Visconti Gianfranco
In questo articolo analizziamo la
disciplina fondamentale delle cooperative di credito,
banche di credito cooperativo e banche popolari,
contenuta negli articoli da 28 a 37 (con un rinvio anche
agli artt. 56 e 57) e da 150 a 150-bis del Decreto
Legislativo n° 385 del 1993, il Testo Unico delle leggi
in materia bancaria e creditizia (TUB).
L’art. 28 del TUB prevede che
“l’esercizio dell’attività bancaria da parte di società
cooperative è riservato alle banche popolari ed alle
banche di credito cooperativo” disciplinate dagli artt.
da 29 a 37 sempre del TUB (1° comma).
A queste particolari tipologie di
banche non si applicano i controlli sulle società
cooperative attribuiti all’autorità governativa dal
Codice Civile e dal Decreto Legislativo n° 220 del 2002
per cui per la vigilanza su di esse sono competenti il
Ministero dell’Economia (già Ministero del Tesoro) e,
soprattutto, la Banca d’Italia (2° comma).
Al fine della possibilità di
usufruire delle disposizioni fiscali di carattere
agevolativo previste per le cooperative a mutualità
prevalente, sono considerate tali le banche di credito
cooperativo che rispettano i requisiti di mutualità
previsti dall’art. 2514 c.c. ed il requisito
dell’operatività prevalente coi soci prevista dall’art.
35 TUB, cioè l’esercizio del credito prevalentemente a
favore dei soci (comma 2°-bis). A tale scopo, le banche
di credito cooperativo, (ma non le banche popolari)
hanno l’obbligo di uniformare l’atto costituivo e lo
statuto ai requisiti previsti dall’art. 2514 c.c., come
richiesto dal 4° comma dell’art. 150-bis TUB, e di
iscriversi all’Albo delle società cooperative, ai sensi
dell’art. 223 – terdecies disp. att. c.c. Di
conseguenza, mentre le banche di credito cooperativo non
possono che essere cooperative a mutualità prevalente
(salvo l’eccezione sulla prevalente operatività coi soci
che vedremo in seguito in questo paragrafo), le banche
popolari possono essere sia cooperative a mutualità
prevalente che cooperative a mutualità non prevalente (è
il caso più frequente nella pratica), dato che il
requisito della prevalente operatività coi soci e
l’obbligo di contenere nello statuto i requisiti
rischiesti dall’art. 2514 c.c. per le cooperative a
mutualità prevalente sono previsti dalla legge solo per
le Banche di credito cooperativo.
Cominciamo con l’esaminare la
disciplina delle banche popolari.
Esse, ai sensi del 1° comma
dell’art. 39 del Dlgs 385/1993, devono essere costituite
in forma di società cooperativa per azioni. Ciò comporta
che ad esse si applicano, per quanto non espressamente
previsto dalle norme specifiche del TUB e da quelle
sulle società cooperative (eccetto quelle elencate
dall’art. 150-bis del TUB, che esamineremo alla fine di
questo articolo, ed escluso il Decreto Legislativo del
Capo provvisorio dello Stato n° 1577 del 1947 che, ai
sensi del 4° comma dell’art. 29 TUB non si applica alle
banche popolari), le norme previste, in primo luogo dal
Codice Civile, sulla società per azioni. In secondo
luogo, da questa disposizione deriva che la
responsabilità patrimoniale dei soci di una banca
popolare è limitata a quanto da essi conferito nel
capitale sociale, che è ripartito, appunto, in azioni.
Ricordiamo che, comunque, con la riforma della
disciplina della società cooperativa del 2003 è
scomparsa la società cooperativa a responsabilità
illimitata e che dal 1° Gennaio 2004 tutte le società
cooperative sono a responsabilità limitata, come
previsto dall’art. 2518 c.c.
Le azioni di una banca popolare
devono avere un valore nominale non inferiore a due
Euro, la nomina dei membri dei suoi organi di
amministrazione e controllo spetta esclusivamente ai
competenti organi sociali, cioè all’assemblea dei soci
od all’organo amministrativo, secondo quanto previsto
dalla legge e, soprattutto, dallo statuto o, se unico
atto, dall’atto costitutivo (2° e 3° comma dell’art. 28
TUB).
