- Tre buone ragioni per ottenerne
L'annullamento e la sospensione cautelare –
L'ultima della Cassazione in
materia di materia di giurisdizione e competenza -
L'istituto del fermo amministrativo di veicolo ex art.
86 D.P.R. n. 602/1973 ha subito, nel corso degli anni,
diversi interventi di chirurgia legislativa, che ne
hanno completamente alterato l'originaria fisionomia,
trasformandolo da semplice misura patrimoniale
preordinata alla riscossione delle imposte ad odioso
strumento di coercizione al pagamento di crediti di
natura anche diversa da quella tributaria (crediti
previdenziali, sanzioni amministrative e da infrazioni
al C.d.S. etc...). Originariamente, il fermo
amministrativo di bene mobile registrato, così come
introdotto dal DPR n. 602 del 1973 (art. 86), nasce,
infatti, come strumento finalizzato alla riscossione
coattiva dei soli tributi e come potere discrezionale
esercitabile unicamente dalla P.A. (Agenzia Regionale
delle Entrate) su richiesta del concessionario del
servizio di riscossione. In tale prospettiva, con il
successivo D.Lgs n. 669/96 e le relative norme di
attuazione di cui al D.M. n. 503 del 07.09.1998, la sua
utilizzazione viene poi subordinata al rispetto di
precisi limiti e modalità di esercizio, ovvero al
compimento, in successione temporale, di una serie di
atti a garanzia del debitore: notifica della cartella
esattoriale e del conseguente avviso di mora;
pignoramento negativo o incapiente per credito superiore
a lire 500.000 (limite, quest'ultimo, previsto dall'art.
79 del DPR n. 43/1988 in materia di riscossione coattiva
delle imposte) da effettuare a distanza di un anno dalla
notifica della cartella o, in alternativa, redazione di
un verbale di mancato reperimento del veicolo; fermo
amministrativo, con necessario pignoramento da eseguire,
a pena di inefficacia della disposta misura, entro i
successivi 60 giorni. Con Il D.lgs. n. 46 del
26.02.1999, il potere di disporre il fermo viene, però,
ben presto attribuito direttamente al concessionario ed
il requisito del previo pignoramento mobiliare negativo
sostituito con quello del mancato reperimento
dell'autoveicolo (art. 16 cit. D.lgs.), prevedendosi,
tuttavia, come conseguenza della più grave disciplina,
la necessità di emanare un nuovo decreto ministeriale di
attuazione. Successivamente, è l'art. 1 lett. Q. del
D.lgs. 27.04.2001 n. 193 a rendere ancor più rigida tale
nuova disciplina, attraverso l'eliminazione del
requisito del mancato reperimento del veicolo e la
previsione, in luogo dello stesso, di quello
dell'inutile decorso di 60 giorni dalla notifica della
cartella di pagamento. Anche in tale occasione, il
legislatore ribadisce, tuttavia, l'obbligo, per il
governo, di provvedere all'emanazione di un regolamento
attuativo, volto a determinare "le modalità, i termini e
le procedure per l'esecuzione del fermo in assenza di
pignoramento". A complicare il suddetto quadro normativo
interviene, infine, la l. n. 248/2005 (V. art. 3 co. 41
- interpretazione dell'art.86 del D.P.R. n. 602/73), con
la quale si dispone che, fino all'emanazione di un nuovo
decreto di attuazione, il fermo può continuare ad essere
direttamente eseguito dal concessionario nel rispetto
delle norme regolamentari contenute nel DM n. 503/98
(norme, invero, già implicitamente abrogate, unitamente
alla legge di cui costituivano attuazione, dai
menzionati decreti legislativi n. 46/1999 e n.
