La ripartizione del costo di
manutenzione della piscina condominiale suscita spesso
contrasti e incertezze al momento dell’approvazione del
piano di riparto delle spese. Chi deve partecipare?
Quale il criterio applicabile?
Nel silenzio degli atti d’acquisto
e del regolamento contrattuale, la risposta va
rintracciata nelle disposizioni di legge e, in ragione
della loro vaghezza sul punto, nelle pronunce
giurisprudenziali. Al di là dell’elencazione contenuta
nell’art. 1117 c.c. (considerata unanimemente come
meramente esemplificativa), la giurisprudenza ha
ribadito in più occasioni che devono essere considerati
beni condominiali quelli che rispetto alle unità
immobiliari di proprietà esclusiva si pongano in un
rapporto “ strumentale e funzionale che collega i piani
o le porzioni di piano di proprietà esclusiva agli
impianti o ai servizi di uso comune, rendendo il
godimento del bene comune strumentale al godimento del
bene individuale e non suscettibile di autonoma utilità,
come avviene invece nella comunione” (ex multis Cass. 2
marzo 2007, n. 4973).
In questo contesto è quindi lecito
domandarsi: rispetto alle unità immobiliari di proprietà
esclusiva la piscina è da considerarsi un bene legato
alle prime ad un rapporto strumentale e funzionale non
suscettibile di autonoma utilità come avviene per la
comunione in generale? Per rispondere alla domanda un
esempio può essere d’aiuto: si pensi alle scale comuni,
al tetto o, ancora, all’ascensore. Questi beni,
evidentemente, consentono un miglior godimento dei
locali di proprietà esclusiva. Difficilmente la stessa
cosa può essere detta per la piscina comune. Essa,
effettivamente, è suscettibile d’autonoma utilità. In
sostanza: mentre le scale o il tetto, ecc. sono
indispensabili per poter fruire al meglio del proprio
appartamento o della propria cantina, la piscina non lo
è. A questo punto, quindi, è doveroso domandarsi: stando
così le cose chi e come paga le spese di manutenzione di
quel bene?
Fosse a applicabile il regime
condominiale – cosa possibile laddove gli atti
d’acquisto o il regolamento contrattuale indicassero la
piscina tra i beni condominiali – non vi sarebbero
problemi di sorta: la norma di riferimento sarebbe
quella contenuta nel primo comma dell’art. 1123 c.c. a
mente del quale “ le spese necessarie per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni
dell'edificio, per la prestazione dei servizi
nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate
dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura
proporzionale al valore della proprietà di ciascuno,
salvo diversa convenzione”. Quindi a queste condizioni
si concluderebbe: le spese per la piscina devono essere
ripartite sulla base dei millesimi di proprietà.
In assenza di qualsivoglia
indicazione pattizia, tuttavia, quanto meno a parere di
chi scrive, la piscina non può essere considerata bene
condominiale nell’accezione del termine indicata in
precedenza bensì un bene in comunione tra tutti i
condomini. In questo contesto, pertanto, la spese di
conservazione, salvo diverso accordo, dovrebbero essere
ripartite in parti uguali seguendo la più generale
disciplina della comunione in generale.
CondominioWeb.com
Avv. Alessandro Gallucci
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