia-amministrativa.it, «l’esigenza di un’interpretazione delle disposizioni de quibus

“costituzionalmente orientata” impone di escludere che esse abbiano inteso conferire natura e sostanza

giurisdizionale al rimedio giustiziale di che trattasi».

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legislativo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo. Il Presidente del

Consiglio di Stato ha provveduto ad affidare questo compito ad una Commissione composta

da: consiglieri di Stato, magistrati dei TT.AA.RR., magistrati della Corte di Cassazione,

avvocati di Stato e del libero foro, professori universitari7. Il progetto predisposto dalla

Commissione, dopo aver subito rilevanti modifiche dal Governo, è stato sottoposto alle

commissioni parlamentari per il prescritto parere. Di seguito, la versione del secondo comma

dell’art. 112 inviata il 30 aprile 2010 dal Governo alla Commissione Affari Costituzionali del

Senato:

L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice

amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse equiparati, del

giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica

amministrazione di conformarsi, per quanta riguarda il caso deciso, al giudicato;

d) delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse equiparati, di

quei giudici davanti ai quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di

ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi,

per quanta riguarda il caso deciso, al giudicato;

e) dei lodi arbitrali divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo

della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanta riguarda il caso deciso, al

giudicato.

La Commissione Affari Costituzionali del Senato, con parere del 16 giugno 2010,

riguardo all’articolo in esame osserva: «in linea con i principi enunciati negli articoli 6 e 13

della CEDU, nonché in adesione alla pacifica giurisprudenza della Corte di Giustizia delle

Comunità Europee, si segnala la necessità di inserire, tra le decisioni da ottemperare con il

rimedio disciplinato dalla disposizione, anche le decisioni straordinarie del Presidente della

Repubblica rese nel regime della alternatività». Il Governo, nella relazione finale al

Codice, accenna nel modo seguente al parere della Commissione Affari Costituzionali:

7 Per un’illustrazione dettagliata dei lavori preparatori al Codice, si rinvia a R. CHIEPPA, Il Codice del processo

amministrativo : commento a tutte le novità del giudizio amministrativo (D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), Milano,

2010, 32 ss.

www.federalismi.it 5

«l’azione, infine, è stata aggiunta, su specifica richiesta della Commissione Giustizia della

Camera, per conseguire l’esecuzione dei lodi arbitrali e, in recepimento della necessità

segnalata dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato di dare applicazione agli artt. 6

e 13 C.E.D.U., per le decisioni la cui cogenza è equiparata a quella delle sentenze del

Consiglio di Stato irrevocabili». Il testo definitivo del secondo comma dell’art. 112 c.p.a. è

risultato il seguente:

L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice

amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse

equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo

della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al

giudicato;

d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse

equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di

ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di

conformarsi alla decisione;

e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento

dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il

caso deciso, al giudicato.

Come si può facilmente osservare, il legislatore delegato, nonostante nella relazione

finale al Codice dichiari di aver recepito il parere della Commissione Affari Costituzionali,

nella formulazione definitiva dell’art. 112 c.p.a. omette qualsiasi riferimento al ricorso

straordinario. Difficile risalire alle ragioni di una simile scelta. E’ da escludere che il rischio

paventato fosse quello di infrangere i limiti della delega legislativa. Di certo, un simile rischio

coinvolge seriamente altre disposizioni normative del Codice8, ma non l’art. 112, anche se

esso avesse incluso espressamente le decisioni straordinarie nel novero dei provvedimenti

ottemperabili. Un simile riferimento, infatti, non avrebbe interferito direttamente con la

8 In particolare, gli artt. 7, comma 8, e 128 c.p.a. Sospetto d’incostituzionalità, qualora se ne desse

un’interpretazione evolutiva, sarebbe anche l’art. 48, comma 1, nella parte in cui estenderebbe la facoltà di

opposizione all’amministrazione statale.

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disciplina del rimedio giustiziale (in violazione della delega legislativa), ma avrebbe soltanto

modificato il catalogo dei provvedimenti per l’esecuzione coattiva dei quali è esperibile il

giudizio d’ottemperanza.

La disposizione normativa che, negli auspici emersi nei lavori preparatori, avrebbe

dovuto ospitare la soluzione definitiva dell’annosa questione dell’ammissibilità del ricorso per

l’ottemperanza delle decisioni straordinarie, stante la sua ambiguità, non fa che sollevare

nuovi quesiti interpretativi.

3. La decisione straordinaria è ottemperabile ex art. 112 c.p.a.?. – Il primo dilemma, in

ordine logico, è se, in assenza di qualsiasi supporto letterale, la decisione straordinaria possa

considerarsi ricompresa nella lista di provvedimenti ottemperabili ex art. 112, comma 2, c.p.a.

L’esame dei lavori preparatori dovrebbe fugare ogni dubbio. Non solo nella relazione finale al

Codice il Governo dichiara di essersi adeguato alle indicazioni della Commissione Affari

Costituzionali (la quale suggeriva l’introduzione tra i provvedimenti ottemperabili delle

“decisioni straordinarie del Presidente della Repubblica rese nel regime della alternatività”),

ma anche il confronto tra le due versioni (sopra riportate) del secondo comma dell’art. 112

(ante e post passaggio nelle commissioni parlamentari) è indicativo. Nella versione definitiva,

infatti, è stata modificata la lettera d) con l’eliminazione del riferimento “ai giudici”, così da

consentire anche al decreto presidenziale che decide il ricorso straordinario (che non promana

da un giudice) di poter rientrare nella categoria dei provvedimenti equiparati alle sentenze

passate in giudicato per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza9. Per

incidens, si noti che ciò rafforza la tesi della persistente natura amministrativa del ricorso

straordinario10. In ogni caso, non può sottacersi come l’assenza nell’art. 112 c.p.a. di un

9 Tra i primi commentatori che si sono espressi in questi termini: G. FERRARI, Intervento al seminario Profili

organizzativi ed informatici del codice del processo amministrativo (Palazzo Spada, 14 settembre 2010), in

www.giustizia-amministrativa.it, la quale osserva: «le norme (artt. 112-114) che disciplinano il giudizio di

ottemperanza introducono due importanti novità. La prima riguarda il suo campo di applicazione, nel senso che è

strumento giuridico utilizzabile per ottenere l’esecuzione di lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili,

nonché – secondo una possibile interpretazione dell’art. 112, comma 2, lett. d), (che sembra essere corroborata

dalla Relazione di accompagnamento al Codice) – delle decisioni rese sui ricorsi straordinari al Capo dello

Stato». L. MARUOTTI, La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza della tutela, relazione svolta a

Lecce il 12 novembre 2010 in occasione del Convegno su “Il codice del processo amministrativo”, in

www.giustizia-amministrativa.it, «è apprezzabile che il Governo, come risulta dalla relazione illustrativa, abbia

redatto l’art. 112, comma 2, lettera d), ammettendo il rimedio dell’ottemperanza anche alle decisioni

straordinarie del Presidente della Repubblica. Questa lettera d) è una norma di ottemperanza al sistema CEDU».

