Con il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010,
convertito, con modifiche, dalla Legge n. 122 del 30
luglio 2010, il legislatore all’art. 29 ha previsto che
l’avviso di accertamento ai fini delle imposte sui
redditi, dell’IRAP e dell’IVA emesso dall’Agenzia delle
Entrate è immediatamente esecutivo se notificato a
partire dal 1 luglio 2011 e relativo ai periodi
d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e
successivi.
In sostanza, in base alla succitata normativa, gli atti
di cui sopra diventano immediatamente esecutivi decorsi
60 giorni dalla notifica e devono espressamente recare
l’avvertimento che, decorsi ulteriori 30 giorni dal
termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle
somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia
di iscrizione a ruolo, è affidata direttamente in carico
agli agenti della riscossione (Equitalia SpA) anche e
soprattutto ai fini dell’esecuzione forzata.
In definitiva, l’avviso di accertamento cumula la
cartella esattoriale, che non deve più essere
successivamente redatta e notificata.
Infatti:
-
in presenza di fondato pericolo per il positivo esito
della riscossione, decorsi 60 giorni dalla notifica
degli avvisi di accertamento, la riscossione delle somme
in essi indicate, nel loro ammontare integrale
comprensivo di interessi e sanzioni, può essere affidata
in carico agli agenti della riscossione anche prima dei
30 giorni;
-
all’atto dell’affidamento e, successivamente, in
presenza di nuovi elementi, il competente ufficio
dell’Agenzia delle Entrate fornisce, su richiesta
dell’agente della riscossione, tutti gli elementi utili
ai fini del potenziamento dell’efficacia della
riscossione, acquisiti anche in fase di accertamento;
-
l’agente della riscossione, sulla base del titolo
esecutivo di cui sopra, senza la preventiva notifica
della cartella di pagamento, procede ad espropriazione
forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste
dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a
mezzo ruolo;
-
a partire dal 61° giorno dalla notifica dell’avviso di
accertamento, le somme richieste sono maggiorate degli
interessi di mora, calcolati a partire dal giorno
successivo della notifica degli atti stessi; inoltre,
all’agente della riscossione spettano l’aggio,
interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle
spese relative alle procedure esecutive;
-
sulle somme dovute non sarà comunque dovuta la sanzione
per omesso versamento;
-
infine, la dilazione del pagamento (fino a 72 rate) può
essere concessa solo dopo l’affidamento del carico
all’agente della riscossione.
In ogni caso, il contribuente può sempre chiedere la
sospensione amministrativa di cui all’art. 39 DPR n.
602/73 (ipotesi del tutto scolastica).
Il nuovo regime sull’esecutività degli atti non
riguarderà, almeno temporaneamente, le situazioni non
richiamate dalla norma, come per esempio i tributi
doganali, l’imposta di registro, le liquidazioni ed i
controlli formali delle dichiarazioni (artt. 36-bis e
36-ter D.P.R. n. 600/73); per tutte le suddette ipotesi
(peraltro non tassative) rimane l’obbligo di notificare
la relativa cartella esattoriale.
A
titolo puramente indicativo, si precisa che il ruolo
viene emesso dall’ente creditore ed è costituito da un
elenco dei crediti vantati nei confronti dei
contribuenti che non hanno provveduto tempestivamente al
pagamento di quanto dovuto; a questo elenco viene poi
apposto il c.d. “visto di esecutività” e viene trasmesso
all’agente della riscossione. Quest’ultimo predispone la
cartella di pagamento che viene poi notificata al
debitore.
In sostanza, l’agente della riscossione ricopre il ruolo
di intermediario tra l’ente creditore ed il contribuente
e la cartella di pagamento rappresenta lo strumento
primario attraverso il quale opera.
L’intera procedura di riscossione come sopra modificata
è altresì applicabile in tutti i casi in cui siano
rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di
accertamento ai fini delle imposte sui redditi e
dell’IVA ad ai connessi provvedimenti di irrogazione
delle sanzioni, anche ai sensi:
-
dell’art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 218 del 19
giugno 1997 (responsabilità patrimoniale del garante);
-
dell’art. 68 D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992
(pagamento provvisorio del tributo in pendenza del
processo tributario); a tal proposito, occorre rilevare
l’assurdo che non saranno, invece, esecutive le sentenze
relative alle istanze di rimborso dei contribuenti;
-
dell’art. 19 D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 n. 472
(esecuzione delle sanzioni).
In tutti questi ultimi tre casi, il versamento delle
somme dovute deve avvenire entro 60 giorni dalla
ricezione di un’apposita raccomandata con avviso di
ricevimento.
La suddetta procedura, eccessivamente penalizzante per i
contribuenti soprattutto per la tempistica del processo
tributario, è stata più volte criticata e per questo,
ultimamente, il legislatore con il decreto legge sullo
sviluppo (n. 70 del 13/05/2011 in G.U. n. 110 del
13/05/2011, entrato in vigore il 14/05/2011) ha cercato
di attenuarne gli effetti negativi stabilendo all’art.
