Nota a cura di Dott. Luigi Spadone,
Avv. Diego Noretta e Avv. Barbara Bono *
Si assiste, analizzando le buste
paga dei lavoratori, a una tendenza posta in essere da
alcuni datori i quali, sottoscrivendo contratti
individuali di lavoro con indicata una determinata
articolazione oraria settimanale o mensile, disattendono
in sede di liquidazione delle spettanze quanto
correttamente sarebbe dovuto.
Sul caso si è di recente
pronunciato il Tribunale di Verbania, accogliendo le
richieste della lavoratrice che si riteneva lesa nei
propri diritti.
Quest’ultima, infatti, lamentava di
avere sottoscritto contratto individuale di lavoro per
n. 38 ore settimanali che, ex art. 74 CCNL Cooperative
Sociali, va ragguagliato a n. 165 ore mensili.
Lo stesso CCNL prevede tali
divisori essere quelli propri del rapporto di lavoro a
tempo pieno, circostanza tra l’altro confermata dalla
mancanza di ulteriori indicazioni nella busta paga (ad
esempio part-time).
La Cooperativa, diversamente
argomentando, sosteneva che ai fini del maturato si
dovesse verificare concretamente il numero di ore
mensilmente svolte (a volte anche 30 in meno rispetto a
quanto previsto dall’accordo collettivo nazionale), ciò
anche in forza del regolamento aziendale sottoscritto
dalla lavoratrice.
In analogia anche la tredicesima
veniva riconosciuta conteggiando una media sull’orario
svolto, anziché sul tabellare mensile.
Una tale ricostruzione però, oltre
al fatto che comporterebbe l’introduzione di una deroga
in pejus di un contratto collettivo nazionale del tutto
estranea al nostro Ordinamento giuridico, è censurabile
anche in quanto, sottoscritto un accordo su un certo
numero di ore settimanali (da parametrarsi mensilmente
secondo i divisori del contratto nazionale), l’azienda
non può unilateralmente richiedere una prestazione
articolata su un numero di ore inferiori.
Ciò invero significherebbe
riconoscere al datore di lavoro la facoltà,
assolutamente discrezionale, di mutare un contratto a
tempo pieno in contratto a tempo parziale senza nessuna
possibilità alcuna di interloquire per il lavoratore,
che vedrebbe altresì ridotto ad nutum il proprio
stipendio da un mese all’altro.
Una simile fattispecie è sempre
censurabile per inadempimento contrattuale di parte
datoriale.
A fronte di un indirizzo secondo
cui il lavoratore dovrebbe preventivamente richiedere di
svolgere il numero di ore per cui è stato assunto
mettendo così in mora il datore, il Giudice del Lavoro
di Verbania ha mostrato di aderire ad una linea del
tutto diversa.
Nella stessa pronuncia, inoltre, lo
stesso Giudice ha trattato la prescrizione in materia di
una tantum dovuta per rinnovo contrattuale.
La stessa non può essere quella
presuntiva annuale di cui all’art. 2955 co. 1 sub 2)
cod. civ.
Trattandosi di indennità
occasionale non può certo essere intesa come corrisposta
con cadenza inframensile, tanto più che, nel caso de
quo, per espressa previsione contrattuale la stessa è
riconosciuta al personale in servizio nel periodo
01.01.2006-31.12.2007 ed è proporzionalmente da ridursi
in caso di servizio prestato per periodi inferiori.
Si consideri, altresì, che secondo
la Suprema Corte di Cassazione la presunzione di
pagamento derivante dalle prescrizioni di cui agli artt.
2954, 2955 e 2956 c.c. va applicata limitatamente a quei
rapporti tipici della vita quotidiana che si svolgono
senza formalità, in relazione ai quali il pagamento
suole avvenire senza dilazione e senza rilascio di
quietanza scritta.
La stessa Corte ha inoltre
ulteriormente e ripetutamente precisato che la
prescrizione presuntiva non opera quando il diritto, di
cui si chiede il pagamento, scaturisce da un contratto
stipulato per iscritto.
