L’innovazione tecnologica, i
sistemi informatici, l’inserimento di dati sempre più
importanti da analizzare, sono di grande aiuto per
addivenire con sufficiente celerità a conoscenza di
fatti e circostanze pressoché in tempo reale.
Queste informazioni conferiscono
una importante efficacia alle investigazioni anche per
smascherare pericolosi criminali, alcuni dei quali
colpiti da provvedimenti da parte di altrettanti paesi
dell’Unione Europea, le cui gesta criminali hanno avuto
teatro finanche nel territorio italiano.
Chi non è mai incorso, per un
semplice riscontro sulla correttezza dei dati contenuti
nei documenti di guida e dell’automezzo ad un posto di
controllo da parte delle forze dell’ordine? Beh, ritengo
siano davvero pochi i soggetti che si sono sottratti a
questa verifica.
In alcune occasioni, notiamo
allontanarsi l’operatore di polizia con documenti alla
mano, i cui dati in esso contenuti sono interpellati a
mezzo sistemi informatici così da approfondire o
piuttosto verificare la presenza anche di eventuali
provvedimenti emessi a carico del soggetto controllato
per darne poi immediata esecuzione.
In effetti, in difetto di siffatti
controlli, gli organi deputati a tale funzione
incontrerebbero non poche difficoltà nel conoscere se e
in che modo, qualche individuo possa essere rilevante
sotto il “profilo operativo” in quanto raggiunto, ad
esempio, da un mandato di arresto europeo, meglio
conosciuto con l’acronimo MAE. Si tratta di “una
decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro
dell'Unione europea, in vista dell'arresto e della
consegna da parte di un altro Stato membro, di una
persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in
materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una
misura di sicurezza privative della libertà personale”.
Tali principi sono disciplinati
dalla Legge 22 aprile 2005, n. 69, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale nr.98 del 29 aprile 2005 avente ad
oggetto “Disposizioni per conformare il diritto interno
alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13
giugno 2002, relativa al mandato di arresto europeo e
alle procedure di consegna tra stati membri”.
Una volta che la polizia
giudiziaria verifichi la presenza nella banca dati
Schengen (SIS) della segnalazione riferita al soggetto
ricercato, procede all’arresto e lo pone immediatamente
e, comunque, non oltre ventiquattro ore, a disposizione
del presidente della Corte di appello nel cui distretto
il provvedimento è stato eseguito, mediante trasmissione
del relativo verbale e dando immediata informazione al
Ministero della Giustizia (articolo 11 comma 1)
Mentre nel caso di regime
estradizionale, l’arresto della polizia giudiziaria
della persona nei cui confronti sia stato emesso mandato
di arresto provvisorio, implica una valutazione
discrezionale ex art. 716 comma 1 del codice di
procedura penale, contrariamente, per quanto attiene il
Mandato di Arresto Europeo ai sensi dell’articolo 11
della Legge 69, l’arresto diventa un atto dovuto previa
solo verifica che la segnalazione nel SIS sia stata
effettuata da un’autorità competente di uno Stato membro
dell’Unione Europea e che questa sia avvenuta nelle
forme richieste dall’articolo 95 della Convenzione
Schengen, vale a dire esclusivamente alle seguenti
condizioni
“1. I dati relativi alle persone
ricercate per l'arresto ai fini di estradizione, sono
inseriti a richiesta dell'autorità giudiziaria della
Parte contraente richiedente.
2. Prima di procedere alla
segnalazione, la Parte contraente che la effettua
verifica se l'arresto è autorizzato dal diritto
nazionale delle Parti contraenti richieste. In caso di
dubbio la Parte contraente che effettua la segnalazione
deve consultare le altre Parti contraenti interessate.
La Parte contraente che effettua la
segnalazione trasmette nel contempo con il mezzo più
rapido alle Parti contraenti richieste le seguenti
informazioni essenziali relative al caso:
a. autorità da cui proviene la
richiesta di arresto;
b. esistenza di un mandato
d'arresto o di un atto avente la medesima forza, o di
una sentenza esecutiva;
c. natura e qualificazione
giuridica del reato;
d. descrizione delle circostanze in
cui il reato è stato commesso, compreso il momento, il
luogo ed il grado di partecipazione al reato della
persona segnalata;
e. per quanto possibile, le
conseguenze del reato.
3. Una Parte contraente richiesta
può aggiungere alla segnalazione nell'archivio della
sezione nazionale del Sistema d'Informazione Schengen
un'indicazione tesa a vietare, fino alla cancellazione
di detta indicazione, l'arresto in seguito alla
segnalazione. L’indicazione deve essere cancellata al
massimo entro ventiquattro ore dall’ inserimento della
segnalazione, a meno che detta Parte contraente per
ragioni giuridiche o per speciali ragioni di opportunità
rifiuti l'arresto richiesto. Qualora, in casi del tutto
eccezionali, la complessità dei fatti all'origine della
segnalazione lo giustifichi, il termine predetto può
essere prorogato fino ad una settimana. Fatta salva
un'indicazione o una decisione di rifiuto, le altre
Parti contraenti possono procedere all’arresto richiesto
mediante la segnalazione.
4. Se, per ragioni particolarmente
urgenti, una Parte contraente chiede una ricerca
immediata, la Parte richiesta esamina se può rinunciare
all'indicazione.
La Parte contraente richiesta
adotta necessarie disposizioni affinchè la segnalazione
è convalidata, si esegua senza indugio la linea di
condotta stabilita.
