Nel gioco degli scacchi, la strategia prevede rigorosamente che ogni mossa sia funzionale almeno alla mossa successiva, con l'obiettivo di chiudere la partita con lo "scacco matto". La similitudine si attaglia perfettamente alla descrizione di ciò che sta subendo l'Avvocatura. Senza affondare troppo nel passato, tutti rammentiamo che, tramontata l'era della "Legge Bersani" e dopo il sopravvenire  della "mediaconciliazione", fu proprio l'Esecutivo diretto dal Cavaliere ad introdurre (con il Decreto Legge del 12 agosto scorso) la norma che sancival'esclusione degli Avvocati dalle Commissioni Tributarie. E fu il medesimo ormai catatonico Governo Berlusconi che suggellò la manovra di mezz'agosto (il D.L. 138/11) con l'introduzione di norme liberalizzatrici del tutto contraddittorie rispetto il testo della la riforma forense già approvata dal Senato. Caduto il Governo Berlusconi, a Palazzo Chigi è sopraggiunto l'insediamento del professor Monti, coadiuvato dall'ex "premier" dell'Antitrust, il dottor Catricalà. Immediate le ricadute sulla categoria forense. Azzerato l'iter di approvazione della riforma dell'ordinamento forense, ecco assestato un duplice fendente all'Avvocatura. A novembre 2011, con la Legge di Stabilità (la 183/11), ecco sopraggiungere le società di capitali per l'esercizio dell'attività professionale (art.10) e l'ammissione dei soci di capitale negli studi professionali. Dopo breve, con il Decreto Legge 201/11 del 22 dicembre viene introdotto il tirocinio "breve" (art.33) ed enunciata la abrogazione automatica delle vigenti norme sugli ordinamenti professionali in caso di mancata adozione  -da parte di chi, non è dato sapere- dei regolamenti a mezz'agosto ventilati con l'antecedente D.L.138/11. E non finisce qui. Sul versante previdenziale forense, mentre l'INPS già ingloba INPDAP ed ENPALS, si concretizza la gravosa minaccia sul futuro di Cassa Forense, "costretta per decreto" a rivedere in una notte i propri scenari di sostenibilità nella nuova prospettiva cinquantennale. Mentre ciò accade, dalla guida del CSM, il Professor Avvocato Michele Vietti proclama l'esigenza di "ridurre l'intollerabile afflusso di procedimenti che affollano le nostre aule giudiziarie" e che "la priorità è ridurre drasticamente il flusso di controversie in entrata [ndr, nell'apparato giudiziario], che rallenta in maniera intollerabile la risposta alla domanda giudiziaria". Viene davvero da chiedersi il perché di tutto questo accanimento contro il mondo forense. Non lo sappiamo, come non sappiamo se il 2012 sarà l'anno dello "scacco matto" all'Avvocatura. Sappiamo però per certo che, se così sarà, la sconfitta la subiranno tanto il Paese che i suoi cittadini. Perché ciò non avvenga, occorrerà uno sforzo immane da parte dell'Avvocatura tutta, per riconquistare quella dignità recentemente negatale e restituire ai cittadini la certezza del diritto, la speranza nella legalità e la fiducia nelle Istituzioni.