* Dott. Luigi Spadone, abilitato
alla mediazione civile, laureato in giurisprudenza e in
consulente del lavoro, è responsabile ufficio vertenze
******** del Verbano Cusio Ossola.
* Avv. Diego Noretta, esperto in
diritto del lavoro con studio a Domodossola (VB) opera
presso il Foro di Verbania.
* Avv. Barbara Bono, abilitata alla
mediazione civile, esperta in diritto civile e
amministrativo con studio ad Arona (NO), opera presso il
Foro di Verbania.
****************
Sentenza numero 35/2011
N. 186/09 R.G.
Tribunale di Verbania
SENTENZA
Con ricorso depositato in data
21/4/2009 XXXXXX XXXXXX premesso di avere svolto
attività lavorativa per conto della Cooperativa Sociale
XXXXXX r.l. dal 2/12/2006 al 31/7/2008 (dal 16/8/2005 al
2/10/2006 per l’incorporata Cooperativa Sociale XXXXXX)
inquadrata al III° livello CCNL Coop. Sociali - ha
convenuto in giudizio avanti a questo Tribunale in
funzione di giudice del lavoro la predetta Cooperativa
chiedendone la condanna al pagamento di complessivi euro
5.961,19 di cui euro 2.911,17 a titolo di differenze
retributive (euro 1.596,18 per differenze stipendiali;
euro 166,32 per attività lavorativa prestata in un
periodo di sospensione; euro 1.148,67 per mancato
aggiornamento minimo tabellare e arretrati, compresa
“una tantum”) ed euro 3.050,02 a titolo di TFR non
corrisposto giusta conteggi prodotti in virtù del
rapporto di lavoro trascorso presso la sede di XXXXXX,
Casa di Riposo “XXXXXX”, oltre quote associative
versate.
Si è costituita in giudizio la
Cooperativa convenuta resistendo al ricorso di cui ha
chiesto, nel merito, la reiezione.
Comparsi i procuratori delle parti
all’udienza del 9/3/2010 a seguito di rinvio dagli
stessi richiesto dall’udienza del 27/11/2009 ed
espletata la prova testimoniale ammessa la causa –
previa concessione di temine intermedio per il deposito
di note finali nell’ambito delle quali il procuratore di
parte convenuta dichiarava di rinunciare alle eccezioni
di nullità del ricorso per mancata notifica degli stessi
(in quanto regolarmente versati in atti al momento del
deposito del ricorso introduttivo) e di improcedibilità
della domanda ex art. 410 c.p.c. relativa al credito
richiesto per “una tantum” 2006/2007 (nelle more tra
decreto ex art. 415 co. 2 c.p.c. e udienza ritualmente
espletato) - giunge oggi in decisione.
Il ricorso è fondato nei limiti che
si vanno a precisare
Sul metodo di calcolo dalla busta
paga mensile.
Deduce la ricorrente di avere
riscontrato, sulla scorta dell’esame delle buste paga,
un erroneo conteggio del monte ore mensile, in quanto il
CCNL dì categoria prevede che il rapporto di lavoro vada
calcolato su 165 ore mensili indipendentemente dalle ore
effettivamente lavorate.
Parte resistente contesta che la
retribuzione della XXXXXX sia da calcolarsi su base
mensile assumendo invece la necessità che detto calcolo
sia da intendersi su base oraria: il lavoratore dovrebbe
quindi essere retribuito in base alle effettive ore
lavorate e non in base ad un monte ore stabilito dal
contratto.
Ora, il contratto individuale di
assunzione in data 16/8/2005 prevede un orario dì lavoro
articolato su 38 ore settimanali, trattandosi pertanto
di un rapporto full-time, nulla in senso difforme
risultando dalle buste paga, ragion per la quale il
divisore settimanale di 38 ore è quello previsto dal
contratto collettivo proprio per il full-time e quindi,
oltre che su 38 ore settimanali, da calcolarsi su 165
ore mensili (art. 74 CCNL doc. 7 ricorrente).
Nè appare condivisibile l’asserto
che il regolamento sottoscritto dalla lavoratrice debba
prevalere, in quanto così opinando si giungerebbe a
ritenere che il contratto individuale possa derogare “in
pejus” a un contratto collettivo nazionale.