193/2001). A tutt'oggi - ed è questo il primo ed
importante dato che va evidenziato - alcun nuovo
regolamento attuativo degli or ora citati decreti
legislativi risulta ancora emanato, essendosi unicamente
registrato un ulteriore estemporaneo intervento
legislativo (recente l. n. 106/2011 di conversione del
c.d. "decreto sviluppo" - D.L. n. 70 del 13/05/2001),
con il quale, lungi dall'introdursi una disciplina
organica dell'istituto in esame, si è soltanto previsto
che, per i crediti inferiori ai duemila euro, l'Agente
di Riscossione, prima di poter procedere al fermo, dovrà
previamente provvedere all'invio di due preavvisi, a
distanza di almeno sei mesi l'uno dall' altro. I
deleteri risultati di tali disorganici e contraddittori
interventi legislativi e, soprattutto, della scelta di
conferire al concessionario (oggi Equitalia S.p.a., Ente
Unico di Riscossione di diritto privato a partecipazione
pubblica) il potere di disporre direttamente il fermo,
sono sotto gli occhi di tutti. Chiunque, oggi, può
vedersi "inganasciata" la propria autovettura, qualora
registrato e schedato, negli archivi informatici dell'Equitalia,
come debitore di somme, anche di minima o trascurabile
entità, non importa se imputabili a crediti di natura
tributaria, previdenziale o sanzionatoria, se relative a
semplici interessi di mora per ritardato pagamento di
una precedente cartella, se riconducibili a crediti
prescritti o addirittura manifestamente inesistenti. E
tanto, senza voler considerare i sovradimensionati
importi che vengono normalmente pretesi dal
concessionario a titolo di sanzioni aggiuntive,
interessi e aggio dovuto, e che rendono ancor più
insopportabili le già gravi vessazioni inflitte al
cittadino-debitore con l'applicazione della ganascia
fiscale in questione. E' purtroppo la logica
dell'impresa e del profitto che, come inevitabile
conseguenza della privatizzazione selvaggia di tutti i
servizi, pervade ormai anche rapporti di natura
squisitamente ed inalterabilmente pubblicistica, come
quelli relativi alla riscossione di tributi e sanzioni
amministrative, che dovrebbero invece intercorrere,
senza intermediari di sorta, unicamente tra Stato e
cittadino. Ebbene, a detta abusiva, frequente ed
indiscriminata utilizzazione della misura patrimoniale
de qua da parte del concessionario del servizio di
riscossione, ha posto un importante freno la
giurisprudenza, la quale ha enucleato almeno tre diverse
e rilevanti ragioni di possibile illegittimità della
procedura di fermo, da individuare (1) nella mancata
emanazione dei regolamenti attuativi del D.lgs.
26.02.1999 n. 46 e del D.lgs. 27.04.2001 n. 193, con
conseguente inapplicabilità della disciplina negli
stessi prevista; (2) nell'eventuale natura non
tributaria del credito azionato dal concessionario; (3)
nella carenza di motivazione del provvedimento di fermo
in ordine alle esigenze concrete che ne abbiano
giustificato l'adozione sotto il profilo della
conservazione della garanzia del credito azionato. In
particolare, secondo un primo indirizzo
giurisprudenziale (Cfr., ex plurimis, Trib. Mantova 05
settembre 2005; del TAR Puglia. n.392/2004; TAR Lazio n.
3402/2004 confermata dal Consiglio di Stato con
ordinanza n.3259 del 13/7/04), i sopra citati d.lgs. n.
46/1999 e n. 193/2001 - che tuttora consentono all'Ente
di riscossione di provvedere direttamente al fermo del
veicolo, semplicemente decorsi sessanta giorni dalla
notifica della cartella esattoriale ed omettendo il
pignoramento - non risultano ancora applicabili nel
nostro ordinamento, non essendo stati emanati, così come
negli stessi previsto, i relativi decreti ministeriali
di attuazione ed avendo la stessa legge (cit. l. n.