10 F. FRENI, Il nuovo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Roma, 2010, 128, mette in luce un

«paradosso assai curioso: se gli interventi normativi dell’ultimo anno hanno – come ha sostenuto parte della

dottrina – confermato la natura giurisdizionale del ricorso straordinario, l’eliminazione del riferimento alla

provenienza da parte di un giudice dei provvedimenti ottemperabili, priva irrimediabilmente di questa possibilità

lo stesso ricorso straordinario. Delle due l’una: o il rimedio ha natura giurisdizionale e l’assetto di interessi si

radica esclusivamente nel decisum del Consiglio di Stato (che, senza dubbio, in questo caso, sarebbe giudice),

www.federalismi.it 7

esplicito riferimento al ricorso straordinario desti più di una perplessità. Si consideri, infatti,

che il legislatore delegato ha scelto d’includere anche il lodo arbitrale tra i provvedimenti

ottemperabili e, conseguentemente, si è premurato di formulare una norma inequivocabile in

tal senso (art. 112, comma 2, lett. e), c.p.a.). Perché ciò non è accaduto per il ricorso

straordinario?11

4. Implicazioni teoriche e applicative dell’inclusione della decisione straordinaria tra i

provvedimenti ottemperabili ex art. 112 c.p.a. – Se sull’attuale ottemperabilità della decisione

straordinaria in forza dell’art. 112 c.p.a. anche gli Autori più scettici nutrono ormai pochi

dubbi12, il vero dilemma è: in quale voce dell’elenco di cui all’art. 112, comma 2, c.p.a. essa

può dirsi ricompresa? Le soluzioni che appaiono più plausibili sono due: lett. b) e lett. d). Di

seguito, si esamineranno le conseguenze teoriche ed applicative dell’adesione a ciascuna

ipotesi, prima di passare all’analisi dell’orientamento di recente inaugurato dalle Sezioni

Unite.

Ricondurre la decisione straordinaria all’art. 112, comma 2, lett. b), c.p.a. significa accostarla

ai “provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”. Un simile accostamento è lecito

qualora si arresti ad una mera equiparazione dei due fenomeni (in chiave di effettività), ma

non se costituisca l’ultimo tassello per legittimare una piena assimilazione tra ricorso

straordinario e processo (date le macroscopiche aporie che una simile conclusione

genererebbe13). E’ innegabile come l’assenza nell’art. 112 c.p.a. di un riferimento esplicito

alla decisione straordinaria richieda un notevole sforzo ermeneutico per coniugare i valori

della coerenza sistematica e dell’effettività della tutela. L’ipotesi in esame valorizza

oppure, valorizzando la fase amministrativa e il principio di alternatività, il ricorso straordinario conserva natura

giustiziale. Ed allora, l’ammessa natura giurisdizionale risulterebbe, paradossalmente incompatibile con il

ricorso al giudice dell’ottemperanza».

11 C. E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2011, 18, ritiene che l’omessa inclusione della

decisione sul ricorso straordinario nell’elenco di cui all’art. 112, comma 2, c.p.a., confermi la sua non

assoggettabilità al giudizio di ottemperanza.

12 Contra S. TARULLO, Il giudizio di ottemperanza alla luce del Codice del processo amministrativo, in

www.giustamm.it, 2011.

13 Tra le più evidenti: l’intestazione formale della decisione al Capo dello Stato, nonostante sia adottata su

“parere” vincolante del Consiglio di Stato; la facoltà di opposizione attribuita ai controinteressati e il correlativo

onere del ricorrente di trasporre il ricorso in “sede giurisdizionale”, in ossequio all’art. 113 Cost. Contra P.

QUINTO, Le Sezioni Unite: la “giurisdizionalità” del ricorso straordinario e l’azionabilità del giudizio di

ottemperanza, in www.giustamm.it, 2011, il quale, nel commentare la sentenza Cass., sez. un., 28 gennaio 2011,

n. 2065, in http://dejure.giuffre.it, sostiene che «non si tratta dunque del solo riconoscimento della effettività di

tutela anche nei riguardi del ricorso straordinario, ma di un ulteriore elemento di valutazione per la natura

giurisdizionale della decisione resa da un “giudice amministrativo”». Come si vedrà meglio in seguito, le Sezioni

Unite, pur ammettendo l’ottemperabilità della decisione straordinaria, continuano a predicare la natura

amministrativa del rimedio.

www.federalismi.it 8

l’esecutività del provvedimento straordinario, ma gli nega il riconoscimento della definitività

propria del giudicato (al contrario di quanto accadrebbe ove fosse ricondotto alla categoria di

provvedimenti di cui all’art. 112, comma 2, lett. d), c.p.a.)14. A partire dalla legge n. 205 del