Ne consegue che lo stipendio lordo
mensile deve quindi essere calcolato sul tabellare
previsto dal CCNL (e quindi su 165 ore mensili),
indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate,
principio che questo giudicante ha già avuto modo di
affermare in analoga fattispecie nella sentenza
n.103/2008 resa in data 29/10/2008 nella causa iscritta
al N. 205/06 RG (agli atti della ricorrente) di cui si
riporta integralmente la motivazione sul punto:
“Quanto alla pretesa retributiva
azionata in causa va osservata la correttezza dei
conteggi prodotti da parte ricorrente, relativi a
differenze retributive spettanti per le mensilità di
giugno, luglio e agosto 2005 — censurati dalla
resistente che assume che il calcolo della retribuzione
deve essere effettuato sulla base delle ore giornaliere
mensili effettivamente lavorate - considerando che
l’art. 21 del CCNL applicato dispone che il divisorio
mensile della retribuzione per contratti di lavoro
articolati su 40 ore settimanali (a tempo pieno) è
calcolata su 173 ore settimanali (divisore orario
mensile), nel mentre per i contratti articolati su 20
ore settimanali (a tempo parziale) il trattamento
economico corrisponde al 50%, risultando pertanto del
tutto ininfluente il numero di ore effettivamente
lavorate” (cfr. sent. cit. pag. 5; cfr. altresì,
perfettamente in termini, Trib. Verbania Sez. Lavoro
sentenza n.77/10 del 30/4/2010 resa nei confronti
dell’odierna resistente da questo giudice).
Da ultimo mette conto evidenziare,
riguardo alla sentenza N.89/10 resa in data 13/5/2010
dal Tribunale di Torino Sez. Lavoro prodotta dalla
resistente in allegato alle note finali, il sopravvenuto
mutamento giurisprudenziale di quel giudicante che con
le successive sentenze sull’identica questione ha
aderito al punto di vista sopra enunciato (sent. Trib.
Novara Sez Lavoro N. 221/10 del 13/10/2010 e sent
N.16/2011 del 12/1/2011).
Sui mancati aggiornamenti tabellari
mensili.
Lamenta, ancora, la ricorrente che
dall’1/11/2005 il tabellare mensile è passato da euro
1.031,12 ad euro 1.064,84, laddove la Cooperativa
resistente ha applicato l’aumento unicamente a far data
dal 1/1/2007, dolendosi, altresì, del mancato
aggiornamento dei minimi anche per l’anno 2008 per un
ulteriore credito di euro 423,15.
Sul punto la difesa della
resistente pare implicitamente ammettere la circostanza
per il primo mancato aggiornamento, negando
contemporaneamente il secondo: “già a far data dal
1/1/2007 la resistente ha applicato la paga oraria
maggiorata di euro 6,45352” (cfr. memoria difensiva pag.
6 sub 5).
Per contro, risulta documentalmente
che i minimi contrattuali previsti dal CCNL non sono
stati aggiornati.
Invero, come si evince dalle buste
paga prodotte dalla XXXXXX, la retribuzione oraria è
pari - fino a dicembre 2006 - ad euro 6,24921 (data dal
tabellare per il III° livello 1.031,12 diviso 165)
laddove, per contro, a decorrere dall’1/11/2005 il
tabellare del III° livello è pari a 1.064,84 che, diviso
per 165, conduce ad una paga oraria di euro 6,45252.
Dalle buste paga il predetto importo è aggiornato - come
risulta “ictu oculi” - solo a far data dal gennaio 2007.
Analogo discorso va fatto per il
periodo decorrente dal 1/1/2008 quando il tabellare
mensile è passato ad euro 1.120,63 (per euro 6,79169
orarie) mentre Cooperativa datrice di lavoro ha
riconosciuto solamente euro 6,55211, ignorando il
rinnovo contrattuale.
Al riguardo il teste Spadone ha
confermato il conteggio redatto e prodotto agli atti
dalla ricorrente sub doc. 6.
Sulla tredicesima mensilità e sul
TFR.
L’errato calcolo dei tabellari
mensili incide, ovviamente, sul calcolo della
tredicesima mensilità.
