Dalla Corte di Cassazione arriva
l’ennesima conferma: a determinate condizioni il
condomino può rinunziare all’uso dell’impianto di
riscaldamento centralizzato, sottraendosi così alle
relative spese, senza che l’assemblea possa in alcun
modo vietarglielo. Soddisfatte le condizioni richieste
(dalla giurisprudenza), infatti, ogni diversa
statuizione dell’assise condominiale sarebbe lesiva del
diritto individuale sulle cose comuni del singolo
comproprietario. Questo, in sintesi, il principio
espresso dai giudici di piazza Cavour con la sentenza n.
6481 dello scorso 22 marzo.
La storia del distacco
dall’impianto di riscaldamento centralizzato trae le
proprie origini da lontano. Se in un primo momento la
giurisprudenza negava tale possibilità, in virtù
dell’irrinunciabilità della proprietà delle cose comuni,
più recentemente la stessa Cassazione, come i Tribunali
di merito, ha mutato il proprio orientamento. Il tutto
ruota sulla distinzione rinuncia all’uso, rinuncia alla
proprietà. La prima è possibile e dà luogo all’esonero
dalle spese d’uso del bene cui si rinuncia ma non a
quelle di conservazione, la seconda non è mai
consentita.
Quanto all’impianto di
riscaldamento, che è poi il bene sul quale in tema di
rinuncia all’uso s’è incentrata l’attenzione della
giurisprudenza, la Cassazione è oramai costante
nell’affermare che “ la rinuncia unilaterale al
riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino
mediante il distacco del proprio impianto dalle
diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima
quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non
derivano né aggravi di spese per coloro che continuano a
fruire dell'impianto, né squilibri termici
pregiudizievoli per la erogazione del servizio ” (così
Cass. n. 5974/04).
L’assenza di squilibrio termico e
di aggravio di spese per gli altri condomini può essere
dimostrata tramite la relazione d’un tecnico
specializzato che spieghi, tecnicamente ed
esaustivamente, perché dal distacco non possano derivare
simili inconvenienti.
Che cosa accade se nonostante tale
dimostrazione l’assemblea deliberi di non autorizzare il
distacco?
La risposta è contenuta nella
sentenza della Cassazione, n. 6481, citata in principio.
Gli ermellini sono stati chiarissimi nell’affermare che
" il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del
riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni
della sua unità immobiliare dall'impianto termico
comune, senza necessità di autorizzazione od
approvazione degli altri condomini, e, fermo il suo
obbligo di pagamento delle spese per la conservazione
dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di
gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si
risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di
cui continuano a godere gli altri condomini" (Cass., n.
7518 del 2006; Cass., 5974 del 2004; Cass., n. 8924 del
2001). La delibera assembleare che, pur in presenza di
tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione
al distacco è, invero, affetta da nullità, e non da
annullabilità, per violazione del diritto individuale
del condomino sulla cosa comune (Cass., S.U., n. 4806
del 2005)" (Cass. 22 marzo 2011 n. 6481).
In sostanza di fronte ad un
immotivato diniego l’interessato potrà impugnare la
deliberazione in ogni momento per fare valere il proprio
diritto al distacco.
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