2000 (e ancor prima, secondo la giurisprudenza amministrativa15) la mancanza del requisito

della definitività della decisione non osta a che questa possa essere portata ad esecuzione, ma

comporta alcune limitazioni. Infatti, il giudice nel caso di ottemperanza di sentenze non

passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive,

considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza,

tenendo conto degli effetti che ne derivano (art. 114, comma 4, lett. c), c.p.a.) Il minor grado

di stabilità rispetto al giudicato dei provvedimenti esecutivi non definitivi (che potrebbero

essere travolti da un diverso esito del giudizio), spiega l’ottemperanza “attenuata” riservata

agli stessi, volta ad evitare effetti irreversibili. Infatti, la giurisprudenza ha messo in evidenza

che, sebbene la mancata sospensione della sentenza di primo grado faccia presumere che la

sorte della controversia non sarà ribaltata, tuttavia potrebbero verificarsi degli accoglimenti

parziali dell’appello. Da ciò la prescrizione a che il giudice tenga conto, nell’emettere la

sentenza, degli effetti che ne derivano. Quindi, solo in caso di actio judicati è riconosciuto il

diritto all’esecuzione completa e puntuale del decisum del giudice, protetto ormai dalla

formazione del giudicato formale16. Inoltre, gli atti violativi o elusivi del provvedimento non

definitivo sono considerati meramente inefficaci (mentre il contrasto col giudicato è

sanzionato con la nullità – art. 114, comma 4, lett. b), c.p.a.)17. Nonostante non possa

riconoscersi una formale parificazione della decisione straordinaria al giudicato18, certamente

essa presenta un maggior grado di stabilità rispetto ad una sentenza del T.A.R. non sospesa

(che, come già osservato, può essere riformata in appello dal Consiglio di Stato)19. Dunque,

l’ottemperanza “attenuata” mal si attaglia al decreto presidenziale che decide il ricorso

14 In questi termini, M. ANDREIS, Ricorso straordinario e azione di ottemperanza, in Urbanistica e Appalti,

2011, 5, 541 ss.

15 Ad esempio: Cons. di Stato, sez. IV, 3 maggio 1999, n. 767, in www.giustizia-amministrativa.it

16 Cfr. D. GIANNINI, Il nuovo giudizio di ottemperanza dopo il Codice del processo, Milano, 2011, 86.

17 Cfr. R. CHIEPPA, op. cit., 492.

18 Cfr. Corte Cost., 7 luglio 2005, n. 282, in www.cortecostituzionale.it, «La salvezza del giudicato formatosi

anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di interpretazione autentica non è anche la salvezza delle

decisioni adottate, nel regime dell’alternatività, con decreto del Presidente della Repubblica in sede di ricorso

straordinario. Essendo il ricorso straordinario al Capo dello Stato un rimedio per assicurare la risoluzione non

giurisdizionale di una controversia in sede amministrativa, deve escludersi che la decisione che conclude questo

procedimento amministrativo di secondo grado abbia la natura o gli effetti degli atti di tipo giurisdizionale».

19 Gli unici vizi che possono essere dedotti in sede di impugnativa innanzi al T.A.R. del decreto presidenziale

che decide il ricorso straordinario sono di tipo formale e procedurale (ex art. 10, comma 3, del D.P.R.

1199/1971). La facoltà riconosciuta ai controinteressati pretermessi di impugnare il decreto decisorio anche per

vizi di merito corrisponde, infatti, ad analoga facoltà di impugnazione delle sentenze passate in giudicato

mediante l’opposizione di terzo (art. 108, comma 1, c.p.a.).

www.federalismi.it 9

straordinario20. Tanto più se si considera che, mentre la sentenza non definitiva ha modo,

esaurite le eventuali impugnazioni, di acquisire l’autorità di cosa giudicata (e,

conseguentemente, di accedere all’ottemperanza “ordinaria”), tutto ciò è estraneo al ricorso

straordinario, che dovrebbe, quindi, accontentarsi di un’esecuzione blanda. In definitiva, si

passerebbe da un’ottemperanza “mediata” ante Codicem21 ad un’ottemperanza “attenuata”

post Codicem. L’alternativa sarebbe quella di considerare la decisione straordinaria simile alla

sentenza non definitiva, ai fini del riconoscimento della sua ottemperabilità; simile al

giudicato, ai fini della determinazione dei poteri del giudice dell’ottemperanza. Ma tale

opzione sarebbe incoerente col sistema delineato dal Codice, perché eliderebbe il raccordo tra

gli artt. 112, comma 2, e 114, comma 4, c.p.a.

L’ultima rilevante implicazione della riconduzione della decisione straordinaria all’art.

112, comma 2, lett. b), c.p.a. discende dal disposto di cui all’art. 113 c.p.a. L’articolo in

parola si occupa di individuare il giudice dell’ottemperanza «il ricorso si propone, nel caso di

cui all’articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il provvedimento

della cui ottemperanza si tratta (comma 1); nei casi di cui all’articolo 112, comma 2, lettere

c), d) ed e), il ricorso si propone al tribunale amministrativo regionale nella cui

circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza

(comma 2)». Ciò significa che l’ottemperanza della decisione straordinaria deve essere

richiesta con ricorso proposto al Consiglio di Stato (“giudice” che ha emesso il

provvedimento della cui ottemperanza si tratta).

20 S. TARULLO, op. cit., nel negare in toto la riconducibilità della decisione straordinaria al novero dei

provvedimenti ottemperabili ex art. 112, comma 2, c.p.a., denuncia: «l’elevato grado di arbitrarietà di una tesi

che volesse collocare tale decreto, formalmente adottato dal Capo dello Stato (benché su parere conforme e

vincolante del Consiglio di Stato), tra gli “altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo” ai sensi della

lett. b) del citato comma 2».

21 La giurisprudenza amministrativa, per “aggirare” la posizione delle Sezioni Unite contraria all’ottemperabilità

della decisione straordinaria, riconoscendo pur sempre l’obbligo giuridico dell’amministrazione di dare

esecuzione al decreto di accoglimento del ricorso straordinario, elaborò le soluzioni atte a consentirne,

quantomeno, un’ottemperanza “mediata”. Infatti, se la natura amministrativa del decreto presidenziale ne

impedisce l’assimilazione al giudicato (talché, l’obbligo di uniformarsi ad esso non può essere assistito dall’actio

iudicati), nulla osta a che il ricorrente vittorioso in sede straordinaria impugni il silenzio-rifiuto serbato dalla

P.A. rispetto ad esso, al fine di ottenere una sentenza dichiarativa dell’obbligo di provvedere che, una volta

passata in giudicato, potrà dare accesso al giudizio di ottemperanza (TAR Lazio, sez. III, 9 maggio 1977, n. 253,

in Trib. amm. reg. 1977, I, 1561 ; TAR Lazio, sez. III, 6 marzo 1985, n. 231, in Trib. amm. reg., 1985, I, 1155).