Dalle argomentazioni sopra svolte
deriva infatti che la tredicesima deve essere
riconosciuta in considerazione del tabellare mensile e
non stimando una media delle ore lavorate. Se il
dipendente è stato in servizio full-time (38 ore
settimanali 165 ore mensili) per un intero anno, la
tredicesima è pari ad un mese di retribuzione full-time.
Stesse considerazioni valgono per
il trattamento di fine rapporto: con l’aggiornamento
degli importi contrattuali e la parametrazione al
tabellare mensile anche il TFR deve essere
necessariamente ricalcolato alla stregua degli importi
mensili corretti.
Sull’indennità una tantum.
La ricorrente lamenta, poi, il
mancato riconoscimento di euro 186,00 a titolo di una
tantum per arretrati anni 2006/2007.
Parte resistente ha eccepito per
tale voce la prescrizione presuntiva annuale ex art.
2955 co. 1 sub 2 c.c.
L’eccezione è infondata stante il
carattere occasionale dell’indennità in discorso,
riconosciuta dalla stessa resistente (cfr. note finali
pag. 3), donde l’inapplicabilità della invocata
prescrizione presuntiva annuale valida esclusivamente
per crediti retributivi periodicamente corrisposti con
cadenza inframensile, fondandosi sulla presunzione di
pagamento secondo gli usi correnti (Cass. 19/3/2004 n.
5563; sull’applicabilità dell’istituto “de quo” ai
crediti di lavoro cfr,, altresì, Cass.15/9/2009 n.
19864; sull’onere probatorio rispettivamente a carico
del debitore eccipiente e del creditore cfr. Cass.
15/5/2007 n. 11195).
Sull’attività lavorativa prestata
durante periodo di sospensione e sulla restituzione
delle quote sociali.
Priva di pregio è, infine, la
doglianza della ricorrente circa il mancato pagamento di
euro 166,32 per attività lavorativa asseritamente svolta
nel corso di n. 4 giornate in periodo di sospensione
disciplinare rimasta priva di qualsivoglia riscontro
probatorio — non potendosi considerare tale la
circostanza “de relato” riferita all’udienza del
9/3/2010 dal teste XXXXXX per averla appresa alla stessa
XXXXXX (“la ricorrente mi ha riferito che a seguito di
applicazione di provvedimento disciplinare della
privazione della retribuzione conseguente a
provvedimenti di sospensione di soli 6 giorni non è
invece stata retribuita per 10 giorni, con conseguente
credito di euro 166,32”), mentre invece non contestato è
l’obbligo di restituzione delle quote sociali versate
con decorrenza dal mese di dicembre 2009 (cfr. memoria
difensiva, pag. 9).
Alle considerazioni sopra svolte
consegue che la resistente deve essere condannata al
pagamento in favore della ricorrente dell’importo
complessivo di euro 5.794,87 (atteso il mancato
riconoscimento di euro 166,32 per n. 4 giorni lavorati
in periodo di sospensione disciplinare), di cui euro
3.050,02 per TFR somma da gravarsi di interessi legali e
rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo
nonché alla restituzione delle quote sociali versate con
decorrenza dal mese di dicembre 2009, oltre interessi
legali e rivalutazione da tale data all’effettivo
soddisfo.
Le spese di causa seguono la
soccombenza su tutte le questioni principali e si
liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Verbania in
funzione di giudice del lavoro, definitivamente
pronunciando in contraddittorie delle parti nella causa
iscritta al N. 186/09 RG promossa da XXXXXX XXXXXX nei
confronti della Cooperativa Sociale XXXXXX r.l., ogni
diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, in
parziale accoglimento del ricorso, così provvede:
- condanna la Cooperativa
resistente al pagamento in favore della ricorrente del
complessivo importo di euro 5.794,87 oltre interessi
legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze
al saldo a titolo di differenze retributive e TFR come
da motivazione nonché alla restituzione delle quote
sociali versate con decorrenza dal mese di dicembre
2009, oltre interessi legali e rivalutazione da tale
data all’effettivo soddisfo;
- condanna la resistente alla
integrale rifusione in favore della ricorrente delle
spese di causa, che si liquidano in complessivi euro
3.000,00 per diritti e onorari, oltre 12,50% rimb. forf.
spese gen., 4 % CPA e IVA come per legge.
Il Giudice
Dr. Maria Serena Riccobono |