248/2005) rinviato al precedente D.M. n.503/1998 (che
prevedeva, invece, il previo pignoramento o il verbale
di mancato reperimento del veicolo). Sul punto, si è
giustamente osservato (Cfr. cit. Trib. Mantova 05
settembre 2005) che uno stravolgimento processuale,
quale quello rappresentato da detta nuova disciplina
(che esonera il concessionario terzo del servizio e,
quindi, un ente di diritto privato, dal rispetto delle
norme di procedura civile in materia di esecuzione
forzata), non potrebbe che essere rigidamente
disciplinato nelle sue concrete modalità di attuazione
(il legislatore stesso prevede, difatti, che il D.M.
attuativo debba regolamentare "le modalità, i termini e
le procedure per l'attuazione del fermo in assenza di
pignoramento"). Sotto diverso profilo, si è inoltre
evidenziato che, allo stato dell'attuale disciplina,
quantomeno dubbia è da ritenere l'applicabilità del
precedente D.M. n. 503/1998, siccome lo stesso risulta
dapprima implicitamente abrogato dai più volte
menzionati decreti lgs. n. 46/1999 e n. 193/2001 e poi
insolitamente richiamato in vita dalle disposizioni
della successiva l. n. 248/2005, con le quali risulta,
peraltro, manifestamente incompatibile. Difatti, se, da
una parte, la normativa regolamentare contenuta in detto
D.M. mal si concilia con le previsioni dei successivi
interventi legislativi (che, proprio in deroga alle
precedenti prescrizioni, hanno abilitato il
concessionario a disporre direttamente il fermo ed
eliminato i requisiti del previo pignoramento e del
mancato reperimento del veicolo), dall'altra, per dare
attuazione ad una disciplina successivamente entrata in
vigore in sostituzione di quella abrogata, occorrerebbe
in ogni caso un nuovo intervento regolamentare, volto
quantomeno a disciplinare le modificazioni apportate
dalle nuove disposizioni di legge. Nel nostro
ordinamento, difatti, deve ritenersi operante il
principio secondo cui l'abrogazione di una norma di
legge comporta automaticamente anche la caducazione del
relativo regolamento di attuazione, che non potrebbe
perciò essere richiamato in vita da una successiva
disposizione di legge (Cfr., sul punto, Cass. Civ. Sez.
Lav., n. 6 del 3/1/1984). In definitiva, delle due,
l'una: o si ritiene che lo strumento del fermo
amministrativo di veicolo non possa trovare applicazione
fin quando non venga emanato un decreto di attuazione
della sua nuova disciplina o, in caso contrario,
l'utilizzazione dello stesso strumento deve essere
necessariamente subordinata, ex art. 3 l. 248/2005, al
rispetto delle modalità e dei limiti di cui al
risuscitato e non ancora definitivamente abrogato D.M.
503/1998 ed alla relativa normativa di cui costituiva
attuazione (D.P.R. n. 602/73 e D.P.R. n. 43/88), ossia
al rispetto di quelle disposizioni che prevedevano, come
condizioni per l'attuazione del fermo, il previo
pignoramento o il mancato reperimento del veicolo. Altra
parte della giurisprudenza ritiene, invece, che il fermo
amministrativo di un veicolo ex art. 86 D.P.R. n.