Il ricorso per l’ottemperanza in via “mediata” è ammesso anche in seguito all’annullamento giurisdizionale di

atti adottati dall’amministrazione in violazione o elusione della decisione amministrativa (Cons. di Stato, sez. V,

5 ottobre 1987, n. 577, in Cons. Stato 1987, I, 1392). La giurisprudenza amministrativa ha chiarito, inoltre, che,

sia nell’ambito del giudizio di impugnazione del silenzio-rifiuto o di atti violativi o elusivi della decisione

straordinaria, sia nell’ambito del susseguente giudizio di ottemperanza, è impedito il riesame degli aspetti

contenziosi già definitivamente regolati con la decisione amministrativa (Cons. di Stato, sez. VI, 10 febbraio

1999, n. 146, in Cons. Stato 1999, I, 254).

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Ora non resta che verificare quali reali vantaggi possa trarre il ricorrente dalla

riconduzione della decisione straordinaria nel novero dei provvedimenti di cui all’art. 112,

comma 2, lett. b), c.p.a. Per rispondere al quesito in parola si procederà al confronto tra

l’ottemperanza “mediata” ante Codicem e l’ottemperanza “attenuata” post Codicem, nelle due

fattispecie: silenzio inadempimento e violazione/elusione della decisione straordinaria.

a.1 In caso di silenzio inadempimento, la c.d. ottemperanza “mediata” consente al

ricorrente di accedere all’ordinario giudizio d’ottemperanza previo esperimento dell’azione di

cognizione avverso il silenzio. Il rito avverso il silenzio (oggi disciplinato dagli artt. 31 e 117

c.p.a.) si articola in due fasi: fase di cognizione e fase di esecuzione22. Secondo una logica di

anticipazione della tutela esecutiva nella fase di cognizione, nel caso d’inadempimento

dell’ordine di provvedere impartito dal giudice alla p.a., lo stesso nomina, ove occorra, un

commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su

istanza della parte interessata (art. 117, comma 3, c.p.a.). Può essere proposta

congiuntamente la domanda per il risarcimento del danno eventualmente subito dal ricorrente

in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine per provvedere (artt. 30,

comma 4, e 117, comma 6, c.p.a.). La competenza è del T.A.R. (secondo i criteri di cui all’art.

13 c.p.a.).

a.2 la c.d. ottemperanza “attenuata” consente l’immediato accesso all’ordinario giudizio di

ottemperanza di competenza del Consiglio di Stato, il quale, oltre a poter determinare le

modalità esecutive della decisione straordinaria (tenendo conto degli effetti che ne derivano)

può: nominare, ove occorra un commissario ad acta (art. 114, comma 4, lett. d), c.p.a.)23.

Sembrerebbe non ammissibile in questa ipotesi la proposizione dell’eventuale domanda

risarcitoria in sede di ottemperanza (prevista dall’art. 112 c.p.a. in due casi: connessione con

pronuncia di annullamento e inesecuzione, violazione o elusione del giudicato).

22 L’attuale disciplina del rito avverso il silenzio deriva da quella introdotta per la prima volta dalla legge n. 205

del 2000 (il cui art. 2 aveva inserito l’art. 21 bis nella legge n. 1034 del 1971). Cfr.: C. E. GALLO, op.cit., 154 ; L.

BERTONAZZI, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica : persistente attualità e problemi irrisolti

del principale istituto di amministrazione giustiziale, Milano, 2008, 92 ss.; D. GIANNINI, op.cit., 92 ss. che

illustra le due interpretazioni che, già prima dell’entrata in vigore del Codice, si scontravano: «secondo una

prima ricostruzione non si tratterebbe di un giudizio di ottemperanza classico, ma del mero esercizio da parte del

giudice di un controllo sostitutivo nei confronti dell’amministrazione; secondo un altro orientamento, invece,

l’azione avverso il silenzio, nella sua fase di esecuzione, rappresenterebbe un autentico giudizio di

ottemperanza».

23 Sembra che i particolari poteri riconosciuti al giudice dell’ottemperanza dall’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.

(salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la

somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo

nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo) siano limitati al caso di condotta

inadempiente rispetto ad una sentenza passata in giudicato. In questi termini, D. GIANNINI, op. cit., 184.

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Nell’ipotesi sub a.1 il ricorrente si avvantaggia della contestuale proponibilità della connessa

domanda risarcitoria. L’altra differenza attiene ai termini di proposizione del ricorso: un anno

dalla scadenza del termine per provvedere, nell’ipotesi sub a.1 (art. 31, comma 2, c.p.a.); dieci

anni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza della decreto presidenziale

contenente la decisione straordinaria24, nell’ipotesi sub a.2 (art. 114, comma 1, c.p.a.).

b.1 In caso di atti violativi o elusivi della decisione straordinaria, la c.d. ottemperanza

“mediata” consente al ricorrente di accedere all’ordinario giudizio d’ottemperanza previo

esperimento di un’azione di annullamento dinnanzi al T.A.R. competente. Secondo una logica

di anticipazione della tutela esecutiva nella fase di cognizione, l’art. 34, comma 1, lett. e),

c.p.a. prevede che il giudice disponga: le misure idonee ad assicurare l’attuazione del

giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta,

che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine

assegnato per l’ottemperanza25. In base a quanto previsto dall’art. 30, comma 5, c.p.a., il

ricorrente può formulare la connessa domanda risarcitoria nel corso del giudizio di

annullamento.

b.2 La c.d. ottemperanza “attenuata” consente l’immediato accesso all’ordinario giudizio

di ottemperanza di competenza del Consiglio di Stato, il quale può: determinare le modalità

esecutive, considerando inefficaci26 gli atti emessi in violazione o elusione e provvedere di

conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano. Il giudice potrà nominare, ove

occorra, un commissario ad acta. In base a quanto previsto dall’art. 112, comma 4, c.p.a.,

nell’ambito del giudizio d’ottemperanza può essere proposta la connessa domanda

24 Come potrebbe ricavarsi in via interpretativa, stante che il dies a quo per la proposizione del giudizio

d’ottemperanza è riferito al passaggio in giudicato della sentenza e non all’emanazione di un provvedimento

amministrativo (quale è il decreto presidenziale).

