Alcune recentissime decisioni della
Cassazione, sezione tributaria, forniscono lo spunto per
riepilogare alcuni punti fermi acquisiti dalla
giurisprudenza tributaria in materia di IRAP, l’imposta
regionale sulle attività produttive, per quanto di
interesse dei professionisti e dei lavoratori autonomi
senza organizzazione d’impresa.
Occorre premettere che l’art. 2
del D.Lgs. 446/97 stabilisce per l’applicabilità il
presupposto “dell’esercizio abituale di una attività
autonomamanete organizzata diretta alla produzione o
allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di
servizi” e che la Corte Costituzionale con la nota
sentenza n. 156/2001 ha rilevato che tale presupposto
non sussiste nel caso di attività professionale svolta
in assenza di elementi di organizzazione.
Altra necessaria premessa è che
coloro che hanno aderito al regime dei cosiddetti
contribuenti “minimi“, con ricavi non superiori ai
30.000 euro, sono esclusi dal versamento dell’IRAP
secondo quanto prescrive l’art. 1, comma 96 della legge
244/2007.
Lo scorso anno la Cassazione, con
la sentenza n. 6068 del 12 marzo 2010 si è occupata
degli agenti di commercio rilevando che costoro non
hanno una autonomia organizzativa poichè la società
mandante di solito segnala i clienti da visitare e
richiede al mandatario un report settimanale sugli
incontri effettivamente avvenuti. Pertanto secondo i
giudici della Suprema Corte l’uso di beni strumentali
non è rilevante per gli agenti di commercio per
stabilire la presenza di una attività autonomamente
organizzata presupposto per l’IRAP.
Pochi giorni dopo è stata
pubblicata la sentenza n. 6536 del 17 marzo 2010 di
rilevante interesse generale poichè permette di
stabilire i criteri per rilevare l’esistenza
dell’organizzazione autonoma del contribuente.
La Cassazione ha indicato due
condizioni: il contribuente non sia inserito in
strutture di cui sono responsabili soggetti terzi e sia
viceversa responsabile della propria organizzazione, il
contribuente impieghi beni strumentali che eccedono il
minimo indispensabile, ad esempio un personal computer
ed una stampante, per svolgere la professione oppure si
avvalga del lavoro altrui.
Il contribuente è però tenuto a
dare prova dell’assenza di queste condizioni per andare
esente dal pagamento del tributo.
Alle luce di questi due criteri si
può dire che sono al riparo dall’applicazione dell’IRAP
i giovani praticanti avvocati, commercialisti o
consulenti del lavoro, ecc. che svolgono la pratica o
sono già iscritti all’albo di competenza tuttavia
lavorano per studi di cui sono titolari altri avvocati o
commercialisti usufruendo della loro struttura e
organizzazione.
La Suprema Corte, sezione
tributaria, con la decisione n. 6471 del 17 marzo 2010
ha precisato che il professionista senza dipendenti e
che utilizza limitati strumenti per l’attività,
arredamento e macchine per l’ufficio, i cui redditi sono
proporzionati all’attività svolta può andare esente dal
versamento del tributo.
Ed ora passo ai giorni nostri e
sottopongo ai lettori due recentissime decisioni della
Cassazione, sezione tributaria, in subiecta materia,
relative a due professionisti che hanno visto
riconosciuto il diritto al rimborso del tributo versato.
La prima è Cassazione n. 10271 del
10 maggio 2011 e riguarda un medico convenzionato con il
servizio sanitario nazionale cui era stato negato il
rimborso dalla Agenzia delle Entrate.
I giudici di merito, sentenza
confermata dalla Suprema Corte, avevano rilevato
l’insussistenza dell’autonoma organizzazione pur con
disponibilità di un proprio studio preso in locazione
in quanto per esercitare l’attività in convenzione
poichè lo studio è un elemento indispensabile ai fini
dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale di assistenza primaria.
La seconda è l’ordinanza n. 10295,
Cassazione del 10 maggio 2011 anch’essa favorevole ad un
medico convenzionato i cui beni strumentali utilizzati
per la professione erano una autovettura, un personal
computer, un telefono cellulare e alcuni mobili e arredi
di valore non eccessivo ritenuti indispensabili per
l’esercizio della professione, il medico non aveva un
proprio studio, dipendenti e rispetto al fatturato era
scarsa l’incidenza di compensi corrisposti a terzi per
prestazioni relative all’attività professionale.
In conclusione suggerisco a coloro
che hanno versato l’IRAP, talvolta mal consigliati,
anche alla luce della giurisprudenza tributaria più
recente, un esame più attento e puntuale della propria
posizione relativa al requisito dell’attività
autonomamente organizzata rivolgendosi ad un
professionista del diritto tributario, ricordando che il
termine per presentare l’istanza di rimborso è di 48
mesi dal pagamento del tributo.
L’istanza, redatta a dovere e con
l’indicazione della giurisprudenza applicabile, andrà
inviata, allegando i documenti probatori in copia, con
due raccomandate A.R. all’Agenzia delle Entrate
competente secondo il domicilio fiscale e alla Regione
di appartenenza del contribuente.
Qualora la richiesta di rimborso
venga rigettata o accolta parzialmente il contribuente
potrà impugnare il provvedimento di rigetto dinanzi la
commissione tributaria competente entro sessanta giorni
dalla notifica e se passati novanta giorni dal
ricevimento dell’istanza, ecco perchè è fondamentale la
forma della raccomandata A.R. seppur non richiesta ex
lege, non viene comunicata nessuna decisione dalla
Pubblica Amministrazione il contribuente potrà ricorrere
alla commissione fino alla prescrizione decennale che
decorre dalla data del versamento dell’imposta non
dovuta.
La Cassazione, n. 4283 del 23
febbraio 2010, ha ricordato che l’IRAP, come anche IRPEF
ed IVA, sono tributi con prestazione non periodica e
quindi la prescrizione è decennale a differenza di
tributi con prestazione periodica, ad esempio oneri per
i passi carrabili, per cui si applica il temine
quinquennale.
Date a Cesare quel che è di Cesare
… ma se il balzello non è dovuto … occhio al termine per
il rimborso !
Studio Legale De Valeri Roma |