L'analisi sugli spread dei Cds dei debiti sovrani
europei suggerisce che i mercati non fanno distinzioni
sul rischio dei titoli dei diversi paesi europei, che
l'Italia sta diventando la principale fonte di
contagio e che perciò i titoli di altri stati europei
non offrono grandi opportunità di diversificazione. Se
la tendenza dovesse continuare e la crisi italiana non
trovasse una soluzione, sarebbe compromessa la stabilità
finanziaria dell'intera zona dell'euro. Quello che gli
italiani sapranno fare per l'Italia, nel bene o nel
male, lo faranno anche per l'Europa.
Sin dall'inizio della crisi finanziaria in
Europa, molti economisti hanno paventato lo scenario
catastrofico che si sta svolgendo ora nell'Unione
Europea: un effetto domino, che partendo da
Grecia, Irlanda, Portogallo, porta al collasso anche
Spagna e Italia (i Piigs, come sono conosciuti). Eppure
la maggior parte degli osservatori ha sbagliato l'ordine
dei paesi: la crisi è arrivata in Italia prima che in
Spagna.
I PROBLEMI DELL'ITALIA
La ragione è di natura politica: il primo ministro
spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, rendendosi conto
di aver perso l'appoggio politico necessario per le
riforme difficili, ha annunciato lo scorso aprile che
non si sarebbe ricandidato alle nuove elezioni. Silvio
Berlusconi, di fronte a simili sfide economiche, ha
invece cercato mantenere il suo posto. Persa la
battaglia, si è dimesso solo sabato scorso, dopo aver
lasciato incancrenire la crisi economica italiana per
mesi. In definitiva, i mercati finanziari e lo spettro
di un default lo hanno
detronizzato.
Abbiamo documentato
su www.lavoce.info che gli attuali problemi italiani
sono in gran parte di origine domestica, "fatti in
casa", e non sono il risultato di "contagio" dalla
Grecia o della "speculazione". Sono i deboli
fondamentali economici, debito alto e crescita
bassa, ancor più che la mancanza di
credibilità di Berlusconi, a esserne la chiave. È
per questo che i mercati finanziari, dopo un breve
brindisi, non hanno mostrato euforia quando il
presidente Napolitano ha chiesto a Mario Monti di
formare un nuovo governo. Lo spread dei Btp è ancora a
500 punti e il Tesoro italiano ha appena venduto tre
miliardi di obbligazioni a cinque anni al rendimento
record, dai tempi dell'euro, del 6,29 per cento, quasi
un punto percentuale in più rispetto al mese di ottobre.
Il compito di Monti sarà formidabile: far approvare
dolorose riforme a un Parlamento recalcitrante e
riottoso.
Dopo un periodo di "decoupling" del rischio
sovrano, con mercati sempre più in grado di discriminare
tra i diversi paesi europei, siamo ora tornati all'era
dell’"euro-rischio". In altre parole, i mercati
finanziari riflettono nei prezzi la nozione che un
crollo italiano, per il volume enorme di debito
(1900 miliardi) e la sua larga diffusione tra le
istituzioni finanziarie (circa il 44 per cento del
debito è detenuto da non residenti), porterebbe alla
fine dell'euro e non lascerebbe indenne nessuno.
Offriamo tre elementi di evidenza a sostegno di questa
tesi.
EURO RISCHIO
Poniamoci la seguente domanda: quanto è importante
il "rischio aggregato" dell’euro zona per
spiegare i rischi specifici dei diversi stati sovrani?
La figura 1 mostra il "rischio euro-zona (Rez)".