25 Cfr. R. CHIEPPA, op. cit., 259.

26 D. GIANNINI, op.cit., 179, segnala come il Codice abbia introdotto nell’ordinamento una nuova patologia

dell’atto amministrativo «etichettandola con il termine “inefficacia” ed alludendo con ciò ad una ipotesi

“minore” rispetto alla nullità […] nel caso dell’inefficacia si viola un provvedimento giurisdizionale che non ha

ancora assunto l’autorità di giudicato» ; secondo S. TARULLO, op. cit., «la previsione sembra sottendere un

potere di disapplicazione del giudice amministrativo non dissimile da quello assegnato al giudice ordinario

dall’art. 5 della l. n. 2248/1865, All. E, e dall’art. 63, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001».

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risarcitoria27 nel termine previsto dall’art. 30, comma 5, c.p.a. (120 gg. dalla notificazione,

comunicazione o piena conoscenza del decreto presidenziale28).

In questo caso l’unica consistente differenza attiene ai termini di proposizione del ricorso: 60

gg. dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza del decreto presidenziale,

nell’ipotesi sub b.1 (art. 29 c.p.a.); dieci anni dalla notificazione, comunicazione o piena

conoscenza del decreto presidenziale, nell’ipotesi sub b.2 (art. 114, comma 1, c.p.a.).

In definitiva, l’inclusione della decisione straordinaria tra i provvedimenti ottemperabili per

via dell’art. 112, comma 2, lett. b), anche a voler tacere della difficile compatibilità col

sistema di una simile opzione, sembra portare al ricorrente vantaggi alquanto limitati rispetto

all’esperimento delle azioni di cognizione previste dal Codice.

A ben ragione, i primi commentatori del Codice (e non solo i fautori della

giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario), hanno individuato nell’art. 112, comma 2,

lett. d), c.p.a. la prima conferma normativa dell’ottemperabilità della decisione straordinaria29.

L’attenzione della dottrina si è comprensibilmente concentrata su questa ipotesi per almeno

tre ragioni: la voluntas legislatoris emergente dai lavori preparatori, la massimizzazione dei

benefici in termini di effettività della tutela rispetto all’ipotesi alternativa, l’assenza (al

momento) di un’autorevole indicazione giurisprudenziale di segno diverso (che sarebbe

arrivata poco tempo dopo con la sentenza della Cass., sez. un., n. 2065/2011, cit.). Nonostante

l’ipotesi alternativa, di cui già si è detto, goda dei favori del Giudice della nomofilachia,

l’ipotesi in commento è decisamente preferibile perché, estendendo alla decisione

straordinaria il regime riservato alla sentenza passata in giudicato30, consente al ricorrente di

27 In considerazione dell’orientamento prevalente che nega la proponibilità della domanda risarcitoria in sede

straordinaria (vedi supra, Cap. I, par. 9), il giudizio di ottemperanza può costituire la prima occasione per

richiedere la tutela risarcitoria.

28 Come potrebbe ricavarsi in via interpretativa, stante che il dies a quo per la proposizione dell’azione

risarcitoria è riferito al passaggio in giudicato della sentenza di annullamento e non all’emanazione di un

provvedimento amministrativo (quale è il decreto presidenziale).

29 Fra i tanti: L. MARUOTTI, op.cit., G. FERRARI, op.cit., P. QUINTO, Il Codice e la giurisdizionalizzazione del

ricorso straordinario, in Foro amm. TAR, 2010, 7-8, 2720 ss., F. FRENI, op. cit., V. LOPILATO, Articolo 112 :

Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza, in Il processo amministrativo : commentario al D.lgs.

104/2010, a cura di A. QUARANTA, V. LOPILATO, Milano, 2011, 866 ss., D. GIANNINI, op. cit., D. GIANNELLI,

Ricorso straordinario al Capo dello Stato in seguito a legge 69/2009 e a codice del processo amministrativo, in

Diritto e Processo, 2011, 2.

30 Cfr. M. GIOVANNINI, Il ricorso straordinario come strumento alternativo alla giurisdizione amministrativa: il

difficile percorso di un rimedio efficace, in Dir. Proc. Amm., 2002, 1, 61., il quale, efficacemente, osserva: «ciò

che conta, non consiste nell’attribuire “forza di giudicato” ad un atto amministrativo che, essendo tale, non potrà

mai possederla. Il punto è invece garantire la possibilità che il ricorrente, a seguito dell’inerzia

dell'amministrazione, possa azionare un ulteriore ricorso diretto alla concretizzazione del risultato già ottenuto in

sede straordinaria».

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beneficiare dei più penetranti poteri esercitabili dal giudice dell’ottemperanza e delle azioni

risarcitorie e di condanna che presuppongono una pronuncia con carattere di definitività31.

Inoltre, il risultato più appagante (in termini di effettività) è raggiunto senza la necessità di

accostare “pericolosamente” il Consiglio di Stato in sede consultiva al “giudice

amministrativo”, sovrapponendo alla giurisdizione ciò che giurisdizionale non è (come

avviene facendo applicazione dell’art. 112, comma 2, lett. b), c.p.a.). La problematica più

evidente sollevata dall’ipotesi in esame concerne il profilo della competenza. Infatti, in base a

quanto previsto dall’art. 113, comma 2, c.p.a., il giudizio per l’ottemperanza della decisione

straordinaria sarebbe di competenza del T.A.R., organo che non svolge alcun ruolo nel

procedimento che conduce alla decisione straordinaria. E’ presumibilmente l’intenzione di

superare questa aporia32 che ha convinto la Corte di Cassazione a preferire l’ipotesi

alternativa, la quale, pur attraendo la competenza del Consiglio di Stato (ex art. 113, comma

1, c.p.a.), da luogo a contraddizioni ancora maggiori33.