602/1973 e succ. modif. sia da ritenere illegittimo,
ogni qual volta il concessionario del servizio di
riscossione non abbia adeguatamente motivato il ricorso
alla stessa misura patrimoniale in relazione alle
esigenze concrete che ne abbiano giustificato
l'adozione, con particolare riferimento all'entità del
credito azionato ed alle condizioni soggettive del
debitore, in quanto idonee a compromettere la garanzia
del credito (Cfr. Trib. Roma, Sez. fer., 08 agosto 2006;
Trib. Milano 9 aprile 2003; nonché T.A.R. Lazio
23/6/2004 e T.A.R. Puglia 4/2/2004 n. 392). Secondo tale
ultimo orientamento giurisprudenziale, il legislatore,
con l'uso della locuzione "il concessionario può
disporre il fermo" (contenuta nell'art. 86 del D.P.R. n°
602/1973 e ribadita nei successivi interventi
modificativi), ha inteso, difatti, ancorare la
possibilità di ricorrere alla ganascia fiscale in parola
all'osservanza di un preciso onere motivazionale da
parte dello stesso concessionario, il quale deve
giustificare, nel provvedimento di fermo (che rimane
sostanzialmente un atto di natura amministrativa e,
dunque, da motivare, attesa la natura pubblicistica
degli interessi ad esso sottesi), l'opportunità e/o la
necessità di adottare la stessa misura patrimoniale, con
riferimento alla eventuale comprovata insolvibilità del
debitore ed al pericolo concreto della sottrazione delle
garanzie del credito. Nel caso in cui, pertanto, come di
frequente accade, il credito azionato sia modica entità
e/o le presumibili condizioni patrimoniali, lavorative o
reddituali del debitore siano tali da non compromettere
la garanzia del credito, il ricorso alla misura del
fermo amministrativo dell'autovettura risulterà
senz'altro atto esecutivo palesemente illegittimo,
siccome del tutto immotivato ed ingiustificato sotto il
profilo conservativo della garanzia del credito. Infine,
anche la natura del credito azionato dal Concessionario
- come sopra si diceva - può incidere sulla legittimità
del fermo. Difatti, secondo altro orientamento
giurisprudenziale (Cfr. Trib. Novara Sez. Lav., 09
maggio 2003; Trib. Venezia n.73 del 28.01/03.02.2004;
Commissione Tributaria Provinciale di Terni - Sezione II
- sentenza 13 novembre - 18 dicembre 2007, n. 240), la
ganascia fiscale de qua non risulta utilizzabile per il
recupero di crediti aventi natura diversa da quella
tributaria, essendo stata espressamente prevista e
disciplinata unicamente per l'esazione delle imposte sul
reddito. Sul punto, si è giustamente osservato che
consentire un'indiscriminata utilizzazione di detta
misura coercitiva per la riscossione di qualsiasi
credito iscritto a ruolo (talvolta anche per crediti di
enti con personalità giuridica di diritto privato, come
quelli vantati nei confronti dei professionisti dalle
rispettive casse previdenziali) comporterebbe
l'affermazione di un principio molto grave e pericoloso,
che attribuirebbe ad un soggetto privato, quale il
concessionario, il potere di limitare fortemente il
diritto di proprietà e di libertà di movimento dei
cittadini, anche in assenza di un interesse pubblico da
perseguire che giustifichi l'esercizio dello stesso
potere (interesse pubblico, invece, presente in caso di
esazione di crediti derivanti da mancato pagamento di
tasse ed imposte) e senza una precisa normativa diretta,
oltre che alla specifica previsione di tale potere, a
stabilire i limiti e le modalità del relativo esercizio
(Cfr. cit. Comm. Trib. Prov. Terni, Sez. II, n.
240/2007). In definitiva, per quanto emerge dal suddetto
quadro giurisprudenziale, pare possa tranquillamente
affermarsi che vi sono, oggi, buone e fondate ragioni
per potersi utilmente opporre, con riferimento ad una
molteplicità di casi, all'indiscriminata e spesso
abusiva utilizzazione, da parte dell'Equitalia S.p.a.,
della ganascia fiscale del fermo amministrativo di
veicolo. In ogni caso, prima di agire in giudizio,
occorre prestare particolare attenzione allo strumento
processuale da utilizzare e procedere con attenzione
alla individuazione del giudice che abbia giurisdizione
e competenza a conoscere dell'impugnativa. A detti
ultimi fini, bisogna infatti considerare che, come
stabilito dalle Sezioni Unite della S.C. (Cfr. Cass.