L’art. 30 del TUB stabilisce che
ogni socio di una banca popolare ha diritto ad un solo
voto in assemblea, qualunque sia il numero delle azioni
da lui possedute. Nessun socio può detenere azioni in
misura eccedente lo 0,50 per cento del capitale sociale.
La banca, non appena rileva il superamento di tale
limite, contesta la violazione del divieto al socio
detentore delle azioni che deve alienare quelle
eccedenti entro un anno dalla contestazione. Trascorso
tale termine, i diritti patrimoniali relativi a tutte le
azioni detenute dal socio (in primo luogo, la percezione
dei dividendi o della rivalutazione ad esse attribuiti)
maturati fino all’alienazione delle azioni eccedenti
vengono acquisiti dalla banca. Questo non vale per gli
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari
(OICVM - fondi comuni) per i quali valgono i limiti
relativi al possesso di azioni previsti dalla disciplina
propria di ciascuno di essi (1°, 2° e 3° comma).
Il numero minimo dei soci di una
banca popolare non può essere inferiore a duecento. Se
il numero dei soci diventa inferiore a duecento, la
compagine sociale deve essere reintegrata entro un anno
con nuovi soci, altrimenti la banca è posta in
liquidazione (4° comma).
Le delibere del consiglio di
amministrazione (o dell’amministratore unico, se non c’è
il consiglio di amministrazione, cioè l’organo
amministrativo pluripersonale) di una banca popolare che
rigettano una domanda di ammissione a socio devono
essere motivate in base “all’interesse della società,
alle prescrizioni statutarie ed allo spirito della forma
cooperativa”, vale a dire al suo scopo mutualistico
nell’attività bancaria (che il 1° comma dell’art. 5 TUB
definisce come “la raccolta di risparmio tra il pubblico
e l’esercizio del credito” svolta in forma
imprenditoriale). Il consiglio di amministrazione è
tenuto a riesaminare la domanda di ammissione
dell’aspirante socio su richiesta del collegio dei
probiviri (organo che, pertanto, deve essere presente
nell’organizzazione di una banca popolare, almeno con la
funzione che stiamo descrivendo), costituito ai sensi
dello statuto (o dell’atto costitutivo, se unico atto) e
integrato da un rappresentante dell’aspirante socio.
L’istanza di revisione della delibera del consiglio di
amministrazione che rigetta una domanda di ammissione a
socio deve essere presentata al collegio dei probiviri
entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione
della deliberazione stessa e questo deve pronunciarsi
entro trenta giorni dalla richiesta (5° comma). Da
quanto esposto finora si deduce che la delibera del
consiglio di amministrazione che ammette un nuovo socio
può anche non essere motivata. Questa norma sul rifiuto
di amminissione di un nuovo socio si applica anche alle
banche di credito cooperativo.
Infine, coloro ai quali l’organo
amministrativo della banca popolare abbia rifiutato
l’ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi
contenuto patrimoniale (per esempio, percepire i
dividendi) relativi alle azioni possedute, fermo
restando il divieto di possederne in misura eccedente lo
0,50% del capitale sociale, che abbiamo visto sopra (6°
comma).
La Banca d’Italia, nell’interesse
dei creditori oppure per esigenze di rafforzamento
patrimoniale o a fini di razionalizzazione del sistema
bancario, può autorizzare la trasformazione di una banca
popolare (quindi una cooperativa) in una società per
azioni normale, cioè che non sia anche una cooperativa,
oppure una fusione a cui prende parte anche una banca
popolare e da cui risulta una società per azioni normale
(art. 31, 1° comma).
Le deliberazioni assembleari per la
trasformazione o la fusione di una banca popolare sono
assunte con le maggioranze, di solito qualificate,
previste dagli statuti per le modifiche delle clausole
statutarie. Nel caso in cui, per tali modifiche, lo
statuto preveda delle maggioranze differenziate, sia
applica quella meno elevata. Nel caso di trasformazione
o di fusione di una banca popolare, inoltre, è fatto
salvo il diritto di recesso dei soci (2° comma).