5. Se non è possibile procedere
all'arresto in quanto un esame non si è ancora concluso
o a causa di una decisione di rifiuto di una Parte
contraente richiesta, quest’ultima deve considerare la
segnalazione come una segnalazione per comunicare il
luogo di soggiorno.
6. Le Parti contraenti richieste
eseguono la condotta richiesta con la segnalazione
conformemente alle vigenti Convenzioni in materia di
estradizione ed al diritto nazionale. Esse non sono
tenute a eseguire la condotta richiesta ove si tratti di
un loro cittadino, fatta salva la possibilità di
procedere all'arresto conformemente al diritto
nazionale”.
In concreto si può ragionevolmente
ritenere che l’arresto provvisorio eseguito ex articolo
716 codice di procedura penale presuppone una situazione
di pericolo di fuga e di urgenza.
Quest’ultimo presupposto, ad
esempio, può essere ravvisato quando il soggetto
individuato dimostri in concreto la volontà di volersi
allontanare dal territorio dello stato, perché trovato
in ore notturne in una località di frontiera senza
addurre alcun giustificato valido motivo (Cassazione
Penale sezione VI 24 ottobre 2006 n. 39767).
Inoltre, in tema di mandato di
arresto europeo, la sussistenza dei gravi indizi cui è
subordinata, ex art. 17, comma quarto, legge n. 69 del
2005, la consegna della persona ricercata richiede che
il mandato sia fondato su un generale quadro indiziario
ritenuto dall'autorità giudiziaria emittente
assennatamente richiamato di un fatto reato commesso
dalla persona di cui si chiede la disposizione. Di
conseguenza, non è necessario che il mandato di arresto
europeo contenga una elaborazione dei dati fattuali che
pervenga alla conclusione della gravità indiziaria, ma è
necessario e sufficiente che le fonti di prova indicate
nella relazione, ai sensi dell'art. 6, comma quarto,
lett. a) legge n. 69 del 2005 siano astrattamente idonee
a fondare la gravità indiziaria sia pure con la sola
indicazione delle evidenze fattuali a suo carico mentre
la valutazione in concreto delle stesse è riservata
all'autorità giudiziaria del paese emittente (Cassazione
Penale –sentenza n. 32381 del 24.08.2010).
Ma oltre ai casi già disciplinati
in ordine ad ipotesi di invalidità dell’arresto europeo,
quando un soggetto ha commesso delitti nel proprio paese
d’origine e nondimeno nel territorio italiano, la cui
condotta è da ritenersi del tutto collegata a fatti
illeciti anche della stessa indole, l’interessato, potrà
eccepire l’inosservanza dell’articolo 18 comma 1 lettera
p della Legge 69 del 2005 e quindi impedire di fatto la
sua consegna all’autorità giudiziaria richiedente?
Parrebbe di si, ma con qualche
eccezione di opportunità.
L’articolo 18 comma 1 di lettera p
testualmente recita: “se il mandato d'arresto europeo
riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati
reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o
in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che
sono stati commessi al di fuori del territorio dello
Stato membro di emissione, se la legge italiana non
consente l'azione penale per gli stessi reati commessi
al di fuori del suo territorio”. Se ne ricava che su
questo punto il legislatore afferma la giurisdizione
italiana in relazione a quei reati commessi in parte
all’estero ma che parimenti abbiano avuto anche un
semplice legame col territorio italiano e di sicuro
rilievo sotto il profilo dell’esercizio dell’azione
penale.
Basti pensare ai reati di cui
all’articolo 600 del codice penale, forme di
sfruttamento, ad esempio, di minori fatti entrare in
Italia illegalmente e ridotti o mantenuti in schiavitù
ed utilizzati per l’attività di accattonaggio. Inoltre e
solo in via esemplificativa, al reato di traffico di
sostanze stupefacenti il cui itinerario e spaccio hanno
avuto esecuzione in due paesi, quello che fornisce e
quello in cui viene distribuita la materia.
In concreto, queste condotte
illecite, debbono ragionevolmente considerarsi in tutto
o in parte commesse anche nel territorio italiano.
Secondo un orientamento
giurisprudenziale in certuni casi non può invocarsi la
consegna del destinatario del MAE al paese richiedente
in ragione del principio cardine della giurisdizione
italiana in corrispondenza con fatti reato, commessi in
parte all’estero.
“Ai fini dell’affermazione della
giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in
parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello
Stato si sia verificato anche solo un frammento della
condotta, che se pur privo dei requisiti di idoneità e
di inequivocità richiesti per il tentativo, sia
apprezzabile collegando la parte della condotta
realizzata in Italia a quella realizzata in territorio
estero” (Cassazione Penale Sezione Feriale Penale n.
35288 dell’11.09.2008).
Allo stesso modo quelle circostanze
vengono ritenute ostative ex articolo 18 comma 1 lettera
p anche nella sentenza della Sesta Sezione Penale
nr.2153 del 09.12.2009.
Resta aperta la discussione se
garantire la presenza sul territorio italiano a soggetti
investiti di procedimenti penali a loro carico,
impedendo così il loro trasferimento coattivo
all’estero, non possa favorire l’incremento di fenomeni
di contumacia o ancor peggio di latitanza.
Allo stesso modo, qualora eccezioni
quali quelle sopra descritte non siano sollevate
dall’interessato e/o dalla Corte di Appello, perché
ignare o perché non sollecitate per assenza di uno
specifico interesse, sembrano di fatto permettere una
mera valutazione, del tutto discrezionale da parte
dell’Autorità Giudiziaria pur in presenza dei
presupposti di Legge, innanzi a fattispecie di doppia
punibilità (Cassazione Penale VI Sezione Penale n. 35181
dell’28.09.2010 |