Sez. Un., n. 2053 del 31/1/2006 e Cass. Sez. Un. n.14831
del 5/6/2008), il fermo amministrativo di autoveicolo,
rientrando tra gli atti esecutivi della procedura di
riscossione, è da ritenersi unicamente impugnabile con i
rimedi tipici dell'opposizione all'esecuzione e/o agli
atti esecutivi (artt. 615, 617 e 624 c.p.c.).
Nell'individuare, poi, il giudice che abbia
giurisdizione e competenza a conoscere dell'impugnativa
che si intende proporre, occorre tener presente che,
secondo le stesse Sezioni Unite della S.C. (Cfr. Cass.
Sez. Un., n. 2053 del 31/1/2006 e Cass. Sez. Un. n.14831
del 5/6/2008), la giurisdizione e la competenza vanno
stabilite con rifermento alla natura (tributaria,
previdenziale o sanzionatoria) del credito per cui si
procede e che - come da ultimo ulteriormente specificato
dalla S.C. nella recentissima pronuncia n. 20931 del
12/10/2011, adottata sempre a Sezioni Unite - qualora la
giurisdizione, tenuto conto della natura del credito,
spetti al G.O., la competenza è da riconoscersi, sempre
ed a prescindere dal valore della controversia, in
favore del tribunale, quale giudice funzionalmente
competente in materia di esecuzione, ex art. 9 C.p.c.,
ogni qualvolta, beninteso - si precisa nella pronuncia
da ultimo richiamata - con l'azione proposta non si
contesti lo stesso diritto del concessionario a
procedere in executivis e si proponga, quindi, non
un'opposizione agli atti esecutivi, ma un'opposizione
all'esecuzione. In tale ultimo caso, varranno, invece, i
soli criteri già dettati nelle sopra cit. Cass. Sez. Un.
n. 2053/2006 e n.14831/2008. Pertanto, allorquando la
giurisdizione appartenga al G.O., perché trattasi di
crediti di natura sanzionatoria, ed i motivi
dell'opposizione si concretino - come di sovente accade
- in un'opposizione agli atti esecutivi, il giudice di
pace non potrà mai ritenersi competente a conoscere
della stessa impugnativa, a prescindere dal valore della
causa. Allo stesso modo, qualora trattasi di crediti
previdenziali e sia sempre proposta un'opposizione agli
atti esecutivi, competente non sarà il G. L., ma il G.E.
E' opportuno ricordare, altresì, che il rimedio
dell'opposizione all'esecuzione e/o agli atti esecutivi
è esperibile anche avverso il semplice preavviso di
fermo amministrativo, in quanto detto ultimo atto
risulta finalizzato, in una prospettiva di tutela del
diritto di difesa e del principio di buon andamento
della pubblica amministrazione, a notiziare il
destinatario del provvedimento di fermo, dell'esistenza
di una determinata pretesa tributaria (o di natura
previdenziale o sanzionatoria), rispetto alla quale
sorge, ex art. 100 c.p.c., l'interesse del medesimo alla
tutela giurisdizionale per il controllo della
legittimità sostanziale della stessa pretesa (Cfr. Cass.,
Sez. Un. n. 10672 dell'11/05/2009). Tenuto conto, però,
dei tempi biblici del nostro sistema-giustizia,
impugnare, sic et simpliciter, un provvedimento di fermo
ed attendere la sentenza del giudice non avrebbe, sotto
il profilo pratico, alcun senso, atteso che la nostra
autovettura, nel frattempo, rimarrebbe chiusa e bloccata
in garage per diversi anni. Per liberare immediatamente
la stessa dall'odiosa ganascia e per ottenere pronta ed
effettiva tutela giurisdizionale, risulterà quindi
indispensabile agire in via cautelare. A tal fine,
considerato che i provvedimenti di fermo o di preavviso
di fermo - come sopra detto - risultano impugnabili
soltanto con i rimedi tipici di cui agli artt. 615, 617
e 624 c.p.c., occorrerà quindi proporre, in uno
all'opposizione, istanza di sospensione dell'esecuzione
e/o dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato
e, contestualmente, porsi il problema del tipo di
istanza da esperire (se ex art. 624, ex art. 615 o ex
art. 618 c.p.c.) Il problema non è di poco conto, atteso
che, allo stato, secondo criticabile, ma maggioritario
orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Roma
28/05/2007; Trib. Bologna 06/06/2007; Trib. Ascoli
Piceno 25/09/2009; Trib. Brindisi 11 luglio 2006; Trib.