In questi casi si applicano,
inoltre, gli artt. 56 e 57 del TUB. L’art. 56 prevede
che la banca popolare non può iscrivere nel Registro
delle Imprese una modifica del suo statuto (o atto
costitutivo, se unico atto) se prima la Banca d’Italia
non ha accertato che essa non contrasta col principio
della sana e prudente gestione della banca stessa
fissato dall’art. 5 TUB.
Lo stesso accertamento preventivo
deve essere effettuato sempre dalla Banca d’Italia ai
fini dell’iscrizione nel Registro delle Imprese del
progetto di fusione o di quello di scissione di una
banca popolare (o per il solo progetto di fusione di una
banca di credito cooperativo) e delle deliberazioni
dell’assemblea dei soci che abbiano apportato modifiche
a questi progetti. La Banca d’Italia deve in questo caso
autorizzare le fusioni o le scissione alle quali
prendono parte delle banche (sia che abbiano forma di
società cooperativa sia che abbiano una forma societaria
diversa) che non contrastino con il criterio di una sana
e prudente gestione delle loro attività (e fatte salve
le norme del Decreto Legislativo n° 356 del 1990 sulla
disciplina del gruppo creditizio) (art. 57, 2° e 1°
comma, TUB).
La fusione può essere attuata dopo
quindici giorni dall’iscrizione del progetto di essa nel
Registro delle Imprese. I privilegi e le garanzie di
qualsiasi tipo (ipoteche, pegni, fideiussioni, avalli,
ecc.) da chiunque prestate o comunque esistenti, a
favore di banche partecipanti a fusioni o scissioni (da
cui risultano la costituzione di una nuova banca o di
due o più nuove banche scisse) conservano la loro
validità ed il loro grado, senza bisogno di alcuna
formalità od annotazione, a favore, rispettivamente,
della banca risultante dalla fusione o della banca
beneficiaria del trasferimento del rapporto giuridico
(contratto) garantito a seguito della scissione (3° e 4°
comma).
Ribadiamo che l’art. 57 TUB si
applica anche alle fusioni a cui partecipano banche di
credito cooperativo.
Le banche popolari devono destinare
almeno il 10% degli utili netti annuali (cioè
dell’importo degli utili prima del pagamento delle
imposte) a riserva legale. La quota degli utili non
assegnata a riserva legale, ad altre riserve, ad altre
destinazioni previste dallo statuto o non distribuita ai
soci (ed, ovviamente, a quella parte di utili destinata
al pagamento dell’IRES – Imposta sui redditi delle
società), è destinata a beneficenza o assistenza (art.
32 TUB). E’, quindi, con la destinazione degli utili a
riserva che si possono utilizzare questi ultimi per
capitalizzare ed autofinanziare le banche popolari.
Sia gli statuti delle banche
popolari che quelli delle banche di credito cooperativo
possono prevedere, determinandone i criteri, la
possibilità della ripartizione di ristorni ai soci
secondo quanto previsto dall’art. 2545-sexies c.c. (6°
comma dell’art. 150-bis TUB). I ristorni sono i vantaggi
attribuiti dalla società cooperativa ai soci cooperatori
in relazione alla loro partecipazione allo scambio
mutualistico (o, il che è lo stesso, all’attività della
società).
Passiamo ora alla disciplina delle
banche di credito cooperativo (BCC).