5. Le scelte delle Massime Giurisdizioni. – Dopo aver ricostruito il quadro normativo di

riferimento e le opzioni interpretative da esso consentite, risulta più agevole cogliere la

portata e le ragioni della “svolta” impressa in subiecta materia dalle più recenti pronunce

delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione34 e del Consiglio di Stato35. Il crisma che

l’ottemperabilità della decisione straordinaria riceve dalle Sezioni Unite apre un nuovo

31 (art. 114, comma 4, c.p.a.) «Il giudice, in caso di accoglimento del ricorso: a) ordina l’ottemperanza,

prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento

amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione; b) dichiara nulli gli eventuali atti in

violazione o elusione del giudicato; d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta; e) salvo che ciò sia

manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro

dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione

del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo». (art. 112, comma 3, c.p.a.) «Può essere proposta

anche azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio

in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione,

violazione o elusione del giudicato».

32 Cfr. A. AULETTA, Giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: una

partita chiusa ?, in www.giustamm.it, 2011

33 In effetti, la competenza del T.A.R. in sede d’ottemperanza della decisione straordinaria costituirebbe una

mera stonatura più che un’intollerabile aporia, per due ordini di ragioni: in primo luogo, in caso di c.d.

ottemperanza “mediata”, la competenza è pur sempre del T.A.R. (al quale è precluso, stante il principio di

alternatività, il riesame degli aspetti contenziosi definiti in sede straordinaria); in secondo luogo, l’attribuzione

della competenza al Consiglio di Stato (ipotesi preferita dalle Sezioni Unite) determina l’assegnazione della

causa pur sempre alle sezioni giurisdizionali e non a quelle consultive, che hanno espresso il parere sul merito

della controversia.

34 Ci si riferisce non solo alla sentenza capofila (n. 2065/11, cit.), ma anche alle quasi centotrenta pronunce

successive: Cass. Civ., sez. un., 7 febbraio 2011, nn. 2818-2939 ; ID., 10 marzo 2011, n. 5684 ; ID., 28 aprile

2011, n. 9447 ; ID., 31 maggio 2011, n. 11964 ; ID., 6 luglio 2011, n. 14838 ; ID., 19 luglio 2011, n. 15765 (tutte

in http://dejure.giuffre.it).

35 Cons. di Stato, Sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513, in www.giustizia-amministrativa.it.

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capitolo nell’evoluzione del ricorso straordinario, ma da la stura a dubbi teorici e applicativi

di non poco momento.

Con ricorso ex art. 362 c.p.c. viene impugnata dinnanzi alla Corte di Cassazione la sentenza

del 2 marzo 2009, n. 63 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione

Siciliana36, che accoglieva il ricorso per l’ottemperanza di un decreto del Presidente della

Regione37. Col primo motivo di ricorso si sostiene la carenza assoluta di potestas judicandi

radicata, secondo i ricorrenti, nel fatto che l’atto del quale è stata chiesta e ottenuta

l’ottemperanza, cioè il decreto del Presidente della Regione Siciliana emesso su ricorso

straordinario, ha natura amministrativa e non giurisdizionale, ed è quindi sottratto alla

speciale forma di cognizione, quale il giudizio di ottemperanza, attribuita al giudice

amministrativo. La Corte respinge l’impugnazione ed imprende un articolato percorso

argomentativo riferibile anche al ricorso straordinario al Capo dello Stato, stante l’analogia

col procedimento del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, che sottende

un’identità di natura e di funzione tra i due istituti. Le Sezioni Unite ripercorrono,

innanzitutto, il proprio indirizzo interpretativo (risalente alla sentenza n. 3141/1953, cit., e

confermato nella sentenza n. 15978/200138) ribadendo le ragioni che inducono, tuttora, a

negare la natura giurisdizionale del gravame straordinario39. Ciò costituisce un punto fermo

nel ragionamento condotto dal Giudice della nomofilachia, il quale evita accuratamente di

nominare invano la “giurisdizione”40, pur riconoscendo i notevoli influssi che il ricorso

straordinario ha subito dalla recente legislazione. Le Sezioni Unite rimarcano, in particolare,

la eliminazione (ad opera della legge 69/09) del potere della p.a. di discostarsi dal parere del

Consiglio di Stato e come ciò confermi che il provvedimento finale, che conclude il

procedimento, sia meramente dichiarativo di un giudizio41. La vincolatività del parere, se non

36 In Giurisdiz. Amm., 2009, 468.

37 Non c’è da stupirsi che l’occasione per riaffrontare la problematica dell’ottemperabilità della decisione

straordinaria sia stata offerta alla Corte di Cassazione proprio dal Consiglio di Giustizia, l’unico Giudice a non

essersi arreso dinnanzi all’indirizzo pretorio dominante.

38 in http://dejure.giuffre.it/.

39 A riprova della convinzione nutrita dalla Suprema Corte circa la persistente natura giustiziale del gravame

straordinario è utile citare un passaggio della recentissima sentenza Cass., sez. un., n. 11964/2011, cit.: «la

sospensione di cui all’art. 295 cod. proc. civ. presuppone la contemporanea pendenza di un processo

pregiudicato e di un processo pregiudicante che, nella specie, manca in quanto la proposizione del ricorso

straordinario non determina l’instaurazione di un giudizio, ma soltanto di un procedimento amministrativo, come

del resto sostanzialmente ribadito dalla recente C. cass. 2011/2065, che, diversamente da quanto sostenuto

dall’incolpato, si è limitata ad ammettere la possibilità di farne valere la decisione in via di ottemperanza senza,

però, riconoscerle natura giurisdizionale».

40 In questi termini, M. ANDREIS, op. cit.

41 P. QUINTO, Le Sezioni Unite: la “giurisdizionalità” del ricorso straordinario e l’azionabilità del giudizio di

ottemperanza, cit., pone l’accento sulla terminologia impiegata dal Collegio: «l’autorevole statuizione delle

Sezioni Unite che le modifiche apportate dall’art. 69 della legge n. 69 del 2009, pur incidendo sul procedimento,

confermano che il provvedimento che definisce il ricorso straordinario è meramente dichiarativo di un giudizio,