7, comma 2, lett. n), quanto segue: “attenuazione del
principio del “solve et repete”. In caso di richiesta di
sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si
procede all’esecuzione fino alla decisione del giudice e
comunque fino al centoventesimo giorno”.
La relazione tecnica del Ministero dell’Economia stima
che proprio lo spazio temporale dei 120 giorni di
differimento dell’esecuzione forzata dell’avviso di
accertamento comporta un effetto negativo in termini di
riscossione per il 2012 stimabile in circa 90 milioni di
euro.
Secondo me, la novella legislativa non solo non ha
risolto il problema ma, cosa ancor più grave, ha
peggiorato la situazione ponendo un assurdo limite
temporale all’eventuale sospensione dell’esecuzione
(oltretutto, questo limite era stato previsto l’anno
scorso e subito cancellato a seguito delle vibrate
proteste dei professionisti).
Innanzitutto, occorre precisare che l’impianto normativo
dell’art. 29 cit. non è stato minimamente modificato
perché gli avvisi di accertamento restano immediatamente
esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica, per cui il
contribuente ha soltanto le seguenti opzioni:
-
paga entro 60 giorni per evitare accessori e rischi
dell’esecuzione;
-
trascorsi 60 giorni dalla notifica, paga nei successivi
30 giorni per evitare l’esecuzione ma deve corrispondere
l’aggio, gli interessi di mora e non può chiedere la
dilazione del pagamento; in ogni caso, rischia le
procedure cautelari dell’agente della riscossione;
-
se chiede la sospensione al giudice tributario (art. 47
D.Lgs. n. 546/92) può sospendere il pagamento fino alla
decisione del giudice e comunque fino al 120° giorno
dall’istanza se nel frattempo non interviene
un’ordinanza di sospensione.
Oltretutto, l’avverbio “comunque” potrebbe dare adito ad
una chiave di lettura molto rigida, nel senso di
ritenere anche l’eventuale ordinanza di sospensione
priva di efficacia decorsi 120 giorni dalla pronuncia.
Il che sarebbe oltremodo assurdo, penalizzante ed
incostituzionale, se quanto meno la norma non verrà
ulteriormente chiarita.
In ogni caso, la novella legislativa ha lasciato
immutato l’impianto normativo dell’accertamento
esecutivo, per cui se il contribuente non paga entro i
succitati 30 giorni l’agente della riscossione, intanto,
può adottare e segnalare le procedure di garanzia come
le ipoteche, i pignoramenti presso terzi, i blocchi dei
pagamenti della Pubblica Amministrazione, ed i fermi
amministrativi (si vedano le recenti proteste in
Sardegna del 12/05/2011, con la Regione che promette di
pagare i debiti fiscali per evitare tumulti di piazza).
Per esempio, bisogna segnalare l’assurdo che, oggi, per
togliere un fermo amministrativo non basta la quietanza
di pagamento, in quanto il contribuente deve attivarsi
per far annotare a proprie spese la cancellazione del
fermo recandosi personalmente al PRA.
Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate può sempre
chiedere al giudice tributario l’ipoteca ed il sequestro
conservativo, compresa l’azienda (art. 22 D.Lgs. n.
472/97).
Inoltre, il termine di 120 giorni è alquanto ristretto,
perché è difficile che i giudici tributari possano
pronunciarsi nel suddetto termine, soprattutto se dal
prossimo 1° luglio c.a. una massa enorme di ricorsi
conterrà anche le relative istanze di sospensione.
Certo, il contribuente può cercare di prendere tempo
sommando:
-
i 60 giorni per il ricorso;
-
i 90 giorni di sospensione da accertamento con adesione
(Cassazione n. 15171/2006 e ordinanza n. 140/2011 della
Corte Costituzionale);
-
i 46 giorni eventuali da sospensione feriale dei termini
processuali;
-
i 30 giorni di limbo in cui è possibile pagare senza che
scatti l’affidamento;
-
i 120 giorni che rappresentano il termine massimo di
sospensione, nel caso in cui il giudice tributario non
sia ancora giunto alla decisione sull’istanza di
sospensione presentata;
-
per un totale di 346 giorni.
Questa strategia processuale, però, non risolve il
problema giuridico di fondo ma serve soltanto a
procrastinare il relativo pagamento con l’aggravio degli
ulteriori interessi ed accessori.
Secondo me, invece, i contribuenti, i professionisti,
gli ordini professionali e tutte le associazioni di
categoria devono impegnarsi per ottenere l’abrogazione
totale della suddetta norma almeno fino a quando, nel
contesto generale della riforma del fisco e della
giustizia, non sarà totalmente riformato il processo
tributario, dando maggiori garanzie difensive al
contribuente anche nella fase cautelare, da estendere
senza limiti in appello (rinvio al mio progetto di legge
di riforma del processo tributario in
www.studiotributariovillani.it).
