Con il nuovo governo si tornerà a
parlare di lotta all'evasione fiscale. Ma quali sono gli
strumenti per affrontare un problema complesso e antico?
Si possono accrescere i vincoli alla compensazione dei
crediti Iva. E vanno applicate o estese le misure che
hanno dimostrato di essere efficaci per aumentare il
costo dell'evasione. Ma nel medio periodo è cruciale il
tema della qualità e dell'utilizzo delle informazioni.
L'amministrazione finanziaria dovrebbe razionalizzare le
sue richieste di dati. E usare tutti quelli a sua
disposizione per prevenire e non solo per reprimere.
Il prossimo varo del governo
riporterà presumibilmente in auge la questione della
lotta all’evasione, degli strumenti adottabili e dei
possibili benefici in termini di gettito. È utile
innanzitutto riepilogare alcuni dati di fatto, che, per
quanto noti in letteratura, sono spesso misconosciuti
nel dibattito pubblico.
UN PROBLEMA COMPLESSO E ANTICO
L’evasione è un fenomeno complesso,
che dipende anche dalla convenienza e rischiosità
(aliquote, controlli e sanzioni) nonché da variabili
morali e sociali (la tax morale, il livello di
complessità del sistema fiscale, l’efficienza e l’equità
della spesa pubblica). Tuttavia, la letteratura
economica più recente dà particolare rilevanza al
contesto informativo. Ad esempio, l’evasione fiscale in
Danimarca è più bassa di quella italiana non tanto
perché la tax morale sia più elevata (la propensione
all’evasione dei lavoratori autonomi danesi è stimata
pari al 37%) ma piuttosto perché per la maggior parte
dei redditi conseguiti esiste un sostituto d’imposta o
comunque una fonte di informazione affidabile. (1)
In Italia il problema è antico ma
non immutabile: secondo le stime dell’Agenzia delle
Entrate, recepite dalla Corte dei Conti e rese note nel
recente Rapporto Giovannini, l’evasione dell’Iva nel
2007 è diminuita di 3 punti di Pil e nel 2009 si è
ridotta di 0,8 punti di Pil, dopo un lieve aumento nel
2008. Più in generale, l’evasione dell’Iva sembra
mostrare una tendenza alla diminuzione, come del resto
accade per il sommerso economico stimato dall’Istat, a
partire dall’inizio del secolo. Tuttavia, questa
tendenza non è né lineare né acquisita.
Sulla base di queste premesse è
conseguente affermare, innanzitutto, che non esistono
soluzioni miracolistiche del problema e, in secondo
luogo, che è saggio cercare di capire cosa potrebbe
funzionare partendo dall’esperienza fatta in questi
ultimi 15 anni.
PIÙ VINCOLI E PIÙ DATI
In concreto, si potrebbe cominciare
con l’aumentare i vincoli alla compensazione dei crediti
Iva, la cui esperibilità, fino a poco tempo fa, senza
alcun filtro amministrativo efficace, ha fatto parlare
di un vero e proprio bancomat dell’evasione. (2) Poiché
il credito Iva dovrebbe sorgere solo in alcune
situazioni particolari, la dinamica osservata a partire
dal 1998 è particolarmente sospetta in quanto una
situazione di credito può derivare dall’omessa
fatturazione o dal coinvolgimento in frodi carosello.
L’articolo 10 del decreto legge 78/2009 ha disposto
l’obbligo di presentazione della dichiarazione per
l’utilizzo dei crediti di importo superiore a 10mila
euro e la necessità del visto di conformità da parte del
professionista per l’utilizzo di quelli di importo
superiore a 15mila. Questa norma ha prodotto una
riduzione di compensazioni di circa 6 miliardi nel 2009,
su un totale di circa 27 miliardi (ovviamente, non tutte
false). È auspicabile l’abbassamento del limite dei
15mila euro, eventualmente attuato in precedenza per le
compensazioni esterne (cioè con debiti d’imposta non
Iva), e, più in generale, il miglioramento dell’azione
di amministrazione e gestione della posizione del
contribuente in credito Iva.
In secondo luogo, vanno applicate o
estese le misure che in questi anni hanno dimostrato di
essere efficaci, e ne vanno introdotte altre, per
aumentare il costo dell’evasione sia per incrementare la
quantità e la qualità delle informazioni disponibili
all’amministrazione fiscale.
In queste direzioni, sarebbero
auspicabili ulteriori limiti ai pagamenti in contante
-anche se la proposta di tassare l’utilizzo del contante
non è praticabile in un’economia pulviscolare come
quella italiana- e misure di facilitazione della
tracciabilità dei compensi, dei consumi e dei patrimoni.
Su quest’ultimo aspetto, tuttavia, le proposte di
inserimento in dichiarazione dei dati del patrimonio
finanziario sono state recentemente superate dalla
possibilità per l’Amministrazione fiscale di selezionare
dall’anagrafe dei conti correnti, un database certamente
più affidabile rispetto alle informazioni autodichiarate
dai contribuenti, liste di soggetti da sottoporre a
controlli anche al di fuori di procedure di
accertamento.
Nel medio periodo, il tema della
qualità e dell’utilizzo delle informazioni è quello
cruciale. Oggi, in teoria l’Amministrazione fiscale ha
accesso a un numero molto rilevante di database, ma la
disponibilità effettiva e la qualità dei dati sono
probabilmente inferiori ai livelli potenziali. In un
contesto come quello italiano, caratterizzato da una
pletora di attività economiche che dell’impresa hanno
solo la forma giuridica e non la struttura aziendale, va
valorizzato il flusso informativo spontaneamente
proveniente dalle imprese strutturate che, per propria
rigidità organizzativa, hanno la necessità di tenere una
contabilità affidabile dei rapporti con fornitori degli
input (lavoratori, consulenti, fornitori) (3). Queste
imprese organizzate potrebbero essere utilizzate per una
mappatura di tutti i loro fornitori “autonomi”,
indipendentemente dalla categoria fiscale di
appartenenza, professioni o imprese. Questa informazione
va arricchita con quella fornita da tutte le altre
banche dati e utilizzata dall’amministrazione
possibilmente in modo preventivo e non solo repressivo.
Si tratta, in altri termini, di far sapere al
contribuente prima della dichiarazione che
l’amministrazione c’è e che l’amministrazione conosce, o
quantomeno non è completamente al buio sul suo guadagno
plausibile in un determinato periodo d’imposta. (4) Ciò
consentirebbe, da un lato, di concentrare l’azione
repressiva su un numero inferiore di soggetti e,
dall’altro lato, costringerebbe l’amministrazione stessa
a razionalizzare le sue richieste di informazioni ai
contribuenti, troppo spesso ripetute.
(1) Cfr. Kleven
et al. “Unwilling or unable to cheat”, Econometrica,
2011.
(2) Cfr. Roberto Convenevole, “La
materia oscura dell’Iva”, edizioni ilmiolibro.it.
(3) È questo una delle ricadute
fondamentali dell’analisi della tassazione attraverso le
aziende sviluppata da Raffaello Lupi.
(4) Per una proposta articolata in
questa direzione, cfr. M. Romano e V. Visco “Più banche
dati meno evasione”. |