Anche esse devono essere costituite
in forma di società cooperativa per azioni. Da ciò
consegue che la responsabilità patrimoniale dei soci di
una BCC è limitata a quanto da essi conferito nel
capitale sociale, che è ripartito appunto in azioni. La
denominazione di queste banche deve contenere
l’espressione “credito cooperativo”. La nomina dei
membri degli organi di amministrazione e controllo di
una BCC spetta esclusivamente ai competenti organi
sociali, cioè all’assemblea dei soci od all’organo
amministrativo, secondo quanto previsto dalla legge e,
soprattutto, dallo statuto o, se unico atto, dall’atto
costitutivo. Il valore nominale di ciascuna azione non
può essere inferiore a 25 Euro né superiore a 500 Euro
(art. 33 TUB). Fanno eccezione a quest’ultima norma le
banche di credito cooperativo costituite prima del 22
Febbraio 1992 (art. 150, 3° comma, TUB)
Il numero minimo dei soci di una
BCC non può essere inferiore a duecento. Qualora il
numero dei soci scenda sotto a questo limite, la
compagine sociale deve essere reintegrata con nuovi soci
entro un anno; in caso contrario, la banca è posta in
liquidazione. Per essere soci di una BCC è necessario
risiedere (per le persone fisiche), avere sede (per le
persone giuridiche o per gli enti privi di personalità
giuridica) od operare (cioè lavorare, in forma
dipendente od autonoma, per esempio come imprenditore)
con carattere di continuità nel territorio di competenza
della banca stessa (sia per le persone fisiche che per
quelle giuridiche o per gli enti privi di personalità
giuridica) (art. 34, 1° e 2° comma).
Ogni socio ha un voto, qualunque
sia il numero delle azioni possedute. Nessun socio può
possedere azioni il cui valore nominale complessivo
superi 50.000 Euro (3° e 4° comma).
Le banche di credito cooperativo
esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci.
E’, questo. il requisito dell’operatività prevalente coi
soci che è obbligatorio per le BCC, ma non per le banche
popolari. La Banca d’Italia può però autorizzare, per
periodi determinati, le singole BCC ad una operatività
prevalente a favore di soggetti che non siano soci,
unicamente quando sussistano ragioni di stabilità
dell’attività della singola BCC (art. 35, 1° comma).
Gli statuti delle BCC devono
contenere le norme relative alle attività, alle
operazioni di raccolta e di impiego del risparmio ed
alla competenza territoriale (cioè sulla definizione
dell’area in cui la BCC può esercitare l’attività
bancaria), determinate sulla base dei criteri fissati
dalla Banca d’Italia (2° comma).
Le BCC devono destinare almeno il
70% degli utili netti annuali a riserva legale. Un’altra
quota degli utili netti annuali deve, inoltre, essere
corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione nella misura e con le
modalità previste dalla legge (il 4° comma dell’art. 11
della Legge 59/1992 fissa tale misura al 3% degli utili
netti annuali). La quota di utili che resta dopo queste
destinazioni e che non è utilizzata per la rivalutazione
delle azioni o assegnata ad altre riserve o distribuita
ai soci come dividendo deve essere assegnata a fini di
beneficenza o di mutualità (per esempio, in quest’ultimo
caso, per erogare ai soci dei crediti agevolati) (art.
37).
La Banca d’Italia può autorizzare,
nell’interesse dei creditori e qualora sussistano
ragioni di stabilità delle imprese bancarie coinvolte
(cioè per sottrarle al rischio di una crisi attuale o
potenziale), fusioni tra banche di credito cooperativo e
banche di diversa natura da cui risultino banche
popolari o banche costituite in forma di società per
azioni (che non siano, ovviamente, cooperative) (art.
36, 1° comma).
Le deliberazioni assembleari per la
fusione di una BCC con altre banche sono assunte con le
maggioranze, di solito qualificate, previste dagli
statuti per le modifiche delle loro clausole. Nel caso
in cui, per tali modifiche, lo statuto preveda delle
maggioranze differenziate, si applica quella meno
elevata. Nel caso di fusione di una BCC, inoltre, è
fatto salvo il diritto di recesso dei soci (2° comma).
Come abbiamo visto in precedenza,
alle fusioni a cui partecipano banche di credito
cooperativo si applica l’art. 57 TUB (3° comma).