Marsala 2 marzo 2006), soltanto i provvedimenti emessi
ex art. 624 e 615 c.p.c. risulterebbero reclamabili ai
sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., e non anche i
provvedimenti di sospensione emanati ex art. 618 c.p.c.
(contra, sulla reclamabilità di tali ultimi
provvedimenti V., in dottrina, Lombardi, Nota a Trib.
Roma 28/05/2007 e Trib. Bologna 06/06/2007,
Giurisprudenza merito, 2007, 10, 2643 e, in
giurisprudenza, Trib. Biella 11 maggio 2006, 1657 e
Trib. Pavia 23 marzo 2007). Orbene, la risposta al
suddetto problema non potrebbe che dipendere dal tipo di
atto da impugnare (fermo o preavviso di fermo), dal
genere di opposizione che si intende proporre
(opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi) e,
con riferimento al caso di opposizione all'esecuzione
proposta avverso un provvedimento di fermo, dalla
soluzione che si dà all'ulteriore questione
dell'individuazione del momento di inizio
dell'esecuzione, momento da individuarsi - a modesto
parere di chi scrive - nella notifica dl provvedimento
di fermo. A tale ultimo riguardo, è da considerare,
infatti, che detto provvedimento, determinando
l'impossibilità di poter liberamente circolare con
l'autovettura e di poter disporre della proprietà della
stessa, anticipa, in buona sostanza, gli effetti del
pignoramento e, dunque, a detto ultimo atto non potrebbe
che essere assimilato, con conseguente inizio
dell'esecuzione. In altri termini, potrebbe dirsi che,
con la notifica del provvedimento di fermo, l'esecuzione
è già iniziata, essendosi verificati, nei fatti, gli
effetti propri del pignoramento. Quanto appena detto
risulta avvalorato dai principi espressi dalla S.C.
nella sopra cit. Cass. Sez. Un. n. 2053 del 31/1/2006,
ove il provvedimento di fermo viene inserito tra gli
"atti esecutivi" della procedura di riscossione
esattoriale e definito come "atto funzionale
all'espropriazione forzata dei crediti", nonché dai
successivi arresti contenuti nella già richiamata e
recentissima Cass. Sez. Un. n. 20931/2011, nella quale
la giurisdizione e la competenza a conoscere
dell'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso il
provvedimento di fermo vengono attribuite al Giudice
dell'Esecuzione, proprio sul presupposto
dell'equiparazione di detto provvedimento al
pignoramento. Pertanto, se l'oggetto dell'impugnativa è
costruito da un provvedimento di fermo, risultando
l'esecuzione già iniziata con la notifica dello stesso
provvedimento, l'istanza di sospensione dell'esecuzione
andrà formulata ex art. 624 c.p.c., se trattasi di
opposizione all'esecuzione (quest'ultima da proporre,
chiaramente, con ricorso e dinanzi al G.E.), ed ex art.