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trasforma il decreto presidenziale in un atto giurisdizionale (in ragione, essenzialmente, della

natura dell’organo emittente e della forma dell’atto), lo assimila a questo nei contenuti, e tale

assimilazione si riflette sull’individuazione degli strumenti di tutela, sotto il profilo della

effettività. Il Collegio ritiene che il meccanismo della c.d. ottemperanza “mediata” (di cui si è

detto supra) non assicuri una tutela esecutiva piena e diretta poiché si risolve in una disciplina

che rende eccessivamente difficile l’attuazione coattiva del dictum straordinario e finisce per

non garantire un rimedio adeguato contro l’inadempimento della p.a. In linea di continuità

con le rilevanti modifiche apportate all’assetto normativo del ricorso straordinario dalla legge

n. 69 del 2009, si pone la nuova disciplina del giudizio d’ottemperanza prevista dal Codice

negli artt. 112 ss., come confermato dall’esame dei lavori parlamentari che hanno condotto al

definitivo testo della norma42. A questo punto, la Corte giunge allo snodo argomentativo

cruciale (in considerazione delle ricadute teoriche e applicative): stabilire a quale categoria di

provvedimenti ottemperabili ex art. 112 c.p.a. ricondurre la decisione straordinaria. Come

anticipato, la decisione su ricorso straordinario al Capo dello Stato, resa in base al parere

obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, è ricondotta alla lettera b) dell’art. 112,

comma 2, c.p.a., cosicché il ricorso per l’ottemperanza si propone, ai sensi dell’art. 113,

comma 1, c.p.a., dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che

ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta”. La Corte ricorda quanto

sostenuto dalla dottrina, ovvero che all’estensione del giudizio di ottemperanza a

provvedimenti che non siano sentenze, o comunque provvedimenti non formalmente

giurisdizionali, non si frappongono ostacoli di ordine costituzionale, sì che è ben

configurabile la previsione normativa di un tale giudizio per le decisioni, rimaste ineseguite,

del Capo dello Stato, trattandosi di una scelta del Legislatore che - nel rispetto dei principi

costituzionali - tende a rendere effettiva la tutela dei diritti mediante il giudizio di

ottemperanza43. Ed è, appunto, nell’art. 112, comma 2, lett. b), c.p.a. che il Collegio ritiene si

sembra avvalorare la tesi che la revisione legislativa non ha modificato, innovandola, la natura originaria

dell’istituto, così come è accaduto per la revisione della commissione tributaria, e, quindi, la sua equivalenza alla

“giurisdizionalità”, secondo l’accezione propria del nostro ordinamento, ferma rimanendo l’alternatività

dell’istituto».

42 La Corte richiama i lavori parlamentari che hanno condotto all’attuale formulazione della norma, inferendo

che sia conforme all’«intentio legis annoverare fra i “provvedimenti” del giudice amministrativo, passibili di

ottemperanza, la decisione sul ricorso straordinario». Questo passaggio argomentativo è di fondamentale

importanza, poiché in esso è contenuta la “chiave” del revirement delle Sezioni Unite. Infatti, la breve

ricostruzione, compiuta dal Collegio, delle ultime fasi evolutive del ricorso straordinario funge da mera premessa

a quella che è considerata l’unica novità normativa a cui si deve, per la prima volta, l’ottemperabilità della

decisione straordinaria: l’art. 112 c.p.a.

43 E’ richiamata, in proposito, la sentenza Corte Cost., 19 dicembre 2006, n. 432, in www.cortecostituzionale.it,

secondo cui «il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, (ha la facoltà di dettare) una disciplina che

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possa cogliere “la scelta del legislatore” in grado di legittimare (per la prima volta)

l’ottemperanza del decreto decisorio di un ricorso straordinario. Le Sezioni Unite procedono a

vagliare le conclusioni raggiunte alla luce del principio dell’effettività della tutela e della

giurisprudenza comunitaria. Il Collegio osserva come «una volta che si riconoscano poteri

decisori, su determinate controversie, formalmente diversi, ma analoghi, rispetto a quelli della

giurisdizione, infrangerebbe la coerenza del sistema una regolamentazione affatto inidonea

alla tutela effettiva dei diritti e tale da condurre, in spregio al dettato dell’art. 2 Cost., comma

1, e art. 3 Cost., a creare una tutela debole (cfr. Cass., Sez. Un., n. 6529/2010)». Inoltre,

devono essere richiamate le «norme della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo (artt. 6

e 13), come interpretate dalla Corte di Strasburgo, secondo il procedimento di ingresso

nell’ordinamento nazionale precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 348 del

2007. Ebbene, secondo la giurisprudenza della CEDU, da un lato sono intangibili le decisioni

finali di giustizia rese da un’autorità che non fa parte dell’ordine giudiziario, ma che siano

equiparate a una decisione del giudice, e dall’altro in ogni ordinamento nazionale si deve

ammettere l’azione di esecuzione in relazione a una decisione di giustizia, quale indefettibile

seconda fase della lite definita (cfr. CEDU, 16 dicembre 2006, Murevic c. Croazia; 15

febbraio 2004, Romoslrov c. Ucraina)».

Il revirement delle Sezioni Unite si inscrive in un contesto normativo e giurisprudenziale che,

soprattutto, a partire dalla riforma del 2009, si mostrava sufficientemente maturo per

ammettere l’ottemperabilità della decisione straordinaria. Il Collegio individua nell’art. 112,

comma 2, lett. b), c.p.a. il supporto normativo fino ad oggi mancante per aprire le porte del

giudizio di ottemperanza al rimedio amministrativo. Se la positivizzazione

dell’ottemperabilità della decisione straordinaria ha il pregio di affrancare l’interprete dalla

necessità di disconoscerne la natura giustiziale al fine di garantirgli l’azionabilità in

executivis, la soluzione prescelta dalle Sezioni Unite soffre di una serie di contraddizioni:

a. come si concilia la persistente natura giustiziale del decreto presidenziale che accoglie

il ricorso straordinario con la sua equiparazione ai provvedimenti esecutivi del

“giudice amministrativo”?

b. Come si coniuga la “intangibilità” delle decisioni finali di giustizia rese da un’autorità

che non fa parte dell’ordine giudiziario44 con la instabilità dei provvedimenti non

può spingersi sino ad una completa rivisitazione del ricorso straordinario e dei suoi rapporti con il rimedio

giurisdizionale».