Inoltre, ad esse si applica l’art. 2545-undecies c.c.
sulla devoluzione del patrimonio e sul bilancio di
trasformazione della BCC (art. 150-bis, 5° comma, TUB)
Inoltre, dobbiamo segnalare che, ai
sensi del 4° comma dell’art. 150 TUB che modifica il 3°
comma dell’art. 21 della Legge n° 59 del 1992, alle
banche di credito cooperativo si applicano gli artt. 2
(relazione degli amministratori e dei sindaci), 7
(rivalutazione delle quote o delle azioni), 9 (rimborso
del sovrapprezzo delle azioni), 11 (fondi mutualistici
per la promozione e lo sviluppo della cooperazione), 12
(costituzione di questi fondi mutualistici), 14, 4°
comma (numero minimo dei soci per i consorzi di società
cooperative), 18, 3° e 4° comma, e 21, commi 1° e 2°
(recepimento delle norme della Legge 59/1992 negli
statuti delle società cooperative), della Legge 59/1992.
Ai sensi poi del 1° comma dell’art.
150-bis TUB, alle banche popolari ed alle banche di
credito cooperativo non si applicano le seguenti
disposizioni del Codice Civile: artt. 2346, 6° comma
(strumenti finanziari senza diritto di voto
nell’assemblea degli azionisti emessi dalla società a
fronte dell’apporto di opere e servizi da parte dei
soci), 2349, 2° comma (strumenti finanziari diversi
dalle azioni emessi dalla società a favore dei suoi
dipendenti), 2513 (criteri per la definizione della
mutualità prevalente), 2514, 2° comma (maggioranze
assembleari per introdurre negli statuti i requisiti
delle cooperative a mutualità prevalente), 2519, 2°
comma (applicabilità alle cooperative delle norme sulla
società a responsabilità limitata), 2522 (numero dei
soci), 2525 1°, 2°, 3° e 4° comma (disciplina delle
quote e delle azioni in cui è suddiviso il capitale
sociale delle cooperative), 2526 (soci finanziatori ed
altri sottoscrittori di titoli di debito), 2527, 2° e 3°
comma (requisiti dei soci), 2528, 3° e 4° comma
(procedura di ammissione dei nuovi soci), 2530 2°, 3°,
4° e 5° comma (trasferibilità delle azioni), 2538, 2°
comma, secondo periodo, 3° e 4° comma (assemblea dei
soci), 2540, 2° comma (assemblee separate per le
cooperative con un alto numero di soci), 2541 (assemblee
speciali dei possessori degli strumenti finanziari, cioè
delle obbligazioni emesse dalla cooperativa), 2542, 1° e
4° comma (consiglio di amministrazione), 2543 (organo di
controllo), 2544, 2° comma, primo periodo e 3° comma
(sistemi di amministrazione della cooperativa), 2545-bis
(diritti dei soci), 2545- quater (riserve legali,
statutarie e volontarie), 2545-quinquies (diritto agli
utili e alle riserve dei soci cooperatori), 2545-octies
(perdita della qualifica di cooperativa a mutualità
prevalente), 2545-decies (trasformazione della
cooperativa), 2545-undecies 3° comma (divieto di
procedere alla trasformazione della cooperativa che non
sia stata sottoposta a revisione da parte dell’autorità
di vigilanza nell’anno precedente), 2545-terdecies
(insolvenza della cooperativa), 2545-quinquiesdecies
(controllo giudiziario), 2545-sexiesdecies (gestione
commissariale), 2545-septiesdecies (scioglimento per
atto dell’autorità) e 2545-octiesdecies (sostituzione
dei liquidatori).
Infine, alle banche popolari non si
applicano gli artt. 2512 (definizione di cooperativa a
mutualità prevalente), 2514 (requisiti delle cooperative
a mutualità prevalente) e 2530, 1° comma (trasferibilità
delle azioni del socio condizionata all’autorizzazione
degli amministratori), c.c., mentre alle banche di
credito cooperativo si applica sempre l’art. 2514, 1°
comma, c.c. per cui gli statuti di queste ultime devono
contenere i requisiti richiesti dalla legge per essere
una cooperativa a mutualità prevalente (art. 150-bis, 2°
e 4° comma, TUB).
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