618 c.p.c., se trattasi di opposizione agli atti
esecutivi (da proporsi anch'essa con ricorso, dinanzi al
G.E., nel termine di venti giorni dalla notifica del
fermo). Con riferimento, invece, all'ipotesi di
impugnazione del preavviso di fermo, il problema
dell'individuazione del tipo di istanza di sospensione
esperibile si pone in termini diversi, giacché lo stesso
preavviso, non comportando l'anticipazione degli effetti
del pignoramento, risulta atto prodromico all'esecuzione
e, quindi, pienamente equiparabile al precetto. Di
conseguenza, in caso di opposizione all'esecuzione (da
proporre - ovviamente - con atto di citazione e nelle
forme dell'opposizione a precetto, dinanzi al giudice
competente per il merito), in via cautelare dovrà
chiedersi, in applicazione analogica dell'art. 615 c.p.c,
la sospensione dell'efficacia esecutiva del
provvedimento impugnato (o, semplicemente degli effetti
dello stesso provvedimento), mentre, in caso di
opposizione agli atti esecutivi (da proporre, sempre con
atto di citazione, entro venti giorni dalla notifica del
provvedimento, ma dinanzi al G.E.), l'istanza di
sospensione andrà proposta ai sensi dell'art. 618 c.p.c.
E' bene precisare, tuttavia, che, allo stato, non si
rinvengono pronunce della giurisprudenza che indirizzino
verso l'una o l'altra delle suddette soluzioni e che,
quindi, i problemi ad esse relativi, nati dalle lacune
normative dei disorganici ed estemporanei interventi "a
strappo" del legislatore e dai conseguenti rappezzi
della Cassazione, risultano risolvibili soltanto in via
interpretativa ed alla luce di quanto statuito nei sopra
citati vincolanti arresti delle Sezioni Unite della
stessa S.C. Quanto ai motivi da far valere nel merito
della sospensiva, questi potranno risiedere nel grave ed
irreparabile pregiudizio che il blocco dell'autovettura
potrebbe arrecare, oltre che alla sfera patrimoniale, a
quella personale e lavorativa del soggetto istante ed
del suo nucleo familiare. L'autovettura di proprietà,
infatti, viene normalmente utilizzata, oltre che per
l'effettuazione degli spostamenti necessari al
compimento delle abituali attività di vita familiare
(scolastiche, ricreative etc...), anche e soprattutto
per lo svolgimento dell'attività lavorativa del
proprietario della stessa o di uno dei componenti della
sua famiglia. L'uso dell'auto, per tali ultime finalità,
potrebbe addirittura rivelarsi indispensabile, nel caso
in cui l'occupazione lavorativa del proprietario
consista nello svolgimento di particolarità attività di
lavoro autonomo o parasubordinato (agenti,
rappresentanti di commercio, venditori ambulanti etc...)
o professionale (medico, avvocato). Sul punto, si
segnala che, spesso, la giurisprudenza non ha esitato a
disporre la sospensione in via d'urgenza del fermo
amministrativo dell'autovettura utilizzata per ragioni
professionali da soggetti che svolgevano, ad esempio, la
professione di avvocato o di medico, nonché, più in
generale, per ragioni lavorative e familiari (Cfr. Trib.
Milano, 29 maggio 2003; Trib. Bari 17/03/2003; Cfr.
Trib. Roma, Sez. Fer., 08 agosto 2006, Trib. Torino, 16
luglio 2004; Trib. Caltanissetta, 12 febbraio 2004;
Trib. Milano, 29 maggio 2003; Trib. Bari 17/03/2003;
Trib. Sala Consilina, 02 maggio 2003). Per ulteriori
approfondimenti in materia di sospensione
dell'esecuzione e/o dell'efficacia esecutiva del titolo
e, in particolare, circa la non necessarietà del
requisito del periculum in mora - approfondimenti che
potrebbero tornare utili anche ai suddetti fini di
tutela cautelare in materia di fermo amministrativo di
veicolo - si rimanda ad altro articolo già pubblicato su
Studiocataldi.it ed intitolato "Il diritto di difesa ed
il principio di effettività della tutela giurisdizionale
nell'opposizione a precetto". Avv. Giovanni Minauro
Autore: Avv. Giovanni Minauro)
Tratto da: Fermo amministrativo di
veicolo ex art. 86 D.P.R. n. 602/1973 e successive
modifiche
(Fonte: StudioCataldi.it) |