44 Secondo quanto osservato dalla giurisprudenza della CEDU, richiamata dalle Sezioni Unite.

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definitivi del giudice amministrativo, il cui regime (art. 114, comma 4, lett. c), c.p.a.) è

esteso alla decisione straordinaria?

c. Dall’esame dei lavori preparatori, richiamati dallo stesso Collegio, si evince con

assoluta chiarezza l’intentio legis di includere la decisione straordinaria nell’art. 112,

comma 2, lett. d), c.p.a. e non nella lett. b);

d. il Collegio giudica insufficiente, in termini di effettività, il meccanismo della c.d.

ottemperanza “mediata”; perché, allora, viene indicata una soluzione interpretativa che

comporta l’applicazione dell’altrettanto inappagante ottemperanza “attenuata” (come

visto supra)?

Simili interrogativi lungi dal restare confinati in una dimensione puramente teorica, sono,

invece, destinati a influenzare il futuro applicativo dell’Istituto. Pertanto, l’autorevole

sentenza delle Sezioni Unite si preannuncia foriera di un dibattito dottrinale e

giurisprudenziale non meno intenso e articolato che in passato45.

Dal canto suo, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3513/11, cit., si è prontamente allineato

all’indirizzo pretorio consacrato pochi mesi prima dalla sentenza n. 2065/2011 delle Sezioni

Unite46. Rinfrancato dalle conclusioni a cui giunge il Giudice della nomofilachia, l’Alto

Consesso fa proprie alcune delle argomentazioni a cui il Consiglio di Giustizia non aveva mai

smesso di far ricorso per sostenere la progressiva giurisdizionalizzazione del ricorso

straordinario e la conseguente ottemperabilità del decreto presidenziale47: la possibilità di

sottoporre alla Corte di Giustizia questioni pregiudiziali ex art. 267 del Trattato CE; le

modifiche del D.P.R. 1199/1971 introdotte dalla legge n. 69 del 2009; la necessità di

45 Tra i primi commentatori vi è chi ha già ricavato dalla pronuncia in esame un’ulteriore conferma della natura

giurisdizionale del gravame (cfr. P. QUINTO, op. ult. cit. ; A. CORSARO, Il giudizio di ottemperanza e il ricorso

straordinario : nota alla sentenza della Cass. Civ., S.U., 28 gennaio 2011, n. 2065, in www.giustiziaamministrativa.

it) ; vi è chi, al contrario, sostiene che non vi siano elementi che giustifichino una simile

affermazione (M. ANDREIS, op. cit.) ; al centro degli opposti schieramenti si collocano gli Autori che,

prudentemente, si limitano a segnalare le “zone d’ombra” e le “questioni problematiche” insite nel processo di

giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario (I. RAIOLA, Le Sezioni Unite ammettono il rimedio

dell’ottemperanza per l’esecuzione del decreto decisorio su ricorso straordinario, in Corriere Merito, 2011, 4,

447 ; A. AULETTA, op. ult. cit.). Merita, infine, di essere riportato l’arguto vaticinio di F. FRENI, Tanto tuonò, in

www.giustamm.it, 2011, a proposito della progressiva assimilazione sostanziale del ricorso straordinario al

processo, a cui contribuisce la sentenza in commento: «infine, dunque, piovve. Ma dopo lunga siccità è massima

di comune esperienza il ricordare che troppa pioggia può far male: frane e smottamenti sono dietro l’angolo. A

valle, in attesa dell’onda, v’è la ormai troppo fragile struttura di un sistema di tutele giustiziali che

necessiterebbero, una volta per tutte, un ripensamento complessivo e, soprattutto, definitivo».

46 Cfr. P. QUINTO, Consiglio di Stato e Cassazione, d’accordo, rilanciano il ricorso straordinario, in

www.giustizia-amministrativa.it, 2011.

47 Di recente, con sentenza 30 giugno 2011, n. 465, in www.giustizia-amministrativa.it, il Consiglio di Giustizia

ha preso atto (con malcelata soddisfazione) dell’avvenuto consolidamento del proprio indirizzo, risalente alla

sentenza 19 ottobre 2005, n. 695, in www.giustizia-amministrativa.it.

www.federalismi.it 18

valorizzare in termini di effettività il principio di alternatività48. Per ora il Consiglio di Stato si

è limitato a “seguire la scia” delle Sezioni Unite, evitando di cimentarsi con le spinose

questioni teoriche e applicative sollevate dalla sentenza n. 2065/2011. Confrontando, però, il

tenore delle due sentenze, se ne coglie (seppure in controluce) una diversa impostazione di

fondo. Infatti, il Consiglio di Stato, nel condividere la conclusione raggiunta dalle Sezioni

Unite (ottemperabilità della decisione straordinaria), pare muovere da presupposti differenti.

Nella sentenza in commento non è contenuto (stranamente) alcun riferimento all’art. 112,

comma 2, c.p.a. che, invece, costituisce la “chiave” del revirement della Suprema Corte. Il

Consiglio di Stato sembra puntare ancora sugli “indici di giurisdizionalità” ricavabili dalla

legge 69/2009 e dalla giurisprudenza comunitaria, piuttosto che sulla valorizzazione del dato

normativo contenuto nel Codice, per giungere ad ammettere l’ottemperabilità della decisione

straordinaria. Significativo, a questo proposito, è il passaggio in cui l’Alto Consesso accenna

alla dottrina e alla giurisprudenza “concordi nell’affermare la progressiva

giurisdizionalizzazione piena” del ricorso straordinario. Insomma, nonostante le Sezioni Unite

abbiano opportunamente preso le distanze dalla “giurisdizione”49, pare riaffiorare nella

sentenza del Consiglio di Stato la tesi della “piena” giurisdizionalizzazione del rimedio

straordinario, a dimostrazione di una querelle che pare ancora lontana da una definitiva

composizione.

48 Così si esprime, in proposito, l’Alto Consesso: «l’effettività del parallelismo e dell’alternatività dei due rimedi

impone che – nelle materie e limitatamente alle domande per cui è proponibile ricorso straordinario – tale

rimedio appresti un grado di tutela non inferiore a quello conseguibile agendo giudizialmente. Ed in tale

affermazione è compresa la possibilità di esperire il ricorso per l’ottemperanza al fine di ottenere l’esecuzione

del decreto presidenziale».

49 Come visto supra, le Sezioni Unite hanno avuto occasione di chiarire ulteriormente il proprio orientamento

sulla questione in parola nelle sentenze successive alla n. 2065/11, cit.

 

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