Figura 1
L'indice è calcolato come la quota della varianza degli
spread giornalieri dei Cds (i premi assicurativi contro
il default) dei paesi euro che è spiegata dalla loro
prima "componente principale", una specie di fattore
comune di rischio europeo. (1) È stato calcolato
ripetutamente per campioni di 200 osservazioni
giornaliere, dal 2010 fino ad oggi. Nel culmine della
crisi greca, all'inizio del 2010, il Rez spiegava oltre
l'80 per cento della varianza totale dei rischi
nazionali, ma in seguito si era ridotto progressivamente
fino al 55 per cento circa. Tuttavia, la tendenza si è
invertita proprio nel mese di agosto 2011, quando nel
culmine della crisi politica italiana, il nostro spread
si è impennato (vedi figura 2). Oggi il Rischio
euro-zona è tornato alla casella iniziale: ancora una
volta i mercati sono stanno mettendo nello stesso cesto
i titoli dei paesi europei.
Figura 2
Fonte:
Datastream
CORRELAZIONI DEI PAESI MEMBRI CON IL REZ
Ci chiediamo ora quale peso abbiano i rischi sovrani dei
singoli paesi nel rischio europeo. La figura 3
mostra i cosiddetti "factor loadings" (i pesi) dei
singoli spread sovrani nel Rez. I pesi rispondono alla
domanda: quanto è grande la correlazione tra il Rez e i
diversi rischi specifici dei paesi? Se ad esempio il Rez
fosse interamente determinato dal rischio-Grecia, il
peso della Grecia sarebbe uguale a uno e quello di tutti
gli altri sarebbe zero.
Figura 3
Fonte:
elaborazioni degli autori sui dati Data Stream
La figura 3 permette di osservare che in primo luogo,
dal maggio 2011, la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda,
destinatari dei prestiti di salvataggio Unione
Europea-Fmi, si "disaccoppiano" dagli altri paesi,
Francia Germania e Italia. La caduta del loro peso
suggerisce che questi paesi stavano diventando via via
meno influenti sul Rez: il rischio di contagio
sistemico era dunque in calo. Oggi non è più così.
Da agosto 2011, i paesi sotto terapia intensiva fanno
uno spettacolare ritorno. E poiché gli spread di questi
paesi non sono migliorati, questo significa che i paesi
"più sicuri" sono peggiorati, come dimostra il
progressivo aumento del peso dell'Italia nel Rez.
CORRELAZIONI TRA ITALIA E ALTRI PAESI DELL'EURO
L’ultima evidenza empirica è data dall'andamento delle
correlazioni bilaterali tra spread Cds
dell'Italia e quelli degli altri paesi dell’euro (figura
4). Le correlazioni con l'Irlanda, Spagna, Germania e
Grecia hanno iniziato a scendere dal mese di ottobre
2010, ma da gennaio 2011, si sono riavvicinate all'unità
(l'Irlanda fa eccezione). Ad oggi sembra che il mercato
valuti che il rischio Italia non sia diversificabile
investendo in altri paesi della zona euro.
Figura 4
Fonte:
elaborazioni degli autori sui dati Data Stream
La nostra analisi sugli spread dei Cds dei debiti
sovrani europei suggerisce che i mercati, come nel
passato, stanno "mettendo nello stesso cesto" di rischio
i titoli dei diversi paesi europei, che l'Italia sta
diventando la principale fonte di contagio e che per
questa ragione i titoli degli altri sovrani europei
offrono scarse opportunità di diversificazione del
rischio. Se questa tendenza dovesse continuare e la
crisi italiana non trovasse una soluzione, non sarebbe
in gioco solo il rating di Francia e Germania, ma
sarebbe compromessa la stabilità finanziaria dell’intera
zona dell'euro. Per questa ragione i cittadini italiani
dovrebbero oggi esercitare la massima pressione per
assicurarsi che l'esperimento Monti non fallisca:
quello che gli italiani sapranno fare per l'Italia, nel
bene o nel male, lo faranno anche per l'Europa.
(1) Si considerano gli spread giornalieri dei Cds
sovrani, dal 1º gennaio 2010 all'11 novembre 2011 dei
seguenti paesi: Austria, Belgio, Francia, Germania,
Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna.
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