Se non è possibile ottenere quanto sopra, almeno in sede
di conversione del suddetto decreto legge si deve
prevedere quanto segue:
1) innanzitutto, rinviare l’entrata in vigore all’01
luglio 2012, per una maggiore ponderazione del problema;
2) stabilire che la richiesta di sospensione giudiziale
blocca qualsiasi esecuzione fino alla decisione del
giudice tributario, senza alcuna limitazione temporale
o, quanto meno, fino ad un anno dalla presentazione
dell’istanza di sospensione; prevedere un compenso
dignitoso ai giudici tributari anche per le sospensive,
che oggi non sono pagate dal Ministero dell’Economia;
3) prevedere l’obbligo di motivare le ordinanze di
sospensione, con la possibilità dell’eventuale appello
in secondo grado, come peraltro previsto dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 217 del 17 giugno
2010;
4) prevedere la possibilità di istituire apposite
sezioni all’interno delle Commissioni Tributarie
competenti a decidere esclusivamente le sospensive in
modo da ridurre i tempi delle decisioni; potranno far
parte della sezione – sospensive i giudici di tutte le
altre sezioni, che a turno dovranno essere nominati ogni
due mesi;
5) impedire all’agente della riscossione l’attivazione
di qualsiasi procedura cautelare sino alla pronuncia del
giudice tributario;
6) prevedere la dilazione del pagamento anche prima
dell’affidamento del carico della riscossione;
7) ridurre sensibilmente l’aggio esattoriale, tenuto
conto che nelle ipotesi sopraesposte non dovrà più
essere redatta e notificata la relativa cartella
esattoriale ed inoltre l’aggio non deve essere
totalmente a carico del contribuente; oltretutto, con la
nuova normativa, l’agente della riscossione non dovrà
più rischiare gli errori nelle notifiche e questo
penalizza ulteriormente il diritto di difesa dei
contribuenti, che sino ad oggi hanno potuto eccepire la
nullità o l’inesistenza delle notifiche delle cartelle
esattoriali (come le notifiche per posta, CTP di Lecce –
Sez. 5 – sentenza n. 533/05/10 del 29/12/2010); per
esempio, può capitare che un curatore fallimentare,
oggi, si veda notificare una cartella che, in realtà,
l’agente della riscossione avrebbe dovuto consegnare
nelle mani del responsabile della società fallita (per
altri errori di notifica, ultimamente, si citano CTR di
Bari – Sez. 8 – sentenza n. 36/2010; Tribunale di Genova
– Sez. 2 – sentenza n. 14212 del 03/12/2010; Tribunale
di Roma, sentenza del 09/12/2010);
8) rendere immediatamente esecutive le sentenze che
condannano il fisco a rimborsare, senza dover attendere,
come oggi, il passaggio in giudicato della sentenza; ciò
anche per il pagamento delle spese di giustizia;
9) attribuire alle Commissioni Tributarie tutte le
controversie, nessuna esclusa, aventi ad oggetto il
controllo della legittimità dell’esecuzione;
10) attribuire alle Commissioni Tributarie la competenza
a decidere anche in tema di risarcimenti danni per le
errate ed illegittime procedure di riscossione ed
esecuzione (e non più lasciare la competenza al Giudice
Ordinario);
11) prevedere sempre un preventivo controllo
giurisdizionale, come stabilito dagli artt. 615 e 617
del codice di procedura civile, per evitare che cartelle
pazze o errate possano danneggiare seriamente il
contribuente, anche dal punto di vista dell’immagine
soprattutto nei rapporti con le banche.
Nel frattempo, se non dovessero intervenire le
necessarie ed urgenti modifiche di cui sopra, è
opportuno:
-
che, in sede giudiziaria, i contribuenti sollevino
eccezioni di incostituzionalità della norma con
riferimento agli artt. 24, 41 e 76 della Costituzione;
-
che il Consiglio di Presidenza della Giustizia
Tributaria solleciti i giudici tributari ad emettere
immediatamente i decreti di sospensione ex art. 47,
terzo comma, D.Lgs. n. 546/92, tenuto conto del mutato
assetto legislativo, fortemente lesivo dei diritti di
difesa;
-
che il Consiglio di Previdenza della Giustizia
Tributaria preveda la possibilità di istituire apposite
sezioni all’interno delle Commissioni Tributarie
competenti a decidere esclusivamente le sospensive in
modo da ridurre i tempi delle decisioni prima dei 120
giorni previsti dalla legge; potranno far parte della
sezione – sospensive i giudici di tutte le altre
sezioni, che a turno dovranno essere nominati ogni due
mesi. Una volta decisa la sospensiva, la sezione dovrà
rimettere il fascicolo alla competente sezione cui è
stato assegnato per il merito.
In conclusione, se è importante combattere l’evasione
fiscale è altrettanto importante non penalizzare
fortemente i contribuenti con pagamenti di somme non
certe né esigibili, sulle quali i giudici non si sono
ancora pronunciati.
In definitiva, senza concessione agli evasori, è giunto
il momento di mettere in cantiere anche una generale
revisione dei meccanismi di riscossione, stabilendo
precisi principi che tutelino meglio i contribuenti,
anche per non pregiudicare seriamente lo sviluppo
economico dell’Italia.
Infatti, la natura paritaria del rapporto tra Stato e
Cittadino deve trovare la propria espressione naturale
in primo luogo nella lettera della legge.
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