Di dubbia legittimità costituzionale i meccanismi di
voto che impongono la scelta di un sindaco, anche
impedendo il diritto di astensione
Elezioni amministrative. Il 15 e 16 maggio si vota in
1344 comuni e in 11 province. Interessate, tra le città
più grandi, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste,
Ravenna, Cagliari, Rimini, Salerno, Latina, Novara.
Arezzo, Barletta, Catanzaro (qui l’elenco completo).
E’ utile fare il punto sulle regole della competizione
elettorale. La normativa di riferimento è sempre il TUEL
267/2000.
Proviamo a sintetizzare i sistemi in vigore in Italia
nelle Regioni a statuto ordinario; possiamo per comodità
ripartirli in tre diversi modelli.
Elezioni provinciali
Ciascun elettore può votare un solo candidato alla
carica di Presidente.
Per le elezioni provinciali non è consentito il voto
disgiunto, cioè non é possibile votare per un candidato
alla carica di Presidente della Provincia diverso da
quello collegato al gruppo di candidati prescelto mentre
é possibile esprimere il solo voto al candidato a
Presidente.
Elezioni nei Comuni fino a 15.000 abitanti
La candidatura alla carica di Sindaco nei Comuni fino a
15.000 abitanti é collegata ad una sola lista.
Il voto si esprime tracciando un segno sul contrassegno
o sul nominativo del Sindaco.
Non é possibile votare per un candidato alla carica di
Sindaco diverso da quello collegato alla lista.
I voti conseguiti dal candidato alla carica di Sindaco
sono attribuiti alla lista ad esso collegata.
Non é consentito votare per una lista diversa da quella
collegata al candidato alla carica di Sindaco.
Elezioni nei Comuni superiori a 15.000 abitanti
Si può votare un solo candidato alla carica di Sindaco.
Per l’elezione del sindaco nei comuni con più di 15000
abitanti è consentito il voto disgiunto, cioè è
possibile votare per un candidato sindaco diverso da
quello collegato con la lista prescelta.
È possibile votare in diversi modi:
a) tracciando un segno sul rettangolo in cui è scritto
il cognome ed il nome del candidato prescelto; in questo
caso il voto sarà attribuito solo al candidato sindaco.
b) tracciando un segno sul contrassegno della lista
prescelta; il voto va alla lista prescelta e al
candidato sindaco cui la lista è collegata.
c) tracciando un segno sul nome e cognome del candidato
sindaco prescelto e sul simbolo della lista scelta non
collegata al candidato sindaco; è possibile esprimere il
voto di preferenza per uno dei candidati della lista
votata.
Mentre nelle elezioni amministrative in comuni con
popolazione inferiore a 15 mila abitanti è impossibile
ricorrere al voto disgiunto. quest’ultimo è consentito
nei Comuni oltre i 15 mila abitanti.
La Corte Costituzionale ammette la piena legittimità
costituzionale del principio del voto disgiunto, anzi da
atto che l’adozione di tale principio tra i modelli
elettorali che il legislatore può, nell’esercizio della
sua discrezionalità, disegnare.
In altri termini, la governabilità dell’ente locale non
è assunta come valore assoluto, ma è apprezzata come
valore specificamente tutelabile (giustificandosi
l’alterazione del criterio proporzionale) soltanto nel
caso, di maggior allarme, della frammentazione dei
consensi espressi, che è quello del sindaco “debole”
collegato ad una o più liste “deboli”.
D’altra parte, che la governabilità non sia un valore
assoluto è dimostrato proprio dall’ipotesi, che può
verificarsi e della cui legittimità non si dubita, della
maggioranza assoluta conseguita (al primo turno) dalla
lista contrapposta, o comunque non collegata, al
candidato eletto sindaco.
In questo caso (in cui il rischio della c.d.
“ingovernabilità” è massimo) il sindaco, salva la
facoltà di dimettersi, così provocando lo scioglimento
del consiglio, deve convivere con una maggioranza a sé
contrapposta; ma ciò è conseguenza della divaricazione
del consenso espresso dall’elettorato con il voto
disgiunto, divaricazione, che il legislatore intende
rispettare per non premiare (se non proprio penalizzare)
il sindaco che si è collegato alla lista che non
riscuote sufficienti consensi” (sent. Corte Cost. n.
107/1996).
Sembra dunque costituzionalmente discutibile la mancata
previsione quantomeno del diritto di astensione per la
scelta del sindaco, col risultato di condizionare la
scelta dell’elettore che non apprezzi alcuno dei
candidati contemplati nella scheda.
Si profila un contrasto del sistema elettorale vigente
nei piccoli comuni, con i principi di cui agli articoli
3, 48, 51 e 97 Costituzione, posto che la previsione
(art. 72, co. 3 del TUEL 267/2000) secondo la quale
“ciascun elettore puo’, con un unico voto, votare per un
candidato alla carica di sindaco e per una delle liste
ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno
di una di tali liste. Ciascun elettore può altresi’
votare per un candidato alla carica di sindaco, anche
non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno
sul relativo rettangolo” incide negativamente –
menomandola – sulla libertà di voto (o di non-voto)
dell’elettore, per il fatto che la preferenza espressa
per una lista al Consiglio comunale si traduce
necessariamente anche in attribuzione di voto al
candidato Sindaco a quella lista collegato, anche nelle
ipotesi in cui tale candidato potrebbe non essere
gradito all’elettore, e questi vorrebbe quindi limitare
la sua espressione di voto (ad esempio) alla sola
composizione del Consiglio comunale senza esprimere
preferenza alcuna per la carica di Sindaco.
E’ auspicabile l’introduzione di un sistema che preveda
due distinte schede (una per il Sindaco e una per il
Consiglio) o almeno il c.d. voto confermativo nei
confronti del candidato sindaco, eliminando così
l’effetto trascinamento operato dalle liste nei
confronti dei candidati a Sindaco. Il voto espresso in
favore di una lista collegata al Sindaco non si
estenderebbe automaticamente ad esso e viceversa,
garantendo al tempo stesso il “diritto di non voto”
all’elettore, soluzione recentemente adottata nel
sistema elettorale per gli enti locali dalla Regione
Siciliana. |